Debt ceiling e shutdown: cosi diversi ma cosi pericolosi

Peso del debito

Cosa significa “shutdown”? E debt ceiling? E cosa possono comportare?

In questi giorni non si fa altro che parlare di shutdown e debt ceiling. Due momenti importanti per la vita politica ed economica degli USA, ma con conseguenze ben diverse.
Partiamo da quello meno grave, lo shutdown.
Come ben sapete, i membri del congresso americano non hanno raggiunto l’accordo sul budget federale. Questo significa che le casse dello Stato americano vanno in shutdown, ovvero “chiudono”, bloccando i fondi e di conseguenza gli stipendi di circa 800.000 persone (circa il 40% della forza lavoro del governo federale). Tutto questo a causa di uno scontro politico tra democratici e repubblicani in particolar modo sulla riforma sanitaria chiamata “Obamacare”.
Lo shutdown però non è una novità assoluta. L’ultimo risale a 17 anni fa, sotto l’amministrazione Clinton e durò 21 giorni: anche in quel caso andò a colpire i dipendenti pubblici proprio come in questa occasione.
Praticamente molte istituzioni statali si “paralizzano” fintanto che si trova un accordo governativo.
Sono ovvi i danni economici dello shutdown ma di questo ho già parlato in QUESTO POST. Il Tesoro statunitense dispone oggi di contanti pari a circa 30 miliardi di dollari che si esauriranno entro fine mese. La volatilità in mancanza di un prossimo accordo non potrà che salire.

Ma ben diversa è la storia sul debt ceiling.

17 ottobre. Quel giorno il debito pubblico americano raggiungerà la soglia massima consentita dalla legge, e il Congresso dovrà aumentarla per permettere al Tesoro di finanziarsi sui mercati. In mancanza dell’ OK della Camera e del Senato, il governo statunitense pagherà le proprie spese solo con le entrate fiscali, il che renderà autonome le casse statali per alcuni giorni e poi, sempre a fine mese/inizio novembre, arriverebbe la catastrofe. Mancherebbero i soldi per rimborsare il debito pubblico in scadenza. Senza un accordo sarebbe “default”. Scenario inimmaginabile ma tecnicamente possibile.

Le conseguenze sarebbero difficilmente calcolabili sia nell’ordine di volatilità, valutazione degli asset più tutto quanto concerne la politica americana ed il mercato obbligazionario che, ovviamente, andrebbe rapidamente a cambiar parere su quell’asset class che tutti consideravano il “safe haven”, bene rifugio per antonomasia e che invece non lo sarà più: mi riferisco al titolo obbligazionario Governativo USA.
Gli speculatori fiuterebbero il momento opportuno per avviare operazioni short (ribassiste). La correzione diventerebbe marcata e tutto il mercato potrebbe entrare in un vortice di tensione e sofferenza, con fallimenti a catena: INSOMMA, un deja vu col default di Lehman Brothers ma con conseguenze BEN peggiori.
Per certi versi già qualcosa si sta muovendo. Nella mappa sottostante potete vedere che in ambito CDS (ovvero il costo delle polizze assicurative che vanno a coprire il rischio fallimento di un emittente), gli USA stanno subendo un forte peggioramento e ad oggi il vero “safe haven” è il Bund Tedesco.

Grafico CDS stati

Per certi versi fa sorridere il fatto che tutto potrebbe essere risolto con un voto politico. Si, cari lettori, qui c’entra poco l’economia. Qui è solo una questione politica. Certe problematiche però bisognerebbe discuterle democraticamente e poi prendere delle decisioni importanti senza mettere a rischio l’economia non solo USA e il sistema finanziario globale.
Anche se è auspicabile che questo teatrino, in “zona Cesarini”,  trovi comunque una soluzione.

PS: infine trovate curioso il fatto che i mercati stiano ignorando vistosamente questi rischi? Non temete, c’è un motivo. Sembra infatti che per ovviare a queste problematiche, la FED sia disposta a rimandare ulteriormente il tapering. Anzi, secondo alcune fonti, addirittura c’è chi dice che la FED potrebbe aumentare il pompaggio di denaro. Fantascienza? Lo vedremo. Intanto il mercato gioisce all’idea. L’importante è che non manchi la droga. E del default ci cureremo più avanti….

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Grazie per aver votato!

Pubblicato da Danilo DT

Danilo Rambaudi, alias Dream Theater, è un operatore finanziario dal 1995. Asset Allocation Manager, collabora con istituzioni finanziarie e siti finanziari italiani e non, nell'ambito dell'analisi e della ricerca. Analista tecnico, ma anche padre e marito (e a volte se ne dimentica).

3 Risposte a “Debt ceiling e shutdown: cosi diversi ma cosi pericolosi”

  1. Dear DT,

    .!come sempre hai messo ottime “fiorentine” sui fuochi ardenti!.

