Baby sitting à la ECB

baby sitting

Se avessi un Eurocent per tutte le volte che ho letto sui giornali e blog o sentito dire in giro “stampiamo moneta, riprendiamoci [noi italiani] la Banca Centrale!” sarei già in pensione su uno yatch noleggiato da un trust domiciliato a Gibilterra. I dettagli riguardano un’altra storia. Vorrei tornare a

parlare di politica monetaria in presenza di una currency union con politiche fiscali nazionali e coordinamento sovranazionale. Complicato? No. È solo una descrizione sintetica dell’area Euro o quello che il presidente ECB Draghi ha definito il mistero del calabrone: riesce a volare contro ogni legge della fisica (con annesso contradittorio di Krugman).
Non voglio addentrarmi in un trattato di politica monetaria, ma ho l’ambizione di spiegare a chi pensa che la BCE non stia facendo il suo lavoro che invece sta facendo anche ciò che usualmente è fuori dal campo di influenza delle banche centrali. In pratica la BCE, dietro la maschera di malfunzionamento del meccanismo di trasmissione della politica monetaria, sta spingendo oltremodo la governance europea e nazionale verso un sistema di regole economiche e finanziarie più adatte al funzionamento “normale” della Banca Centrale. Possiamo discutere sul fatto che sia corretto dal punto di vista degli equilibri fra le istituzioni europee e nazionali, ma è risultata evidente la mancanza di decisioni a livello nazionale ed europeo funzionali alla risoluzione dei problemi della crisi dell’area Euro.
Secondo il principio machiavelliano per cui conta più il fine dei mezzi, la BCE di Mario Draghi ha spostato l’attenzione sull’unione bancaria ed i suoi tre punti principali: supervisione bancaria, risoluzione delle crisi bancarie locali e garanzia dei depositi; con lo scopo di risolvere quello che ad oggi è il più grosso impedimento alla ripresa dell’intera area euro: la frammentazione (clicca per ingrandire).

02 - 1 Frammentazione

Ogni banca centrale ha degli strumenti e degli obiettivi, intermedi e finali, che spesso risulta difficile distinguere. Se risulta chiaro che un tasso di rifinanziamento è uno strumento (ECB Refi Rate), molto meno lo è quando si fa riferimento ad altri tassi di mercato come l’Eonia, Euribor, curva swap o addirittura i tassi sui prestiti alle imprese. In pratica il problema della politica monetaria in condizioni “normali” è quello di influenzare degli obiettivi intermedi (tassi sui prestiti) attraverso gli strumenti a disposizione (Tasso Refi). Nel caso della frammentazione, il problema non riguarda (soltanto) la capacità di influenzare tassi di mercato tramite gli strumenti (esempio: se tasso BCE scende, scendono anche i tassi sui prestiti) ma che questo effetto sia omogeneo in tutto il territorio di riferimento in cui opera la banca centrale. Dal grafico risulta evidente il problema: le imprese tedesche e francesi pagano tasso di interesse sui prestiti nettamente inferiore rispetto alle imprese italiane e spagnole (causa principale della recessione). Il grafico di destra evidenzia quindi un nuovo obiettivo della Banca Centrale Europea: ridurre la dispersione dei tassi di mercato che incidono sull’economia reale.
La risposta ovviamente risiede nell’analisi del problema. Un recente IMF paper ed uno del WIFO mostrano una assoluta inadeguatezza del sistema interbancario a finanziarsi superando in confini con particolare attenzione alle esposizioni con la periferia (Italia e Spagna).

02 - 2 EU cross border

In pratica le banche in cerca di liquidità e geograficamente collocate in certi Paesi non riescono ad accedere alle linee di credito di banche che hanno eccesso di liquidità, creando delle segmentazioni del mercato. Ovviamente questo è l’effetto di un problema, e non la causa. Il problema risiede nella mancanza di fiducia nel sistema economico dello stato di riferimento della banca che ha bisogno di liquidità. Inoltre a volte delle limitazioni del legislatore portano a dei casi come Unicredito (citato dallo stesso Draghi) che non può fare funding di liquidità in Germania a basso costo per usarla in Italia. Una misura della sfiducia al momento riguarda l’andamento dei NPLs (Non performing loans) o crediti incagliati. Aggiungo che il problema non riguarda solo i NPL riportati, ma soprattutto quelli futuri derivanti da una profonda incertezza sugli asset delle banche.
Abbiamo gli ingredienti: dispersione dei tassi di interessi, asset delle banche. Vediamo la ricetta della ECB. Per cominciare abbiamo imparato a tradurre il “what-ever-it-takes” e l’OMT di Draghi in una compressione del rischio break-up dell’area Euro, azzerando il rischio di incertezza valutaria e di giurisdizione legale. Ciò ha portato ad una compressione degli spread ed una riduzione dei tassi sui BTP e Bonos. Purtroppo il miglioramento delle condizioni sul mercato dei titoli di stato si è tradotto solo parzialmente in tassi di interesse sui prestiti inferiori. Ed ecco la parte difficile della ricetta. Problema: la ECB non può risolvere tutto con l’OMT e con la liquidità infinita perché questa non sostituisce il capitale delle banche. Soluzione: creare un sistema omogeneo e condiviso di valutazione, supervisione ed intervento nel sistema bancario europeo. Durante tutto il 2013 si è discusso sulla implementazione dell’unione bancaria e sulla struttura dei tre pilastri:

    1. supervisione da parte di ECB
    2. risoluzione da parte di un fondo (ESM?) e procedura di bail-in
    3. garanzia europea dei depositi.

In seguito alla proposta della Commissione Europea, la ECB potrebbe prendere in carico la supervisione di (quasi) tutte le banche europee da novembre 2014, mentre il meccanismo di bail-in del fondo (ESM o un altro di matrice interbancaria) potrebbe iniziare ad essere operativo dal 2015. Tutto ciò dovrebbe ridurre drammaticamente il rischio di asimmetrie informative fra banche appartenenti a stati diversi oltre ad azzerare la correlazione fra asset bancari e andamento dei titoli di stato domestici. Per quanto alcuni dettagli siano in divenire, tra cui il ruolo dell’EBA tutt’altro che risolto, la volontà della ECB si sta traducendo in un veloce procedimento di integrazione europea su elementi di difficile dissoluzione. In pratica con l’unione bancaria si stanno mettendo le basi per una unione fiscale entrando alla porta di servizio. La ECB ancora una volta sta supplendo alle mancanze della governance europea ed ai governi dei singoli Stati, che mossi da spinte egoistiche (a volte giustificate) non riescono a vedere che la soluzione migliore per tutti è quella derivante da un coordinamento delle azioni in cui ognuno mette a rischio qualcosa per un migliorare tutti la condizione economica e sociale. Nelle prossime settimane avremo modo di verificare se ancora una volta la (mala)politica riuscirà a mettere i bastoni fra le ruote a questa invadente seppur necessaria banca centrale.

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Pubblicato da liukzilla

Wealth/Asset manager. Ha sposato la causa dei bond ed è ossessionato dalle banche centrali.

54 Risposte a “Baby sitting à la ECB”

  1. Bell ‘articolo,ottimo il grafico su “balcanizzazione ” mkts interbancari. Paradossalmente oggi dobbiamo ringraziare la bassa inflazione di Germania e Francia ,altrimenti le loro spinte x un livello di tassi ufficiali coerente con loro inflation targeting taglierebbe le gambe alla crescita(e alla sostenibilità delle nostre finanze pubbliche e private). Eppure sarebbe proprio da una reflazione tedesca che potrebbe venire maggiore spinta a export dei paesi periferici nonché recupero del gap competitivo che pesa ancora sullo “spread” ignorato delle nostre bilanci comm.li. chissà come ne usciremo vivi o_O Proprio sto gap,misurato da Visco x ITA in 200bps, è parte dello spread inattaccabile da politiche monetarie di ogni tipo,il resto è comprimibile via OMT, ma qsto strumento nn può garantire automaticamente omogenea trasmissione della politica monetaria su tutta la struttura dei tassi,finanziari e “reali” perché questi ultimi specialmente dipendono da variabili “nazionali” quali margini di crescita e profittabilita’ del settore reale,sofferenze bancarie, profittabilita dei bilanci bancari e equilibrio/sostenibilità nel funding . Ecco perché spread si comprime con OMT ma markup dei tassi di impieghi resta ampiamente positivo e markdown su raccolta negativo. Può l’unione bancaria aiutare realmente e definitivamente in questo processo di deframmentazione ? Auguriamocelo,perché oggi non abbiamo altre soluzioni,ma occorrerebbero politici più lungimiranti esattamente come scrivi tu. D’altronde i tempi x una unione fiscale oggi sono (politicamente e culturalmente) ampiamente prematuri.

    1. Grazie mille, credo che la Bce stia lavorando ai fianchi le istituzioni europee attraverso il lungo processo di realizzazione dell’unione bancaria. Nel frattempo deve stordire i mercati con centinaia di miliardi di liquidità per evitare che si possano verificare incidenti fino al momento in cui prenderanno il mano il timone. Insomma, lungo processo ma con baby sitter. Cosa può andar male? Derive populiste ed antieuropee in alcuni paesi spunterebbero le armi perfino alla BCE.

  2. Bell ‘articolo,ottimo il grafico su “balcanizzazione ” mkts interbancari. Paradossalmente oggi dobbiamo ringraziare la bassa inflazione di Germania e Francia ,altrimenti le loro spinte x un livello di tassi ufficiali coerente con loro inflation targeting taglierebbe le gambe alla crescita(e alla sostenibilità delle nostre finanze pubbliche e private). Eppure sarebbe proprio da una reflazione tedesca che potrebbe venire maggiore spinta a export dei paesi periferici nonché recupero del gap competitivo che pesa ancora sullo “spread” ignorato delle nostre bilanci comm.li. chissà come ne usciremo vivi o_O Proprio sto gap,misurato da Visco x ITA in 200bps, è parte dello spread inattaccabile da politiche monetarie di ogni tipo,il resto è comprimibile via OMT, ma qsto strumento nn può garantire automaticamente omogenea trasmissione della politica monetaria su tutta la struttura dei tassi,finanziari e “reali” perché questi ultimi specialmente dipendono da variabili “nazionali” quali margini di crescita e profittabilita’ del settore reale,sofferenze bancarie, profittabilita dei bilanci bancari e equilibrio/sostenibilità nel funding . Ecco perché spread si comprime con OMT ma markup dei tassi di impieghi resta ampiamente positivo e markdown su raccolta negativo. Può l’unione bancaria aiutare realmente e definitivamente in questo processo di deframmentazione ? Auguriamocelo,perché oggi non abbiamo altre soluzioni,ma occorrerebbero politici più lungimiranti esattamente come scrivi tu. D’altronde i tempi x una unione fiscale oggi sono (politicamente e culturalmente molto prematuri.

  3. Ottimo articolo. I miei complimenti.
    Posso solo aggiungere , conoscendo tanti pettegolezzi vari di persone che lavorano a Bpm e Unicredit ( si ci ho fatto un po’ di insider trading ) , che l’evento chiave per il 2014 sarà l’AQR ( asset quallity review ) della bce . Probabile che finito l’ AQR inizi per fine 2014 e 2015 un periodo di riforme strutturali per le varie banche dell’ eurozona . Per Bpm , Bper etc… consisterà in un consolidamento stile Ubi ed in un’ inevitabile cambiamento governance per le banche regionali italiane.
    ( se sapete leggere tra le righe acquistare in ottica speculativa queste banche o casse regionali può fruttare molto )

    1. Grazie anche a te, concordo che l’AQR sarà un punto su cui si baserà tutto il processo di consolidamento del sistema bancario, senza il quale permarrà questa situazione di spaccatura all’interno dell’aera euro.

  4. L’OMT è applicabile solo a paesi che ne abbiano fatto richiesta e siano sotto condizionalità. La misura della sua credibilità sta nel suo non uso. Qualora il mercato costringesse a testare in modo rilevante o sistemico lo strumento il risultato sarebbe modesto senza una breve risoluzione delle empasse politiche che si determinerebbero a monte. L’uso su vasta scala dell’OMT richiederebbe una sterilizzazione tale da riempire l’attivo della BCE di titoli dei paesi sotto assistenza e ciò paradossalmente determinerebbe un trasferimento dalla periferia verso i paesi core nel momento della distribuzione degli utili, come sottolineato da DeGrauwe, dando un contributo negativo al CA.

    Gli oneri per il bail in rimangono, nella versione ritenuta accettabile e definita da Schauble, essenzialmente nazionali: l’Unione giocherebbe un ruolo di ultimo finanziatore. E’ evidente un il limite nel fatto stesso che il mercato continua ad assumere che gli istituti sistematicamente rilevanti siano implicitamente garantiti dai rispettivi stati. Vero o meno, conta ciò che gli operatori credono e l’idea che Deutsche Bank o Commerzbank ricevano un trattamento analogo a quello della Laiki Bank di Cipro è fuori dal mondo. Pertanto, willy nilly la moneta bancaria tedesca (dai depositi fino alle obbligazioni) continuerà a beneficiare ampiamente di questa garanzia implicita contribuendo a mantenere alta la varianza nelle operazioni di raccolta e impiego all’interno dell’Eurozona tra aree nazionali diverse. Questa è un’opportunità per un operazione di dominanza finanziaria a favore di Francoforte e della relativa industria bancaria. Perfettamente razionale che la Germania metta i bastoni tra le ruote, non tanto per impedire la realizzazione di una banking union, quanto per dilazionarla nei tempi e nei modi ad essa più consoni. Posto in questi termini l’idea di un pareggio di bilancio che può essere sforato solo per coprire i depositi delle banche che saltano non sarà mai molto popolare in una democrazia rappresentativa, salvo che la costituzionalizzazione della socializzazione delle perdite bancarie non diventi un valore civile comune…

    E’ ovvio che il ruolo dei trasferimenti è determinante in una struttura federale: capisco vada di moda sentirsi antropologicamente inferiori ma ci vuole veramente un grande sforzo a immaginare i Lander Orientali come un’entità economicamente più attiva della Lombardia. In termini di competitività il differenziale di costo negli oneri passivi e nell’accesso al credito attualmente è ben più pesante del diverso trattamento fiscale degli utili. Anche perché il reddito d’impresa è crollato e una startup impiega tempo prima di raggiungere il break even. Il terzo bail out del debito Greco non sarà altro che l’ennesima conferma che quella adottata è una linea di trasferimenti mascherati. Ma non trasferimenti di spesa pubblica come avviene all’interno di uno stato tradizionale, quanto trasferimenti a favore dei creditori del debito pubblico e privato greco a favore in primis delle banche francesi e di quelle tedesche. L’euro sotto questo profilo è stata la “dollarizzazione” della periferia e infatti non c’è nessun “piano Marshall” ma solo la brutta copia dei Brady Bonds.

    RImane sullo sfondo la preferenza per una politica di svalutazione interna ormai prossima alla deflazione rispetto ad un processo più o meno coordinato di reflazione. Questo in un contesto globale tutt’altro che inflativo. Ciliegina sulla torta, a differenza del periodo 1990-2008 in cui il commercio internazionale aveva tassi di crescita doppi rispetto al pil mondiale, attualmente il tasso di crescita è più o meno pari all’andamento del pil. Nel caso delle economie avanzate è perfino inferiore. L’idea di ristrutturare le economie periferiche su modelli export driven puntando esclusivamente sul vantaggio comparato nei settori dei tradable goods andrà pesantemente a scapito di investimenti e consumi interni confermando l’abilità tutta europea a cacciarsi gratuitamente in lunghi periodi di isteresi. Riforme o meno ci aspetta un periodo di “mezzogiornificazione” di quel che rimane dei nostri distretti industriali.

    1. Silvano, il tuo commento è molto articolato e richiederebbe maggiore attenzione. Adesso rispondo solo sull’argomento dell’articolo, per il resto mi trovi su Twitter @liuk__
      1) OMT ha reso la ECB un effettivo LOLR, e poco importa se di sono degli effetti secondari, l’importante è salvare una istituzione definita solvibile (da cui la condizionalità che ricordo non ha bisogno del’attivazione di un full program di aiuti dell’ESM).
      2) Il punto quindi è che a prescindere se sei o meno già eligible per l’OMT, questo risulta essere un fully effettive backstop semplicemente perchè ha modificato le aspettative sugli scenari di coda, riportando l’attenzione sui problemi conosciuti (es. btp Bund spread non è a 100 ma ancora fra 250 e 300).
      3) il Single Resolution Mechanism SRM è ancora in alto mare, ma sembra ci sia una convergenza per l’uso dellESM. La ECB vuole che sia reso operativo contemporaneamente al SSM, pochè una differenza di tempistiche nell’operatività ne ridurrebbe l’efficacia.
      Mi fermo, altrimenti scrivo un altro articolo. Sai dove trovarmi.

