Bancari a casa, banchieri al lavoro

bank holiday

Oggi i bancari sono in sciopero. Il motivo è la rescissione anticipata del contratto nazionale da parte dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana) mirata ad un rinnovo con condizioni più leggere per ridurre il costo del lavoro.
Si tratta di una vera novità: normalmente i contratti andavano in scadenza ed i sindacati di categoria, dopo mesi di indignazione per il mancato rinnovo, indivano scioperi per portare l’ABI al tavolo delle trattative.

“Abbiamo disdetto il contratto con 3 mesi di anticipo chiarendo al sindacato che questo significa la volontà di metterci al tavolo da subito, per ridiscutere completamente un contratto che a parere delle banche in questo momento è considerato unanimemente insostenibile”

Dice l’ABI, che lamenta come l’Italia venga da sette trimestri di recessione e l’attuale monte stipendi dei loro dipendenti sia oltre le loro capacità, considerando anche che “i margini di redditività sono ridotti all’osso“: cioé che l’attività di banca non rende più come una volta, Signora mia.

Certo, la forbice dei tassi è inevitabilmente più stretta, certo la concorrenza derviante dall’arrivo delle banche estere e dalla diffusione delle banche online ha compresso gli spazi di ricavo, ma viene quasi il dubbio che la banche con questa manovra a sorpresa stiano cercando di capitalizzare al massimo la difficoltà del Paese. Anticipare il rinnovo di contratto nazionale per rinnovarlo nelle condizioni macro peggiori.

Il lupo che non perde il vizio di leggere tra le righe –borsisticamente parlando- intravede così una conferma che la fase di peggioramento del ciclo economico italiano forse è davvero giunta al termine, se la necessità di rinnovare il contratto alle condizioni peggiori possibili è superiore alla necessità di anticipare di tre mesi un risparmio di costi per aziende che sono tornate a registrare forti utili…

E a leggere le recenti dichiarazioni del Presidente dell’ABI Antonio Patuelli rilasciate alla Giornata del Risparmio aumenta la sensazione che qui qualcuno stia tentando di fare il furbo:

“Basta con l’ingenerosa e preconcetta demonizzazione che scarica sulle banche la responsabilità per una crisi economica che viene da lontano. Le banche italiane sono quasi le uniche in Europa a non aver ricevuto nemmeno un € a fondo perduto da qualsiasi autorità pubblica, mentre sopportano gravosi carichi fiscali e vincoli legali e amministrativi persino sui prezzi”

Aspettiamo di vedere il rimborso (in cash, non in azioni) dei Monti Bond e dei Tremonti Bond da parte di MontePaschi e Banca Popolare di Milano, poi ne riparliamo, Presidente. Nessun banchiere saggio vende la pelle dell’orso prima di averlo preso. O sbaglio?

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

8 Risposte a “Bancari a casa, banchieri al lavoro”

  1. L’attività di banca, se ben gestita, rende di più una volta. Il bancario non è più lo stesso. Nel 900’ il bancario era un piccolo borghese con più che discrete capacità intellettive e professionali. Oggi è un salariato in sovrannumero di una macchina chiamata computer. Nel triste “nuovo mondo” perché dovrebbe avere un trattamento diverso?

  2. comunque il “salariato in sovrannumero” mica è del tutto sprovveduto. Provvidenziale ponte da attaccare ad un giorno di sciopero. O, preferendo , un provvidenziale giorno di sciopero da attaccare ad un ponte

    Se uno proprio deve patire , almeno lo si faccia con stile 🙂

  3. A me sembra che il problema sia un altro: che le banche non svolgono più il ruolo per le quali sono nate e che la finanza sia ormai distorta. Per tornare a un sistema che favorisca la crescita di imprese e di persone meritevoli, non bisogna concepire la banca come un “tramite”, uno strumento e non come un’impresa affetta dal vincolo del profitto personale?

    Per esempio vincolando i limiti di bilancio considerando “crediti buoni” quelli concessi alle imprese piuttosto che ad azioni rischiose e speculative in derivati e bond.

    Cosa ne pensano gli autori di questo fantastico blog?

