Decidere di non decidere

Scommetto che il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, prova una qualche soddisfazione nello stuzzicare travasi di bile:

“Non c’è motivo di essere ottimisti sul fatto che la Grecia e i creditori possano raggiungere un accordo nel breve periodo. Non ho informazioni tali da poter dire che c’è stato qualche cambiamento sostanziale o vitale nelle trattative”

Il gioco, da entrambe le parti, è sempre lo stesso, si continua a dondolare sul filo dell’annuncio e della smentita: i creditori sono disposti a concedere nuovi aiuti, ma chiedono garanzie sulla chiusura del “pozzo di S.Patrizio”, la Grecia cerca di farsi imporre le minori rinunce possibili, confidando sul suo potere di ricatto, visto che la sua uscita dall’area euro rappresenterebbe un precedente pericoloso per qualunque paese che finisse nella morsa dei mercati.

“La proposta di accordo presentata dal Governo di Atene ai creditori ha sorpreso la Germania e non sembra essere sufficiente a soddisfare le richieste della Commissione Europea, della Bce e dell’Fmi”

Questa viene dal portavoce del ministero delle Finanze tedesco, Martin Jaeger, che aggiunge:

“solo la proposta dei creditori è la base rilevante delle trattative”

La teleconferenza dell’Euro Working Group per discutere
della crisi ellenica, programmata per oggi, è stata rimandata a domani, quando mancheranno 24ore alla scadenza del pagamento di 302 mln € al FMI, soldi che la Grecia non ha.

Se salterà questo pagamento partirà un periodo di grazia di due mesi, decorso il quale verrà decretata l’insolvenza ed il default della Grecia .

Scrivo mentre Alexis Tsipras è al dialogo con il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker a Bruxelles. Al premier dovrebbero essere resi noti i termini della proposta/richiesta del “gruppo di Bruxelles” che, se accettato da Atene, consentirà lo sblocco della liquidità di cui il Paese ha urgente bisogno.

“Chiedere troppo alla Grecia impedirebbe un ritorno alla crescita nel Paese, ma non chiedere nulla o non chiedere abbastanza avrebbe conseguenze per tutta l’Eurozona. Siamo a pochi giorni, o forse potrei dire a poche ore, da un accordo”

E’ il parere del presidente francese François Hollande. Il rischio, al contrario, è che -in perfetta continuità- si decida di non decidere:  Il costo di una rottura, sia per la Grecia che per l’Europa, è superiore a quello di un accordo, ma le due parti appaiono ancora troppo “innamorate” delle fragilità della controparte. La dinamica è molto simile a quella del “dilemma del prigioniero”, uno dei problemi tipicamente proposti dalla Teoria dei Giochi:

Due criminali vengono accusati di aver commesso un reato. Gli investigatori li arrestano entrambi e li chiudono in due celle diverse, impedendo loro di comunicare. Ad ognuno di loro vengono date due scelte: confessare l’accaduto, oppure non confessare. Viene inoltre spiegato loro che:

  1. se solo uno dei due confessa, chi ha confessato evita la pena; l’altro viene però condannato a 7 anni di carcere.
  2. se entrambi confessano, vengono entrambi condannati a 6 anni.
  3. se nessuno dei due confessa, entrambi vengono condannati a 1 anno, perché comunque già colpevoli di porto abusivo di armi.

Supponiamo che i due si siano promessi di non confessare in caso di arresto. Sono ora rinchiusi in due celle diverse e si domandano se la promessa sarà mantenuta dall’altro; se un prigioniero non rispetta la promessa e l’altro sì, il primo ottiene un vantaggio a danno dell’altro. Il dilemma è dunque: confessare o non confessare? La Teoria dei Giochi dice che c’è un solo esito possibile: entrambi confesseranno: per ognuno dei due lo scopo, infatti, è di minimizzare la propria condanna.

Consapevoli dunque che il rischio è di realizzare un esito infelice per entrambi, è sempre più probabile che venerdì il pagamento al FMI salti, con ulteriore incremento del deflusso di denaro dalle banche greche (che potrebbe rendere inevitabile una forma di controllo dei capitali) proiettando i mercati in una fase di nervosismo in attesa del 30 giugno, giorno in cui scadrà il piano di aiuti da 7,2 miliardi €, che diventerà quindi la vera data spartiacque.

