La Bce ha finalmente svelato l’arma che da tanto aspettavamo, il cosiddetto bazooka. Il programma di acquisti di cartolarizzazioni di prestiti d’impresa (Abs) e di mutui (Rmbs) raggiunge due obiettivi in uno: da un lato provvederà ad incrementare il bilancio della Banca Centrale e le aspettative d’inflazione, aiutando anche a deprezzare l’euro e a spingere gli export, dall’altro la vendita delle cartolarizzazioni sul mercato permetterà alle banche di fare lending senza trattenere questi rischi in bilancio. Questo dovrebbe gradualmente contribuire a far ripartire i prestiti alle imprese, scesi di circa 573 miliardi di euro dall’inizio della crisi. Con il suo piano, la Bce cercherà di risolvere due problemi: il primo è la persistente carenza d’inflazione. Questa si riflette non solo nei dati correnti (0,3%), ma ora anche nelle aspettative sui tassi forward a 5 anni, che si aggirano attorno al 2%.
La storia ci insegna che una volta che consumatori e investitori si abituano alla deflazione, l’economia può avvitarsi in una spirale negativa dalla quale diventa difficile tornare indietro. Il secondo problema è la mancanza di trasmissione del credito dalla Banca Centrale all’economia reale. Nonostante il tasso di rifinanziamento della BCE sia vicino allo zero (0,05%), il costo di rifinanziamento delle aziende europee continua ad essere elevato, specialmente nel sud Europa. Per un’azienda italiana con un rapporto d’indebitamento pari a cinque volte gli utili, pagare il 2% in più rispetto ad aziende tedesche o francesi significa perdere il 10% degli utili.
Perché un QE di Abs invece che di titoli di Stato è la scelta giusta
Nei mesi scorsi, molti economisti avevano chiesto alla Bce di implementare un piano di quantitative easing (QE) di titoli governativi stile Federal Reserve. Questo avrebbe comportato diverse controindicazioni: in primis quella di giustificare acquisti a tassi governativi già vicini allo zero, in quanto il rendimento del 10 anni Btp è pari al 2.3% e l’Oat francese all’1,2%; in secondo luogo i benefici di un eventuale ulteriore restringimento dello spread sull’economia reale si sono già dimostrati ridotti, poiché il vero collo di bottiglia nella trasmissione della politica monetaria rimane la mancanza di capitale delle istituzioni bancarie. Insomma, un piano di QE su bond governativi avrebbe avuto un forte impatto sui mercati, tuttavia non avrebbe aiutato l’economia reale. La Bce ha quindi fatto la scelta giusta puntando sulle cartolarizzazioni, cosa che non elimina del tutto la possibilità di estendere gli acquisti a titoli governativi in caso di emergenza.
ABS: come funzionano? Vantaggi e problematiche
Facciamo un passo indietro, per spiegare cosa sono le Asset-backed securities. Si tratta di cartolarizzazioni di prestiti alle imprese, quindi sono essenzialmente obbligazioni che pagano un interesse generato da tali prestiti: questi prestiti vengono rimossi dal bilancio bancario e veicolati in una società esterna (o SPV, Special Purpose Vehicle), la quale emetterà obbligazioni collateralizzate dagli stessi prestiti. Il vantaggio principale delle Abs è che permettono alle banche di emettere prestiti e poi rivenderli impacchettati agli investitori (i quali beneficeranno essenzialmente del rendimento di tali prestiti), andando quindi ad aumentare il volume del lending senza caricare in bilancio dei costi di capitale e di eventuali sofferenze (o comunque riducendolo sostanzialmente). Teniamo anche presente che le banche dell’eurozona sono le più grandi del mondo, con un bilancio totale di 30.900 miliardi di euro, più di tre volte il PIL aggregato.
Come si articolerà il piano di acquisto delle Abs? I dettagli verranno svelati ad inizio ottobre, tuttavia già da ora sappiamo che la BCE punta ad acquisti che, insieme al TLTRO (acronimo di Targeted Long Term Refinancing Operation, ndr), dovrebbero portare il suo bilancio a crescere di circa mille miliardi di euro. Ipotizzando che le banche chiedano 500 miliardi di rifinanziamento a settembre, questo significherebbe che la BCE potrebbe comprare almeno 500 miliardi di cartolarizzazioni. Il programma, inoltre, durerà tre anni e sarà aperto sia a cartolarizzazioni esistenti che a nuove emissioni.
Ci sono però ancora parecchi ostacoli da superare: gli acquisti della BCE certamente creeranno interesse per il mercato, ma per un recupero duraturo saranno necessarie anche riforme strutturali e interventi di natura fiscale. Il primo ostacolo è quello del trattamento delle Abs nelle normative per il capitale bancario di Basilea e di Solvency II, per le assicurazioni. Benché soltanto l’1,5% delle Abs europee abbia sofferto perdite durante la crisi, i requisiti di capitale le classificano in modo simile alle Abs americane.
Il secondo punto da risolvere è quello di creare un nuovo mercato per cartolarizzazioni “semplice, trasparente e reale”, un modello per sviluppare il mercato in futuro. Il mercato delle Abs attualmente rimane segmentato da paese a paese, con alte barriere all’ingresso per nuovi emittenti.
Il jolly della Bei e il ruolo-chiave delle riforme.
Per favorire una ripresa sostenibile, sarà quindi necessario non solo lo stimolo della Bce, ma anche la cooperazione delle banche centrali e delle autorità nazionali.