    2. Silvano, il tuo commento è molto articolato e richiederebbe maggiore attenzione. Adesso rispondo solo sull’argomento dell’articolo, per il resto mi trovi su Twitter @liuk__
      1) OMT ha reso la ECB un effettivo LOLR, e poco importa se di sono degli effetti secondari, l’importante è salvare una istituzione definita solvibile (da cui la condizionalità che ricordo non ha bisogno del’attivazione di un full program di aiuti dell’ESM).
      2) Il punto quindi è che a prescindere se sei o meno già eligible per l’OMT, questo risulta essere un fully effettive backstop semplicemente perchè ha modificato le aspettative sugli scenari di coda, riportando l’attenzione sui problemi conosciuti (es. btp Bund spread non è a 100 ma ancora fra 250 e 300).
      3) il Single Resolution Mechanism SRM è ancora in alto mare, ma sembra ci sia una convergenza per l’uso dellESM. La ECB vuole che sia reso operativo contemporaneamente al SSM, pochè una differenza di tempistiche nell’operatività ne ridurrebbe l’efficacia.
      Mi fermo, altrimenti viene fuori un altro articolo.

  5. -[ EBA (BSG Final Report 2013), “End of Term of Office Report of the Banking Stakeholder Group (BSG) of the EBA (March 2011 – September 2013)” – October 3, 2013

    http://www.eba.europa.eu/documents/10180/17417/BSG+2013+Final+Report.pdf ]-

    …1☛ “All aspects of bank regulation are changing in this major restructuring of the regulatory regime: capital, liquidity, bank structure, recovery and resolution arrangements, the style and content of bank supervision, and consumer protection.

    When the mandate of the BSG began in March 2011, not only was it an entirely new Group, so also was the European Banking Authority itself.

    Furthermore, the BSG needed to define its procedures and interpret its mandate in the context of the banking crisis, and at a time when the EBA was under-resourced and had not produced documents partly because EU legislation (most especially with respect to CRD IV) for the basis of EBA Regulatory Technical Standards (RTS) and Implementing Technical Standards (ITS) had been delayed. In the area of consumer protection, the EBA had yet to create a Consumer Protection Unit.” ☚1…

    …2☛ “In particular, regulation should not impede the key role of banks in the economy.

    It is further committed to the objective of establishing a single rulebook for the EU area and a common supervisory culture so as to limit the scope for regulatory arbitrage both within countries and between them.” ☚2…

    …3☛ “…the BSG was determined not to allow consumer issues to become marginalised as a result of the inevitable pressure arising from the crisis and urgent issues related to bank safety and soundness.” ☚3…

    …4☛ “Contributing to longer-term strategic issues in the regulatory process such as the implications of a Single Supervisory Mechanism (SSM, often referred to as European Banking Union).

    In this context,

    we mention the important Position Paper on Liquidity issued by the BSG in October 2012 which was written not in response to any particular regulatory requirement but in order to influence future thinking about liquidity regulation.” ☚4…

    …5☛ “The presence of a RATING AGENCY OFFICIAL also provided a useful link with the perspective of institutional investors and a focus on public disclosure issues.

    There may be a consideration, however, as to whether this group is aptly named as, after all, “Users” are also represented by the consumer and SME groups, and to some extent by the academic Group.” ☚5…

    …6☛ “Much of the work of the first BSG was necessarily focussed on capital and liquidity regulation though not to the exclusion of consumer issues.

    Issues in the pipeline, and for the successor BSG, include structural issues (following decisions that may be made by EU members following the Report of the European Commission’s High-level Expert Group on Bank Structural Reform, the so called “Liikanen Report”), the interface between the European Central Bank and the EBA, the Recovery and Resolution regime; and the implications of the SSM/European Banking Union.” ☚6…

    …7☛ “…, the BSG would welcome more explicit feedback from the EBA on the opinions published by the Group so as to encourage a broader interaction and sharing of views.” ☚7…

    ✰✰✰☞… “the EBA has a substantial database which is NOT PUBLICLY AVAILABLE.

    Whilst ensuring that confidential data on individual institutions are NOT disclosed to third parties, use of independent research (perhaps commissioned by the EBA) could be undertaken, and be of real value to the EBA, were such data to be more publicly available.

    The BSG should play an important role by helping to exploit data gathered by the EBA and therefore contribute to creating a sound basis for regulatory initiatives.

    Pillar 3 data provide one example of non-confidential information which could be actively used by researchers if EBA were to provide them on a regular basis in a format that ensures cross-bank and time-series comparability.” …☜✰✰✰

    …8☛ “The BSG provided opinions (available on the EBA website) on 15 of the EBA’s Consultation Papers on its Draft Regulatory and Implementing Technical Standards, namely in relation to:

    … – Draft Technical Standards on the Calculation of Credit Risk Adjustments [EBA/CP/2012/10]

    -[*♔*] http://www.eba.europa.eu/documents/10180/38042/CP2012-10_BSG.pdf [*♔*]-

    … “While the current IAS incurred loss model does not create any GCRA, the move to an expected loss model currently under discussion within the IASB and the FASB may result in creating a “BUCKET” of expected LOSS qualifying for GCRA.

    We note that the definition and criteria in the accounting project to date are not exactly the same as in the proposed RTS.

    Care should be taken to keep consistency in the definitions, either by waiting for the finalisation of the accounting project in 2013, or by adjusting the wording of this RTS when the IFRS accounting definitions will have been fixed.” … ” ☚8…

    ✰✰✰✰✰☞… “Whereas the EBA will act on its own with regard to consumer issues arising from “pure” banking products (such as mortgages, personal loans, savings products, current accounts, credit cards and payment services) it will act in cooperation with ESMA and EIOPA when credit institutions act as intermediaries of investment and insurance products respectively.

    For the future,

    there would be advantage in collaboration between the respective Stakeholder Groups in the area of consumer protection.” …☜✰✰✰✰✰

    …9☛ “While most bank regulation and supervision focuses on the micro-prudential aspects – individual banks and credit institutions – perhaps the biggest lesson of the financial crisis that began in 2008 was that this is not sufficient for ensuring that the financial system as a whole is stable and well-functioning.

    A system of individual banks all of which look healthy may be highly vulnerable due to exposures to common risk factors and a high-degree of interconnectedness giving rise to systemic risk.

    On other fronts too, it is essential to look at the banking system as a whole, and not just individual banks.

    For example, while increasing capital requirements or tightening liquidity ratios may help make each bank safer, the associated deleveraging could have a large negative impact on the overall economy.

    Similarly,

    a systemic perspective also becomes essential when considering bank stress tests and measuring vulnerability.

    It is also critical for discussions on how best to manage bank failures, for example through “✰ bailing creditors in ✰”.

    The Systemic Issues Working Group was set up with a particular view to address exactly this missing systemic dimension and the work done by the Group and the focus of its members reflects that.

    Members of the Working Group provided regular updates and analysis to the full BSG and the EBA on their view of the “state of the EU banking system” as well as on bank-related developments in the Eurocrisis.

    Members also led the BSG discussions on bank stress tests, on the sovereign-buffer, on sovereign-guarantees, on the evolution of the sovereign-bank linkages as well as emergent sources of systemic risk.

    These discussions acted both as a source of insights and analysis for the EBA as well as a sounding board for the EBA’s own analysis and on-going consideration of these important topics.

    There was an agenda item at most of the BSG meetings to reflect this dimension.” ☚9…

    …10☛ “Members also focussed attention on the systemic dimensions of changes to capital and liquidity requirements – for example on

    (1) implications for the viability of banking models,

    (2) on transition problems including the possibility of a credit crunch associated with bank deleveraging,

    and

    (3) on the difficulties of finding adequate sources of new capital and funding that are compatible with tighter requirements at the system-wide level.

    Members of the Working Group also focussed on the impact of changes to bank regulations such as on sovereign support, bail-in requirements, living wills, measures to tackle too-big-to-fail and the recommendations of the “Liikanen Report” on the availability and cost of funding as well as capital, the sustainability of banking models, and on credit ratings of financial institutions.” ☚10…

    ✰✰✰ ♪ ♫ ♩ ♬ Emerging Themes ♪ ♫ ♩ ♬ ✰✰✰

    …11☛ “The variation in the way that different banks (sometimes condoned by National Competent Authorities in some countries) apply the risk-weight methodology for purposes of calculating capital requirements.” ☚11…

    …12☛ ” – The fragility of some parts of the European banking sector because of unfavourable financial market trends most especially with regard to bank funding, the inter-bank markets, and access to new capital.

    – The dependency of some banks on ECB funding, and the exit problem that may eventually emerge.

    – The dangers inherent in the sovereign debt-bank loop.

    – Whether banks were always making appropriate loan-loss.

    -[See well the 2nd link *♔*]-

    provisions or exercising excessive forbearance both of which seemed to vary significantly between countries.

    Concern was expressed about the potential impact on bank capital as a result of likely asset deterioration following weakness in the European economy.

    In this regard, the BSG welcomes the EBA’s work on identifying a common definition of forbearance.

    – Unintended consequences from the interface between CRR/CRD IV (capital, liquidity and leverage) and Solvency II.” ☚12…

    ☢☢☢ With respect to the future,

    ☁ ☂ concerns were raised regarding ☂☁

    the plans for the creation of a SSM/European Banking Union

    and

    ☣☠ especially ☠☣

    with respect to its viability without simultaneously establishing a common bank resolution regime. ☢☢☢

    —–
    P.s: OciO Li-UK!

    Or-ora è meglio fare il “pensionato su uno yatch o su un cabinato confortevole” (se scegli il “Paese” giusto, N-ON PAGHI T-A-S-S-E) che redigere un trust (PROPRIO) a Gibilterra (TRA L’ALTRO).

    Sal-U-TONI.

    ✍✓ _s-U-r-f-E-r_ ✍✓

    1. Surfer, solito commento lungo come un tema (copiato)?
      Scherzo, scherzo. Condivido con te la perplessità sul ruolo dell’EBA nella AQR e nei prox stress tests, ma confido nella capacità di”persuasione” della ECB

  6. @silvano

    non voglio entrare nel merito, mi trovi su twitter (non è vero)

    ” L’uso su vasta scala dell’OMT richiederebbe una sterilizzazione tale da riempire l’attivo della BCE di titoli dei paesi sotto assistenza e ciò paradossalmente determinerebbe un trasferimento dalla periferia verso i paesi core nel momento della distribuzione degli utili, come sottolineato da DeGrauwe, dando un contributo negativo al CA”

    “Vero o meno, conta ciò che gli operatori credono e l’idea che Deutsche Bank o Commerzbank ricevano un trattamento analogo a quello della Laiki Bank di Cipro è fuori dal mondo”

    “Posto in questi termini l’idea di un pareggio di bilancio che può essere sforato solo per coprire i depositi delle banche che saltano non sarà mai molto popolare in una democrazia rappresentativa” SEI UN POPULISTA 🙂

    “Ma non trasferimenti di spesa pubblica come avviene all’interno di uno stato tradizionale, quanto trasferimenti a favore dei creditori del debito pubblico e privato greco a favore in primis delle banche francesi e di quelle tedesche. L’euro sotto questo profilo è stata la “dollarizzazione” della periferia e infatti non c’è nessun “piano Marshall” ma solo la brutta copia dei Brady Bonds”

    “L’idea di ristrutturare le economie periferiche su modelli export driven puntando esclusivamente sul vantaggio comparato nei settori dei tradable goods andrà pesantemente a scapito di investimenti e consumi interni confermando l’abilità tutta europea a cacciarsi gratuitamente in lunghi periodi di isteresi. Riforme o meno ci aspetta un periodo di “mezzogiornificazione” di quel che rimane dei nostri distretti industriali.
    Riforme o meno ci aspetta un periodo di “mezzogiornificazione” di quel che rimane dei nostri distretti industriali.
    Riforme o meno ci aspetta un periodo di “mezzogiornificazione” di quel che rimane dei nostri distretti industriali.
    Riforme o meno ci aspetta un periodo di “mezzogiornificazione” di quel che rimane dei nostri distretti industriali.
    Riforme o meno ci aspetta un periodo di “mezzogiornificazione” di quel che rimane dei nostri distretti industriali.”

    ora tocca a me:
    è davvero l’analisi più azzeccata mai letta in un blog. Complimenti.
    al di la degli acronimi, delle strette di mano e delle porcaggini che si sentono ogni giorno descritte sui giornali o promesse dai politici (burocrati dell’unione), hai semplicemente saputo sintetizzare l’attuale e la futura unione europea.
    Pare talvolta che chi scriva in merito non abbia la minima idea di troppe cose, ma credimi – e sono sicuro che lo sai – hai scritto un pezzo di REALTA macroeconomica.

    Unica cosa, io avrei scritto per ultima la frase
    “Questa è un’opportunità per un operazione di dominanza finanziaria a favore di Francoforte” .
    Devo ancora capire chi come e perchè stia orchestrando in questo modo la propria fine (finirà molto male anche per loro, come sempre è stato… ) ma la sola conclusione coerente con quanto sta accadendo in europa è quella espressa in queste poche parole.

    Complimenti ancora, pure dal nonno.

    1. @nipote il mio disappunto è nato leggendo la frase ” dominazione finanziaria di francoforte ” che getta fango su qualsiasi dibattito nonostante la critica possa essere azzeccata.

      Detto questo, vorrei solo obiettare che le componenti del declino italiano sono radicate da decenni e “strutturali” .
      Pertanto io proverei ad astrarre dalle componenti cicliche dell’ AD shock e del sudden stop dei K flow ( lo so , sono estremamente importanti, ma non spiegano tutto ) e cercherei componenti ben più rilevanti per declino produttività e competitività ( quali nanismo delle pmi, istituzioni bizantine , accesso credito, fisco predatorio, costi energia, skill mismatch et cetera ).
      Ultima critica : quando si considera incremento produttività , è meglio indicare tutti i componenti della TFP ( total factors productivity ) così come per il GDP nominale…entrambi possono essere gonfiati da aumento output nominale ( vedi legge Kaldor-Verdoorn).

      Ogni riferimento al link qui sotto ( spiega molto meglio di me declino TFP) è puramente casuale..
      http://noisefromamerika.org/articolo/euro-domanda-produttivita-viaggio-nel-mito-parte-1

  7. @silvano e @nipote ritornate sul pianeta Terra.. State sopravvalutando giusto un po’ il ruolo dell’ ” europa ” ( cattiva e teutonica ).. Chi vi impone di adottare modelli economici export-led stile vietnamita ? Nessuno … Perché recuperare price competitiveness riducendo costo lavoro ( e magari sistemare le istituzioni già che ci siamo ) lo devi fare volente o nolente . Perché mai ?
    perché nessuno ha ancora voglia di sussidiare i dipendenti pubblici greci ( che magari si comprano una Porsche Cayenne) e già perché (citando Sinn )”i prezzi greci sono del 30% sopravvalutati rispetto alla confinante Turchia ( che fa concorrenza in tutti i settore chiave greci )” .
    Che decidano quindi .. Svalutazione interna o drachma . Stesso vale per gli altri periferici..

    E basta con questo piangersi addosso o ” e’ colpa dei tedeschi ” ..si tratta di ritornare alla realtà . Non esistono soluzioni semplici … Siamo fottuti . Deal with it.

    1. E’ vero, non esistono soluzioni semplici, eppure la riduzione del costo del lavoro per aumentare la competitività è una risposta fin troppo semplicistica.
      Purtroppo in italia fa fatica a passare il concetto di “produttività”; forse non è stata inserita per tempo nel Devoto-Oli; o forse l’idea di dover produrre di più (a parità di monte ore lavorate!) è un concetto extraterrestre.

  8. @hans landa
    non parlo ovviamente per silvano, che forse capirà. Io invece ho bisogno di spiegazioni.
    Perchè dovremo tornare sulla Terra? Quali sono i passaggi che Silvano ha scritto e io condiviso che non rappresentano la pura verità? Ha forse lui scritto e io sottoscritto qualcosa che non sia realmente accaduto, di qui il nostro collocarci “fuori dal mondo”?
    Se si, potresti indicarmeli che li rileggo accuramente e verifico se gli aggregati macro e finanziari dell’unione non solo allineati con quanto esposto.
    Altrimenti, cosa intendi?

    Poi per il resto non ho manifestato giudizi morali nei confronti dei tededschi, se non la poca lugimiranza nel permanere su posizioni che hanno già danneggiato l’europa intera e l’integrazione. Invece dal punto di vista finanziario sono stati più dei giapponesi (kamikaze), altrimenti non avrebbero prestato soldi con così poco criterio, oppure … cosa? Quest’ultima asserzione va ovviamente valutata in relazione all’implicita protezione offerta dall’euro… ma non voglio entrare in un discorso simile, voglio solo capire cosa mi sfugge e perchè mi (ci) dici di “ritornare alle realtà”.
    Si intende che con “tedeschi” non mi riferisco al popolo, ma a chi le decisioni le prende per esso, compresi certi italiani.

