I dati del PIL del primo trimestre sembrano indicare la fine della recessione italiana. Non abbiamo a disposizione il dettaglio, ma già le scorse settimane abbiamo evidenziato che il cuore della recessione ha riguardato soprattutto gli investimenti (qui). Di fatto, senza investimenti viene a mancare quella componente della crescita che favorisce la ripresa e ne garantisce la sostenibilità. Il ciclo economico internazionale, il calo del prezzo del petrolio, l’indebolimento della valuta hanno supportato una risalita della fiducia delle imprese. Tuttavia questo potenziale miglioramento della crescita economica non è tradotto in investimenti.
Infatti, l’andamento disfunzionale del mercato del credito in Italia, l’incertezza sullo scenario e sul regime di tassazione futuro (es. tassa sugli “imbullonati”?!?), rappresentano un grosso disincentivo alla crescita degli investimenti. L’attuale Governo, nonostante i progressi sul mercato del lavoro e legge elettorale, non è ancora particolarmente “favorevole” alle imprese (soprattutto quelle estere) e la politica monetaria attraverso il QE della BCE ha solo iniziato la fase di trasmissione all’economia delle misure espansive. Per poter parlare di vera ripresa economica, duratura e diffusa, dovremo tornare ad assistere ad una ripresa degli investimenti, collegata ad una ripresa dell’occupazione, capace di riportare l’economia italiana in un sentiero virtuoso. Non basta una rondine per far primavera.
[tweetthis]senza investimenti manca componente crescita che favorisce la ripresa e garantisce sostenibilità[/tweetthis]
Mi permette di non essere d’accordo? Lei sostiene:
“””L’attuale Governo, nonostante i progressi sul mercato del
lavoro e legge elettorale, non è ancora particolarmente “favorevole” alle
imprese (soprattutto quelle estere) “””
Mi perdoni, ma un’impresa italiana può avere sede sociale e
sede fiscale altrove (la CFA, ex FIAT, ha sede sociale in Olanda e sede fiscale
in Gran Bretagna), con il job-act può licenziare con maggiore facilità di
qualsiasi altro paese dell’Eurozona (solo in Spagna mi sembra che sia un po’ più
facile), i sindacati si sono auto-estinti … e allora? Mi dice cos’altro c’è da
fare, per essere “particolarmente favorevoli” alle imprese, guardando anche
agli altri paesi UEM (negli altri paesi le tasse non mi sembra che siano allo
zero assoluto, e soprattutto non è così facile portare la sede fiscale
all’estero)?
Ma lei aggiunge:
“””… e la politica monetaria attraverso il QE della BCE ha
solo iniziato la fase di trasmissione all’economia delle misure espansive”””.
Guardi che i prestiti alle imprese e alle famiglie non
possono essere fatti, perché semplicemente non vengono restituiti, conseguenza
della crisi per le prime (grave differenziale di competitività generato dalla
moneta unica), dell’instabilità e del livello dei redditi per le seconde.
Vedremo poi se la Bad-Bank glie la lasciano fare, a Renzi/Padoan (pagherà
Pantalone, come sempre, per gli “incagli” dei privati. Perché tali sono le Banche,
giusto?).
E poi conclude:
“””Per poter parlare di vera ripresa economica, duratura
e diffusa, dovremo tornare ad assistere ad una ripresa degli investimenti, collegata
ad una ripresa dell’occupazione, capace di riportare l’economia italiana in un
sentiero virtuoso. Non basta una rondine per far primavera”””.
Come possono riprendere gli investimenti se il differenziale
di competitività con gli altri paesi dell’Eurozona (mercato di sbocco della
maggior parte dei nostri prodotti) è così grave? Chi è il pazzo che investe,
sapendo che le sue merci avranno difficoltà ad essere vendute, rispetto a
quelle prodotte negli altri paesi dell’UEM? Oppure si riferisce agli
investimenti dello Stato? Ma poi come la mettiamo con il Fiscal Compact?
Tutto questo per farle ammettere una cosa, che il problema è
la moneta unica, è inutile che gira intorno al problema, sa? Un atto di
coraggio, suvvia.
Permesso accordato.