Il governo greco, nella sua resistenza alle riforme, esprime un mandato elettorale ricevuto a gennaio. Tuttavia l’opinione pubblica greca al momento è al 71% favorevole alla permanenza nell’€, e circa il 60% vorrebbe un accordo con il gruppo di Bruxelles. Considerando che Syriza è ancora il primo partito nelle intenzioni di voto, non escluderei l’ipotesi di elezioni anticipate: Tsipras potrebbe ottenere un nuovo mandato elettorale, più moderato, per siglare un accordo che includa ciò che le istituzioni internazionali chiedono. L’ipotesi di un nuovo governo più malleabile piacerebbe anche al gruppo di Bruxelles, che potrebbe concedere un finanziamento-ponte per dare alla Grecia una manciata di mesi di tempo per indire le elezioni e ritornare al tavolo delle trattative.

Sarebbe uno scenario che calza a pennello con istituzioni così restìe a decidere alcunché, anche se così facendo entrambe le parti si prendono importanti rischi: Tsipras potrebbe essere sgambettato politicamente da un esito elettorale imprevisto, mentre la ex-Trojka potrebbe ritrovarsi un interlocutore comunque inamovibile sul punto più caldo: le pensioni.

Il 90% della popolazione greca è contraria ad una riforma della previdenza, ed il 79% è contraria anche alla riduzione di contributi pubblici alle pensioni integrative. Il nuovo mandato elettorale potrebbe rendere più agevole procedere alle privatizzazioni di porti ed aeroporti, forse riuscirebbe a introdurre aliquote IVA più vicine alle richieste di Bruxelles, ma toccare la voce di spesa più grande (e che in prospettiva darà più problemi) resterà difficilissimo.

Ma tanto non è un problema immediato, basta decidere di non decidere…

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

16 Risposte a “Decidere di non decidere”

  1. PAUL KRUGMAN, IN UN RECENTE ARTICOLO SUL NEW YORK TIMES, HA SCRITTO CHE:

    In un certo senso, quello che i difensori della moneta unica dovrebbero maggiormente temere non è una crisi che possa aver luogo quest’anno, ma quello che potrebbe accadere una volta che la Grecia dovesse “cominciare a riprendersi” [ovvero a recuperare competitività e crescita], diventando un modello per le forze anti-sistema presenti in tutto
    il continente.

    AMBROSE EVANS-PRITCHARD HA RECENTEMENTE SCRITTO SUL TELEGRAPH CHE:

    L’euro non ha incrementato la crescita, o fatto convergere le varie economie, o rimosso il dollaro dalla sua posizione di “valuta di riserva mondiale”, o legato spiritualmente fra di loro i paesi dell’UEM. Ed inoltre, coloro che lo hanno rifiutato, come la Gran Bretagna, la Svezia e la Danimarca, non hanno pagato alcun prezzo per essere restati al di fuori [dell’Eurozona].

    Costas Lapavitsas, deputato di Syriza e professore di economia presso l’Università di Londra, pensa che la nuova dracma precipiterebbe del 50% contro l’euro, per poi risalire e stabilizzarsi intorno al 20% al di sotto dei livelli attuali. Il trauma finirebbe in sei mesi. “La Grecia crescerebbe al tasso del 5% annuo, e continuerebbe a crescere per altri cinque anni”, egli ha detto.

    “I primi mesi sarebbero assolutamente caotici, ma poi i soldi tornerebbero. Gli “hedge funds” invaderebbero la Grecia per acquistare beni a basso costo”, egli ha detto. E’ accaduto in Messico dopo la “Tequila Crisis”, ma anche in Asia orientale, dopo il crollo valutario del 1998. Il modello è ben noto a chi segue i mercati emergenti. “A nostro avviso la Grecia, economicamente, starebbe probabilmente meglio fuori dall’euro, tranne che nel brevissimo periodo e fintanto che perseguirà delle politiche sensate”.

    Se è vero che un default all’interno dell’UEM è pur sempre teoricamente possibile, la Grecia, però, sarebbe certamente costretta ad imporre controlli sui capitali, a nazionalizzare le banche e a creare un proprio “prestatore di ultima istanza”. Tutto ciò si trasformerebbe in un Grexit a breve scadenza.

    I prestiti rifilati ai contribuenti greci, quindi, potrebbero essere interpretati alla stregua di un
    “odious debt”, secondo il diritto internazionale [http://it.wikipedia.org/wiki/Debito_odioso]. Le politiche della Troika sono evidentemente fallite.

    Gabriel Sterne [Oxford Economics] ha detto che il leader greco potrebbe già aver concluso che ha più da perdere a tradire le sue principali promesse elettorali, che a tener duro precipitando il paese nel Grexit. Ma deve convincere il suo popolo che la rottura è stata una forzatura compiuta dall’UE.

    CONCLUSIONE?

    Il timore più forte per le élites europee è che l’economia greca, uscendo dall’euro, possa riprendere (e al riguardo c’è chi nutre pochi dubbi, a leggere sopra), dimostrando la nocività dell’euro. Come andrà a finire? Non lo so. Lo stesso Evans-Pritchard ha scritto che: “””Com’è che la situazione andrà a svilupparsi nessuno lo sa. Paddy Power [società di scommesse] ha messo alla pari la probabilità che la Grecia adotti una moneta propria
    entro la fine del 2017”””.