    @liuk_ & @hans landa
    la produttività, che è una misura, non un concetto, è in realtà un sacco di cose (misure). Come saprete esistono molte misure chiamate produttività e una sua variazione dipende da un sacco di cose. Ma ancora è inutule fare precisazioni, giusto?
    In ogni caso, sopratutto nel lungo, non è assolutamente detto che la riduzione dei salari porti ad un aumento di produttività. è piuttosto semplice capirlo pensando che, ad esempio, vista la riduzione dei salari, un imprenditore preferisca assumere un impiegato in più piuttosto che migliorare le proprie tecniche di produzione, mantenendo invariato l’output. Può accadere anche questo, si. Ciò che accede invece certamente è che un imprenditore decida di produrre di più se percepisce per il proprio prodotto un mercato in crescita. Se al contrario ritenesse che la sua fetta di mercato si stia riducendo, anche solo per un periodo di tempo limitato, potrebbe voler produrre meno senza ricorrere immediatamente a licenziamenti ( supponiamo pure che il prezzo a cui riesce a vendere il proprio prodotto gli permetta margini tali per falro). in entrambi in casi si ha una riduzione della produttività in presenza di una riduzione del salario. Ora l’Italia, come suppongo saprete, era ed è un paese fortemente orientato all’esportazione. La domanda quindi è: come mai la fetta di mercato destinata all’italia si è abbassata (relativamente) tanto da non poter più sostenere i livelli di produttività -e di crescita della prod – (spero abbiate un grafico della produttività media del lavoro sotto il naso) che invece riusciva tranquillamente a mantenere fino a 20 anni fa, nonostante il salario reale abbia praticamente smesso di crescere da allora?
    E quindi, comprimere ulteriormente quei salari, che effetto avrà sulla produttività? In tutto questo ho necessariamente trascurato di pormi domande in merito all’effetto sociale, che a quanto pare, non vi interessa.

    Seconda questione da non sottovalutare: la compressione dei salari, in economie come la nostra che erano all’equilibrio (non dovevamo assorbire milioni di lavoratori sottopagati o disoccupati come è accaduto in germania, sempre senza essere cattivo) ha delle ripercussioni NEGATIVE piuttosto evidenti sugli altri aggregati. Tanto più se il tasso di cambio nei confronti dei nostri principali partner è fissato. Visto che non sono populista, a me non interessa che gli ominidi impiegati nelle aziende o nelle fabbriche riducano la loro capacità di acquisto. Ciò che mi interessa e che vi chiedo è: ciò che accadrebbe è sostenibile??

    Infine, sempre dai dati aggregati, pare che l’unione non abbia un serio problema di flussi con l’estero, ma ce l’abbia invece tra paesi dell’unione stessa. Se non fosse così, l’euro raggiungerebbe presto un valore, contro le altre valute, compatibile con una bilancia equilibrata. Almeno questo insegna la macroeconomia. Di qui la poca utilità nel ridurre i salari per bilanciare una bilancia già bilanciata… poetico no?
    la domanda quindi è: per quale ragione dovremo attuare del dumping sociale, se gli effetti – o gran parte di essi – verrebbero annullati da aggiustamenti nel tasso di cambio verso le altre valute? Non è questo, pare, il problema da risolvere per gli stati dell’unione. Ma se sbaglio, dati alla mano, fatemelo notare e mi ricrederò più che volentieri.

    1. Ti correggo sulla produttività: è prima di tutto un concetto. Il fatto che ci siano diverse misure che, come affermi, la fanno diventare “un sacco di cose”, è il combinato disposto di due elementi: 1) difficoltà di misurazione/ osservazione e non omogeneità della raccolta dei dati cross-country; 2) difficoltà di comprensione: come mi hai dimostrato nel tuo articolo, si confonde spesso con altri concetti come la “produzione” o “redditività”, entrambi nel tuo esempio. Sull’ultimo punto invece dovresti chiederti qual è l’effetto della produttività sui salari, e non il contrario (questa è la chiave!).
      Secondo punto: penso tu ti riferisca al rapporto sul costo del lavoro nei paesi EU. Negli ultimi anni il costo del lavoro (x unita prod) è aumentato e continua ad aumentare, alimentando l’idea che il deprezzamento reale dell’economia italiana non abbia ancora terminato l’aggiustamento. Quindi non solo è sostenibile, ma secondo un investitore estero è inevitabile, perchè secondo questa misura costiamo molto di più della Spagna o della Germania.
      Infine sui flussi intraeuro. Affermi che gli sbilanciamenti intraeuro (es. approssimati dai valori di Target2 ECB), sarebbero annullati in presenza di un ritorno alle valute locali poichè si aggiusterebbero di conseguenza per riequiliobrare gli incentivi al riequilibrio del flusso stesso? Pensi che questo “annullamento” sia privo di conseguenze? In economie post crisi, lo shock dai Term of Trade è sempre uno dei + sottovalutati sia sul reddito che sulla ricchezza accumulata. E poichè il nostro paese è molto esposto al rischio di ToT ed ha una ricchezza accumulata eccessiva rispetto al reddito che produce, ci sarebbe un ecatombe economica… ma forse sono andato troppo avanti.

    2. @nipote il mio disappunto è nato leggendo la frase ” dominazione finanziaria di francoforte ” che getta fango su qualsiasi dibattito nonostante la critica possa essere azzeccata.

      Detto questo, vorrei solo obiettare che le componenti del declino italiano sono radicate da decenni e “strutturali” .
      Pertanto io proverei ad astrarre dalle componenti cicliche dell’ AD shock e del sudden stop dei K flow ( lo so , sono estremamente importanti, ma non spiegano tutto ) e cercherei componenti ben più rilevanti per declino produttività e competitività
      ( quali nanismo delle pmi, istituzioni bizantine , accesso credito, fisco predatorio, costi energia, skill mismatch et cetera ).

      Ultima critica : quando si considera incremento produttività , è meglio indicare tutti i componenti della TFP ( total factors productivity ) così come per il GDP …entrambi possono essere gonfiati da aumento output nominale ( vedi legge Kaldor-Verdoorn).

      Ogni riferimento al link qui sotto ( spiega molto meglio di me declino TFP) è puramente casuale..
      http://noisefromamerika.org/articolo/euro-domanda-produttivita-viaggio-nel-mito-parte-1

  9. @hans landa
    gran bel leggere quell’articolo di noise from amerika, davvero. L’ho letto velocemente per cui non vorrei aver preso una cantonata…

    in ogni caso, prima cosa, io non sto gettando fango su nulla. o è successo, e lo annotiamo nella storia, o non è successo e non lo annotiamo. Semplice.
    Al massimo, quello che personalmente potrei aggiungere e che l’ottimo Silvano aveva sintetizzato, è che mettere in piedi una serie di “misure d’aiuto” che ulteriormente accentuano il “problema” (se così posso chiamarlo) non mi pare cosa saggia… ma questo, ovviamente, lo giudicherà la storia.

    Ora, davvero interessante la lettura dell’articolo. e credo che in un certo senso abbia centrato il problema: l’equilibrio. Equilibrio che, grazie alle misure messe in atto dall’unione ( da chi la comanda) non viene mai raggiunto. Sappiamo tutti, e tu l’hai scritto, che non sarà un bell’equilibrio (hai scritto “Siamo fottuti . Deal with it.”). Allora la mia domanda è: perchè perseverare nel creare ancora più squilibri? Non è forse che l’operato di queste meravigliose istituzioni miri a altro che non il benessere dei popoli comandano, visto che di fatto stanno agendo solo per spostare perdite, più che per risanare situazioni GIA’ insanabili?

    parlando di produttività ho appunto evitato di scendere in dettagli proprio perchè non credo sia questa la sede. ma ti assicuro che sono perfettamente d’accordo con buona parte delle premesse (sono definizioni o dati… ) proposte nell’articolo, mentre non trovo esattamente logiche alcune delle conclusioni e trovo disegnate ad hoc alcune ipotesi.
    Non ho ben capito cosa intendesse dimostrare il tipo, ma nessuno (almeno non io) da la colpa al declino della produttività all’euro “in strictu senso” (cito dall’articolo). Non credo vogliamo anche addentrarci nel discorso euro si o euro no, ma tutto quanto scritto nel paragrafo dopo le tabelle, mi pare un azzardo logico. Voglio dire, non che manchi di logica, ma le ipotesi sono scritte ad uso e consumo di chi vuole sostenere una tesi ben precisa. e non è questo il nostro caso, visto che parliamo di realtà dei dati. Ad esempio basta affermare che “il mondo industrializzato ha subito nel decennio un abbassamento della produttività, aggravato in alcuni paesi dall’irrigidimento dei tassi di cambio” che subito viene meno l’intero intento dell’articolo, ovvero dimostrare che ” Se veramente la causa originale è il misallineamento del cambio reale, questa non può certo spiegare il fatto che la produttività sia rallentata in quasi tutti i paesi dell’unione monetaria.” (cito dall’articolo). Dai, lo capiamo bene tutti e due, è un’affermazione senza senso.
    si potrebbe anche ragionevolmente affermare che “la caduta di produttività abbia interessato tutti ma soprattutto coloro che avevano contemporanemanente una valuta meno forte e una produzione di beni analoga rispetto al paese con la valuta più forte”. E ce ne sarebbero di sentenze altrettanto valide… ma mi fermo qui, credo sia chiaro. (anche per quelli che stanno conseguendo il phd)

    Allo stesso modo quella specie di “sillogismo” (so che non è un sillogismo, ma mi piaceva l’idea visto che non ha la struttura di un teorema) evidenziato… dai… se vuoi te ne trovo altri 3 o 4. Davvero, probabilmente il signore che ha scritto l’articolo sta litigando con l’altro signore che cita sotto, ma non credo stia facendo un buon lavoro di logica. Per inciso, “il sillogismo” scritto è assolutamente valido, ma le “premesse maggiori e minori” paiono una tale semplificazione della realtà che temo il “corollario” (sto per citare sottolineando il SE che precede tutto) ” Se step 1 e 2 sono veri, la contrazione di domanda dovuta all’ingresso dell’Italia nell’euro avrebbe causato la contrazione di TFP.” sia dedotto da ipotesi arbitrarie. Davvero, questo tipo sta litigando con l’altro tipo. Parte da delle ipotesi sbagliate o incomplete per dimostrare che … sono sbagliate??? non capisco il senso. Forse non ho capito io, come sempre, ed è tardi, ma normalmente (universalmente) il procidimento che credo voglia usare è “reductio ad absurdum” e consiste nel negare la veridicità dell’ipotesi vera di partenza, dimostrando che la conclusione non è coerente con l’ipotesi stessa negata (tertium non datur). Davvero, se mi sfugge qualcosa perdonami ma gradirei una spiegazione.
    Poi non capisco esattamente come passi dalla prod del lavoro (PDL ?? ) della “premessa minore” alla TFP del “corollario”. Credo basandosi su questa sua affermazione (suppongo sia vera): ” Nel lungo periodo la crescita di TFP spiega gran parte delle differenze di reddito pro capite tra paesi”, ma non ne sono sicuro, anche perchè, viste le grandezze in gioco, sarebbe da valutare la magnitudine indotta nella variazione (??) reddito procapite da ciascuna variazione. Ovvero, quel gran parte che significa? E poi, più cresce il TFP e più il reddito pro capite è alto? o forse la variazione di reddito pro capite?

    Non mi convince poi per nulla (ma anche qui… mi ricrederò) il fatto che buona parte della confutazione delle cose… sbagliate (???) avvenga giocando – perchè di questo si tratta – sulla definizione di lungo e di breve periodo. O meglio, lo si potrebbe anche fare, ma allora mi si fornisca una definizione chiara, al più soggettiva, di lungo periodo e una di breve periodo. Magari esiste, io non la conosco, e lui non l’ha esplicitata… non so se mi spiego 🙂

    Ancora, le ultime frasi dell’articolo: “Eppure, poichè la caduta nel tasso di crescita di TFP e LP in Italia inizia circa in quel periodo (1995-96)[19], questo dato è utilizzato ad esempio di shock di domanda che causa la caduta di produttività (nel settore traded). In altri termini: una contrazione ciclica della domanda estera avrebbe causato un (quasi) immediato effetto sulla produttività. La contraddizione è evidente. Infatti, se tale effetto (da domanda a produttività) è mai possibile, lo è perchè vale la suddetta legge di KV. Ma la stessa legge di KV, come detto, vale solo nel lungo periodo. Come si possa spiegare una trasmissione così rapida, quasi immediata, rimane un mistero.[20]” OK, ammettiamo pure che tutto il resto funzioni a perfezione. Allora il tipo ha dimostrato – a logica è l’unica cosa che forse si può sostenere- che la legge KV non è adatta a spiegare come mai sia avvenuta (se c’è stata) l’immediata trasmissione alla produttività. In ogni caso… sai dove trovare sti dati, giusto per capire se le affermazioni si basano su … questioni oggettive e non interpretazioni? sai, qui parliamo di contrazioni e periodi di tempo arbitrari… magari quello che per uno è una contrazione per l’altro è un assestamento…

    In definitiva, nonostante abbia molto apprezzato la lezione di economia e i dati forniti, non credo che l’analisi esposta, pur se condivisibile, sia chiarificatrice, anzi, mi ha suscitato nuove perplessità… magari ne parleremo.

    Apprezzo anche molto i riferimenti all’equilibrio. Equilibrio che, secondo quanto posso intuire io, le nostre istituzioni centrali hanno completamente e continuamente “spostato” in la, tanto che i dipendenti greci hanno potuto, senza problemi, continuare a comprarsi kayenne(cito te) per quasi un lustro senza nemmeno rendersi conto dei danni che stavano combinando, mentre i dipendenti delle banche franco-tedesche continuavano a prestar loro soldi convinti che l’euro sarebbe stato scudo eterno. Proprio questo è il problema dell’equilibrio che intuitivamente direi “mai raggiunto”. Pensare che sarebbe potuto andere diversamente è stato, come ha dimostrato la storia, e non una teoria, un ENORME ERRORE.

    Concludo infine riportando un tuo estratto che ovviamente condivido: ” Detto questo, vorrei solo obiettare che le componenti del declino italiano sono radicate da decenni e “strutturali” quali nanismo delle pmi, istituzioni bizantine , accesso credito, fisco predatorio, costi energia, skill mismatch et cetera .”
    Ma siamo sempre al solito punto. Detto questo e con la consapevolezza di questo, valeva la pena mettere assieme, con le modalità che ormai tutti sappiamo, i paesi dell’unione e unificarli prima di tutto tramite una moneta unica? Cosa pensavano di ottenere le nostre istituzioni? forse la pace fra i popoli? Una maggior competitività verso l’esterno (che pare non ci sia)? Non era forse più probabile assistere a fenomeni di sudamericanizzazione e dollarizzazione, come la storia aveva già prodotto? beh, dai, credo che la risposta possa essere solo una. e allora, perchè l’hanno fatto?

    1. @nipote (premetto che in questo momento non ho il tempo di rispondere a tutto visto che ha accennato ad una carrellata di questioni)

      punto 1 ) su TFP ripeto ha senso il discorso se e solo se vengono considerate le componenti individualmente . Sulla KV infatti basta citare questa frase :
      “È evidente che dY causa dLP, ma e’ altrettanto evidente che vale anche il viceversa, cioè che dLP causa dY”.

      punto 2 ) riguardo a AD shock , basta dare uno sguardo ai componenti GDP dei paesi periferici a capire che la parte Net Export è stata completamente sacrificata a favore di investimenti ( vedi K flow ) e consumi.

      Appunto questa è stata l’attrattività dell’euro. Basta ipocrisie..i governi greci,italiani o portoghesi che siano l’hanno voluto per questo : per la manna dal cielo che veniva dal ribasso tassi.
      Non l’ha imposto nessuno, sennò non bastava lo SME ? ( per evitare guerre valutarie intraeuropee )..
      Quindi , sulla carta , soluzioni sono : Svalutazione interna + reflazione Germania + default debiti ( in deflazione non riesci a pagarli, quindi ciccia ) o esci .
      In Grecia e irlanda , credendo ai sondaggi , l’ 80% vuole restare nell’ euro.

      Si direbbe dalle mie parti : Alùra , sè fem ?

  10. @hans landa
    è tutto condivisibile, anche dlp = dy in qualche modo proporzionalmente, all’equilibrio. Che non c’è e non ci sarà ancora per molto, purtroppo. Cmq non è questo il problema maggiore dell’impianto logico/teorico proposto in quell’articolo.

    e si basta ipocrisie, sappiamo bene che gli altri governi hanno voluto l’euro per proteggere gli investimenti (K) da svalutazioni e pompare i consumi di prodotti provenienti, per lo più, da paesi più competitivi. e basta ipocrisie, sappiamo bene che quando prestavano centinaia di miliardi alla grecia, o al portogallo o alla spagna o all’italia, sapevano come sarebbe andata a finire. Voglio dire, la grecia non è diventata la grecia negli ultimi 5 anni (però il debito l’hanno quasi raddoppiato)…

    purtroppo per quanto riguarda le soluzioni, ma questo lo sai bene.

