Da Bournville all’Europa, torna il mondo di Jonathan Coe

Bournville

Raramente, qui alle #LettureInclinate, ospitiamo due volte lo stesso scrittore, perché normalmente, presentando un libro, ci piace raccontare del suo autore nel suo complesso, invitandovi a leggere più che potete di lui; e, d’altra parte, non dovevamo certo arrivare noi per dirvi che di Mario Vargas Llosa, Philip Roth, Edna O’Brien o uno dei tanti russi che abbiamo trattato, solo per fare alcuni nomi, dovremmo leggere tanto, tutto se possibile.

Oggi tuttavia vogliamo fare un’eccezione (e ci era già capitato solo con Philip Roth e Alessandro Piperno), dedicando per la seconda volta una puntata di #LettureInclinate allo stesso autore: si tratta di Jonathan Coe, nato a Birmingham nel 1961.

L’AUTORE

Nel trattare il delizioso Mr. Wilder and Me lo avevamo definito il nostro “fratello maggiore” e lui aveva apprezzato

(e di questo lo ringraziamo); lo avevamo definito così perché è presente da alcuni decenni nella nostra vita di lettori come uno di famiglia e ci racconta a cadenze regolari dell’Inghilterra, una nazione che non possiamo non amare, pur con tutte le sue contraddizioni; e, tuttavia, questo racconto avviene con un riferimento costante all’Europa, quel continente in cui l’Inghilterra è certamente inclusa, ma dalla quale a volte vuole fuggire, volendo sentirsi forte nel suo isolamento, nelle sue tradizioni, nei suoi conflitti interni, nella sua grandeur perduta, forse per sempre.

Al termine della precedente puntata ci eravamo lasciati con l’invito ad entrare nel “mondo di Jonathan Coe” ed il motivo (ulteriore) per cui oggi siamo qui a parlare di nuovo di lui è che il suo ultimo romanzo (Bournville, Feltrinelli, pagg. 421, Euro 22) rappresenta a nostro avviso la summa di questo mondo, ne tira un po’ le fila: ci pare, questo romanzo, il coronamento di un progetto narrativo iniziato con La Famiglia Winshaw, proseguito con le vicende di Benjamin Trotter (da La Banda dei Brocchi a Middle England) con in mezzo le peripezie di Thomas Foley (in Expo 58, ma la figlia Gill appare anche in Mr. Wilder and Me), di Maxwell Sim e di altri personaggi così amati.

E’, quello di Coe, un mondo che potremmo sintetizzare con un semplice filo conduttore, ovvero il descrivere con sagace ed ironica profondità la società inglese di questo secolo, di questi ultimi ottant’anni, di quella specie di ribollire di tanti impulsi così diversi che ci ha portato all’Inghilterra di oggi, più isolata e dolente, ma sempre viva e pulsante.
Bournville è esattamente dentro questa vicenda, la ripercorre cronologicamente, portandoci nel sobborgo di Birmingham fatto nascere da una fabbrica del cioccolato, la Cadbury, e seguendo le vicende di una famiglia attraverso sette eventi ben precisi, che vogliamo qui elencare per dare l’idea del lungo percorso fatto in questa narrazione: il giorno della Vittoria, l’8 maggio del 1945; l’incoronazione della Regina Elisabetta, nel 1953; la finale dei Mondiali in Inghilterra, il 30 luglio del 1966; l’investitura di Carlo a Principe di Galles nel 1969, ed il suo matrimonio con Diana, nel 1981; e poi i funerali della principessa Diana (settembre 1997) e infine, a chiudere il cerchio, la celebrazione dei settant’anni della Vittoria, nel maggio 2020, con l’Inghilterra fuori dall’Unione Europea e dentro la pandemia di Covid-19.

IL LIBRO

E il romanzo parte proprio da qui, dalla pandemia, nel marzo 2020 (tutti noi ricordiamo dove eravamo intorno al 10 di quel mese): Lorna, una giovane musicista, si trova in Germania per un tour di concerti e la seguiamo in quei giorni che oggi ci appaiono così strani, bizzarri: le scorte di carta igienica nel baule, lo sbigottimento quando interi Paesi iniziano letteralmente a chiudere tutto, quando iniziamo a salutarci col gomito, a conoscere strani strumenti come la mascherina e i guanti. Lorna riesce a completare il suo tour e si collega via Skype con Mary, l’anziana nonna: ed è proprio Mary che ritroviamo, dodicenne, balzando indietro nel tempo, al maggio 1945, a sentire alla radio il discorso della Vittoria di Winston Churchill, con i suoi genitori Doll e Sam, nel sobborgo di Bournville.