  2. Franco, Costas Lapavitsas è un marxista convinto….facciamogli fare sta neodracma neocomunista suvvia… così passiamo dal comunismo da docenti stipendiati da prestigiose università occidentali, al comunismo lacrime e sangue dela realtà e alla gente che se non vede risultati ti brucia la macchina nuova.

    Se funziona lo si fa pure noi, se non funziona magari no.

  3. Salve Sakura, come va? Lei certamente saprà chi è stato Leo Strauss. Nonostante lo detesti profondamente, per cercare di spiegarmi citerò una sua espressione, la “Reductio ad Hitlerum”.

    Copio-incollo da Wikipedia: “””La reductio ad Hitlerum è un’espressione ironica che designa, sotto forma di falsa citazione latina, una tattica oratoria mirante a squalificare un interlocutore comparandolo ad Adolf Hitler o al Partito Nazista. Questa mossa polemica, basata su una fallacia logica riconducibile alla tipologia dell’argumentum ad hominem, può ottenere l’effetto di escludere la persona coinvolta dal campo politico o sociale evitando ogni dibattito di sostanza con questi”””.

    Visto che la citazione è di un deputato di sinistra, lei mi cambia “Partito Nazista” con “Partito Comunista” ed il gioco è fatto. Ci inventiamo il neologismo “Reductio ad Stalinorum” ed allora, se una cosa l’ha detta Costas Lapavitsas, che è un deputato di sinistra (suvvia, di comunista non c’è rimasto più nemmeno Fidel Castro), non può essere
    che una cavolata.

    Non sarebbe stato meglio se lei fosse restato sul tema, ed avesse espresso un’opinione sulle sue dichiarazioni, invece di ricordarci che è un deputato di sinistra? Anche
    Krugman ed Evans-Pritchard sono dei vetero comunisti? Il New York Times ed il
    Telegraph sono per caso le versioni moderne della vecchia Pravda?

    Visto che in questo sito, come dire, gioco in trasferta, appena posso mi esprimo attraverso delle citazioni, proprio per evitare le “Reductio” etc., evidentemente senza riuscirci.

    Conclusione? Non ho capito quello che lei vuole dire. E’ d’accordo o meno con PK e AEP? E se non lo è, mi argomenta, please?

  4. A me sembra un azzardo che alcuni analisti scrivano che Svezia e Danimarca sarebbero esenti dai problemi dell’euro. Le loroeconpmie sono strettamente interrelate alle nostre e la dimostrazione più evidente ne è laloro politica monetaria, l’inflazione, il cambio e il pil.
    Sia la banca centrale svedese che quella danese hanno tagliato i tassi, e pure di più dekla BCE, portandosi prima di questa in territorio negativo (con tutto ciò che questo significain termini di peso imposto sui risparmiatori e sui rispettivi fondi pensione, che non sono pochi dato il loro welfare); entrambe stanno soffrendo o hanno sofferto di un periodo di deflazione durato qualche mese, e in ogni caso sono ben sotto il loro target di inflazione fin da fine 2012.
    Le loro valute rimangono nella banda decisa verso euro ma solo per le decisioni di politica monetaria, e senza un QE nazionale rischiano di apprezzarsi ulteriormente strozzando il canale estero.
    La Svezia poi ha anche avuto puntatine sotto zero per l’andamento del pil.
    Insomma, magari non sono la Grecia, o la Spagna, ma assomigliano molto alla piega (poco simpatica) che sta prendendo la Germania e la Francia.
    Discorso diverso l’UK, che però è soprattutto un centro finanziario mondiale, e che non esporta granchè altro. Riprova ne è che malgrado la svalutazione della sterlina, il contributo del canale estero è negativo (marshall-lerner non ammette sconti a nessuno).
    Il loro mercato immobiliare è oggetto di una bolla edilizia e creditizia preoccupante, e il livello del debito privato e del bilancio della banca di inghilterra sono su livelli multipli del pil.
    Insomma, il mondo europeo è interrelato e la gallina dalle uova d’oro si è estinta.
    In merito alla Grecia, invece, condivido l’analisi sull’overshooting di cambio a -50% per poi tornare su un -20%/-30%, ma non accolgo l’ipotesi sui tempi prospettati.
    Lei conoscerà certamente sia Dornbusch che la teoria della PPP (purchase power parity): la feroce svalutazione nel breve è overshooting alla dornbusch, la rivalutazione sul medio è dovuta in particolar modo alla deflazione in atto nel paese che fa apprezzare il cambio reale.
    Insomma avremmo una situazione così: moneta svalutata in un paese che dipende molto dalleimpprtazioni (ricordiamoci sempre che la condizione di marshall lerner non è scontata), quindi maggiori cosri soprattutto per enrgia e materie prime, alimentari compresi; deflazione dovuta al crollo di consumi e al depauperamento della ricchezza privata; crollo degli investimenti, in una economia peraltro a trazione prevalentemente pubblica, caratterizzata da pocheindustri grandi (navi, con molti benefita fiscali, per giunta… e turismo) e un insieme piccolo e atomizzato di microimprese già all’affanno.
    Se escono dall’euro, l’unica alternativa è monetizzare la spesa pubblica perchè per far ripartire i onsumi ne sevirà molta. Sfortunatamente non esiste la gallina eccetera: il debito pubblico schizzerà e la fiducia dei mercatisarà nuovamente messa alla prova. La volatilità non diminuirà e come al solito la ripresa della fiducia dei mercti sarà lasciata a qualche dato macro che di per sè vo.esse crescere…con le buone o on le cattive.
    L’ulteriore distruzione di ricchezza sarebbe all’angolo perchè il governo avrebbe comeobiettivo alzare le attese di inflazione, per far almeno in parte ripartire i consumi) ma senza una redistribuzione della ricchezza (impossibile finchè il pil reale non riparte sostenuto) il peso dell’aggiustamento sarà sulle spalle dei contribuenti.
    Il pil reale ripartirà, e più dell’inflazione?
    Io ho imiei dubbi e il motivo è scritto sopra. Ci vorrebbero anni, non mesi per vedere risultati.
    Saluti.