    In ogni caso, sto cercando di capire, non di dare giudizi morali o altro. So bene che la storia verrà poi scritta come più ritenuto consono da chi uscirà vincitore da tutto questo, ma personalmente, l’idea di sapere se è stato un errore, pura miopia, o se invece è stato semplicemente un caso – non voglio supporre altro -, beh, per me la differenza la fa. e potrei anche guardare con occhi diversi le attuali istituzioni. sarei più europeo. ma mi devono convincere al di la di ogni ragionevole dubbio che questa situazione non è stata disegnata a tavolino o perseguita a discapito di tutto e tutti, sapendo dove si sarebbero infilati.

    1. Mi scusi , lei sta affermando che la Germania abbia imposto l’euro per far partire K flow alla Grecia , che attraverso generose retribuzioni ai suoi dipendenti pubblici a sua volta avrebbe favorito l’acquisto delle Audi al posto delle Dim ( come dire : scegliamo tra la vacanza a Rozzano o in Polinesia ) … non è che sta applicando in modo fantasioso un modello reddito-spesa a circuito chiuso ?

      Reductio ad absurdum : non sarebbe stato più intelligente tenersi il DMark , fare investire le varie Sparkassen e Landesbank in , che ne so , aziende vietnamite o indonesiane e lasciare la Grecia con la sua drachma al suo destino ?

      Perché non mi sembra che aziende come la Siemens o la Basf se la passassero così male col DMark , anzi attiravano K estero e avevano costi import ridicolmente bassi ( con magari un’ azienda brianzola che le forniva i semilavorati facendosi pagare in lire )…

      Poi , potrebbe obiettare , metti che un concorrente come l’Italia o Francia per supplire al loro deficit produttivo iniziassero a svalutare forzatamente ( con degli short sul forex o con acquisti di marchi sul mercato) la propria valuta ..non si prenderebbero una bella botta i tedeschi ?
      Risposta : sì , se stan fermi a subire la guerra valutaria, ovvio che la botta di deflazione ti può cogliere impreparati …. Ma non ci avevan già pensato a questa evenienza ? sì , con l’istituzione dello SME che di fatto impediva guerre valutarie che altro non sono protezionismo velato ( e il mercato unico si va a fare benedire )…oppure , siam creativi , la Bundesbank prende esempio dai loro cugini della SNB a Zurigo e mettono un cap al cambio del DMark ( anche lì comprandosi lire e franchi e accrescendo le proprie riserve … quasi gratis , no?)
      … un concetto importante che han capito gente come tedeschi e svizzeri è proprio questo : avere una valuta forte ti mette nella condizione di usufruire degli inflow capitali o di svalutare a piacimento con azioni della bc

  11. scusa, ci dobbiamo dare del lei?
    se si lo farò dalla prossima volta.

    Allora, non insinuo nulla. Come ti dicevo, l’obiettivo mio, visto che non ne so molto in economia (non quanto vorrei) è capire se esistono o meno delle relazioni di causalità tra l’introduzione dell’euro – dall’euro non si esce, dallo sme con “+ facilità”, così chiudiamo sul nascere ulteriori e inutili considerazioni – e i conseguenti ( temporalmente parlando) disequilibri che si sono creati nell’unione. Disequilibri che sono, necessità implica, stati alimentati dal fatto che le variabili macro non si sono potute aggiustare. Se erro, dimmi dove.
    Ora in rete, nei giornali, e in buona parte della letteratura minore ( i “grandi pensatori” pare siano tutti d’accordo) si legge tutto e il contrario di tutto:
    da un parte chi nega ogni correlazione tra l’introduzione dell’euro e gli “effetti”
    dall’altra chi ne individua un correlazione diretta o in qualche modo proporzionale (nel bene e nel male)
    dall’altra ancora, chi ne individua una correlazione diretta se gli “effetti” sono positivi e non ne individua alcuna se gli “effetti” sono negativi.
    Con effetti, ripeto, intendo effetti temporalmente parlando. Ancora non so se si possano definire effetti in termini di causalità. (per curiosità, così evito di interpretare, tu in quale ti riconosci?)

    Ancora ripeto che il problema di fondo per me è fidarmi di queste istituzioni europee e per farlo, dovrei capire alcune cose. non mi interessa discutere dell’esistenza dell’euro, che come quasi tutto quello che c’è di “brutto” al mondo e nell’universo, è irreversibile (come l’entropia, per intenderci). Visto che l’euro è un dato di fatto, il passaggio successivo è: fidarsi di chi lo gestisce? Per fidarmi mi serve poter dimostrare vere due fondamentali assunzioni – non sono assunzioni per me, ma mi pare che per molti lo siano:
    1) le istituzioni operano in buona fede ( bene dei popoli e quanto più di stucchevole puoi immaginare)
    2) le istituzioni operano sapendo quello che fanno per davvero, ovvero non ci stanno mettendo l’uno contro l’altro per un qualche errore di valutazione continuato e duraturo.

    Voglio dire, se fossero dottori, chirurghi o piloti di treni, saremo tutti spacciati, visti i risultati. Ma lasciamo loro tempo per lavorare… o no? Quest’ultima frase implica anche che aver fatto l’euro e volerlo tenere assieme sperando che i greci o gli italiani diventino tedeschi dentro ( non ho nulla contro nessuno, utilizzo greci italiani e tedeschi solo perchè naturalmente ci capiamo bene) o sperando che prima o poi la grecia possa vantare la propria bmw o mercedes, mi pare un terribile ed immenso errore di valutazione. Mi pare, no, non mi pare, alla storia vissuta fino ad adesso pare così.
    E’ come se i greci pretendessero che i tedeschi o i francesi diventassero tutti pescatori ( o simili). Ugualmente sarebbe un immenso errore di valutazione.

    Può essere che io stia applicando con fantasia un mucchio di cose, visto che ci sono un mucchio di cose che non so. tuttavia, il flusso di denaro in Grecia c’è stato o no? Alimentato da cosa? e cosa è andato ad alimentare se non almeno un buona parte consumo, corruzione e investimenti improduttivi? Se i normali meccanismi di aggiustamento degli quilibri, come ad esempio le variazioni del tasso di cambio, avessero potuto manifestare il loro effetto, un flusso del genere sarebbe stato presto smorzato da ALMENO un paio di fattori: moneta comprata più forte e maggior paura di perderci sul cambio. se sbaglio mi corrigerete 🙂
    Invece, al contrario, non solo non c’è stato alcun aggiustamento (equilibrio caro dagli anni 70 in poi…. ???), ma proprio il cappello dell’euro ha permesso che tali flussi continuassero senza nemmeno avere un segnale concreto della loro rischiosità (come tu dici, certi popoli porcelli si sono finanziati a un tasso ridicolo, e certi popoli poco svegli, i soldi glieli hanno fatti avere – mantengo simmetria negli insulti). Ovviamente non sono i popoli, ma gli operatori finanziari, sia i creditori che i debitori, mentre gli uomini che gestivano le istituzioni che avrebbero dovuto sovraintendere a tutto ciò, diciamo che a pensar bane facevano altro.
    L’effetto di questo comportamento, è o non è che ora alcuni popoli sono nettamente indebitati con altri, e che quindi, per dirla in maniera patetica ( da πάϑος, per dirla alla vecchia maniera greca) i primi hanno goduto nel comprarsi i prodotti dei secondi (necessariamente era così, altrimenti il flusso netto di denaro sarebbe stato all’incontrario ) e i secondi godranno, se i primi non dichiarano fallimento, nel prendersi gli interessi o nel dividersi i profitti degli investimenti.
    Ma tutto questo è avvenuto a causa della mancanza di un adeguato punto di equilibrio, costantemente spostato in la dallo smorzamento dei fattori equilibranti (c’è una sola valuta), dalla miopia degli operatori finanziari e cosa peggiore, dal fatto che nessuno ha regolato alcuno.
    La cosa che infine ritengo rischiosa è la generalizzazione che stiamo facendo pure io e te quando parliamo di greci e tedeschi. Ricordiamocelo bene, la gente in tutto questo è stata protagonista di una tragedia (sia per chi ora è indebitato che per chi ora ha crediti inesegibili). Dovremo chiamarli operatori finanziari e basta… forse eviteremo il peggio!

    Mi fermo qui per chiarezza. TI PREGO, se sbaglio, dove?

    1. @nipote mi chiami come più ritiene opportuno : tu, voi, esso, colonello . Per me è tutt i stèss . Io tendo sempre a dare del lei .
      ( basta evitare insulti , ma vedo che lei a differenza di altri euroscettici, che ho trovato in discussioni su internet ,sembra una persona civile )

      Comprendo il suo giusto scetticismo verso le istituzioni europee. Tenga presente che
      1) la classe politica in Italia negli ultimi decenni ha voluto ( non c’è dolo o violenza ) tutto il pacchetto dell’ integrazione europea.
      Stando alle ultime rivelazioni sul Tesoro , Italia e Grecia hanno addirittura compiuto degli interest-rate swaps negli anni 90 per truccare il disavanzo statale ( il buco nei conti che potenzialmente ,come ogni derivato, non è mai quantificabile in anticipo secondo alcune fonti si aggira ora sui 10 miliardi)..
      Lei intuisce che avrebbero fatto di tutto per entrare nel club €

      2) Domanda cruciale ( e non facile ) : Cui prodest ? A chi è giovato l’euro ?
      Risponderebbe Borghi ( uno a caso ) : Alle multinazionali tedesche che hanno usufruito del cambio deprezzato .
      Semplice , no ? Un po’ troppo, direi.
      Sin dalla convergenza nell’€ negli anni 90 le industrie tedesche , seppur protette da svalutazioni competitive dei concorrenti europei , non se la passavano granché bene , addirittura (visto il costo del lavoro e l’alta tassazione) evitavano la Germania preferendo delocalizzare in est-europa ( da qui l’espressione riferita alla Germania : “il bazaar d’europa”).
      Addirittura nel 2002 la disoccupazione arrivò al record postbellico di 4 milioni..
      Ma siam sicuri sia lo stesso paese che dal 2004 in poi è la “locomotiva d’europa” e che compete alla grande ( nonostante il continuo apprezzamento dell’€ contro il $) in giro per il mondo ?
      Avviso : Guarda alla politica interna SEMPRE –> cosa ha fatto Schroeder nel 2004 ?
      Risposta di Bagnai ( un altro a caso ) : Ha forzato i poveri cittadini tedeschi a lavori sottopagati e a brutali tagli allo stato sociale ed ai salari.
      Domanda : Ma era meglio tenersi lo stato sociale così com’era negli anni 90 con tutti annessi diritti sindacali a posti fissi, vacanze garantite e salari in continuo aumento ( aumento per legge , non certo voluto dai datori di lavoro ) ?
      Se crede ai votanti tedeschi , la risposta è : NO. Tale modello socioeconomico ( molto simile all’Italia o Francia odierna ) a detta dei politici e degli elettori non era sostenibile. Quindi meglio avere meno diritti di lavoro, meno welfare e contratti più flessibili ( o precari ) ? La risposta per i cittadini tedesci è SI : meglio lavorare tutti ( <7% disoccupazione non è male ) ed avere un'economia in
      crescita.
      Non sembra una scelta legittima di un popolo che vota per migliorare il proprio interesse ? A me sì.

      Da questa osservazione può capire che avere un cambio apprezzato o no per l'economia tedesca non era il problema principale…anzi ( si rilegga la risposta precedente ) col DMark prima dei casini della riunificazione andavano alla grande..hanno sempre avuto una cultura del risparmio ( come noi ) e dell'investimento ( estero e non) ..basta guardare il loro tasso di inflazione dal 45 ad oggi ..mai sopra il 5% ( neanche durante gli shock petroliferi..ed ho detto tutto).

      Quindi trovo ridicole certe frasi fatte che leggo su internet : La Germania voleva il cambio deprezzato ( e prima cosa faceva ? non vendeva una bega ?), ce l'ha imposto con dolo, ha compresso i salari e distrutto lo stato sociale ( neanche fossimo in Corea del Nord) , vuole distruggere l' industria del sudeuropa ( e prima come faceva la Volkswagen a competere con la Fiat o la Renault o , per sparare sulla croce rossa, la Lufthansa con Alitalia ? ) et cetera

      Poi , se sei un paese come l'Italia , Grecia e Portogallo e vuoi beneficiare degli influssi di capitale senza pensare allo stato delle tue istituzioni e della tua economia…purtroppo , visto che l'€ è un' associazione volontaria ( attributo molto importante ) di stati membri , ti puoi accomodare .. fai una firma qui e qui sotto .. Che alcuni politici siano incapaci ed abbiano firmato ad occhi chiusi non lo metto in dubbio…mi domando solo : è circonvenzione di incapace o è colpa dei votanti poco svegli ? ( Io andrei sulla seconda )

      Detto questo , tutto questo casino è opera nostra : Abbiam voluto illuderci che i problemi di produttività non ci fossero e abbiam voluto credere che l'€ fosse la manna dal cielo.
      Sarebbe stato meglio non entrare nell'€ e restare con un peg lira-€ ( come han fatto i danesi ) ..questa è la mia opinione.

      è colpa degli " operatori finanziari " che hanno riversato una valanga di soldi in progetti residenziali spagnoli, irlandesi ed in treni ultramoderni ( costruiti dalla Siemens ..che strano) ? No. Loro hanno scroccato lo spread di breve termine e son andati a casa con un bel bonus ( banche irresponsabili lo so …basta farle fallire o , se sono sistemiche , nazionalizzarle e rivenderle dopo una bella purga )

      La colpa va ricercata nelle firme sui trattati ..chi ha firmato , cosa han firmato e perchè ? Queste son le domande da porre

  12. ok colonnello.
    questa è una gran bella risposta, almeno in qualche modo ci trovo conferme.
    Ovviamente non son qui per discutere della legittimità delle scelte di alti paesi o di cosa pensino altri signori.

    Ovviamente non credo che nessun Paese sia stato costretto con la forza a aderire ad alcunche o meglio, non ci voglio credere perchè poi mi metterei a cercare di capire come tale minaccia si sarebbe concretizzata. Ma lo stesso vale per i prestiti … nessuno ha violentato fisicamente nessuno. Cmq non lo so, forse ai tempi, ma ero piccolino, avrei voluto entrare nell’euro, dicevano ovunque che era na figata! e non avevo interesse alcuno per l’economia, purtroppo. Facevo altro…

    Non so esattamente cosa sia successo nel 2004 in germania, ma in qualche modo mi hai aiutato a capire un pò di più (ora approfondirò). L’idea quindi è che, una volta assieme, alcuni paesi dell’unione hanno operato delle scelte che, stando alla bilancia dei pagamenti intra e extra europea, non hanno avvantaggiato molto in termini extra ma hanno invece creato le condizioni (sacrosante) per un clamoroso avanzo intra. Altri paesi invece hanno optato per non aggredire il walfare, non rendere più snella ed efficiente la pa (etccccccc ), tanto che si sono trovati in poco tempo ad essere molto meno competitivi. A tutto questo si accompagnano gli squilibri finanziari di cui ai precedenti commenti più il fatto di non poter agire stampando moneta (e quindi non incamerando nemmeno più i flussi sugli interessi che adesso invece finiscono altrove). Non che mi interessi stampare, ma solo per ribadire che di fatto le principali variabili macro sulle quali agire, erano e sono vincolare esternamente.

    In ogni caso e quindi, per rispondere alla sua domanda, sig colonnello, si, anche a me una scelta simile sembra legittima, per un popolo. Forse un pò meno legittima se si pensa all’unione… ma onestamente, non me ne frega nulla dell’unione. Ciascuno faccia come crede meglio.

    Ancora un paio di cose non mi sono chiare, tuttavia. Vorrei capire. In caso di cambi liberi di fluttuare e sapendo che l’incremento del costo delle materie prime non si propaga 1:1 sul costo del prodotto finito (spero concorderai con questo… ) e anzi, considerando che se il paese ha un forte carattere esportatore, un simile aumento alla fine viene semplicemente ribaltato sul prezzo dell’export, quindi passa quasi in maniera trasparente (per quanto concerne la bilancia dei pagamenti ), ok, premesso questo, vorrei capire, se dopo tutte quelle straordinarie misure e riforme economiche attuate da alcuni paesi e dopo tutte quelle non attuate dagli altri paesi (e tutti hanno il diritto di fare come voglione, lasciamo perdere l’idea romantica di unione, alla quale io stesso non credo e a quanto pare neanche chi la costituisce), ci fosse stata una variazione (naturale, dettata dall’offerta/domanda di valute) del tasso di cambio tra le valute di quei paesi, non ci sarebbe stato un meccanismo che in qualche modo andava ad annullare l’efficacia di quanto fatto? Ci sarebbe forse stato il rischio che i “sacrifici” per lavorare tutti e la “perdita di diritti” potevano semplicemente essere… inutili?

