Le indagini sulla banca Popolare di Vicenza potrebbero presto consegnarci una nuova banca da “salvare” ed una lista di correntisti da tutelare. Il conto della contribuzione al Fondo di tutela depositi potrebbe quindi salire ancora (si parla, per ora, di 600 mln€ per Banca Intesa e in proporzione, a cascata, per tutte le altre), perché sulla graticola ci sono i correntisti di Cassa Marche e della Popolare Etruria e Lazio. e non sappiamo quanto siano serene le notti dei clienti di MontePaschi e Carige.
Il tutto mentre sono in arrivo altre novità.
I depositi in conto corrente reclamano sempre più un ruolo da protagonisti. Ricordate i guai che hanno portato a Cipro? Le banche della soleggiata isola del Mediterraneo offrivano tassi allettanti per richiamare capitali, che poi investivano prevalentemente in titoli greci per riuscire a riconoscere quei rendimenti. Finché… beh, dai, lo sapete.
Nel nuovo pacchetto di regole bancarie che prende il nome di Basilea 3 verranno introdotte delle interessanti novità, che genereranno qualche scossone. Basilea 3 è un accordo fra supervisori, non un vero regolamento, non è fatto rispettare da alcuna autorità globale, ogni paese decide quali regole applicare sulla propria giurisdizione, ancorché c’è molta pressione per una applicazione omogenea.
In particolare viene posta attenzione, in questa terza edizione, alla definizione e al contenimento del “rischio liquidità“. Per riuscirci, vengono introdotti il Liquidity Coverage Ratio (LCR) per contenere le dispersioni di capitale nel breve termine ed il Net Stable Funding Ratio (NSFR) per evitare la “vendita all’ingrosso” di depositi in conto corrente. E qui la strada per le banche viene disseminata di nuovi, e scomodi, dossi.
I conti correnti verranno divisi in due categorie:
- operativi
- non-operativi
I primi sono i conti ordinari, quelli su cui transitano le bollette, gli accrediti di stipendi e pensioni, l’operatività in titoli e fondi, ecc. I secondi sono quei conti a tasso promozionale che le banche offrono generalmente con una durata prefissata (tasso 1% per 12 mesi, tanto per fare un esempio). L’intenzione del regolamento è quella di prevenire il rischio di far insorgere situazioni in cui siano necessario “salvare” una banca, per questa ragione i conti non-operativi verranno classificati come conti “a rischio” per la banca: tipicamente al termine del periodo promozionale il correntista sposterà i soldi presso un altro istituto alla ricerca di una nuova campagna promozionale. Sono depositi, quindi, su cui la banca non dovrà far conto nel momento in cui vorrà fare leva sui mercati, tanto per cominciare.
Ma c’è dell’altro: quei depositi su conti non-operativi, che per loro natura sono a maggior rischio di essere prelevati, dovranno essere adeguatamente coperti dalle banche comprando dei titoli che garantiscano la capacità patrimoniale della banca a fronteggiare la loro dipartita. Le banche, quindi, dovrebbero comprare un congruo quantitativo di high-quality liquid assets (HQLA), diciamo titoli di Stato, per tutelarsi dal rischio di prelievo dei depositi.
Ma quale banca offrirebbe conti a tassi promozionali se poi con il capitale raccolto fosse costretta a comprare titoli a rendimento prossimo a 0?
E non pensate solo ai conti e ai depositi dei risparmiatori, ma soprattutto ai grossi depositi non-operativi detenuti dalle tesorerie delle imprese, che si ritroveranno stimolati a spostarsi su altre forme di remunerazione del capitale. JPMorgan Chase ha stilato un breve riassunto per i suoi clienti in cui spiega chiaramente che il business dei conti correnti a tassi promozionali diventerà presto un costo per la banca, uno sgradito ostacolo.
Tutto dovrà risolversi prima che le politiche monetarie espansive vengano abbandonate: la risalita dei tassi farebbe svalutare gli HQLA aumentando la dimensione del problema per le banche. E per le banche americane il tempo rimasto sembra poco: la Fed è pronta ad alzare i tassi in uno dei prossimi meeting (ottobre? dicembre? inizio 2016?), e forse adesso diventa più chiaro perché da maggio 2013 la Fed dichiara di voler “normalizzare” la propria politica monetaria e poi ogni volta cerchi una ragione per non farlo. Non ancora.