Wicksell incontra i Neo-Keynesiani

Liuk ha di recente scritto un ottimo articolo sui tassi negativi che condivido nell’analisi e nei dubbi sull’adeguatezza della Zero Interest Rate Policy e della Negative Interest Rate Policy.
Ma è mai stato rimarcato il motivo per cui si è arrivati a tassi zero e negativi?
Un economista keyesiano ortodosso non si sarebbe mai spinto vicino e oltre a quella che giudica la trappola della liquidità, nè avrebbe dato tanta fiducia alla politica monetaria a scapito di quella fiscale, data la sostanziale inelasticità delle aspettative ai movimenti di tasso.
Un monetarista si scandalizzerebbe da tanta massa monetaria e da tassi negativi.
Un teorico della real business cycle sarebbe passato alle maniere forti con voi.
E allora cosa sta convincendo i banchieri centrali a questa spericolata discesa negli inferi dei tassi? Tutto risale al mainstream della New Keynesian Theory, in particolare quella del Neo Wicksellian Frame, il tentativo di coniugare il concetto di tasso reale naturale con uno schema di ispirazione keynesiana.
Noi sappiamo che il tasso naturale è in sè incompatibile con lo schema ortodosso keynesiano, ma non appena si è recuperata la dipendenza dei risparmi ai tassi, si è provato questo connubio fra teorie inizialmente distantissime.
La teoria New Keynesian asserisce di riuscire a stimare quantitativamente il tasso reale naturale passando attraverso la stima del PIL potenziale, a sua volta determinato dalla stima della capacità produttiva (attuale e potenziale) del sistema e della sua produttività marginale e totale dei fattori.
Se tale tasso naturale si scoprisse essere zero o negativo, allora i tassi di policy dovrebbero essere almeno pari a zero.
Lo scopo di questo articolo è perciò duplice: intanto mostrare l’infondatezza di un tasso naturale reale negativo, e in secondo luogo asserire l’infondatezza del matrimonio fra Wicksell e Keynes.

Chi mi legge sa che ho già sparato ad alzo zero sull’idea di tasso naturale negativo, un’idea che non va a braccetto nè con il comportamento razionale degli individui, nè è empiricamente utile essendo pesantemente basata su una serie di ipotesi e stime molto opinabili.
La dimostrazione è che di tassi naturali ne possiamo determinare a bizzeffe a seconda di quale riteniamo essere la produttività, la capacità inespressa, il PIL potenziale, tutti dati che non troviamo sul Sole24Ore perchè non sono osservabili.
Prima di passare alla seconda dimostrazione, leviamoci di torno una fastidiosa inesattezza: non esiste il tasso di interesse, bensì esiste una intera famiglia di tassi, e non parlo solo della distinzione fra tassi a breve o a lunga scadenza: all’interno della stessa classe di scadenze esistono tanti tassi quante sono le controparti, cioè i tassi saranno determinati in funzione del rischio di controparte, misurato dallo spread (o mark up, secondo la terminologia bancaria), che sarà tanto maggiore quanto più alto è il rischio percepito.
Avremo pertanto tanti tassi reali naturali quanti saranno i tassi reali di interesse presenti a Sistema.
Ma se ci fermassimo qui daremmo per scontato che questi spread ex ante misurino precisamente e correttamente anche il rischio ex post. In altri termini: il rating che oggi (ex ante) associamo al tale borrower rappresenta efficacemente il suo reale rischio che domani (ex post) si presenterà? La mia quindicinnale esperienza di banca mi conferma che la risposta è NO.
E non solo per una inadeguatezza degli algoritmi o la stupidità di chi li usa, ma proprio perchè esistono al mondo incertezza, asimmetrie informative e frizioni varie dei mercati dei capitali.
Perciò non esiste garanzia che la struttura attuale dei tassi sia proprio QUELLA che garantisca il pieno impiego dei fattori (come da definizione del tasso naturale), ne deduciamo che sia il concetto di tasso naturale sia la pretesa di inserirlo in uno schema economico PRETENDONO che esistano informazioni perfette e complete e aspettative sempre realizzate.
A me pare un pò esagerata come pretesa, perciò non apprezzo questo matrimonio nè le sue pretese ricette di politica monetaria.

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Pubblicato da Beneath Surface

Alla soglia degli anta decide di tornare alla sua passione giovanile: la macroeconomia. Quadro direttivo bancario, fu nottambulo ballerino di tango salòn, salsa cubana e rueda. Oggi condivide felicemente la vita reale con le sue due stupende donne.

Una risposta a “Wicksell incontra i Neo-Keynesiani”

  1. Mi cade casualmente l’occhio su questo ottimo contributo di Cohen-Setton su Bruegel
    http://bruegel.org/2015/11/the-uncertain-decline-of-the-natural-rate-of-interest/
    Si guardi la prima figura con le due stime indipendenti del tasso naturale (linea rossa e linea blu continue) e si legga i due commenti sotto: nel primo gli stessi autori della charter ammettono la difficoltà di determinare quantitativamente il tasso naturale perché esso dipende da variabili non osservabili bensì da stimare, quando anche sconosciute ancora; nel successivo commento di C.Binder, viene smantellata la pretesa significatività delle stime: guardando alle bande di confidenza NON è possibile dire se il tasso naturale sia diminuito o no.

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