    Cmq ora mi sono venuti troppi dubbi… il tuo discorso è stato illuminante: cioè, praticamente è una corsa al ribasso non per competere con la cina e l’india o la turchia, ma per competere tra di noi Europei. E’ come se fossimo in costante stato di shock verso l’esterno che però è l’interno. Invece che promuovere la pace e la prosperità, stanno ottenendo il contrario… (e ripeto, sono fermamente convinto che ogni popolo abbia diritto ad autodeterminarsi come meglio crede, sempre che non usi i panzer o i lince). Mi spiace di non avere sufficienti competenze in economia, utilizzarei concetti più sofisticati e un lessico più appropriato.

    é chiarissimo e ancora lo hai spiegato molto bene che in fondo alla germania non interessava un cambio apprezzato, ma necessitava di un cambio che non cambiasse – tu l’altra volta hai parlato di protezionismo, e secondo me è azzeccatissimo come modo di descrivere il continente isolato europa (isolato vista la bilancia commereciale estera, quasi neutra, intendo).
    Questo è corretto?

    Un giorno o l’altro cercherò anche di capire cosa ha implicato la riunificazione. non sono proprio sicuro che disporre di tanta manovalanza a costi relativamente più bassi sia solo un casino. Ma non conosco minimamente i dati, quindi non azzardo alcuna considerazione.

    Per il resto poi, concordo al 100%.

    Sei stato chiaro, ho sicuramente qualcosa su cui riflettere. “Something is rotten in the state of Union”

    Ah già, mi sono letto e riletto l’articolo di quel tipo che hai linkato.
    Ma tu credi davvero sia possibile dimostrare ( ma non come fa lui) che non esiste una relazione una tra il passaggio ad un regime di cambio fisso con i maggiori partner commerciali e la produttività? Cioè la completa indipendenza? Voglio dire… mica roba da poco… Giusto per sapere come la pensi…

  13. @nipote una tramvata di questioni : cercherò di essere sintetico .
    Comunque fa benissimo ad approfondire la storia economica di paesi come la Germania ( già riguardando i grafici mi son dimenticato di dire che il picco di disoccupazione tedesca si ebbe nel 2005, euro regnante)

    Prima domanda : ” se ci fosse stata una variazione del tasso di cambio, non ci sarebbe stato un meccanismo che annullasse i sacrifici della Germania ?”
    Risposta :
    Provi a immaginare 2 aziende metalmeccaniche . Una si chiama Volkswagen e sta in Germania , l’altra si chiama Fiat e sta in Italia ..facciamo uno sforzo di immaginazione e mettiamo che producano entrambi solo un tipo di macchina ( nessuna differenza sul prodotto finale ) e poniamo che l’unica differenza tra i 2 paesi sia in una valuta diversa . Si parte per semplicità con un cambio lira-marco 1-1 .Si intuisce subito che possono entrambe competere solo sul prezzo . Poniamo che in equilibrio abbassino i prezzi fino a che il prezzo è identico in entrambi i casi e coincide col costo di produzione .
    Il mattino dopo all’aprirsi dei mercati il DMark viene preso senza indugi come la cassoula a Natale e passa da un cambio Marco-lira 1-1 a 2-1 ( ora ci vogliono il doppio di lire per lo stesso marco ) . Mettiamo per semplicità che il prezzo delle materie prime sia tot $ e che il valore del dollaro rimanga fisso. Ora , relativamente ai 2 cambi lira-$ e marco-$ la Fiat ( che fattura solo in lire ) paga il doppio della Volkswagen . Nel pomeriggio si aprono i concessionari e arrivano 100 cinesi e decidono di farsi un giro sia in italia sia in germania per confrontare i prezzi. La Fiat deve decidere il prezzo : I costi delle importazioni sono raddoppiati e quindi raddoppia il prezzo per non andare in perdita . La Volkswagen deve decidere il prezzo : I costi delle importazioni si sono dimezzati quindi taglia il prezzo a metà . I cinesi , col portafoglio zeppo di $ , trovano più economica la Fiat o la Volkswagen ? Nessuna delle 2 ovviamente , i prezzi relativi al $ sono identici.

    Cosa si evince da questo esempio : Colmare le differenze competitive di base ( perchè è chiaro che Volkswagen non offre gli stessi prodotti e non si trova nello stesso contesto di Fiat ) col tasso di cambio è illusorio.
    Può solo in parte funzionare in alcuni settori non-tradeable come il turismo…ma anche lì per tenersi i vantaggi di un cambio apprezzato i vari settori turistici tedeschi, per non dire svizzeri , austriaci o scandinavi senza nemmeno aggiustare al ribasso i prezzi hanno investito su infrastrutture e servizi più produttivi a tal punto che riescono sempre a fare il pienone anche in città obiettivamente un po’ sfigate in confronto alle nostre come Berlino.

    I sacrifici fatti da schroeder nel 2004 poi non si possono etichettare ( come fanno taluni sui blog odierni , di certo non questo che è serio e ben pensato ) come svalutazione o deflazione interna. Servivano a mettere un tetto alle spese sociali , a dare più libertà di contrattazione ai datori di lavoro e a rendere più efficienti le istituzioni in una presa di coscienza che date le prospettive demografiche tedesche e la concorrenza dei paesi asiatici ( altro che europa) qualcosa andasse cambiato . Se come conseguenza di tutto ciò , i prezzi e salari tedeschi siano saliti molto di meno che in altri paesi dell’€zona , è per demerito di altri governi che hanno mantenuto le indicizzazioni forzose o addirittura decidevano a tavolino di retribuire con palate di soldi i dipendenti pubblici.

    Domanda numero 2 : ” io ho affermato che alla Germania non interessasse il cambio per sè ma uno intraeuropeo che non cambiasse . Giusto ?”
    Risposta : Giusto . Come più volte accennato nei precedenti commenti, la Germania come la Svizzera ha sempre mantenuto una valuta apprezzata ( infatti negli anni 80 per prenotare gli Hotel dell’ Alto Adige gli italiani li mettevano in fondo alla lista di attesa perchè pagavano in lire mentre gli austriaci e i tedeschi li prenotavano senza indugi …son tirchi lo so ). Unica preoccupazione per la Bundesbank e la SNB era la volatilità nei tassi di cambio intra-europei : Svalutazioni e apprezzamenti improvvisi o forzati dai rispettivi governi sono una forma di protezionismo ( o meglio di dumping ) . Non a caso in tutti i summit del WTO si parla sempre di ritorsioni protezioniste e svalutazioni competitive come il maggior ostacolo al commercio libero mondiale.

    Ultima obiezione : le aziende tedesche , come quelle italiane che esportano ( te ne potrei citare una dozzina nel bresciano ..ma in Italia ce ne sono per fortuna ancora molte di più ) sono pragmatiche ..dalla fine degli anni 90 cercano tutte di stabilirsi nei mercati emergenti in giro per il mondo. Basterebbe sedersi 5 minuti ad ascoltare i lavoratori di queste aziende per capire che il mondo è cambiato e bisogna competere . Per competere non intendo andare a lavorare in una fabbrica del Bangladesh, ma fornire apparati burocratici, di infrastrutture e di istruzione ( servono ” skilled workers “..ingegneri, dottori e quant’altro ) tali da permettere alle aziende di lavorare qui e a non essere costretti a emigrare in massa con azienda e famiglie in Canton Ticino per tenere aperta la baracca , come ho assistito di recente.

  14. ti giuro, normalmente non dedico così tanto tempo ai “contradditori”… il mio settore è diverso: o va o non va. Ma ne vale la pena.
    Ti piace “colonnello”??
    1) è vero se si suppone che la fiat debba raddoppiare il prezzo per starci dentro con i costi. ma sappiamo bene che in realtà il costo di una vettura dipende per una percentuale molto inferiore all 100% dai costi delle materie prime, quindi purtroppo viene meno una delle tue ipotesi che pure io avevo considerato in un ragionamento identico al tuo. non ho capito invece perchè la VW dovrebbe pagare meno, se è l’ipotetica lira ad essersi svalutata. Ma fa nulla. Nel senso che, come capirai benissimo anche tu, ci deve essere un qualche punto fino al quale ha senso svalutare e un punto entro al quale ha senso rivalutare. altrimenti, tra l’altro, sarebbero incomprensibili sia le svalutazioni “italiche” che le “rivalutazioni” germaniche. Per comodità possimo pensare che l’ipotetico DMark rimanga fermo rispetto al dolloro, per cui quelli della VW compreranno materie prime al prezzo pagato al tempo precedente.
    se l’ipotetica lira si deprezza del 50% rispetto al DM, allora la fiat pagherà il doppio. ma se il prezzo di produzione di una vettura dipende dalle materie prime per meno del 100% (cosa evidente), allora la fiat avrebbe vantaggio a svalutare del 50% (significa che la maggior parte dei costi di produzione non è data dalle materie prime).Se sbaglio qualcosa sei conti, ti prego mostraamelo. Ma, se faccio bene i conti, ad occhio e supponendo che il costo di un’autovettura sia equiripartito tra 50% materie prime e il 50% in resto, il costo finale sarebbe, in marchi, il 25% più basso. così più o meno. Ovviamente stiamo trascurando tutto il resto e fortunatamente le cifre indicate non sono mai così, credo, e soprattutto gli interessi del paese che “ospita la fiat” non sono interamente rappresentati dalla fiat. In ogni caso economicamente parlando, il ragionamento basato su variazione prezzo materie prime = variazione prezzo prodotto finito (1:1) non regge.
    Anzi, sono altrettanto sicuro che la scienza economica abbia prodotto un qualche parametro, una misura, qualcosa che descriva esattamente quanto da noi accennato. Non so come si chiama ma ci scommetto che esiste. In realtà già basterebbe capire quanto incide il prezzo delle materie prime sulla produzione aggregata e quanta di questa produzione finisce all’estero, per avere una chiara degli effetti di una svalutazione. In ogni caso, sinceramente, questo genere di ragionamenti (postulare una dipendenza 1:1 tra prezzi materie prime e prezzi prodotti venduti) non sono eleganti intellettualmete, in quanto semplicementi sono falsi. quindi o io non ho capito il concetto, o tu hai abusato di una generalizzazione scorretta. Ripeto, non conosco i dati ma li cercherò così per avere una controprova statistica.
    Ovviamente ne deriva che, sotto quelle condizioni, i costi di produzione della fiat si sono abbassatti relativamente a quelli della VW, e quindi in prezzo della sua produzione in dollari.

    onestamente & supponendo che io abbia capito bene, questo tuo esempio non è intellettualemente onesto. Ma come sempre, sono disposto a ricredermi qualora capisca dove sbaglio ad interpretare.

    2)si si ok è evidente, ma in qualche modo c’è qualcosa che non va. nel senso che se l’interesse è evitare variazioni nel tasso di cambio, ne consegue che tali variazioni siano non volute. quindi cosa di meglio se non creare un’area di appartenenza alla medesima valuta? Perchè? il perchè lo sappiamo e ci sono almeno un paio di motivi che sappiamo bene tutti e due. Per cui sì, è assolutmente condivisibile in senso logico l’idea di paragonare variazioni forzate del cambio al protezionismo, ma altrettanto lo è imporre che il cambio non si muova secondo le variabili macro. In questo senso, se mi permetti l’espressione, l’euro risulta la più grossa misura protezionistica pensabile messa in piedi in europa. E ancora una volta sottolineo che non sto dando giudizi morali o altro, ma le conclusioni non possono che essere queste, se non sbaglio qualcosa nelle ipotesi.

    Per l’utlima obiezione non capisco perchè obiezione. Mi pare abbia senso, ma ancora una volta il problema non è con l’extra eu ma all’interno. In ogni caso, la settimana scorsa sono stato invitato a un conferenza dove alcuni tra gli speakers erano appunto imprenditori o manager che hanno investito in impianti produttivi fuori dall’area euro (non svizzera 🙂 ). Il loro problemi maggiori sono sostanzialmente 2: il costo del denaro in quella regione ( ma se la cavano, per loro ammissione… ) e l’accesso a impiegati competenti (ings, appunto). In realtà credo che il secondo problema fosse un non problema, in quanto l’esperienza da loro riportata indicava che avessero impiantato le fabbriche in zone “concordate” con il governo del paese, pertanto ovviamente non esattamente sviluppate ( è difficile far trasferire gente competente dal centro di milano alla periferia di di un qualche paese sperduto nel mezzogiorno). Ciò che voglio sottilineare è la paura: queste multinazionali “temono” il costo del denaro (credo non serva altro per capirci… ) e pur sapendo esattamente come gestirlo… ci vanno caute. E non è poco, se mi spiego.

    in conclusione, mi spiace un pò, onestamente, per il primo punto. Ma per il resto è un piacere.

    1. @nipote
      Ecco sul primo punto mi aspettavo una pronta critica perchè appunto è un esempio molto semplice che mi ero inventato al momento per rendere un’idea .

      Vedrò di andare più in profondità , ma le assicuro non è disonestà intellettuale piùttosto volevo farle notare come per aziende multinazionali che operano nel settore tradeable ( e che quindi coinvolgono più processi produttivi, delocalizzati con più aziende terziste che forniscono le parti in assemblaggio ) la svalutazione o rivalutazione del cambio con un paese di un concorrente ha impatto nullo sulla sua profittabilità ( costo del materiale A cala e simmetricamente aumenta margine per prodotto B e così via ) .

      Prima osservazione : ” sappiamo che costo vettura non dipende dal 100% dal costo delle materie prime ”
      Vera , ma totalmente scollegata dall’esempio .
      Possiamo introdurre per non farci mancar niente il costo del lavoro. Nell’esempio la Fiat fattura in lire ( paga e viene pagata in lire ) , il costo del lavoro in Italia pertanto non varia per Fiat , ma si dimezza per VW . Quindi al netto il vantaggio competitivo è zero . Rimane una somma che fa zero. Ripeto è un esempio . Misurarsi sulle variabili e sulle ipotesi.

      Seconda osservazione : ” non ho capito perchè la VW dovrebbe pagare di meno se è vero che l’ipotetica lira è stata svalutata ”
      Nell’esempio ho stipulato che il costo delle materie prime sia tot $ ..ora se dopo la svalutazione la VW cambia 1 Marco per 1 $ , lo stesso 1 $ non vale 1 lira .Per principio di equivalenza vale 2 lire. Ecco perchè la VW ha vantaggio competitivo del -50% costo materie prime , che viene annullato da un’ analoga svalutazione del presso finale del 50 % . Poiché alla fine della fiera la VW vende a 1 Marco e la Fiat a 2 lire ..non cambia nulla dall’equilibrio.

      Osservazione numero 3 ) ” se i costi di produzione sono composti da 50 % Import e 50 % altro non import , allora alla Fiat non converrebbe la svalutazione del 50 % ?”
      In questo caso , se ho capito la sua domanda , la VW presenta – 25% costi import , 0% variazione costo lavoro ( si ricordi che fattura in valuta locale ) .
      , la Fiat presenta +25% costi import , 0% variazione costo lavoro ( ragionamento simmetrico ) .
      la Fiat prima vendeva a 1 lira ora vende a 1.25 lire.
      la VW prima vendeva a 1 Marco ora ( per punto pareggio costo=prezzo) vende a 0.75 marchi.
      la tesi rimane valida perchè i prezzi finali sono uguali 1.25 £ = 1 MK.

      Comprendo la sua replica : lei ha ipotizzato che un rialzo dei costi per Fiat del 25% sia al netto più che compensato da un ribasso del prezzo da 1 MK ( situazione iniziale con parità tra valute ) a 0.5 MK ( equivalente dopo svalutazione a 1 £ ). In questo caso però il punto di equilibrio costo tot. = prezzo non viene raggiunto dalla Fiat perchè incasserebbe 1 £ a fronte di un costo di 1.25 £ .

      1. errata corrige : 1) quando affermo 1.25 £ = 1 MK, ovviamente intendo
        1.25£ = 0.75 MK ( + 25 % da una parte e – 25 % dall’altra )

        2) Per “costo del lavoro” o “altro” presumo intenda costi non soggetti a rischi cambio ( operaio in germania o in italia lo paghi per semplicità sempre 1 unità di valuta ) .. in quel caso rimangono costi ” fissi ” ad un’unità di valuta e cambiano del 25% i costi di Fiat e VW sugli import . Al netto non cambia nulla. ( scusi se mi ripeto )

    2. @nipote sulla seconda questione ho dedicato poche righe nei commenti precedenti, andrebbe approfondita con qualche grafico degli studi della bce e del fmi
      ( le assicuro i ricercatori che trova sui relativi siti sono molto obiettivi e non hanno sottofondi ideologici, li consiglio vivamente se è interessato )

      Il concetto è abbastanza chiaro : La Germania nella sua storia ha sempre avuto cambio apprezzato nei confronti dell’ Italia ..dal 1965 , anno in cui le 2 valute erano a cambio fisso col $ ( si veda Bretton-woods ), al 1998 ( introduzione dell’€ ) il cambio Marco-Lira passa da 157 a 1000 .