Mary è il fulcro di questa storia: una donna volitiva, moderna, insegnante e ginnasta, musicista e abile autista: crescerà, si innamorerà, si sposerà con Geoffrey Lamb: avranno tre figli e di questi personaggi seguiremo la storia, che intreccia gli eventi sociali e politici dell’Inghilterra e del Regno Unito.

Martin, uno dei figli di Mary, si innamora di Bridget, una ragazza di colore che non avrà mai il dono di uno sguardo del suocero conformista, e forse parecchio razzista; Peter, un altro figlio, si scoprirà gay (un capolavoro la descrizione dell’unica scena di sesso, quella con Gavin) e poi Jack e il suo rapporto complicato con Ange; l’incoronazione di Carlo a Principe di Galles ci farà conoscere le istanze della comunità nazionale del Galles, l’odio per gli invasori inglesi, mentre il tessuto industriale di Birmignham è l’altro grande protagonista (come già era stato in Middle England): la Cadbury intraprenderà con la CEE la “battaglia del cioccolato” (interessantissima la ricostruzione), la Austin sfornerà nuove auto per impedire un declino che tuttavia arriverà, e vedremo mall e parchi di divertimento al posto delle fabbriche.

Jonathan Coe in questo romanzo ricostruisce quasi un secolo di storia partendo dalle vicende delle persone, delle famiglie della midlle class alle prese con tutte le contraddizioni del nostro tempo: il grande sentimento di unione dopo la Guerra, l’amore per la famiglia reale (ma anche la malsopportazione di alcuni per questo caravanserraglio di tradizioni e di strane, lunghissime ed incomprensibili cerimonie), il rapporto difficile con i tedeschi (raccontato ricordando i giorni dei mondiali del 1966 con la finale Inghilterra-Germania); assisteremo, altro tocco di classe, alle peripezie di un certo “Boris”, giornalista d’assalto a Bruxelles nei primi anni Novanta, raccontato con pennellate di perfida ironia (è ovviamente Boris Johnson).

Per concludere, alcune ultime annotazioni: questo è uno dei primi romanzi che abbiamo letto in cui siamo dentro la narrazione dei giorni della pandemia: a differenza ad esempio di Tasmania, dove Paolo Giordano la salta di netto quasi a rimuovere questo periodo, qui viviamo la sofferenza e il disagio delle restrizioni, leggiamo nero su bianco quello che molti di noi hanno vissuto: la spesa passata dalla finestra, il non poterci riunire, lo straniamento del perdere semplici abitudini come passeggiare in un parco e il dolore del lutto e della perdita di persone care aumentato della crudeltà di non poterle vedere e stringere l’ultima volta (nella Nota dell’Autore, Jonathan porterà anche un suo caso personale, ripreso in uno dei capitoli finali della nostra storia, con una stoccata fenomenale a Boris Johnson e ai suoi party a Downing Street).

Quello di Bournville è un grande affresco, dentro un grande romanzo dove l’autore riesce ad alternare con la consueta godibilità vari registri narrativi: i dialoghi sempre vividi ed efficaci, la divulgazione, l’analisi sociale, gli eventi storici (molto particolari quelli relativi al Galles) ci consentono di svolgere il nastro dei decenni in un puzzle così complesso che l’edizione francese del libro contiene un albero genealogico che illustra le varie famiglie che sono coinvolte in questo e in molti altri libri di Jonathan Coe: egli riesce a tenere a bada con maestria tutta questa materia, viva e pulsante, governando con abilità il succedersi delle generazioni e dei fatti e facendoci sentire la mancanza di tutti questi personaggi non appena giriamo l’ultima pagina di questa storia.

Ecco, eravamo partiti da qui: da un mondo in cui entrare tutti insieme, col nostro fratello maggiore che ci tiene compagnia da quasi quarant’anni.

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Pubblicato da Leonardo Dorini

Manager, consulente, blogger. Mi occupo di finanza ed impresa, amo lo sport. Ma sono qui per l'altra mia grande passione: la letteratura.

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