    W Quaglia-GOAL W

    Mi concentrerò

    -[ altrimenti viene nù papeLLone e sarei soprattutto ripetitivo, visto che ha scritto, assai e bene, anche A-SAN un topic sul tema in esame ]-

    sull’incertezza della durata di uno “shutdown” e come questa complichi per davvero le stime del suo impatto (reale e quindi) futuro.

    Uno “shutdown” della durata di pochi od alcuni giorni non avrebbe molto di più di un piccolo impatto macro-economico sull’Economia Yankee, visto che già circa la metà della forza lavoro Federale è stata costretta a prendere diversi giorni “furlough” non retribuiti nell’anno fiscale appena trascorso, al fine di rispettare quei famigerati $85 miliardi in tagli automatici al bilancio (per i meno avvezzi, il cd “sequestration”), senza che ciò alla fine abbia portato alcun danno importante alla crescita economica del Paese. Anzi nà salvezza (Molti “maligni”, dicitur).

    Uno “shutdown” medio o addirittura lungo determinerebbe invece dei maggiori costi in termini non solo di retribuzioni perse e di posticipazione di diversi programmi vitali per la Vita “minuta” delle Persone (CARNE) e degli Stati singoli (FUOCO) in sè, ma anche una sensibile riduzione dei differenziali di spesa su tutta l’Economia (in questo caso sarebbero non solo bruciori YankEE).

    Un’altra incognita da non sottovalutare è quando i Lavoratori Federali “essenziali” sono pagati e se i Lavoratori Federali “furloughed” non sono pagati affatto.

    I Lavoratori “essenziali” devono essere pagati, anche se non ricevono gli assegni fino a quando i fondi sono stanziati “legalmente”.

    Se un breve “shutdown” si verifica all’interno del Loro periodo di paga di due settimane, i controlli per valutare le Loro situazioni dovrebbero arrivare in tempo; in caso contrario, devono attendere finché non ci sarà un accordo totale sul bilancio.

    I Lavoratori “furloughed” non vengono affatto pagati a meno che il Congresso approvi una legge, “indirizzando” a Loro il dovuto corrispettivo.

    In passato, il Congresso ha SEMPRE pagato i Lavoratori “furloughed” quando è stato raggiunto l’accordo “totale” sul bilancio Federale, ma visti i chiari di luna nell’attuale composizione del Congresso (nà GUERRIGLIA di BANDE!), non Vi è comunque alcuna garanzia sul punto.

    -[ Al riguardo, sono ottimi da consultare/vedere:

    1- Clinton T. Brass (US CRS), “Shutdown of the Federal Government: Causes, Processes, and Effects”, September 25, 2013 – http://www.fas.org/sgp/crs/misc/RL34680.pdf (in particolare le Pp. 12-13 / 24);

    – ET –

    2- “Furlough Guidance” – http://www.opm.gov/policy-data-oversight/pay-leave/furlough-guidance/#url=Shutdown-Furlough (dove c’è da divertirsi aSSai per le fonti ed i continui rimandi ad altre fonti) ]-

    Greg Daco, Direttore Capo dell’Area Economica presso l’IHS Global Insight, aveva redatto giustappunto un paio di anni fa

    -[ Gregory Daco – Nigel Gault, “Implications of a US Government Shutdown”, August 4, 2011 – http://www.ihs.com/products/Global-Insight/industry-economic-report.aspx?ID=1065929352 ]-

    un calcolo approssimativo circa l’impatto di uno “shutdown” Federale sulla crescita economica del Paese, a partire dall’assunzione di 800.000 Lavoratori Federali “furloughed” ed il relativo – successivo – risarcimento medio di $110.000 all’anno.

    Lui ha stimato una perdita secca di spesa di $1,7 miliardi sul PIL base per una sola settimana di chiusura, che porterebbe ad una riduzione del tasso di crescita economica nel quarto trimestre dell’anno a circa lo 0.2% (0.18%, per la precisione).

    Un “shutdown” di due settimane taglierebbe la crescita economica di circa lo 0.4% (0.36%, per la precisione), in quanto l’impatto della catena di fornitura sugli appaltatori inizierebbe a diffondersi su larga scala a tutta l’Economia YankEE.

    E via-via col trascorrere delle settimane successive.

    Nà via crucis, insomma.

    Infine, riguardo il “feed back” tra politica ed economia-finanza: le “Lobbies” ora sono a TUTTO CAMPO e stanno PRATICANDO un PRESSING ASFISSIANTE (come sempre d’altra parte negli States ed a Washinghton D.C., in particolare; almeno sono alla luce del sole, A DIFFERENZA DI ALTRI PAESI!), dato che la “pompa-gasoLINE-FED” è OPEN [una partita apertiSSima e non tanto sul Nome del dopo Bernankone, come sai].

    Ricorda: pecunia non olet. Anzi profuma!

    !Un saluto BIANCO-NERO … ANCHE a LI-UK … altrimenti si ArrAbbiA!

    _s-U-r-f-E-r_

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