      Insomma la lira si è svalutata del 637 % nell’arco di 30 anni ( Bretton woods finisce nel 71 ) . La media è poco più del 21 % di svalutazione annuo.

      Si nota quindi che la Germania è riuscita a sorbirsi continue svalutazione dai suoi concorrenti italiani .. Perché allora , in nome delle guerre valutarie , non si è ribellata la Germania con dazi o altre restrizioni ? Perché dal 79 in poi ( tranne la breve parentesi del 92 ) l’Italia , Francia , Belgio etc aderirono allo SME .
      In pratica cosa successe : la lira continuava a perdere il 21 % annuo contro il marco ma proprio questa situazione venne scontata dalle imprese tedesche.

      Per far capire , se mi prometti di svalutare solo di un certo tot ( in pratica gli investitori valutavano le differenze di inflazione e le prospettive di investimenti nei 2 paesi e continuavano a scontare un’inflazione alta in Italia e una bassa in Germania, svalutando progressivamente il cambio lira-marco ) in linea con i fondamentali della tua economia e non intervieni , magari, con la banca centrale a svalutare forzosamente il cambio , io Germania subisco la tua svalutazione senza problemi ( come di fatto avvenne ) perchè le mie aziende la scontano già quando redigono il piano di investimenti di inizio anno.

      Tutto questo serve ad evitare voltatilità dei cambi e ” guerre valutarie ” che renderebbero il mercato unico una gara a chi si prende più export a scapito del vicino.
      La situazione dell’ € è assimilabile a una ” guerra protezionista ” ? No perchè in primo luogo uno stato sceglie liberamente se entrare in un cambio fisso , in secondo luogo come ho cercato ad evidenziare nei commenti precedenti ( incessantemente ) la Germania fa l’esatto opposto di un’economia protezionista : non ha mai svalutato ( e levare gli aumenti forzosi dei salari NON è svalutazione interna ).

    3. @nipote
      Ecco sul primo punto mi aspettavo una pronta critica perchè appunto è un esempio molto semplice che mi ero inventato al momento per rendere un’idea .

      Vedrò di andare più in profondità , ma le assicuro non è disonestà intellettuale piùttosto volevo farle notare come per aziende multinazionali che operano nel settore tradeable ( e che quindi coinvolgono più processi produttivi, delocalizzati con più aziende terziste che forniscono le parti in assemblaggio ) la svalutazione o rivalutazione del cambio con un paese di un concorrente ha impatto nullo sulla sua profittabilità ( costo del materiale A cala e simmetricamente aumenta margine per prodotto B e così via ) .

      Prima osservazione : ” sappiamo che costo vettura non dipende dal 100% dal costo delle materie prime ”
      Vera , ma totalmente scollegata dall’esempio .
      Possiamo introdurre per non farci mancar niente il costo del lavoro. Nell’esempio la Fiat fattura in lire ( paga e viene pagata in lire ) , il costo del lavoro pertanto non varia per Fiat perchè continua a pagare tot lire e non varia per VW perchè continua a pagare tot marchi . Quindi al netto il vantaggio competitivo è zero . Rimane una somma che fa zero. Ripeto è un esempio . Misurarsi sulle variabili e sulle ipotesi.

      Seconda osservazione : ” non ho capito perchè la VW dovrebbe pagare di meno se è vero che l’ipotetica lira è stata svalutata ”
      Nell’esempio ho stipulato che il costo delle materie prime sia tot $ ..ora se dopo la svalutazione 1 MK = 2 £ la VW cambia 1 Marco per 1 $ , lo stesso 1 $ non vale 1 £ .Per principio di equivalenza vale 2 lire. Ecco perchè la VW ha vantaggio competitivo del -50% costo materie prime , che viene annullato da un’ analoga svalutazione del presso finale del 50 % . Poiché alla fine della fiera la VW vende a 1 Marco e la Fiat a 2 lire ..non cambia nulla dall’equilibrio.

      Osservazione numero 3 ) ” se i costi di produzione sono composti da 50 % Import e 50 % altro non import , allora alla Fiat non converrebbe la svalutazione del 50 % ?”
      In questo caso , se ho capito la sua domanda , la VW presenta – 25% costi import , 0% variazione costo lavoro ( si ricordi che fattura in valuta locale ) .
      , la Fiat presenta +25% costi import , 0% variazione costo lavoro ( ragionamento simmetrico ) .
      la Fiat prima vendeva a 1 lira ora vende a 1.25 lire.
      la VW prima vendeva a 1 Marco ora ( per punto pareggio costo=prezzo) vende a 0.75 marchi.
      la tesi rimane valida perchè i prezzi finali sono uguali 1.25 £ = 0.75 MK

      Comprendo la sua replica : lei ha ipotizzato che un rialzo dei costi per Fiat del 25% sia al netto più che compensato da un ribasso del prezzo da 1 MK ( situazione iniziale con parità tra valute ) a 0.5 MK ( equivalente dopo svalutazione a 1 £ ). In questo caso però il punto di equilibrio costo tot. = prezzo non viene raggiunto dalla Fiat perchè incasserebbe 1 £ a fronte di un costo di 1.25 £

  15. purtroppo o per fortuna da domani dovrò assentarmi per ragioni di lavoro.
    Cerco di capire i numeri che lei ha calcolato ma non mi tornano. forse mi manca un qualche principio di relatività economico.
    io, personalmente formulerei la questione in questo modo.
    “IPOTESI”
    #1) sia t1 un istante di tempo tale per cui:
    1.1) 100LI (lira italiana) = 100DM (DMARK)
    1.2) 100DM = 100 USD
    quello sopra è un sistema di zero incognite (abbiamo fissato tutto) e due “equazioni”
    ne discende
    => 100LI = 100USD
    a meno che non si voglia negare una premessa per dimostrare che il corollario è sbagliato 🙂

    #2) sia t2 un istante di tempo tale per cui
    2.1) 200LI = 100 DM
    2.2) 100 DM = 100USD
    => 200LI =100USD

    se sbaglio mi facoltà di indicarmi esattamente dove.

    #3) i margini sono nulli (prezzo produzione = prezzo vendita)
    #4) è possibile rappresentare i costi di produzione di una vettura come una qualche combinazione lineare o meno (non cambia il ragionamento in linea di massima ma mi rendo conto è un’approsimazione suscettibile di critiche) di costi in divisa locale e costi in divisa estera. Possiamo anche pensare che la divisa esterna non sia necessariamente USD ma invece tali costi siano sostenuti in differenti valute. Beh, se me lo concede, possiamo cmq calcolare una sorta di valore medio, eventualmente ponderandolo come si deve, ma ancora, il concetto non viene spostato di una virgola, in quanto valgono le relazioni di uguaglianza ai punti 1 e 2.
    quindi c= c(cvn,cve) dove cvn = costi in valuta nazionale e cve = costi in valuta estera.
    #5) supponiamo, mantendo valide le ipotesi di cui sopra, che il 50% dei costi di produzione di una vettura siano da attribuire alle materie prime. Anzi no, generalizziamo dicendo che il 50% dei costi è da sostenere in valuta estera (materie prime + eventualmente altro), mentre l’altro 50% in valuta locale (manodopera + eventualmente altro), così da svincolarci anche dalle materie prima. Il discorso ovviamente non cambia.
    #4) fissiamo arbitrariamente il costo di produzione di una vettura a 100 USD = 100 LI = 100DM così come le valute sono state definite al punto 1.

    CONTI c=c( cvn,cve)
    C1) “ipotesi” t=t1 => 100DM = 100LI = 100USD
    per FIAT c = 50LI + 50USD = 50LI + 50LI = 100LI = 100USD
    per VW c= 50DM + 50 USD = 50DM + 50DM = 100DM = 100USD
    ritrovando per l’appunto l’assunto di partenza, cioè costi uguali per entrambi i produttori.

    C2) “ipotesi” t=t2 => 100DM = 200 LI = 100 USD dove la lira ha svalutato del 50% contro il marco, il che implica, per rispettare l’uguaglianza al punto 2, che ha svalutato anche contro il dollaro (so che non avviene esattamente così, ma ancora una volta ciò non toglie generalizzazione al concetto)
    per FIAT c= 50LI + 50USD = 50 LI + 50 DM = 50LI + 100 LI = 150 LI
    per VW c = 50 DM + 50USD = 50 DM +100 LI = 50 DM + 50 DM = 100 DM

    Passiamo alla verifica per assurdo, così mi diverto pure…
    supponiamo che 150 LI (cioè il costo di produzione di una vettura sostenuto dalla FIAT dopo la svalutazione) siano uguali a 100 DM, (cioè al costo di produzione sostenuto dalla VW dopo che la lira italiana abbia svalutato secondo le modalità di cui nelle ipotesi).

    DIM:
    Allora 150 LI = 100 DM per t=t2, il che è ovviamente impossibile, visto che l’ipotesi #2 impone 200LI = 100 DM.

    CONCLUSONI al t=t2
    Dimostrato che è impossibile altrimenti, possiamo trasformare tutto in dollari e otteniamo, al tempo t2
    per FIAT 150 LI = 75 USD
    per VW 100 DM = 100 USD.

    questo è quello che pensavo fosse il ragionamento corretto da fare. E penso condividerai.

    Ora, l’ipotesi #3, quella che per lei magicamente si elimina dicendo che “la VW abbassa i costi” indica che i margini sono nulli e che quindi nessuno può abbassare i propri costi. Siamo in equilibrio… e ancora, eliminare un’ipotesi a metà strada non genera nulla di buono.

    poi nell’errata corrige scrivi che 1.25£ = 0.75 MK
    mi scusa colonnello, ma siamo partitia da una svalutazione del 50% della lira, per cui 0.5£ = 1 MK e ha concluso scrivendo che 1.25£ = 0.75 DM ??? Forse intendeva il prezzo della vettura in valuta locale? cioè la lira svaluta del 50% contro il marco e il dollaro e la vettura costa 1,25lire? mentre il marco non svaluta contro nulla ma cmq la vettura costa meno (ha rimosso l’ipotesi di margini nulli ancora)? Sono pronto a capire, se me la spiega.

    (apro una piccola parentesi che spero ti divertirà – non è scienza o filosofia …

    4 > 2 (V)
    2 > 1 (V)
    allora 4 >1, tutto vero

    2 > 4 (F)
    4 >1 (V)
    2 > 1 … vero anche se la premessa principale è falsa :-)… )

    infine, adr:
    colonnello: “Perché allora , in nome delle guerre valutarie , non si è ribellata la Germania con dazi o altre restrizioni ?”
    nipote: “Guardi la risposta non la so con esattezza ma me ne vengono in mente almeno un paio di coppie:
    1) perchè si cresceva internamente e non c’era necessità di competere con i paesi confinanti ( o solo un pochino… )
    2) perchè l’export cresceva indipendentemente dagli altri paesi europei
    3) perchè eravamo tutti più amici e si faceva buon viso a cattivo gioco
    4) un’altra ancora che forse ti dirò in futuro.

    colonnello, la prego, non pensi che sia tutta qui la formalità a cui sono abituato…

    1. @nipote ecco se non ci mettiamo d’accordo sulle nuove variabili o sulle ipotesi, è a dir poco inutile controbattere visto che io ho capito x lei ha capito y.

      Rileggendo la sua risposta , penso di aver finalmente capito il suo ragionamento che era a dir poco ambiguo nella sua risposta precedente in cui voleva introdurre nuove variabili.

      Se ho capito bene lei dice che c’è un costo fisso per entrambi i concorrenti ad 1 unità di valuta e la variazione dei costi variabili non compensa la variazione del prezzo finale . Perfetto. Ora ho capito la sua obiezione e i calcoli che ho fatto prima sono scollegati da questo e perciò errati. Grazie per avermi fatto notare dove ho sbagliato.

      Se si rilegge i miei commenti precedenti, avevo infatti compiuto una distinzione tra settore tradeable e non-tradeable .
      Per spiegarmi meglio, La Siemens che opera nel tradeable ha ( a buon ragione ) una struttura dei costi non esposta al rischio di cambio .Perché ? perchè ha delocalizzato in più paesi e ha più fornitori a livello internazionale , il che rende la variazione dei suoi costi ” fissi ” ( per esempio un salario a un ingegnere di dusseldorf e un salario a un operaio a belgrado ) poco influente sul prezzo finale.
      Per non tradeable ovviamente si intende chi è esposto in toto al rischio di cambio come settori turistici etc. che come sottolineato precedentemente hanno deciso di scontare la svalutazione dei concorrenti italiani ( ricordo del 21% annua in media ) puntando tutto sugli investimenti e la produttività .

      Le pongo una domanda : Come ha fatto l’economia tedesca a continuare a subire 21% di svalutazione annua ( nei nostri confronti ) e a rimanere competitiva ?

      Lei ha intuito una parte della risposta : “perchè l’export cresceva indipendentamente dagli altri paesi europei” . Appunto , le aziende tedesche scontando già la svalutazione della lira , andavano avanti come se non fosse successo nulla . Bastava lo SME per impedire guerre valutarie.

  16. mi scuso se sono stato ambiguo.
    Non ho rappresentato il costo di produzione come somma di costi fissi più costi variabili, ma come una qualche combinazione (supposta 50% – 50% per mera comodità) tra costi sostenuti in valuta locale e costi indirettamente o direttamente sostenuti in valuta estera (materie prime). Finora non avevo neanche mai accennato ai costi fissi e costi variabili, non sono stato io a modificare le “ipotesi”. Ma forse sono stato ambiguo ancora.
    Non è per questo che i suoi calcoli sono errati.
    LEi ha scritto:
    “Osservazione numero 3 ) ” se i costi di produzione sono composti da 50 % Import e 50 % altro non import , allora alla Fiat non converrebbe la svalutazione del 50 % ?”
    In questo caso , se ho capito la sua domanda , la VW presenta – 25% costi import , 0% variazione costo lavoro ( si ricordi che fattura in valuta locale ) .
    , la Fiat presenta +25% costi import , 0% variazione costo lavoro ( ragionamento simmetrico ) .
    la Fiat prima vendeva a 1 lira ora vende a 1.25 lire.
    la VW prima vendeva a 1 Marco ora ( per punto pareggio costo=prezzo) vende a 0.75 marchi.
    la tesi rimane valida perchè i prezzi finali sono uguali 1.25 £ = 0.75 MK”
    Matematicamente, la svalutazione del 50% porta al raddoppio dei prezzi dell’import. il che porta ad un incremento del 50% del costo di produzione in valuta locale. Quindi l’errore, se non mi sfugge qualcosa, è algebrico.
    L’altro errore è applicare affermare che la VW page il 25% in meno. Mica VW rivaluta rispetto ai costi di import… ma forse sono stato ambiguo ancora una volta.

    Poi, lei colonnello, scrive:
    Hans Landa
    Posted ottobre 16, 2013 at 5:27 PM
    “Prima domanda : ” se ci fosse stata una variazione del tasso di cambio, non ci sarebbe stato un meccanismo che annullasse i sacrifici della Germania ?” (mia domanda)
    Risposta : (non gliela posto…) … ” Conclusione (scritta da suo pugno) :”I costi delle importazioni si sono dimezzati quindi taglia il prezzo a metà . I cinesi , col portafoglio zeppo di $ , trovano più economica la Fiat o la Volkswagen ? Nessuna delle 2 ovviamente , i prezzi relativi al $ sono identici.”
    Ora, o dimostra che il mio ragionamento espresso a punti (per semplicità) è sbagliato oppure è sbagliata la sua conclusione. Il che fa cadere molto di quanto sostenuto durante questa chicchierata.

    In ogni caso, VW e FIAT erano e dovevano essere a logica prese ad esepio come aziende che producono rispettivamente in germania e in italia, visto che il nodo della questione era capire la svalutazione in termini di conseguenze per un paese, e non per un’azienda multinazionale e globalmente distribuita. Che diavolo di senso avrebbe avuto, altrimenti? Ma posso capire che sia ambiguità anche questa, e infatti la Siemens l’ha tirata in ballo lei. Infatti, quando lei ha proposto l’esempio fiat vw, ha esordito :”Una si chiama Volkswagen e sta in Germania , l’altra si chiama Fiat e sta in Italia ” specificando, non a caso, che una sta in Germania e l’altra sta in Italia. Se lei mi avesse detto, supponiamo la fiat che produce in Brasile, le avrei semplicemente risposto:”cosa ci azzecca allora con la svalutazione della lira e la bilancia commerciale italiana?”

    infine adr:”Come ha fatto l’economia tedesca a continuare a subire 21% di svalutazione annua ( nei nostri confronti ) e a rimanere competitiva ?”
    ci sono decine di risposte valide, non le farò perdere tempo a leggerle così evito di perderlo io a scrivergliele. Ma guardi, così, ad occhi, è ipotizzabile (lo dico per provocare) che il nuovo equilibrio causato dalla svalutazione competitiva implica la necessità di una nuovo assestamente per la germania, che potrebbe reagire – svalutando la propria moneta – riducendo, ad esempio, i salari. E questa è solo una risposta possibile, compatibile con stati di equilibrio macro.

