Il tormentone dell’estate: i calciatori ammutinati

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Che si tratti di superstar del pallone o di giovani promesse, il calciomercato dell’estate del 2017 ha prodotto svariati casi di giocatori ammutinati, che molti commentatori lamentano appellarsi ai loro diritti e dimenticare i loro doveri.

Un giocatore che firma un contrato con un club, è un lavoratore sottoposto a delle regole, rifiutarsi di giocare delle partite, di presentarsi agli allenamenti o non rispondere alla convocazione dell’allenatore significa non rispettare dette regole. 

Tuttavia il non rispetto delle regole comporta delle sanzioni: dalle trattenute sul salario alla giusta causa per la rescissione del contratto. In fondo, il contratto pluriennale nasce come una garanzia per il giocatore, lavoratore dalla carriera breve, che quando riesce può contare su un ingaggio più o meno ragguardevole per più stagioni.

Secondo stimati giornalisti del mondo del pallone le società andrebbero attrezzate di (ulteriori) strumenti per difendersi dai giocatori che vogliono abbandonare il club, ingolositi da altre opportunità, e spesso consigliati con malizia dai loro procuratori, perché sarebbero -giuridicamente parlando- comunque dei lavoratori a contratto. Inutile alludere alla falsità dei certificati medici che i giocatori ammutinati presentano per estromettersi dalla rosa. O si dimostra che il certificato è falso, oppure il lavoratore è in malattia.

Questo è un ragionamento quantomeno incompleto

Quando il normale lavoratore vuole “dare le dimissioni”, scrive due righe al proprio datore di lavoro e rescinde i propri impegni, rispettando eventualmente un periodo di preavviso (azzerabile per accordo tra le parti o pagando). Il lavoratore del pallone, che non ha contratti a tempo indeterminato, è invece vincolato a rispettare le scadenze. A meno che -a fronte di indennizzo economico- la società che detiene il diritto allo sfruttamento delle sue prestazioni sportive non lo liberi.

Ed è qui che casca l’asino

Gli strumenti che le società di calcio, con il codazzo di giornalisti sportivi al seguito, reclamano esistono già: il lavoratore inadempiente può essere licenziato. Sono le società a non voler licenziare, e dunque liberare, i loro dipendenti, perché sperano di monetizzare un adeguato indennizzo per il loro trasferimento ad altra squadra. Se si lascia prevalare la tendenza in atto i contratti serviranno solo come garanzia per i giocatori, che si vedranno pagati gli ingaggi per il periodo previsto anche dopo stagioni deludenti, e di nessuna garanzia per le squadre, che perderanno i loro migliori giocatori quando questi vorranno andare via e non si riterranno motivati a rispettare il contratto. Ma questo è un ragionamento che vale solo per la “crema” del mondo del calcio, una sparuta minoranza di professionisti strapagati che non hanno alcun bisogno delle tutele e delle garanzie legate ad un contratto pluriennale e lo sottoscrivono perché è una esigenza della società che li sta tesserando, la quale a fronte di un contratto lungo può “spalmare” il costo del cartellino sul proprio bilancio (se il cartellino di un giocatore viene pagato 20 milioni di euro, ma al giocatore viene fatto firmare un contratto di 4 anni, la squadra potrà registrare un impatto di 5 milioni all’anno per 4 anni, spalmando ulteriormente il residuo in caso di rinnovo contrattuale)

O la capra o i cavoli

Le società di calcio non possono dunque pretendere di usare le scadenze contrattuali come strumenti di ammortamento degli asset (i diritti alle prestazioni sportive) e al tempo stesso come fonte di incasso in occasione della “risoluzione anticipata”.

Se le società intendono tutelarsi da certi comportamenti dei giocatori hanno una soluzione a disposizione: concordare che da oggi proporranno solamente contratti annuali. Ogni giocatore sarà svincolato a fine anno e potrà concordare con la propria società il prosieguo della sua carriera o potrà accasarsi altrove, senza polemiche e senza costi da ammortizzare nel bilancio, tutti potranno muoversi a parametro zero. Altro che Fair Play Finanziario e conseguenti aggiramenti delle regole. I giocatori vogliono essere liberi? Nel calcio moderno ormai è il giocatore che decide? Bene. Liberi tutti, senza bisogno di scrivere alcuna regola, vanno benissimo quelle vigenti. Contratti a scadenza annuale per tutti.

E’ una provocazione, chiaramente. Un progetto sportivo si può costruire solo se gli si può dare una struttura solida, inoltre molte società fondano il proprio funzionamento proprio sulla rivalutazione dei giocatori e andrebbero in difficoltà, ma sarebbe un disastro soprattutto per le migliaia di giocatori che non sono di primissima fascia e per i quali il contratto pluriennale è una garanzia, necessaria a considerare il calcio come un percorso professionale percorribile.

Voglio proprio vedere se l’Associazione Calciatori o chi per essa, di fronte ad una simile dichiarazione d’intenti delle società, non si ritroverebbe a concordare e stilare un codice di comportamento da imporre agli associati. I club, soprattutto i grandi club, invece di borbottare sui Kondogbia, i Dembelé e perfino sugli Spinazzola, mettano a nudo la scorrettezza dei giocatori di fronte ai loro colleghi. Perché gli strumenti per difendersi li hanno, se non li usano è solo perché non conviene (preferiscono mantenere la facoltà di cedere i propri giocatori a titolo oneroso confidando in una continua inflazione dei prezzi dei cartellini, o sperano di avere il Neymar con la clausola monstre), pertanto la smettano di frignare, per piacere.

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

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