    1. Per un errore di battitura (e non è il solo…scusate) è uscito “apprezzare il cambio reale”.
      Volevo bensì scrivere “deprezzare il cambio reale”.

  5. La sua obiezione è assolutamente corretta. Da un lato l’inevitabile default (il debito greco è stato riconvertito pressoché integralmente in Sterline. Ci sarebbe un haircut di almeno i 2/3, come nel periodo fra le due guerre), e gli intuibili problemi dal lato delle importazioni (che lei giustamente ci ricorda essere anelastiche, per di più con una moneta svalutata).

    D’altra parte, nello stesso articolo di Ambrose Evans-Pritchard (http://www.telegraph.co.uk/finance/comment/ambroseevans_pritchard/11650240/Europe-has-no-choice-it-has-to-save-Greece.html, ma gira anche una versione in italiano), viene citato uno studio parecchio importante [http://mpra.ub.unimuenchen.de/35413/1/MARIOLIS_and_KATSINOS_RETURN_TO_DEVALUED_DRACHMA_COSTPUSH_INFLATION_AND_INTERNATIONAL_COMPETITIVENESS.pdf], il quale sostiene che l’inflazione non dovrebbe infiammarsi. Mentre sarebbe
    inevitabile (ci sono precedenti) un ritorno in Grecia dei capitali fuoriusciti, ma anche di quelli genericamente “a caccia” di buoni affari. Turismo e cantrieristica, servizi legati alla posizione strategica del paese etc. dovrebbero ricevere, come lei ha correttamente ricordato, una spinta importante. Francamente non lo so quale sarà la risultante di queste due spinte fra loro divergenti. Ma lostudio di cui sopra è abbastanza ottimista (sarebbe bene tradurlo, ma chi ce l’ha il tempo?).

    Sul merito della questione, comunque, una cosa veramente importante è stata scritta nella conclusione dell’articolo di AEP, che per me sarebbe da conservare:

    “””Che un ritorno alla dracma possa finire o meno con la rovina della Grecia, dipenderà molto dalle politiche post-Grexit degli stessi poteri dell’Unione Monetaria. Potrebbero scegliere di stabilizzare il tasso di cambio e il sistema bancario greco, o potrebbero far peggiorare le cose.

    Certo è che, se [i paesi creditori] dovessero cercare di ostacolare deliberatamente la ripresa in Grecia – per ripicca o per avvertire tutti gli altri paesi che l’uscita dell’UEM porta
    ineluttabilmente verso il disastro – essi distruggerebbero al contempo la credibilità morale di tutta l’Unione Europea e metterebbero in moto il crollo del progetto europeo”””.

    Staremo a vedere. Ma quando le attuali politiche di austerity hanno portato questo paese alla fame (restai sconvolto da un reportage in cui appresi che i bambini, la mattina, cadono dai banchi perché il giorno prima non hanno mangiato, o che negli ospedali mancano finanche le siringhe), cos’altro resta alla popolazione? Cos’altro resta a Syriza? Se proprio si deve crepare, credo che sia giusto che almeno ci si provi a fare qualcosa d’altro.

