Greferendum: E se dicono di no?

Il primo ministro Alexis Tsipras ha abbandonato il tavolo dei negoziati, ritenendo inaccettabili le richieste del “gruppo di Bruxelles” ed ha estratto dal cappello un coniglio inatteso: un “Greferendum” popolare sul piano di riforme.

Questo post è “figlio” di una chiacchierata con un’amica con cui sussiste una corrispondenza di rispettosi dissensi: Claudia Vago

Il dubbio di Claudia è probabilmente il dubbio di molti cittadini greci: questo complicato referendum su un pacchetto di riforme è di fatto un referendum sull’euro? votando SI’ si rimane e votando NO ci si ritrova una nuova dracma dal lunedì dopo? Non proprio. Non esistono procedure per “uscire” dall’euro, né i trattati prevedono in alcun modo “l’espulsione” dall’area euro.

Tsipras in forma esplicita suggerisce di votare NO, con il quale dice di voler tornare al tavolo delle trattative da posizioni di maggior forza, ma -sospettiamo- spera finisca con un SI’. Il governo di Atene si è sempre dichiarato “committed to stay in the eurozone” , un accordo coi creditori realizzerebbe l’obiettivo, e attraverso il referendum la responsabilità delle manovre impopolari che ne seguirebbero sarebbe -pilatescamente- altrove.

E’ un pensiero malizioso, che viene dai sondaggi che -a seconda dei casi- oscillano tra un 60% ed un 70% delle preferenze per la permanenza nell’area euro.

E poi, in fondo, sostenendo formalmente il “no” il governo si mette in una posizione win-win: con la vittoria del Sì sarebbe obbligato da un voto popolare a sottoscrivere un pacchetto di riforme senza avere la responsabilità delle conseguenze. Ma… e se poi qualcosa va storto ed i cittadini greci votassero davvero NO?

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Nel caso di un voto negativo FMI ed UE, non trovando disponibilità alle riforme, non concederebbero nuovi finanziamenti alla Grecia, a quel punto avviata verso il default per la data del 20 luglio (data di scadenza bond). Già da oggi, con il mancato pagamento al FMI, Atene è in difficoltà sui 141,9 mld€ concessi dall’EFSF: le clausole prevedono che in caso di insolvenza verso il FMI il capitale sia revocabile istantaneamente.

Il default avrebbe una conseguenza cruciale: la BCE dovrebbe rassegnarsi a dichiarare le banche greche non più solvibili, trovandosi obbligata a richiamare gli 89 mld€ concessi finora attraverso il piano di emergenza ELA. Questo significa che le banche non potranno riaprire il martedì dopo il referendum come annunciato, ma la loro chiusura verrà estesa e con essa verrà prolungato il blocco di ogni pagamento diretto all’estero.

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Con i pagamenti verso l’estero bloccati le pompe di benzina non potranno rifornirsi, né potranno farlo i supermercati. si passerà così rapidamente dal bank run visto in questi ultimi giorni al fuel run e al food run (il quotidiano greco Kathimerini racconta che le vendite nei supermercati stanno già accelerando). Sono le conseguenze di un improvviso effetto rarità di molti beni di primaria necessità.

Non so se vogliamo considerare l’informazione come un bene primario o no, o se le proprie foto caricate su servizi online siano beni primari o no, ma certamente avere giornali esteri sarà molto complicato, sia in formato cartaceo, sia in digitale: sta già accadendo che gli abbonamenti su iTunes, iCloud o GooglePlay si stanno bloccando per i mancati pagamenti. Con tanti saluti a chi aveva messo l’archivio immagini di famiglia nella nuvola

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E’ evidente che questa situazione sarebbe socialmente ingestibile: un cittadino che si ammali deve sperare di avere i contanti in casa per comprarsi le medicine (ammesso che il blocco dei pagamenti verso l’estero non le abbia rese rare e/o carissime), sono episodi vissuti realmente dai cittadini Argentini ai tempi del default, non fantasie della mia mente perversa. Lo Stato greco si troverebbe pertanto costretto a dare ai cittadini la possibilità di convertire i loro conti correnti in una forma di pagamento locale, qualcosa di fungibile, che per essere accettata dovrà avere il supporto dello Stato, rendendola valida per i pagamenti delle imposte e usandola per erogare salari e pensioni. Così avremmo l’embrione di una nuova moneta nazionale, e immediatamente dopo l’esigenza di avere una politica monetaria autonoma, per rifornire le banche di questa nuova forma di denaro, che andrà stampato (coniato) e messo in circolazione.