    Grazie

  4. Sono curioso di conoscere le impressioni di Andrea Boda “salariato in sovrannumero di una macchina chiamata computer” magari di capacità intellettive e professionali pure ridotti nel’ultimo centinaio d’anni. Se la cosa non è nota, il mondo del credito, della finanza, delle assicurazioni e relativi vincoli, regole e professionalità sono drasticamente cambiati, in modo tale da non essere paragonabili neppure a ciò che era fino agli anni 90. Simili confronti dimostrano solo il populismo di chi le pronuncia, e il suo rimanere aderente a canoni vetusti. Un blobgdi questo tipo che coinvolge diversi impiegati e/o funzionari di formazione e origine bancaria lo dimostra. Premesso questo, è un peccato che questo “storico” sciopero nazionale verrà ricordato solo perché favorisce un ponte. Invito a soffermarsi sul fatto che quanto accaduto in FIAT, è stata la punta del’iceberg di quanto oggi accade in banca, nel turismo, nella grande distribuzione. Meditare prima di far scattare la mascella per frasi ritrite benché di sicura presa sul pubblico….

  5. Questione spinosa, e non perché io sia un salariato. L’essere in sovrannumero al momento non mi riguarda perché riesco a trovare mercato per le mie -vere o millantate che siano- capacità intellettive. Non è però detto che io sia in grado sempre di esercitarle e applicarle, anzi è molto probabile che col tempo io possa tendere ad arrugginirmi e perdere smalto.
    Quando questo succederà il mio datore di lavoro sarà vincolato a continuare a pagarmi come fa ora che smalto e brillantezza sono intatti. Capisco che stando così le cose sia complicato valorizzare appieno l’eventuale stima riposta nel salariato.
    E’ sempre il discorso dei diritti acquisiti e della loro inviolabilità: se un domani le mie capacità calassero è socialmente giusto ritenere che il mio salario dovrebbe restare inalterato perché acquisito? (e magari per questo farmi considerare in sovrannumero?)

    Certo, vanno considerati molti elementi, vanno recintati i rischi di abusi e di demansionamenti non basati sul merito, tuttavia credo che una riflessione su un maggior legame tra salari e produttività andrebbe fatto, perché a breve temo che le riflessioni di Matteo che ancora “romanza” di un ruolo sociale della banca che dovrebbe far credito e non utili verrà superato dalla richiesta di un altro ruolo sociale per la banca: quello di continuare ad erogare stipendi.

    E visto che ci siamo, parliamo anche del credito e dl ruolo sociale delle banche: non mi pare che fare delle banche imprese orientate a fare utili produca poco o cattivo credito. Non più, certamente, di avere banche “strumento” pubblico di erogazione di credito (perché sarebbero “strumento” politico, ce ne rendiamo conto, vero?). Quello che rende problematico il credito in Italia sono le sofferenze, i crediti incagliati: parte dovuti alla crisi di competitività delle nostre imprese (legate da un quadro normativo vincolante e spesso penalizzate dal nanismo industriale italico) e parte a crediti erogati in allegria non certo per il vincolo agli utili, quanto alla malsana vicinanza tra certi personaggi e certi azionisti delle banche.
    In un recente articolo (http://www.pianoinclinato.it/buchi-bancari/) ho provato a parlarne, ma è stato -sembra- bellamente ignorato. Peccato

  6. Andrea Boda, la tua replica mi è piaciuta:asciutta, senza falsa e retriva retorica, per nulla adulatoria ma anzi consapevole dei limiti umani e professionali invecchiando, in un sistema che conosce rapidi mutamenti e innovazioni sia tecnologici che regolamentari. Sono d’accordo sul discorso che fai di legare salari e produttività ma andrebbe rivista completamente la geronto-meritorcazia vigente nel nostro paese perché questo avvenga. Accadrà mai? Ma se lo stesso governo “ruba” risorse già stanziate per i salari di produttività http://beneathsurface.altervista.org/waiting-sept20th/ x finanziare i provvedimenti del decreto 102/13 c.d. taglia-imu ? Mah…vedremo 🙂

  7. “Basta con l’ingenerosa e preconcetta demonizzazione che scarica sulle banche la responsabilità per una crisi economica che viene da lontano.