    1. Il ritorno dei capitali mi pare tanto un altro moderno Leviatano di cui occorrerebbe prendere prima le misure e poi esibirlo come esempio.
      Tutto il nuovo pensiero economico si fonda sulle aspettative razionali, sia che uno sia un nuovo macroeconomista classico oppure un neo keynesiano.
      Le nuove funzioni di consumo dipendono dalle attese sui tassi di interesse reali futuri (chiaro l’effetto sostituzione versus la precedente versione dell’effetto reddito), intesi come differenza dei futuri tassi nominali meno l’inflazione attesa, il tutto sommato ad una funzione che consideri quali variabili la ricchezza, i salari previsti nel breve periodo e ad libitum anche fattori demografici. Ma a sua volta la ricchezza è funzione delle attese di inflazione e anche dalle attese di cambio (più inflazione meno ricchezza, specie se investita in tassi fissi; più si svaluta il cambio meno c’è propensione ad investimenti sull’estero per timore di capital gain losses).
      Per questo motivo (attese al rialzo per inflazione e svalutazionedel cambio) sarei cauto nel pensare che i capitali (ora denominati all’estero ineuro o dollari) possano tornare in grecia (sotto forma di Nuova Dracma) tranquilli di non vedersi depauperare a livello reale oppure di vedersi limitati nelle scelte di investimento da un cambio bizzoso e sempre in timore di deprezzarsi.
      Accadrà che tornono: ma penso che accadrà quando saranno rimaste le macerie e la situazione sui mercati si farà meno vo.atile, e come si dice, ci si potrà solo rimboccare le maniche e ricostruire.
      A quel punto saranno un beneficio questi capitali, e faranno la fortuna di alcuni, spero molti, che compreranno a prezzi stracciati.
      Ma il povero Stavros, cittadino medio greco, sarà sul lastrico a quell’ora.

  6. Meno dotte citazioni di docenti Universitari caro Franco, evidentemente affetti da Feltrinellium. Il Feltrinellium è un pericoloso batterio di cui si ammalano i docenti stipendiati in dollari o sterline a pacchi da 10.000 al mese nelle Università USA e UK e che descrivono mondi interessantissimi e magari anche desiderabili (non sono ironico). Sarei tuttavia più aristotelico: più esperienze dirette e meno carta stampata. Prendano detti docenti il timone della nave e facciano la neodracma, attuino il programma di Syriza come promesso agli elettori, continuino ad assumere dipendenti pubblici ed a non riformare il sistema pensionistico, a non tassare gli armatori (in Grecia….) mantenendo ovviamente spese militari fra le più alte al mondo in proporzione al PIL e livelli di corruzione che sono leggendari.

    Sono stanco di ricette di economisti. Si buttino nell’agone e cucinino i loro piatti, basta chiacchiere. Naturalmente mi auguro che in caso di neodracma, nessuno si prenda la miope briga di “fargliela pagare”.

    http://www.ilpost.it/2013/01/08/spese-militari-grecia/

    http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2013-12-03/corruzione-grecia-peggiore-d-europa-italia-migliora-lievemente-nesso-la-crisi-economica-112509.shtml?uuid=ABS46Xh

    http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/23/armatori-greci-casta-esentasse-interessi-spaziano-dal-calcio-media/1448685/

  7. Carissimo Sakura, cosa posso risponderle, se non ricorrendo alle mie solite citazioni? Questa volta di Greg Palast. E’ un noto giornalista investigativo americano (in Italia, però, è poco conosciuto). In un articolo in cui se la prendeva con Syriza perché, a suo parere – e contrariamente alle opinioni di Tsipras (sul quale nutre molti dubbi, ma da una posizione opposta alla sua) – è impossibile porre fine all’austerità all’interno dell’Eurozona, e che quindi dovesse piantarla di tergiversare ed uscire di gran carriera dall’euro, rivelò una cosa a mio parere molto importante.

    All’intervistatore che gli chiedeva:

    “””Parliamo della storia dell’euro. Lei ci ha già detto, nell’ambito di interviste e articoli del
    passato, che sapeva chi fosse il fondatore dell’euro, ovvero l’economista Robert Mundell. Ci racconti quale visione economica del mondo egli avesse, ed inoltre quali fossero le sue opinioni nel dar vita all’idea della moneta comune europea”””.

    Egli così rispose:

    “””Mundell ha insegnato alla Columbia University e ha anche vinto un Premio Nobel per i suoi studi sulla moneta. Quello che è interessante è che egli lo ha vinto per la teoria sulle
    “Aree Valutarie Ottimali” [AVO], ovvero che le nazioni possono costituirsi in “Unioni Monetarie” solo quando hanno delle economie simili.