Un punto molto critico saranno le garanzie della Banca Europea degli Investimenti (Bei) e del Fondo Europeo d’Investimento (Fei). Questi sono già attivi nello sponsorizzare le nuove emissioni con garanzie sulle parti “junior“, le c.d. “mezzanine”. La Bce avrà bisogno di più garanzie per comprarne un ammontare significativo ed arrivare al “target” di 500 miliardi. Solo sostenendo sia le parti senior, meno rischiose e che la Bce può comprare direttamente, che le mezzanine, si permetterà alle banche di cartolarizzare e separare i prestiti dal proprio bilancio, ottimizzando il capitale.
Per incoraggiare un maggiore intervento da parte della Bei del Fei, i paesi del sud Europa dovrebbero accelerare le riforme strutturali. La Bce ha fatto particolare riferimento all’Italia, dove investimenti e crescita sono in calo rispetto ad altri paesi che sono stati più veloci ad attuare riforme, come Spagna e Irlanda.
L’Italia faccia la sua parte
Cosa potrebbe fare il governo Renzi per rimettere il paese in linea con gli altri e facilitare il lavoro della Bce e della Bei? La riforma del sistema legale è un punto chiave in questo senso, certezza e velocità nell’applicazione del diritto sono alla base dei mercati delle cartolarizzazioni, prestiti e sofferenze bancarie.
Il sistema legale italiano è il più lento d’Europa, con una durata media dei processi di oltre cinque anni, contro circa un anno in Spagna, Francia e Germania. Per un creditore, questo vuol dire aspettare mesi, se non anni, prima di poter incassare. Inoltre, in caso di bancarotta, il processo di recupero crediti diventa estremamente lungo e complicato. Il risultato è una perdita potenziale più alta per chi presta denaro, il che si traduce in tassi più elevati (o minor offerta) in Italia rispetto ad altri paesi. Velocizzare il sistema legale potrebbe quindi aumentare la domanda o diminuire i tassi d’interesse richiesti alle imprese Italiane.
Oltre alle Abs, i governi europei possono favorire lo sviluppo di altri strumenti di finanziamento alternativi alle banche, come le obbligazioni high yield e i mini-bond per le piccole-medie imprese. Il mercato high yield è triplicato negli ultimi cinque anni, passando da 100 a 300 miliardi, con l’aggiunta di molte aziende che hanno preferito i bond al tradizionale canale bancario.
Tra queste vi sono, ad esempio, le italiane Bormioli, Guala, Cerved, e TeamSystem. Il mercato dei mini-bond rimane piccolo, poco sopra i dieci miliardi di euro nel caso italiano, ma le emissioni stanno accelerando grazie ai programmi del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Occorre infine incoraggiare il contributo di investitori istituzionali non bancari, come assicurazioni e fondi pensione. In questo senso sono già attive due partnership: una tra l’assicurazione AXA e Société Générale in Francia, l’altra tra l’asset manager BlueBay e Barclays nel Regno Unito. In Italia, l’Istituto di Vigilanza per le Assicurazioni (IVASS) ha recentemente permesso l’utilizzo del 5% delle riserve per investire in mini-bonds.
Conclusione: ora tocca ai governi
In conclusione, i problemi dell’Europa sono ancora complessi. Sebbene la Bce abbia fatto un grande passo in avanti con il suo nuovo programma, i suoi benefici nel lungo termine dipenderanno dalle riforme strutturali. La palla ora è nel campo dei governi nazionali.
Dalla Bce ci aspettiamo un passo in avanti per la ristrutturazione del mercato del credito europeo, stimolando canali di finanziamento alternativi a quello bancario. Tuttavia, stavolta l’eurotower non potrà farcela da sola ed avrà bisogno del supporto della UE, della Bei e dei Governi che dovranno fare la loro parte attuando riforme strutturali.
Non sarà facile, ma il piano-Abs potrebbe finalmente rappresentare la “svolta buona” per l’Europa.
Oltre ai soliti complimenti per la chiarezza dell’articolo, avrei due domandine le cui risposte mi preoccupano un pò…
La politica pare centrale per l’uscita dalla crisi.
fatto salvo che sarebbe auspicabile che l’EU ne abbia una CONDIVISA, cosa succede se i vari governi o la stessa EU NON tiene il passo con le politiche economiche di BCE?
[un esempio… se i governi interessati – ad es: Ita – NON decidono in tempi brevi una ristrutturazione del modello fiscale, la spinta di BCE non si vanifica del tutto?]
la seconda questione è invece: considerato che la situazione degli ultimi 25 anni almeno ha portato nelle tasche di medi e grandi imprenditori una notevole quota di plusvalenze, costoro, già magari più ricchi di ciò che potranno mai spendere nelle prossime 7 generazioni, che interesse possono avere ad investire? potrebbero accontentarsi di mantenere posizione fungendo addirittura da freno (con barriere di ingresso nei vari settori sempre più alte) all’introduzione di nuovi operatori / aziende vanificando del tutto le politiche macroeconomiche di BCE.
Quindi, fatto salvo il buon lavoro di SuperMario, come si fa a disinnescare questi due potenziali problemi?
Seamus
Sono d’accordo – la mancanza di politiche fiscali e l’uso della politica monetaria per risolvere tutti i problemi e’ una tentazione dei governi, ma alla lunga crea problemi di diseguaglianza e sposta gli investimenti in asset finanziari e non reali. Da questo nasce una ripresa con asset gonfiati e poca innovazione e investimento nell’economia reale. La palla e’ nel campo dei governi ora…