American Dream

American dream

E’ stata la conferenza stampa dei record: a Sergio Marchionne e alla sua prima linea di manager sono servite 11 ore e 18 minuti per delineare il futuro del gruppo Fca post acquisizione del 100% di Chrysler da parte della Fiat per i prossimi 5 anni.
I numeri snocciolati sono centinaia e quindi è impossibile analizzarli uno per uno. Mi concentro, quindi solo su tre.

Il primo è 55. Sono i miliardi complessivi che il gruppo FCA intende investire nei prossimi 5 anni. Ora: a parte il fatto che promesse di investimenti per decine di miliardi di euro Marchionne le ha fatte per 10 anni con risultati, diciamo, deludenti sotto il profilo industriale ma la domanda è: dove li va a prendere? Il 2013 si è chiuso con un indebitamento lordo di circa 30 miliardi dei quali circa 20 in capo a Fiat e il resto in capo a Chrysler e il cash flow generato riguarda solo Chrysler (Fiat nel 2013 ha bruciato cassa). Marchionne ha escluso un aumento di capitale ed è quindi probabile, in attesa di conoscere le modalità tecniche con le quali FCA sarà quotato, che si stia pensando ad un bond convertibile, almeno questo è ciò che si evince dalle slide di Richard Palmer, il Cfo del gruppo.

Il secondo numero è 400mila. Sono le Alfa Romeo che il gruppo intende vendere entro il 2018. Obiettivo, come si dice in questi casi, “molto sfidante” che Fca intende raggiungere con il lancio di 7 nuovi modelli e 5 miliardi di investimenti. Per 6 novità verranno lanciate solo nel 2016 e, quindi, avranno solo due anni per generare un volume di vendite tale da raggiungere l’obiettivo prefissato. Il tutto, poi, a partire dalle appena 74mila unità vendute nel 2013 e alle circa 16mila Maserati. By the way: non solo Ferrari non è in vendita, ma nemmeno Alfa Romeo lo è. Le indiscrezioni circolate alla vigilia sullo scorporo del marchio erano, come si dice, destituite di fondamento.

Il terzo numero è 700mila. E’ il numero delle vendite previste per il solo marchio Fiat entro il 2018 nel mercato Emea. E’ un numero importante perchè è lo stesso del 2013. In altre parole Marchionne non prevede di aumentare le vendite del marchio Fiat per i prossimi 5 anni nel mercato europeo. Questo significa che per tenere fede alla promessa non solo di non licenziare nessuno, ma addirittura di riportare tutti al lavoro (anche a Mirafiori dove oggi si lavora 3 giorni al mese) Marchionne può contare solo su “produzione aggiuntiva”, cioè su nuovi modelli non-Fiat (che comunque prevede il lancio di almeno 7 novità) da fuori. Oltre all’Alfa Romeo, quindi, è possibile che qui siano prodotte 200mila Jeep. Basteranno per saturare gli impianti e non essere costretti a prendere misure drastiche?

Sergio Marchionne è stato nominato amministratore delegato della Fiat esattamente 10 anni fa e in questi 10 anni l’Italia è stata criticata da più parti per non essersi modernizzata, velocizzata, ripartita. In questi 10 anni l’Italia non è diventata come la Germania. Peraltro la Fiat non è diventata come la Volkswagen. Sui motivi per i quali l’Italia non ha fatto quel “salto di qualità” che le avrebbe permesso, oggi, di vivere con meno affanno un lunghissimo post-recessione, si dice e si scrive di tutto e tutti i giorni. Ma nessuno mi ha mai spiegato come mai dopo 10 anni di “cura” Marchionne, la Fiat, nel 2013, ha perso 911 milioni di euro mentre la Chrysler ne ha guadagnati 1,8 miliardi.
Nessuno ha mai scritto un vero libro inchiesta sulla Fiat, quindi ho scritto “American Dream”. Disponibile dal 09 Maggio in tutte le librerie.

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Il libro non ha alcuna tesi precostituita. Non voglio dimostrare nulla, ma dico tutto quello che ho visto, poi tocca al lettore trarre le conclusioni. Intanto dico le mie. Nessuno sarebbe riuscito a fare ciò che ha fatto Marchionne: tenere in vita la Fiat per altri 10 anni dopo che i suoi predecessori sembravano avessero fatto a gara per chi faceva più disastri. Nessuno sarebbe riuscito a trattare con Obama e convincerlo a farsi dare i soldi per comprare la Chrysler. Quindi: per me Marchionne è un genio. Però… Però si trascura di ragionare sul “come” Marchionne sia riuscito a fare ciò che ha fatto. Primo: senza aiuti di Stato, incassati come e quanto i suoi predecessori, la Fiat sarebbe già finita. Secondo: le promesse contenute nei suoi piani industriali (8 in 9 anni, con quello presentato a Detroit fanno 9 in 10) sono state tutte tradite, almeno sotto il profilo industriale. L’internazionalizzazione in Cina, Russia e India è fallita. E si potrebbe continuare per ore.

Ora però il problema è: le fabbriche italiane del gruppo hanno ancora un futuro? Servono 5 fabbriche per vendere 374mila auto (in Italia)? Possono Alfa Romeo e Maserati, che nel 2013 hanno venduto 86mila vetture, competere con Audi, Bmw e Mercedes che ne vendono 1,5 milioni? Mi piacerebbe che la politica, invece di dividersi su Genny ‘a carogna, cominciasse a parlare di come risolvere il problema Fiat.

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Pubblicato da Marco Cobianchi

Giornalista economico di Panorama. Ho scritto American Dream, Bluff, Mani Bucate, inchiesta sulle imprese mantenute dai sussidi, e Nati Corrotti. Ho condotto NUM3R1 su Rai2.

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