    [ ….. ]

    Egli credeva, in altre parole, che un’area monetaria come quella che dovesse comprendere, ad esempio, la Germania insieme alla Francia e alla Spagna, fosse una cosa semplicemente ridicola. Si trattava, in effetti, di una violazione della sua teoria, grazie alla quale aveva vinto il Premio Nobel.

    Perché è una questione così importante? Perché si tratta della stessa persona che ha inventato, si potrebbe dire, la moneta unica, che egli ha chiamato “euro(pa)”: ovvero che ci deve essere una valuta unica per tutta l’Europa, e che sia maledetta la teoria delle
    “Aree Valutarie Ottimali”.

    Ed allora, perché mai qualcuno dovrebbe consigliare una valuta che è esattamente il contrario di tutto quello che ha insegnato? Ho parlato con Mundell. Egli mi ha detto che la
    questione non ha niente a che vedere con la creazione di una buona valuta. E’ una vicenda che ha a che fare, invece, con il cambiamento della politica in Europa.

    Egli era molto, molto di destra. E’ stato il creatore di un’altra teoria economica che non gli ha fatto guadagnare, però, un altro Premio Nobel: è stata chiamata “economia voodoo”, ovvero la “supply-side economics” [3]. Più tagliate le tasse, maggiori saranno le entrate fiscali. Più deregolamentate l’economia, più prospera sarà la vostra economia e, se deregolamentate le banche, ci saranno meno rischi nel sistema bancario.

    Tutti questi sistemi “dal lato dell’offerta”, che noi chiamiamo “Thatcher Economics” o “Reaganomics”, dopo Ronald Reagan sono stati completamente screditati, ed infine chiamati “economia voodoo”. Eppure è proprio questo ciò che l’euro rappresenta. Uno
    strumento dell’”economia voodoo”.

    Avendo una moneta unica per tutta l’Europa, con essa abbiamo anche un solo regolamento – non dimenticate che, insieme all’euro, è venuta la regola secondo cui non si può avere un deficit maggiore del 3%, e un debito maggiore del 60%, rispetto al prodotto interno lordo [Pil]. Questo significa che nessuna nazione, non avendo una valuta propria, ha alcun controllo sulla politica monetaria e fiscale, sui tassi di cambio etc.

    In sostanza, si perde completamente il controllo sul sistema finanziario ed egli [Mundell], in effetti, mi ha detto che: “esso viene liberato dall’ingerenza dei parlamenti, dei congressi e dei governi … viene loro impedito di giocare con la politica fiscale ed economica”.

    Quello che voleva dire è che la democrazia è di ostacolo ad una buona economia. Ed allora, cosa succede quando ci si sbarazza della democrazia? Mundell sostiene che: “Questo lascia al governo una sola scelta”, ovvero l’unica che ha a disposizione quando
    c’è una crisi come quella attuale.

    Quando c’è una crisi, i governi devono eliminare il potere sindacale e i regolamenti, devono privatizzare le industrie, le società elettriche e le aziende per la fornitura dell’acqua, perché hanno bisogno di soldi per pagare i debiti. Eliminando il potere del
    governo, dei sindacati e della classe lavoratrice, i salari non potranno che essere ridotti. Al fine di mantenere l’occupazione, i governi permettono ai salari di cadere e ai regolamenti di morire.

    In altre parole questa crisi, nei termini di Mundell, è quello che egli aveva previsto e che era stato pianificato dai creatori dell’euro. La crisi non è che una parte del piano alla base dell’euro e dovrebbe causare un riallineamento nel rapporto fra imprese e lavoro in Europa, ed inoltre la distruzione dello stato sociale. E questo è esattamente ciò che è successo. Quello che stiamo vedendo, con il crollo delle economie dell’Europa meridionale – Grecia, Spagna e Portogallo – non è che una parte del piano sottostante all’euro.

    La crisi non è stata un errore, un qualcosa che hanno cercato di evitare. E’ quello che volevano accadesse per generare un riallineamento del potere politico e la fine dello
    stato sociale europeo. Fra l’altro, la fine dello “stato sociale europeo” generata da una crisi non è che una citazione tratta dallo stesso Mundell. Questo è esattamente quello che egli mi ha detto e che ho registrato su nastro”””.

    §§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§

    Chissà che, prima o poi, non riesca ad indurle qualche riflessione su queste considerazioni. Come poscritto finale, il fatto che in Grecia (e in tutti gli altri paesi che soffrono conseguentemente all’introduzione dell’euro) la maggioranza non amplissima della popolazione è contraria all’uscita dall’euro, è dovuto palesemente alla paura. Che
    non è per definizione una cosa razionale. Paura indotta dai media, tutti largamente schierati in favore di questa tesi. Chi è contrario non ha praticamente spazio nella comunicazione di massa. Ad esempio, lo sa che nei talk shaw della RAI è stata vietata la presenza di Alberto Bagnai? Lo può trovare, qualche volta, solo sulle reti Mediaset (la notizia mi è stata rivelata da fonte abbastanza sicura, ma non posso ovviamente rivelarla. La prenda quindi con beneficio d’inventario).

