In questi ultimi giorni sta prendendo corpo una seducente narrazione scacciacrisi: perché la BCE non cancella il debito pubblico che ha comprato? In fondo bastaunclick e se lo facesse non succederebbe niente.
Siamo ad un livello ulteriore rispetto alle soluzioni stampa-via-la-crisi sentite negli ultimi anni. La posizione fa leva sull’impaccio mostrato dal viceministro per l’Economia Enrico Zanetti, messo alle strette dal responsabile economico della Lega Nord Claudio Borghi:
In effetti, se volessimo prestare alla Storia un po’ di attenzione, l’idea non è nemmeno troppo originale…
Il debito pubblico? Perché limitarsi a cancellarlo con un click, se si può pomposamente bruciarlo sul Vittoriano? pic.twitter.com/moDu0me2dT
— C.A. Carnevale-Maffè (@carloalberto) 2 ottobre 2016
Molto spesso il segreto sta semplicemente nel porre la domanda nel modo giusto, dove solo un interlocutore particolarmente agile riesce a rendersi conto del trabocchetto.
Zanetti ci ha riprovato, via blog, un paio di giorni dopo. Il risultato è stato… Meh…
A rincarare la dose ha contribuito anche un articolo pubblicato dal Sole24Ore che racconta con Andrea Delitala, gestore di Pictet Asset Management, dell’ipotesi che la Banca centrale Giapponese possa cancellare una parte del debito pubblico che ha acquistato.
Nella vita, specie in tempi come questi, si può essere tentati di provare di tutto, per carità. Però credo sia opportuno valutare le conseguenze prima di intraprendere qualunque azione. Proviamo allora qui con più calma a ragionarci su, prendiamoci un attimo di tempo, tanto -nel caso- poi bastaunclick.
Il punto della questione non è, come abilmente chiede Borghi, cosa succeda tecnicamente un minuto dopo, ma semmai come cambia la struttura del sistema in cui viviamo. Accettando l’ipotesi che la Banca Centrale rinunci a parte dei (o tutti i) propri crediti e vada a patrimonio negativo, per incrementare la possibilità dei Paesi di “fare politiche“, citando Borghi, vorrebbe dire che la politica monetaria viene assoggettata alle esigenze dei governi. Ed in effetti la cosa non viene affatto occultata:
.@dorinileonardo Se il mondo fosse normale una BC dovrebbe essere al servizio dello stato, non avrebbe titolo di pretendere alcunché
— Claudio Borghi A. (@borghi_claudio) 1 ottobre 2016
Si sposterebbe, insomma, un tassello che al momento è un principio fondante: l’indipendenza della Banca Centrale dalla politica.
La separazione dei poteri è, infatti, alle basi del principio di Democrazia. A riprova di questo, il rifiuto alla separazione dei poteri è caratteristica condivisa dei regimi assolutisti e/o autoritari (come lo furono lo stalinismo ed il nazismo). In generale, tecnicamente, un Paese dove non si rispetta il principio della separazione dei poteri è definito “dittatura”.
Con le leve dell’Esecutivo, le briglie del Legislativo, e possibilmente il controllo sul potere Giudiziario, quale (aspirante) imperatore non desidererebbe anche il potere monetario per disporre di “potere illimitato”?
La banca centrale emette moneta, ma la vera “moneta” di una Banca Centrale, ciò che ne determina il funzionamento e l’efficacia, è la sua credibilità. C’è una ragione di semplice buon senso se le banche centrali sono state rese indipendenti dalla (voracità della) politica: cosa impedirebbe ai governi di disporre della possibilità di emettere debito, consegnarlo alla Banca Centrale e vederlo cancellato? Come potrebbero essere credibili se fossero assoggettate alle esigenze di spesa pubblica?
“E quale sarebbe mai il problema del disporre di denaro illimitato?” potrebbe obiettare qualcuno di voi.
Il nodo di fondo è che il denaro rappresenta valore, non è valore. Il fatto che lo Stato irrori l’aere di banconote non rimuove alcuna crisi, se non quella di liquidità, che non è (più) quella che stiamo vivendo. La condizione attuale di crisi dipende dalla scarsa redditività: la competizione globale e le tecnologie stanno spingendo al ribasso i margini di profitto di ogni attività commerciale e non sarà la disponibilità di carta moneta a risolvere questo problema[sociallocker].[/sociallocker]
Ma proviamo comunque a trasferirci in Monetonia, un Paese immaginario dove questo “tabù schiavista del debito pubblico” è stato finalmente abbattuto.