[tweetthis]La vittoria del NO al #Greferendum porterebbe alla #Grexit involontaria:[/tweetthis]

Per evitare questo scenario lo Stato potrebbe decidere di contravvenire ai trattati europei prendendo il controllo politico della Banca Centrale Greca (sento già lo scroscio di applausi di chi ha la fissa della sovranità), a quel punto potrebbe obbligarla ad erogare euro a privati ed imprese (stiamo parlando di accrediti e transazioni elettroniche, la stampa di € non è un’opzione). Sarebbe una sorta di ribellione normativa che ha dei precedenti storici: accadde durante il processo di disgregazione dell’Unione sovietica e della Yugoslavia all’inizio degli anni ’90. La BCE a questo punto reagirebbe escludendo la Grecia daTarget-2, con l’effetto di separare i pagamenti greci (disconoscendoli per preservare la credibilità di tutti gli altri) da quelli degli altri paesi dell’eurozona. Tutti coloro che avranno un saldo in “€” greci preferiranno a quel punto le banconote (su cui Target-2 non potrebbe agire): ripartirebbe quindi la corsa agli sportelli, la chiusura delle banche e torneremmo al punto precedente con una nuova moneta nazionale.

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Il lunedì dopo il referendum, dunque, in qualunque caso in Grecia ci sarà l’euro. Tuttavia in caso di vittoria del NO si avvierebbe un meccanismo difficile da arrestare e che porterebbe in modo “spontaneo” alla nascita di una forma autonoma di pagamento, che andrebbe a sostituire giocoforza l’euro, portando la Grecia dove né il governo -a quanto dice- né i cittadini -a quanto pare- vogliono andare: fuori dall’eurozona.

Qualcuno tra voi avrà notato che
il titolo del post è una citazione ironica
di un altro amico, con cui pure dissento
frequentemente. Confido nel sense of
humour di Claudio, che tolleri l’ironia.

L’uscita dall’euro da parte della Grecia dopo una vittoria del NO non sarebbe quindi un evento cercato o stabilito nel referendum, ma una sorta di evento accidentale, che arriverebbe a cascata -dopo qualche tempo- in seguito allo scattare progressivo di alcuni ingranaggi che si sono avviati con il mancato pagamento delle scadenze verso il FMI e l’annuncio di un referendum che si rivela essere una costruzione mal concepita in partenza

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Grazie per aver votato!

Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

23 Risposte a “Greferendum: E se dicono di no?”

  1. In un’analisi in gran parte condivisibile un unico vizio: pare che Tsipras (il demagogo Tsipras, a scanso di equivoci) in caso di vittoria sel Sì si farebbe da parte, facendo cadere la tua ventilata accusa di atteggiamento pilatesco e di auspicarsi in realtà un “sì” come esito finale.
    Penso semplicemente che molti greci (Tispras compreso), come molti italiani, ci credano veramente che un “no all’euro delle banche e dei tecnocrati della trojka!” sia la soluzione di tutti i mali, quindi la penso un pò come la Merkel: ci saranno danni per tutti dall’esplosione della piccola galassia greca, dalla Germania financo alla lontana america, ma niente è preferibile alla realtà delle cose e alla libera determinazione delle scelte per quanto avventate e folli.
    Volete fallire? Accomodatevi con un bel “No” al referendum, penso tra un mese le magliette NO EURO di Grillo e Salvini, Le Pen ed altri potenziali fascio-dittatori cominceranno a rimanere chiuse negli scatoloni, e qualcuno magari rivaluterà le figure “alla Monti” fino ad oggi tanto sbertucciate..
    Realisticamente, dispiacerebbe avere la vittima greca ma se a perire sotto i colpi del populismo dev’essere l’intera Europa, forse questo è il male minore..

    1. Grazie della riflessione, Marco. Ti rammento che Syriza gode di un supporto popolare superiore al 40%. Tsipras con un sì sarebbe costretto ad un rimpasto, ma resterebbe protagonista, se non in sella

      1. Mah…in restano in sella al ciuccio ubriaco che si lancia dalla scogliera…non credo.

        Questi due, Tsipras e l’altro con la camiciola, se la danno a gambe ora della fine dell’estate.

        Purtroppo Michaloliakòs, leader dei nazisti (sic!) di Alba Dorata, l’ha pure profeticamente detto a fine 2014…” Vincerà Tsipras…fallirà e poi arriveremo noi”.

        A proposito grazie dell’ospitalità di oggi sul tuo ottimo blog 🙂

    2. Ho cercato, ieri, di postare un commento allo scambio di commenti fra lei e il Sig. Boda a margine dell’articolo “A Danno di Chi”, senza poterci riuscire (ero oltre il terzo commento, seppur nell’ambito di un’altra polemica). Colgo l’occasione per farlo adesso, e per aggiungere qualcosa in coda. Lei ha scritto:

      “””E allora che referendum sia, se vogliono la “dracmina” che si tolgano la sete col prosciutto”””.

      Forse, Sig. Marco, è proprio lei che sta spegnendo la sete con il prosciutto, dopo averlo usato come occhiale, e non se n’è nemmeno accorto. Penso, comunque, che lei sia piuttosto giovane, ed è per questo che, nel sorvolare sull’arroganza nei riguardi di un popolo che soffre, le ricorderei che:

      “””Con la liretta e con le dracmine le persone si compravano la casa (anche la seconda e la terza), facevano studiare i figli, si curavano se stavano male e andavano in pensione con un reddito decente.