    Ci risentiamo alla prossima polemica (ho l’impressione di abusare po’ troppo dello spazio del sito).

  8. Ciao Andrea, anche se si sono rarefatte le discussioni passo sempre da qua perché so che la lucidità e la capacità di approfondimento non ti mancano e posso sempre provare a trarne qualche spunto.
    Sulla questione greca che-non da sola- è ormai il discrimen della attuale congiuntura economica europea sto cominciando a farmi un idea.
    Ho seguito il dibattito tra te e il commentatore sotto, cui in verità hai dato poche sponde; la tua posizione è arcinota (sintetizzando: europeista), l’amico o troll del caso viceversa vede l’euro come una palla al piede.
    I sofismi sulla teoria dei giochi e il dilemma del prigioniero mi suscitano interesse più o meno pari a zero; in generale, condivido l’idea che “buttare il cappello per aria” significhi in buona sostanza che dal giorno dopo in sostanza il settore pubblico sparisce. Niente più pensioni, niente più ospedali e scuole, niente più dipendenti pubblici. Il settore privato ovviamente soffrirebbe clamorosamente uno shock simile, e per un certo numero di anni (tre, quattro, cinque..) senz’altro ci sarebbe più miseria per tutti.
    Ma dopo?
    Se restiamo nell’euro mi pare che le giovani generazioni debbano continuare a sopportare il fardello di un settore statale ipertrofico (stipendi + pensioni); se si resettasse questa voce di spesa il settore privato potrebbe tra qualche anno trarne dei benefici, e gli under quaranta cominciare ad avere una qualche idea di futuro che oggi non c’è (e qui la teoria dell’amico forse non dice il falso).
    Il default non farebbe forse il lavoro della troika in maniera più rapida e definitiva?
    Per assurdo il grexit forse porterebbe ai risultati auspicati da Andrea (riforme), mentre l’accordo terrebbe in piedi il carrozzone che piace ai populisti che vogliono la botte piena (spesa pubblica e pensioni) e la moglie ubriaca (niente austerity e poche riforme).
    Se così fosse quasi quasi comincerei a mettere sul tavolo l’idea del default, e non solo per i greci…

  9. Sintetizzando il mio antico pallino resta quello del divario generazionale, ultrasessantenni che hanno avuto tutto (lavoro, casa, servizi, pensioni) ed under -a scalare dai cinquanta in giù- sempre meno.. Non è che il default sarebbe il default dei vecchi con 500 mila e di Bot in banca e tre case in favore dei giovani con i contrattini alla Jovanotti?
    Questo è il tarlo che comincia a scavare dentro di me…

    1. Marco, innanzitutto grazie per gli spunti (oltre che per il riconoscimento di lucidità).
      Sono d’accordo che potrebbe cambiare la via ma non la destinazione: un default + grexit accelererebbe certi processi (il che sarebbe un bel paradosso per chi lo sostiene come via per evitare proprio quei processi…) c’è anche da considerare il dopo: tutti quegli sforzi per restare in quell’eurozona dove hanno fatto carte false per entrare può avere un tipo di senso, farli per poi stare soli e in dipendenza dalle economie estere (ricordo che la Grecia non ha una industria di esportazione e non ha autosufficienza finanziaria) direi che avrebbe un senso molto diverso.

      Quanto al divario giovani-vecchi torno a sottolineare un fatto:
      1) La Grecia è il paese europeo con la più alta spesa pensionistica rispetto al PIL.
      2) La Grecia è tra i paesi a più alto tasso di ultra65enni nella popolazione
      3) la Grecia è tra i paesi che spendono meno per le pensioni agli ultra 65enni

      Ovvero: tutta quella grande spesa, la più alta d’Europa, non è per i tanti vecchi, ma per i (relativamente) pochi giovani. Un paese di baby-pensionati.
      Fare grexit e default sul debito (che le Istituzioni sono disponibili a rendere perpetuo…) per pretendere di poter continuare ad avere un deficit (che per sua natura sarebbe rapidamente crescente) assomiglia molto più al populismo che al buon senso, alla democrazia (quella vera) ed al rispetto.

      Chiudo con una riflessione politica: la tenacia con cui mi ostino a respingere opzioni populiste, al di là dell’applicazione del buon senso sui risultati effettivi dal punto di vista finanziario, è anche figlia di un insegnamento che viene dalla Storia. Lasciar prevalere i populismi non si è mai abbinato alle pagine più edificanti della storia umana.