    Buona giornata

  17. ah già. lo SME? quello che già ha avuto un paio di “anomalie” per cui alcuni paesi hanno svalutato??? si si, bastava quello.

    1. @nipote sinceramente non capisco perchè continua a insistere su quell’esempio : Ho iniziato con un ipotesi per cui entrambe le aziende avevano una correlazione 1:1 costi import – costi totali , poi lei ha ovviamente detto che non è così e mi ha accusato di disonestà intellettuale … Si legga per intero la mia risposta : NON affermo che svalutazione esterna è sempre totalmente inefficace, anzi le continuo a riportare esempi di più settori esposti al rischio di cambio…poi se lei mi ha etichettato come un disonesto manipolatore non è problema mio. Ho capito male le premesse e i calcoli non tornano ? Grazie l’ho notato e le ho dato ragione. La conclusione è ” svalutare esternamente ” dà un vantaggio competitivo ( nel breve termine , dato che poi ti becchi l’inflazione importata e devi risvalutare )..certo ! Non ho mai voluto dimostrare il contrario e se c’è stata un’incomprensione reciproca mi dispiace e me ne scuso se l’ho causata. Ha altro dà aggiungere al riguardo ? Io no.

      Se poi le continuo a ripetere che la Germania con schroeder nel 2004 NON ha svalutato internamente per vietnamizzare la forza lavoro tedesca, ma per consolidare le finanze pubbliche e dare più flessibilità al mercato del lavoro ( ora hanno il 5% di disoccupazione ), e lei continua a evitare l’argomento addirittura dicendo ” i sacrifici non sarebbero serviti a nulla”… anche qui problema suo, io per cortesia ho cercato di rispondere alle sue domande.

      Se poi le faccio notare che con lo SME l’italia svalutava annualmente del 21 % e lei continua a pensare che sia stato un problema per le industrie tedesche , dopo tutte le argomentazioni che le ho fornito, anche qui contento lei. Ancora non mi ha portato nessuna prova contraria a riguardo. E no la “dimostrazione” che la svalutazione competitiva funziona se non si importa tutto, non vale. La questione è molto più complessa.
      Poi se preferisce risposte semplici condensate in una frase, non la posso aiutare.

      1. Rinota Bene : ” la Germania con Schroeder NON ha svalutato, ha consolidato le finanze pubbliche e dato più flessibilità al mercato del lavoro “

    2. @nipote poi certo , se si vuole divertire , ho notato che 0.75 x 2 non è uguale a 1.25. Ok abbiamo scoperto l’acqua calda e ho compiuto un errore madornale dopo aver frainteso le nuove variabili. Basta questo per screditare ogni mia argomentazione ? Magari fosse così facile.
      Ancora mi dispiace per l’errore , non so che altro dirle, ma da qui a ridicolizzare tutte le mie argomentazioni precedenti ce ne vuole..

      Ho espresso 3 concetti , se mi sono espresso in modo ambiguo me ne scuso ancora :
      1) ” i sacrifici” compiuti dalla Germania nel 2004 non equivalgono a svalutazione .
      2) le aziende esportatrici tedesche se ne infischiano delle svalutazioni competitive italiane
      3) euro o marco , bisogna guardare alla politica interna tedesca prima di compiere generiche affermazioni .

  18. @Hans, davvero…
    se fai notare che con lo SME l’italia svalutava annulamente del 21% (immagino contro il marco…) puoi immaginare di tutto.
    quando l’italia è entrata nello sme nel 1979 un marco valeva circa 450 lire. nel momento di maggior svalutazione, nel 1995, il marco valeva circa 1250 lire.
    quindi, con 1 lira compravi 0.0022 marchi nel 1979 e con 1 lira compravi 0.000795 marchi nel 95.

    Poichè vogliamo determinare il valore della variazione percentuale annuale della lira contro il marco, ci servono questi due ultimi numeri.
    : [(0.000795 /0.0022)^(1/17)-1]*100. il che porta calcolare la svalutazione media annua della lira contro al marco. Pari a 5.87%. Dicendo 21% hai solo fatto un errore del circa, 350% o poco più. A occhio. Ti metto anche le colonnine con i conticini per controprova, chissa mai che non abbia io sbagliato nelle ipotesi o non stia calcolando qualcosa che non è…
    anno da L/M a L/M

    1979 0,002220002 0,002089855
    1980 0,002089855 0,001967337
    1981 0,001967337 0,001852002
    1982 0,001852002 0,001743429
    1983 0,001743429 0,00164122
    1984 0,00164122 0,001545004
    1985 0,001545004 0,001454428
    1986 0,001454428 0,001369163
    1987 0,001369163 0,001288896
    1988 0,001288896 0,001213334
    1989 0,001213334 0,001142203
    1990 0,001142203 0,001075241
    1991 0,001075241 0,001012205
    1992 0,001012205 0,000952865
    1993 0,000952865 0,000897003
    1994 0,000897003 0,000844416
    1995 0,000844416 0,000794913

    se poi prendiamo in esame i numeri da te ipotizzati ( saranno veri, suppongo di si… ) 154 lire nel 65 contro 1 DM, e 1250 (non 1000 come hai scritto, sarò cattivo con me stesso e prendere il wcs) a 1 nel 1995, la svalutazione è stata del… dai fallo tu il conto, così ti rendi da solo “conto” di quanto è l’errore che hai fatto.
    Per esercizio potremo calcolare anche il tasso di rivalutazione del marco, annuale, nello stesso periodo, che magari ci riserva qualche sorpresa… .

    ti ho detto, non sto qui a scrivere le risposte a domande “come han fatto? O come è possibile che…” perchè o mi credi stupido, e allora non ha senso che io risponda, oppure ti aspetti una risposta che possa “farmi cadere in contraddizione”, il che implica che mi credi stupido cmq e non ha senso che io risponda. Ero qui per cercar di capire alcune cose. e l’ho fatto. In ogni caso, ci sono decine di ragioni facili, plausibili, logiche e storicamente reali per cui le aziende tedesche, pur con quell’alto tasso di svalutazione (sempre se ho capito di cosa stessi parlando con quel 21% che 21% non è) non avrebbero dovuto soffrire eccessivamente la competizione italiana. Alcune di quelle le hai “intuite” tu… . Ma ovviamente le cose sono cambiate e non poco, nel corso degli anni.

    Dai, le cose sono abbastanza chiare. Nemmeno l’algebretta ci vede d’accordo sull’analisi.
    Cortesemente

    1. @nipote ma si dia una calmata ..son partito con lira marco 157 nel 1965 e ho finito con lira marco 1000 nel 95…l’ho anche scritto se ha voglia di leggere..in 30 anni 1000/157 x 1000 ..mi avvisi se ho sbagliato i conti …sono 21% annui.
      E cortesemente la smetta con questo sarcasmo e dialoghi in modo civile.

    2. @nipote grazie mi ha fatto il conto partendo dal 79 , ottimo.
      Ho notato che ho abusato la frase ” 21% annua ” e mi sarei dovuto riferire al periodo 65-95 ..e con questo ? cosa vuole dimostrare , che ” l’euro è stata una misura protezionista ” cit.
      Mi faccia capire il nesso logico , magari senza offendere il suo interloquitore , che nonostante sia sempre pronto a notare i propri errori non tollera mancanze di rispetto.

      1. non capisco, davvero senza ironia
        1000/157 *1000 =6369.43.
        in generale io le percentuali li calcolo così
        (Vf-Vi)/Vi*100 dove Vf = valore finale e Vi valore iniziale.
        quindi in questo caso
        (1000 – 157)/157 * 100 = (1000/157 – 1)*100= 536%, che infatti rappresenta il tasso di rivalutazione del marco

        invece se 1 lira valeva 0.0064 DM per poi svalutarsi fino a 0.001 DM, allora
        (0.001-0.0064)/0.0064* 100 allora complessivamente la lira si è svalutata del 84.37%

        Purtroppo faccio fatica a capire come possa un bene (lira) svalutarsi 6 volte e mezzo il suo valore. cioè perder il suo valore interamente e poi perde ancora 5 volte e rotti…. ti pagano per comprarla tipo.
        Ti giuro, on voglio sembrare sarcastico, ma si mi facessi vedere esattamente i conti forse riuscirei a capire cosa hai calcolato e come. e forse capirei quel “Insomma la lira si è svalutata del 637 % nell’arco di 30 anni”.

        Poi, per il 21%, non so come l’abbia calcolato, ma in genere, io utilizzo la seguente formula, che indica la variazione media percentuale nel periodo (anno, mese, settimana) del valore di una variabile:
        = (radice (ennesima-1) di (Vf/Vi) -1)*100 dove n è il numero di periodi nei quali è stata compiuta la rilevazione.

        tale formula, se non ho sbagliato a contare i periodi, da i valori sopra indicati da me, considerando che ho utilizzato il cambio 1DM = 1250 IL invece che 1000.

        in ogni caso, se il tasso annuale medio di rivalutazione del marco fosse stato il 21% annuo, partendo da 157 arriveremo, considerando i 30 anni di crescita media al 21% ad un marco del valore di 47803 lire, che non mi pare verosimile.
        Analogamente, se considerassimo il 21% come tasso di svalutazione della lira, nei trentanni in esame avremo che la lira, partendo da 0,0064 DM, sarebbe dovuta arrivare a 5,43e^-6. ovvero, con un marco avremo comprato 184 mila 080 lire.

        Non capisco, mi scusi colonnello.

        forse ho capito… lei ha diviso 1000/157, calcolando un rapporto che poi ha reso percentuale moltiplicandolo per 100, stabilendo, appunto il rapporto percentuale tra il valore allo stato iniziale e quello finale. Cioè alla fine, il marco valeva il 630% di quanto valeva all’inizio ( non la lira in meno). questa non è una variazione percentuale è, appunto, un rapporto. poi dividendolo per 30 ha, credo, trovato ma media aritmetica dei rapporti percentuali. Ma, forse a causa delle differenti discipline nostre, non ho mai sentito una cosa simile, faccio addirittura fatica a capirne il significato (anzi non lo capisco)

        come dire: il rame cresce del 100% al giorno. oggi vale 1 domani 2, poi 4, poi 8 poi 16 e sono passati 5 giorni.
        la variazione del prezzo del rame nei 5 gg è (16/1-1)*100 = 1500%. Cioè è variato di 1500 pari al 1500% rispetto al valore iniziale.
        il tasso di crescita medio è ((16/1) ^(1/4)-1)*100 che da proprio 100% al gg
        il rapporto percentuale tra il valore iniziale e quello finale è 16/1 * 100 = 1600%, cioè il rame oggi vale 16 volte in più rispetto a 5 giorni fa, ma la variazione è 15, poichè il valore originale era 1.
        divendendo 1600% per il fattore temporale 5 (che è l’operazione da lei effettuata), si ottiene 320%. Non è la variazione%, non è il tasso di crescita% del prezzo giornaliero. una media che faccio fatica a comprendere. poi googlolo “rapporto percentuale medio” e vedo che ne esce, magari imparo qualcosa di nuovo.

        il conto dal 65 al 95 l’ho fatto, ora mi ricordo solo la cifra della rivalutazione del marco sulla lira, e mi pare essere attorno al 7% annuo con Vf MK = 1250. ma non ricordo con precisione.

        no non voglio dimostrare che l’euro è una misura protezionistica. Onestamente, non mi interessa se qualcuno in Germania una mattina si è svegliato e ha pensato: facciamo l’euro per proteggerci da svalutazioni competitive oppure per ridurre la disoccupazione interna oppure… non me lo ricordo più… a sì, sistemare le finanze pubbliche e aumentare la flessibilità del lavoro.
        Tra l’altro ho riflettuto sull’articolo linkato da lei… cioè, se uno pensa che riforme del lavoro basate sull’abbassamento dei salari siano efficaci, se non sbaglio, in qualche modo pensa che la produttività sia molto dipendente dall’offerta e poco dalla domanda. Sbaglio? Ma i tedeschi, quanta di quell’offerta potranno assorbire con salari non lasciati liberi di crescere e vista la forte propensione al risparmio? E quindi, necessariamente si pensava alle esportazioni. Qualcuno qui ha fatto i conti proprio bene, o gli è andata davvero di c… . Io fino a 5 giorni fa a queste cose neanche ci pensavo, o meglio, non in questi termini.
        A me interessava capire 1) con che razza di istituzioni abbiamo a che fare e 2) che razza di europa hanno messo in piedi, se proprio devo scegliere da che parte remare. L’ho capito e non ho dubbi.
        il fatto che invece l’euro ne esca anche come misura protezionistica, proprio grazie ai concetti da te introdotti, beh… mi pare plausibile. Plausibile, ho detto, non necessario. Dovrei saperne di più per esserne certo, è solo questione di tempo.

        ah, esattamente quale nesso logico dovrei mostrarti?

          1. si parte da 157 e si arriva a 1000 in 30 anni ..ora premesso che mi son scoperto una capra in matematica..1000/157 = 6,369.. quindi la lira si è svalutata di 6,369 volte .

            Ok , grazie per avermi fatto notare un’altra castroneria sulla svalutazione annua. Devo sinceramente riguardarmi qualche esercizio di matematica del liceo..
            lascio a lei i calcoli : quindi cosa vien fuori nella variazione annua ?

            ps se ci sono altri errori me lo dica subito, senza indugi

          2. sarò un pò ironico, ma con rispetto.

            NNOOOOO
            o meglio, se lei non ha appena strutturato un campo ( poi dovrà dimostrare che lo è) sconosciuto (lo potremmo chiamare dei numero irrealizzabili), lei ha appena assegnato un nuovo significato alla locuzione “perdita di valore”.

            faccio un esempio.
            oggi un grammo d’ora vale 100 euro. domani perde il 100% del proprio valore. quindi vale : 100-100 = 0. Può dunque l’oro perdere più del 100%? no. fisicamente impossibile. l’oro non vale -5 euro… appunto per cui o esiste un insieme numerico che da significato a quel -5 oppure boh 🙂 Allo stesso modo la lira non può perdere più del 100%…

            lei misura il valore del marco in lire (oro in euro) e non il valore della lira in marchi (euro in oro). quindi se utilizza i valori 157 e 1000 sta misurando qualcosa del marco in termini di lira e non qualcosa della lira in marchi.
            dico qualcosa perchè lei non sta valutando alcuna variazione (“la variazione è sempre una differenza” ma se mi attribuisce questa frase, negherò) mentre dividendo 1000/157 misura un rapporto. la variazione ce l’ha in mente lei, quindi in qualche modo, pensa sia naturale pensare alla differenza (vede, di nuovo differenza) in termini di rapporto fra valori dissimili: avranno pure una differenza se dissimili! Ma questo tipo di considerazioni è logicamente e formalmente scorretto. Diciamo, che il marco vale 6,369 volte quello che valeva prima, mentre la lira vale il 0,85 volte in meno (+o- ), i conti li rifaremo precisi o li leggiamo sopra.

            cosa vien fuori.. da cosa? è interessato alla variazione della lira contro il marco o del marco contro la lira? tra le due ovviamente c’è una relazione semplice semplice… ma ora non voglio essere troppo ironico 🙂 In ogni caso, la variazione esatta per il marco, (quanto si sia rivalutato) mi pare sia attorno a, come dicevo pirma, il 7,1% o qualcosa del genere.

            La pensi così: se in nostro lingotto passa da 100 a 300, la variazione è 200 pari ad un 200% di guadagno.
            se passa da 300 a 100, la variazione è 200 pari a un -66.66p% di valutazione (svalutazione). noti come, a parità di variazione assoluta (200 presa senza segno) valutazione e svalutazione relativa sono molto, ma molto differenti. Perchè ovviamente cambia l’istante iniziale (lasciamo perdere il segno, in questi casi è intuitivo).