    Beh su questo il Patuaellio ha perfettamente ragione.
    Del disastro nel pollaio i veri colpevoli non sono le volpi-banche ma quelli che, imbevuti di una folle utopia, ne hanno loro aperto le porte.
    Ciò che mi secca é che quelli agiscono ancora indisturbati atteggiandosi a pure verginelle.
    E non mi riferisco a fantomatiche cabale sovranazionali dedite alla re-introduzione della schivitù.

  8. @Boda
    E visto che ci siamo, parliamo anche del credito e dl ruolo sociale delle banche: non mi pare che fare delle banche imprese orientate a fare utili produca poco o cattivo credito. Non più, certamente, di avere banche “strumento” pubblico di erogazione di credito (perché sarebbero “strumento” politico, ce ne rendiamo conto, vero?) (enfasi mia).

    E bravo il ns. Boda.
    Qualcun altro timidamente scosta, non ancora rimuove, il velo di omertà che nasconde la vera dinamica che ha portato l’Occidente tutto al disastro.e che forse, vorrei che qualche esperto lo confermasse, é ben descritta nel passo che riporto qui sotto?

    L’origine dei nostri mali è da ricercare piuttosto in un disposItivo di legge promulgato dagli Stati Uniti (sotto il mandato di Jimmy Carter) alla fine degli anni Settanta su pressione di esponenti politici appartenenti al Partito Democratico, ed in più occasioni soggetto a modifiche ed aggiunte continue nel corso degli anni successivi, denominato Community Reinvestement Act (CRA) che venne concepito per conseguire ambiziosi ideali di equità sociale, ma al tempo stesso anche molto utopici. Il CRA aveva come obiettivo principe quello di aiutare e supportare le minoranze etniche di lavoratori a basso reddito a conseguire finanziamenti e mutui facilitati, soprattutto per l’acquisto di una prima abitazione. La ratio che supportava l’istituzione del provvedimento si basava su statistiche federali che evidenziavano come in quegli anni l’80% dei bianchi caucasici era proprietario della propria abitazione, contro il 40% degli afroamericani ed il 20% degli ispanici ed orientali. In buona sostanza per non dilungarmi troppo gli USA imposero alle banche attraverso questo provvedimento di prestare denaro a persone che in assenza di questo intervento legislativo non sarebbero mai state affidate o lo sarebbero state a condizioni di prestito molto onerose. Il governo federale si proclamò motore e intermediario di questi prestiti attraverso le cosidette GSE (Government Sponsored Enterprise), Fannie Mae e Freddie Mac (acronimi che stanno rispettivamente per Federal National Mortgage Association e Federal Home Loan Mortgage Corporation).

    Quello che è accaduto non ha precedenti storici: l’America di fatto ha impedito alle banche di poter discriminare, cioè ha impedito loro di esercitare un mestiere che svolgono da ottocento anni, che è quello di selezionare con prudenza e perizia i prestiti che concedono, questo proprio per proteggere e tutelare i depositi dei loro correntisti e risparmiatori e garantire così facendo la loro stessa solidità ed integrità patrimoniale. Le banche sono state messe sotto scacco da una legislazione che prometteva equità e benessere sociale diffuso ed invece ha prodotto il più grande numero di disoccupati e sfrattati della storia economica recente. In aggiunta ed in parallelo nel 1999 durante il mandato e la benedizione di Bill Clinton è stato approvato il Gramm Act (dal nome del Senatore Phil Gramm) il quale ha revocato gran parte dei vincoli e limiti che erano stati introdotti con il Glass Steagle Act negli anni Trenta, a suo tempo istituito per evitare proprio il ripetersi di un’altro crollo finanziario simile a quello del 1929. Il Gramm Act ha consentito, attraverso la deregolamentazione finanziaria che ha innescato, la diffusione del contagio nelle altre economie occidentali, minando la stabilità di tutte le grandi banche internazionali, nel frattempo cresciute in dimensione degli assets detenuti e dei rischi assunti proprio grazie al Gramm Act.

    Prestito indiscriminato e farwest finanziario hanno alimentato la più grande bolla immobiliare degli ultimi cento anni. Sappiamo tutti che cosa è accaduto dopo:

    E’ anadata cosi’?
    La logica mi suggerisce di sì, aeno che non ce la vogliamo prendere coi Rothshild.

    Il sottoscritto invece se la prende con l’ideologia utopica che ne fu alla base e con quelli che continuano imperterriti a propagandarla.

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