      1. Sì, come darti torto.. è che parlare di atteggiamenti responsabili è sempre più faticoso a tutti i livelli, le chance offerte dal periodo Monti -che, a proposito, oggi viene rievocato in maniera bipartisan solo come un nemico del popolo- sembrano ormai definitivamente svanite, tra promesse di 80 euro, slides, riforme da +0,10 di PIL da un lato e ruspe brandite come vessilli dall’altro..
        Perchè continuare a tirare la cinghia, a dannarsi per la puerilità delle masse e dei loro capopolo che si rifiutano di assumere e somministrare la necessaria medicina?
        Che tornino pure i fascisti e dittatori, se è questo che vogliamo.. ho paura che la possibilità di cambiare ce la siamo giocata con hard-tweetter Matthew (ricordi i miei warning in proposito su BA?), chissà se ne avremo altre in futuro..

  10. Mi son trovato casualmente a rileggere questo articolo e solo in questo momento, con notevole ritardo, ho letto un’affermazione del Sig. Marco nei miei riguardi, che mi da dell’amico fra virgolette e del troll.

    Ebbene no, io non sono né un “amico” né un troll. Troll è colui che interagisce con gli altri tramite messaggi provocatori, irritanti, fuori tema o semplicemente senza senso, con l’obiettivo di disturbare la comunicazione ed impedire un dibattito serio. Proprio per evitare queste “accuse”, conscio di “giocare fuori casa”, non intervengo se non con citazioni di persone molto note, a volte premi Nobels.

    Nell’ambito di questo stesso articolo, a titolo d’esempio, ho avuto un dibattito direi serio e corretto con i Sigg. Sakura e Beneathsurface, citando le tesi di noti giornalisti ed economisti – Krugman, Evans-Pritchard, Palast – espresse su quotidiani a diffusione globale, come il Telegraph o il New York Times. Perché, quindi, sarei un troll? Per favore!

    PS: Per stanchezza, credetemi, e solo per questa, non intervengo sull’oggetto della vostra tesi. Mi arrendo, avete vinto voi. Ammazziamo tutti gli ultrasessantacinquenni della Grecia, e avremo risolto il problema.

    1. Salve, per chiarimento il termine “amico” non era ironico soltanto confidenziale per instaurare un dialogo, sul troll (amico o troll ho scritto) mi sono lasciato un dubbio visto che avevo notato una ripetitività dei messaggi e un certo grado di provocazione; in precedenti esperienze di questo blogger (Andrea) abbiamo vissuto la convivenza con altri personaggi che amavano la contrapposizione a volte fine a se stessa, mi son chiesto se lei non potesse rappresentare la “riedizione” di un certo modo di partecipare al blog.

      I sessantacinquenni Greci in realtà mi restano anche simpatici ho dei bei ricordi giovanili del popolo greco, poi ci ha spiegato Andrea che costano anche poco.. sa qui’ si bada al sodo.. eventualmente son più gli italiani che mi rimangon pesi, i presunti “moderati” che pensano di aver fatto l’Italia ma forse han solo dato una mano a distruggerla secondo la collaudata tecnica del “chiagni e fotti”.

    2. Gentile Franco,
      Suppongo di aver peccato di chiarezza: gli ultrasessantacinquenni greci pur essendo numericamente tanti, in rapporto alla popolazione rispetto alle medie degli altri paesi europei, hanno un impatto sul sistema pensionistico ellenico molto contenuto, tra i più bassi dell’eurozona.
      Poiché detto sistema pensionistico è di gran lunga il più caro, rispetto al PIL, di tutto il Vecchio Continente, la deduzione logica è che a costare tanto, troppo, siano i (relativamente pochi) giovani non gli ultrasessantacinquenni.
      Un paese che consente troppo facilmente reversibilità e pensionamenti rapidi si mette in casa dei costi ricorrenti e crescenti, che ricadono sulle generazioni future. Può pagarli nella moneta che preferisce ma che siano costi ricorrenti e crescenti è ineludibile.
      Del monte di debito greco (ricordiamo che il PIL della Grecia vale meno del PIL dell’area metropolitana di Milano) le Istituzioni sono anche pronte a far un bel pacchetto e renderlo tutto perpetuo. Irredimibile. Quello che non si è disposti a fare è mettersi nelle condizioni di chiudere gli occhi sul debito accumulato senza pretendere di aggiustare situazioni che, diversamente, vedrebbero la Grecia tornare col cappello in mano fra 2-3 anni con l’arma del ricatto “facciamo partire un effetto domino creando un precedente”.

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