        1. @nipote

          ” ma i tedeschi quanta di quell’offerta potranno assorbire con salari non lasciati liberi di crescere”
          Di fronte a quest’affermazione mi ritrovo nei suoi panni quando scopre un mio errore grossolano di calcolo. ( la differenza di disciplina si nota eccome , meglio così)

          Per salari non liberi di crescere si riferisce alla maggiore flessibilità del mercato del lavoro tedesco , immagino. Cioè ” per salari non aumentati per legge ” lei immagina sia una deliberata compressione della domanda interna ?
          Se sì le faccio notare che nel caso immaginato da lei di mercato ” rigido ” ci sarebbe l’equivalente di un supply shock ( o di disoccupazione dal lato dell’offerta ) in cui l’offerta di lavoro sotto un certo tot di salario ( o per certe condizioni del contratto di lavoro ) non incontra la domanda .

          sulla stessa riga : ” e necessariamente si pensava alle esportazioni ”

          Come driver principale sì , modificato il mercato del lavoro e introdotte nuove condizioni di business in Germania le aziende tedesche hanno smesso di farci il “bazaar” e hanno cominciato ad assumere in Germania ( nonostante rimanessero delocalizzate nell’europa dell’est ).
          Se questo è avvenuto a spese dei consumi interni o ha addirittura compromesso la domanda interna non credo proprio . Lo dico non per dimostrarle che siano spendaccioni , ma facendole notare che la crescita di consumi privati reali in Germania confrontato all’Italia nel periodo clou del 2000-2007 è poco sotto lo 0.5% per entrambi ( si ricordi il tasso di disoccupazione tedesco che continua a crescere fino al picco del 2006 ).
          Solo che in un caso gli export sono decollati, nell’altro no .

          A guardare l’ household income tedesco , si scopre infatti che crolla dal 2000 al 2006 per poi rimbalzare dal 2006 ad oggi ( la correlazione inversa con la disoccupazione mi pare ovvia ). I risparmi privati sono relativamente alti a poco più del 16% del reddito disponibile e dal 2008 al 2013 i consumi privati come percentuale del GDP sono sempre cresciuti :
          2008 = + 0.6 % , 2009 = -0,1 % , 2010 = +0,6% , 2011 = 1,5% , 2012 = +0,9% ,
          2013 = +1,7 % .

          Da questi dati sembra che ci sia ancora un buon potenziale di domanda interna , non crede ? A me sembra che non abbiano problemi di ” eccesso di offerta” , la domanda interna c’è , sta crescendo come % del GDP e potrebbe crescere ancora. Sbaglio ?

          ” l’euro come misura protezionista è plausibile ”
          Immagino usi il termine ” protezionista ” un po’ in modo gagliardo. Misure protezioniste come dazi sono imposte per legge , non è che un’azienda può decidere di pagarle dove e quando vuole… Il trattato di Maastricht le ricordo è stato firmato dai nostri (sic) Rappresentanti, i quali in nostra vece hanno imposto l’euro su noi cittadini.
          Se anche fosse assimilabile a un ” dazio ” questa dannata moneta l’ abbiamo voluta noi ..con che palle poi andiamo dagli altri cofirmatari e chiediamo di cambiarci i trattati e garantirci i debiti poi non lo so…

          Poi se cambiassimo idea ( non ci scommetto ) e decidessimo di lasciare , non c’è nemmeno la clausola di uscita dall’euro..c’è solo quella per uscire dall’ UE .
          Usciamo dal mercato unico in stile Banzai ? Basta proporlo all’elettorato e non raccontargli favole e sarei contento di votarci ( ovviamente voterò no , ma poco importa

  19. scusami, ma che ne so io cosa ha fatto la germania nel 2004. Te l’ho pure detto che non lo sapevo. Ma ho detto che ha svalutato internamente? ho capito, non ha svalutato internamente, ci credo ci credo.

    Per inciso, a me non interessa se sistemare le finanze si chiama sistemare le finanze o rivalutare o svalutare. a me interessano le conseguenze, e soprattutto, se tali conseguenze, nel caso in cui risultassero nefaste per gli altri, siano in qualche modo mitigate dall’intervento delle nostre istituzioni.
    Ammiro i tedeschi per le loro scelte e fossi io le farei uguali uguali, ma ciò non toglie che voglio capire come tali scelte si riflettano macroeconomicamente, sempre nell’ottica di intuire la validità di quest’unione. Nel bene, nel male e indipendentemente (vsto che si chiama unione) da ciò che ciascuno decide essere il meglio per se.

    insisto con quell’esempio perchè non è un esempio. Che esempio è un esempio che afferma che economicamente esiste un rapporto 1:1 tra il costo per le materie prime e il prezzo di produzione di un bene? Voglio dire… prticamente, se fosse una carota, dovrebbe seminarsi, irrigarsi, concimarsi raccogliersi pulirsi imbustarsi caricarsi su un camion passare la frontiera e recarsi in un negozio… da sola. dai, scusami. Come posso capire qualcosa dell’Europa o dell’economia in questo modo? nel senso che con questa arbitrarietà nel formulare ipotesi e esempi, si riesce a dimostrare davvero tutto, non è corretto. Forse è in buona fede, ma non è corretto cmq.
    Tu ti chiederai… “certo ma perchè devi seccare me?”
    Hai ragione ho abusato della tua pazienza… scusa.

    1. @nipote no anzi io voglio ” essere seccato ” , sarà masochismo ma ho veramente piacere a ricredermi su certe affermazioni e a capire dove sbaglio .

      ( ripeto basta non mancare di rispetto e non essere sarcastici, non è per essere permalosi ma è come mi comporto sempre durante conversazioni …avrà notato il grado di formalità )

      L’esempio della VW e della fiat se potessi non lo rifarei dato che è stato ambiguo, fuorviante e dulcis in fundo mi ha portato a commettere un errore algebrico da prima elementare.
      Il concetto bastava riassumerlo in ” riguardo alle multinazionali tedesche che operano nel tradeable , pensare che una svalutazione competitiva di Ford piùttosto che Fiat possa impattare la loro competitività in maniera rilevante lo trovo assurdo “

      1. Io una volta avevo un professore che era un belva. Riusciva a rimanere voltato verso la lavagna per quasi un’intera ora e c’era una sincronia perfetta tra quello che scriveva, quello che diceva e quello che pensava. Io ho sempre frequentato poco, ma ogni tanto a lezione da lui mi piaceva andare. Ti giuro, non sono mai riuscito a staragli dietro mentre lui “dettava” quello che io avrei dovuto scrivere. Fantastico caso umano.
        Una volta disse: “ragazzi, il 90% delle domande che vi faccio, devono avere una risposta che comincia con “dipende”. Il 10% no, e se mi rispondete “dipende” a quel 10%, vi boccio subito”. In realtà lui bocciava anche se rispondevamo non dipende alle altre 90%, ma questa è un’altra storia.

        “Il concetto bastava riassumerlo in ” riguardo alle multinazionali tedesche che operano nel tradeable , pensare che una svalutazione competitiva di Ford piùttosto che Fiat possa impattare la loro competitività in maniera rilevante lo trovo assurdo “”

        DIPENDE: se producono in certi posti e vendono in altri, si, se producono in altri posti e vendono in certi, no.
        Parlando di multinazionali in ogni caso mi trovi d’accordo più o meno, visto che possono decidere dove produrre e che spread salariali sfruttare meglio e visto che, al di la di variazioni minime, per loro il prezzo delle matierie prime è “fissato” globalmente. Questo credo sia ovvio (delocalizzazione). Ma una multinazionale sana, non implica un paese sano. e la produttività era riferita al paese, non alla multinazionale. il tuo esempio era calzante e lo è diventato meno 1) con gli errori di calcolo, ma ci stanno purchè se ne traggano nuove considerazioni qualora i numeri portassero a modificare posizioni precendenti e 2) con il passaggio da VW produce in germania e Fiat in italia a “sono multinazionali”. all’inizio lo avevi detto proprio tu. Non avrei io mai commesso l’errore concettuale di analizzare in maniera uguale il caso dei prezzi per la fiat italiana e per la fiat multinazionale. lo avrei fatto diversamente. ma in pratica, la VW globale starà bene, ma i salari li paga in brasile e non in Germania… bell’affare per la Germania. cmq, proprio dalle multinazionali che cercano la delocalizzazione scegliendo paesi con un qualche rapporto vantaggioso tra salari e manodopera skillata, dovrebbe venire una chiara indicazione di come, secondo loro, si muove la loro produttività… .

        Il problema poi è che l’export e l’import di un paese… non dipende solo dalle multinazionali. Anzi, sarebbe interessante capire come ripartire questi aggregati tra multinazionali e aziende locali… .
        poi su quanto possa essere rilevante, beh… facciamo i conti… ma a priori non mi sento di escludere alcunche.

        1. @nipote esempio pratico di delocalizzazione : Io sono una capra in matematica , lo riconosco, e “delocalizzo” ogni calcolo dal più banale al più complesso a lei.

          lei però accenna subito all’argomento della ” delocalizzazione ” e dice con sarcasmo
          ” bell’ affare per la Germania..” .

          Le faccio notare che non è così intuitivo il discorso : Sposta tutto in Polonia e rimaniamo qui come straccioni a coltivar patate nell’orto.
          Cosa sposterebbe un’azienda in Polonia ? Una fabbrica in cui l’assemblaggio richiede valore manuale o “unskilled” . Cosa terrebbe in Germania ? Le officine di specialistica , le aziende terziste , et cetera , ovvero la parte ” skilled ” .
          Il principio è quello del vantaggio competitivo di Ricardo , a mio parere sempre applicato nella politica industriale tedesca , ed è molto semplice: Rinuncio a competere sui prezzi del lavoro per i lavoratori unskilled ( richiederebbe una svalutazione dei salari sistematica : un operaio di dusseldorf dovrebbe competere al ribasso con uno di pozsnan) e punto tutto sulle altre componenti : ambiente burocratico, tassazione , istruzione et cetera.

          Chi si sta adeguando alla globalizzazione ? Come e quali sono i risultati ?
          Senza pregiudizi si dovrebbe rispondere alle seguenti domande.

  20. @nipote mi scusi ma devo chiudere qui la conversazione .
    Per quanto mi riguarda è stato un piacere e la devo ringraziare per aver fatto notare i miei errori

    come dire : ” Aliena vitia in oculis habemus, a tergo nostra sunt ”

    Ultimo consiglio quindi :
    Non ci farebbe male leggere rispettivamente dei libri di matematica e dei libri di storia per capire meglio un argomento così intricato.

    Buona giornata a lei

  21. qui dove?

    ” Aliena vitia in oculis habemus, a tergo nostra sunt ”

    vede, Hans, io non sono mai stato bravo in niente (okkio alla doppia negazione). Ma proprio in nulla. Eccetto in un paio di cose, e una è fare l’amore. :-).
    Questo fatto (per me è un fatto) mi ha indotto, fin da quando ho ricordi di me, a pensare due cose:
    1) impara dall’esperienza altrui ( capirà perchè “di mio nonno”)
    2) ragiona bene, molto bene.
    Poi ho elaborato il secondo punto giungendo a conclusioni (sul fatto di ragionare) che in questa sede non troverebbero l’adeguato spazio ( e che in molti avevano già scritto… sic!!).
    Ma, giusto per essere chiaro e portandolo come esempio, l’abominio logico che mi ha linkato, non ha nulla da spartire nè con il mero sapere storico (se mai esistesse, visto che è cosa buona e giusta che la storia sia scritta dai vincitori) nè tantomeno con la matematica, visto che l’improponibile non si dimostra nemmeno a volerlo tantissimo, figuriamoci formalizzandolo.

    Detto questo, tutto quanto letto su suo consiglio (ho pure seguito i link dei link) è stato illuminante.

    Forse ci incontreremo su un qualche treno, lei con in mano il suo iphone, io con un libro di “storie”

  22. @ CariSSiMO LI-UK

    -!Costerà tempo e fatica, ma per FORTUNA che abbi-AMO la MEMORIA ALIENA!-

    -[ 1) bimboalieno, “La strenua lotta della Bundesbank”, 7 maggio 2012 – http://bimboalieno.altervista.org/?p=3326

    Commenti:

    n. 12/47 – Surfer, Posted maggio 8, 2012 at 11:36 PM;

    n. 15/47 – Surfer, Posted maggio 9, 2012 at 6:09 PM ☚l QUI-QUA, potrai/EtEtE lEggErE anche il “MANTRA” attuale dei “visionari (POST-post-VERY POST MODERNI ed AD CAPOCCHIAM) it-ALICI”: ù SURPLUS dell’ALLEMAGNE (la DATA, come leggi/EtE, CANTA NA’ BELLEZZA; SEMPRE!);

    n. 19/47 – Surfer, Posted maggio 10, 2012 at 4:28 PM.

    I— … — TIT — … —I

    2) bimboalieno, “Salto nel vuoto dall’euro alla dracma”, 24 maggio 2012 – http://bimboalieno.altervista.org/?p=3433

    Commenti:

    n. 32/105 – Surfer, Posted maggio 25, 2012 at 3:10 PM;

    n. 82/105 – Surfer, Posted maggio 29, 2012 at 1:15 AM;

    n. 91/105 – Surfer, Posted maggio 29, 2012 at 4:20 PM

    -ET-

    n. 92/105 – Surfer, Posted maggio 29, 2012 at 4:29 PM;

    n. 102/105 – Surfer, Posted maggio 30, 2012 at 3:57 PM.

    I— … — TIT — … —I

    3) bimboalieno, “Chi ha paura dei granchi?”, 10 agosto 2012 – http://bimboalieno.altervista.org/?p=3281

    Commento:

    n. 28/28 – Surfer, Posted agosto 21, 2012 at 3:54 PM ]-

    Sfortunatamente molte organizz-A-z-IONI dimostrano d’ignorare che le crisi sono nella GRANDE maggioranza causate dalla NOSTRA incapacità di percepire i tremori iniziali che segnalano che il NOSTRO rapporto con l’ambiente che Ci circonda sta mutando.

    Pochi conoscono il nome di

    :SMITH DHARNASIRAJO:

    era il meteorologo capo in Tailandia che nel “vicino” 1998 previde la possibilità che uno tsunami colpisse le coste tailandesi.

    Il Governo tailandese Lo licenziò, preoccupato di un possibile panico e di un effetto negativo sugli introiti turistici ed ignorò la Sua richiesta di investire $20 milioni in un sistema di rilevamento precoce.

    Decisione che il 21 dicembre 2004 costò decine di migliaia di vittime e $ miliardi di danni, quando lo tsunami colpì effettivamente le coste.

    -[ http://www.youtube.com/watch?v=KmfLuuNa3j8&list=PL22FD8CB3F7EBFE33 ]-

    Rilevare i segnali premonitori ed intervenire precocemente richiede molto SpeSSo

    !più -PIU’!

    .risorse INTELLETTUALI e VOLONTA’ di farLo che risorse economiche.

    Richiede

    !sensibilità e fiuto!

    .per proiettare i possibili scenari che potrebbero nascondersi dietro i segnali deboli.

    !LO RI-scrivo … LO ri-SCRIVO!

    …8☛ “The BSG provided opinions (available on the EBA website) on 15 of the EBA’s Consultation Papers on its Draft Regulatory and Implementing Technical Standards, namely in relation to:

    … – Draft Technical Standards on the Calculation of Credit Risk Adjustments [EBA/CP/2012/10]

    -[*♔*] http://www.eba.europa.eu/documents/10180/38042/CP2012-10_BSG.pdf [*♔*]-

    … “While the current IAS incurred loss model does not create any GCRA, the move to an expected loss model currently under discussion within the IASB and the FASB may result in creating a “BUCKET” of expected LOSS qualifying for GCRA.

    We note that the definition and criteria in the accounting project to date are not exactly the same as in the proposed RTS.

    Care should be taken to keep consistency in the definitions, either by waiting for the finalisation of the accounting project in 2013, or by adjusting the wording of this RTS when the IFRS accounting definitions will have been fixed.” … ” ☚8…

    So che scrivere o parlare di bilanci e contabilità (NAZIONALE ed/od INTERNAZIONALE) ad un POPOLINO BEOTA (I-T-A-L-I-C-O) è dura; anzi, DURIssIMA.

    Ebbene, or-ORA l’attenzione degli ESPERTI – quale TU sei – va posizionata proprio là.

    .ANZI S-O-L-O e SOL-TANTO LI’-LA’.

    Il resto … http://www.youtube.com/watch?v=LJE7sRdLzhk .

    La ECB volendo o non volendo il Suo l’ha fatto.

    Come i (soliti) Tedeschi:

    http://www.bundestag.de/bundestag/ausschuesse17/a07/berichte/

    (I PRIMI AD APPROVARE la legislazione su Basel III, nonostante su quel versante beccheranno boTTe da orbiSSimi).

    Nel Paese dei B-E-O-T-I … le Capitanerie di Porto

    http://www.linkiesta.it/consob (per l’ONCE UPON A TIME, tanto amato dagli Amici di vecchia data di A-SAN)

    -ET-

    http://www.corriere.it/cronache/13_ottobre_22/sei-politico-disoccupato-niente-paura-c-sempre-porto-sicuro-che-ti-aspetta-8ed63448-3b49-11e3-95f2-9a7a296f615f.shtml

    riempiono l’inch-IO-stro e la bo-CC-a dei “giornalisti” e degli “esperti”; sORRy dei fan-caSSiSti.

    Sal-U-TONI.

    —–

    P.s: scusaMi per il ritardo: PURTROPPO, sono stato impegnato in un lungo viaggio FREDDO.

    —–

    ✍✓ _s-U-r-f-E-r_ ✍✓

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