Sull’onda di un rinnovato “meno tasse per tutti”, una giovane forza politica appena fondata vince le elezioni, formando un governo inesperto ma ambizioso. Dando seguito alle promesse elettorali dà subito una bella sforbiciata alle imposte, senza tagliare alcuna spesa ché si sa: tagliare la spesa pubblica è recessivo. Va da sé che lo sbilancio viene coperto facendo nuovo debito. Così come altro debito viene contratto per dare un generoso aumento alle pensioni, alla prima tornata elettorale, per stimolare il paese a confermare il consenso al governo.
Il debito contratto viene acquistato dalla banca centrale e da essa cancellato. Magia. E’ facile farsi prendere la mano: infrastrutture utili, costruirne come se non ci fosse un domani, pagando tutti a debito (da dare in banca centrale), ma anche -perché no?- infrastrutture inutili, i cari vecchi ospedali costruiti e poi abbandonati, ponti, strade, consulenze, si può elargire con generosità di tutto. Progressivamente la popolazione smette di produrre, è sciocco faticare quando si può venire omaggiati dalla spesa pubblica di uno Stato che fa piovere denaro sugli elettori. Man mano che le attività si fermano lo Stato subentra, per far fronte ad una domanda di prodotti e servizi che necessita di essere comunque soddisfatta. In breve lo Stato fagocita tutto e lo ammanta di inefficienza, la trasformazione è completa: un popolo di pensionati e dipendenti pubblici a vario titolo, con le tasche piene di contanti, in un Paese privato di una economia produttiva. Sarà un Paese più ricco o più povero? E quanto varranno tutte quelle banconote generosamente approvvigionate a chiunque ne facesse richiesta? In fondo se per metterle a disposizione degli elettori bastaunclick… Ma oltre al valore del denaro e al suo reale potere di acquisto possiamo spingerci oltre: che ne sarebbe delle libertà individuali? Quale possibilità di controllo resterebbe ai cittadini sull’operato di chi governa?
Abbiamo giocato e forzato la mano, le cose non sono per niente così semplici, l’uso di esempi serve a far comprendere chi non ha il tempo o i mezzi per approfondire le cose. Tuttavia, per chi volesse comprendere il funzionamento del bilancio di una Banca Centrale, c’è un utile e non troppo lungo paper della bank of England che potrebbe essere di aiuto.
Qui vi allego una tabella che illustra cosa si possa e non si possa -legalmente- fare:

Quello che dev’essere chiaro è che se la banca del Giappone può pensare (e la legge non le vieta) di monetizzare una piccola parte dei titoli pubblici nipponici che ha comprato, difficilmente la Banca Centrale Europea potrebbe fare lo stesso: ci sono Paesi che sul proprio rigore fiscale e di bilancio hanno fondato la propria competitività, la “livella” della cancellazione dei crediti sarebbe osteggiata come qualsiasi altra manovra iniqua. Pertanto, a meno che qualcuno auspichi di trasformare in realtà il fantasioso paese di Monetonia, chi ipotizza la cancellazione dei debiti pubblici attraverso la BCE sta evocando più Europa: un progetto europeo più avanzato e coeso di quanto non sia oggi, con fiscalità e debito condiviso, è condizione necessaria per realizzare questa idea così borderline. E’ una doppia rivelazione, visto che di recente abbiamo visto come la posizione “no-euro” sia in realtà quella dei difensori dello status quo. Chissà Freud come ci sguazzerebbe: euroscettici che vogliono preservare i modelli esistenti ed evocano implicitamente “più Europa”.
Capace che qualcuno arrivi ad una crisi di identità…

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Non è un articolo convincente. Postula che in un mondo finanziarizzato e basato fondamentalmente sul meccanismo della catena di santantonio, la rottura di tale mecanismo attraverso un altro gioco di prestigio (l’azzeramento in conto banca centrale) sarebbe inaccettabile e sconveniente e potrebbe causare scompensi (come se ora fossimo in una situazione di equilibrio).
Direi che se la risposta critica, migliore, a tale strategia è questa, allora varrebbe la pena provare
Sospetto però che ci siano ricatti e controricatti geopolitici che impediscano il tentativo a prescindere.
l’articolo va nella direzione giusta, ma in effetti è deboluccio e manca il punto fondamentale: quello che veramente conta sono le risorse reali (lavoro e risorse)
la creazione di moneta non è altro che una forma di tassazione: lo stato si appropria delle risorse e del lavoro di “qualcuno” (per darli a “qualcun altro”) in cambio di moneta creata dal nulla,
la storia dimostra che invariabilmente finisce malissimo
Qualche tempo fa lo chiamarono “Giubileo”.Fu quando si accorsero che a mettere in galera il contadino che non pagava le sementi produceva un calo nella produzione del grano 🙂
Oggi abbiamo risolto: Monsanto vende sementi che germinano piante sterili 🙂