Cipro, un anno dopo

Cipro è tornata alla ribalta della cronaca economica dopo le dimissioni del Governatore della Banca Centrale, Panicos Demetriades. La decisione è arrivata dopo un lungo braccio di ferro che ha contrapposto Demetriades alla coalizione di centro-destra guidata da Anastadiases. Demetriades era

in carica da due anni, e rappresentava il punto di riferimento della Bce a Cipro.

Ma soprattutto, le dimissioni sono arrivate esattamente un anno dopo il salvataggio del sistema bancario dell’isola. Una ferita che Cipro non scorderà facilmente: gli sportelli sono rimasti chiusi per due settimane, ed è stato imposto un controllo ferreo sui movimenti di capitale. La crisi ha avuto effetti devastanti sull’economia, che ha registrato un calo del 5,4% nel 2013. Discesa in ogni caso più contenuta rispetto alle attese della Troika, che aveva messo in conto un calo (sobrio) dell’8,7%
.
Il sistema bancario di Cipro aveva assunto dimensioni enormi, arrivando a valere, nel 2009, nove volte il PIL nazionale. Ed è proprio nell’estensione delle maglie degli istituti di credito che va ricercata la causa principale del cedimento dell’intero settore. Una crescita sostenuta dalle tasse molto basse, e ad una compiacenza regolamentare che ha custodito con precisione svizzera l’identità ed i movimenti dei correntisti, la maggior parte dei quali russi. Senza contare l’esposizione alla Grecia, per poi restare vittima dell’haircut: l’operazione che ha tagliato il valore dei titoli di Stato greci di oltre 50 punti percentuali.

I termini del salvataggio imposto al Paese però non sono stati pensati come per gli altri Stati salvati in passato dalla Troika: niente austerità o riforme “lacrime e sangue”. Sono arrivati aiuti per 10 miliardi di euro, ma in cambio l’Ue ha preteso un aggiustamento fiscale del 4,5 per cento sul Pil e l’impegno del settore privato nel salvataggio bancario.
Ai depositanti delle banche è stata imposta una tassa del 9,9 per cento sui saldi di conto corrente superiori a 100mila euro.

La raccolta degli istituti dell’isola è basata principalmente sui depositi, e non sull’emissione di obbligazioni. Il salvataggio del sistema ha saltato le prime due fasi classiche (ovvero colpire azionisti ed obbligazionisti secondo un livello crescente di seniority) per andare subito sui depositi non assicurati per coprire le perdite. Ha sicuramente aiutato il fatto che le vittime principali, i correntisti, erano e restano russi, non europei.

All’epoca dei fatti furono pubblicate anche delle ricostruzioni geopolitiche tanto affascinanti quanto prive di fondamento: Vladimir Putin sarebbe stato pronto a rifinanziare per intero le banche cipriote, emarginando l’Ue mettendosi al centro del Mediterraneo. E magari anche finanziare le guerre (Siria in primis) con i depositi russi confiscati a Nicosia. Favoloso.

Il problema maggiore attualmente per l’economia è rappresentato dallo stato di salute della Banca di Cipro, la più grande del Paese. Come parte dell’accordo l’Istituto ha assorbito i depositi ed i prestiti assicurati della Laiki, la seconda banca. Il colosso nato dalla fusione è stato ricapitalizzato convertendo il 47% dei depositi non assicurati in capitale, e ha un capital ratio del 10%.

Il nuovo capo della banca è John Hourican, l’ex capo della sezione Investment Banking di Royal Bank of Scotland. Hourican si sta dando molto da fare: sta riducendo l’esposizione internazionale della banca, sta razionalizzando le attività core a Cipro, che rappresentano l’85% dei prestiti e dei depositi. Ma assorbendo Laiki, la banca ha raddoppiato l’esposizione all’economia isolana, ed in particolare sul mercato immobiliare, che provvede da collaterale ai prestiti. Alla fine dell’anno il 53% dei prestiti erano non-performing. Ma c’è una differenza molto vistosa nel bilancio tra i prestiti ed i depositi: i prestiti sono del 45% più grandi dei depositi (fonte “The Economist”).

La banca rischia però di essere un colosso dai piedi d’argilla: nonostante i requisiti di capitale siano buoni, con l’economia cipriota ancora in difficoltà, e con le quotazioni del mercato immobiliare ancora molto sopravvalutate, molti prestiti di sicuro non torneranno indietro. Questo la rende molto dipendente dai fondi della banca centrale del Paese (11 miliardi finora) ed incapace allo stesso tempo di aiutare l’economia a riprendersi, in un circolo che di virtuoso non ha nulla.

Le restrizioni domestiche ai movimenti di capitale verranno rimosse questa primavera, nonostante rimangano molto forti i controlli sui trasferimenti di denaro all’estero (fonte Harris Georgiades, Ministro delle Finanze).

L’esperienza di questa piccola isola ha avuto grosse implicazioni, anche per la struttura dell’Unione Bancaria così come è stata pensata (anche se tuttora in divenire nelle menti dei legislatori e dei leader europei).
Forse la soluzione di una Bad Bank di Stato, di grande attualità in Italia, potrebbe aiutare. E anche se far pagare i depositanti invece dei contribuenti può proteggere questi ultimi, la fiducia nelle banche viene completamente distrutta, con il rischio che i soldi dei conti correnti prendano il volo al primo momento di criticità della banca, innescando una corsa allo sportello che di salutare non avrebbe nulla, soprattutto in questo momento. Va ripensato anche il coinvolgimento del settore privato, non totalmente sbagliato in via teorica, soprattutto per tenere al riparo i soliti contribuenti. Che comunque, dal 2008 al 2012, hanno già sborsato 592 miliardi di euro per mettere in sicurezza le banche.

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Pubblicato da Vadria

Giornalista finanziaria e Mamma.

2 Risposte a “Cipro, un anno dopo”

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