      Con l’eurone la disoccupazione reale (compresi gli scoraggiati) è sopra al 25%, la quota-salari sul Pil è nettamente diminuita, non si cresce più (confronti i dati pre e post euro), le persone non riescono più a far studiare i figli (che in compenso,
      quando hanno preso la Laurea, o emigrano o vanno a fare il cameriere nei pubs o
      la telefonista nei call-centers, se va bene), si va in pensione a 67 anni e mezzo (con redditi che saranno meno del 50% di quelli da lavoro) ed in compenso le case, che avevamo acquistato grazie alle lirette e alle dracmine, dobbiamo
      vendercele per sopravvivere, ammesso di trovare qualcuno che le compri (a metà
      prezzo).

      In compenso con l’eurone, che non fa assolutamente rima con il suo nome, abbiamo battuto l’inflazione brutta sporca e cattiva così bene, ma proprio così bene, da essere precipitati nella deflazione, con conseguenze che non debbo star qui a raccontargliele io. Bravo com’è, ci sarà arrivato da solo. Ah, dimenticavo, con l’euro abbiamo marginalizzato il dollaro e battuto la Cina”””.

      Per il resto, in attesa di un eventuale commento un po’ più meditato su questo articolo, vorrei ricordare a tutti lo studio di Andrew Rose (Berkeley) del 2007 (in tempi, quindi, non sospetti), in cui viene dimostrato che i paesi che escono da un’Unione Monetaria diventano sia più ricchi che più democratici https://ideas.repec.org/p/cpr/ceprdp/6254.html.

      Come vede continuo con le mie citazioni e non con le chiacchiere da bar. Questo è un sito d’informazione economica, giusto? Si legga anche cos’ha scritto Stiglitz oggi, http://www.informationclearinghouse.info/article42276.htm,
      oppure Krugman nei giorni scorsi, qui http://www.nytimes.com/2015/06/29/opinion/paul-krugman-greece-over-the-brink.html?rref=collection%2Fcolumn%2Fpaul-krugman
      e qui http://krugman.blogs.nytimes.com/2015/06/27/europes-moment-of-truth/?module=BlogPost-Title&version=Blog%20Main&contentCollection=Opinion&action=Click&pgtype=Blogs&region=Body.

      Mi stia bene. Penso anch’io che vinceranno i “si”. I tempi non sono ancora maturi. Questa povera gente dovrà sbatterci il muso ancora per un po’, come noi italiani del resto, prima di capire che l’euro non è un fatto che riguarda l’economia. Già, ma a chi lo spiego, a lei?

      1. Sfortunatamente non essendo io nè membro nè ricercatore x Repec, l’articolo di A.Rose, citato proprio oggi da Bagnai su Affaritaliani, non è scaricabile gratuitamente. Peccato, perchè l’articolo mi sarebbe interessato dato che in un mio articolo di recente inoltrato a PI riporto i risultati, opposti, di un’altra ricerca.
        Andrea Boda ha la mia mail, se potesse cortesemente inviarmelo Le sarei grato.
        Oppure mi followi su twitter @_beneathsurface che le scrivo direttamente.
        Grazie

        1. Guardi, per essere uno che si è laureato con il regolo calcolatore (nessuno sa più cosa diavolo sia), è già tanto se riesco a navigare su Internet, figurarsi twitter, facebook e via dicendo.

          Le invio comunque questo link: http://faculty.haas.berkeley.edu/arose/exit.pdf
          dove dovrebbe trovarlo. Mi è tornato in mente proprio leggendo Bagnai, questa mattina, ed è da lì che ho tratto il link di cui sopra.

          Ho salvato la sua prima lezione di macroeconomia. Le salverò tutte. Vediamo se ci darà qualche interpretazione originale. Se vuole, chieda pure a Boda la mia e-mail. A risentirla.

          1. Salve Ocnarf, grazie del link nuovo dove ho trovato il pdf. Ora lo leggerò e potrò valutarne le deduzioni.
            In merito agli articoli di storia del pensiero economico, ci tengo a ricordare (come già scrissi nella prefazione del primo) che per ora sono pensati per una “prima infarinatura”.
            Detto questo, mi conosco e so che, se avessi un pensiero o una intuizione originale non esiterei a postarla, quantomeno per vanità 🙂 ….e già nel prossimo articolo ce ne sarà una!
            Spero in ogni caso e in primo luogo di fare un adeguato servizio ai lettori, e di non scrivere inesattezze. In ogni caso ci sono i lettori esperti che mi potranno bacchettare 😉
            Se almeno lei è credente o ha un santo in paradiso, accenda un cero per me e reciti un ave gloria O:-)
            A risentirci

          2. Urca, complimenti!

            Considerando che mio padre si é laureato in ingegneria nel 1964 e il regolo calcolatore lo aveva in casa come ricordo di mio nonno che lo usava negli anni ’20 per fare i calcoli (era disegnatore tecnico)….lei per essersi laureato con tale strumento deve avere su per giú tra i 95 e i 110 anni.

      2. Caro Ocnarf, lei non si accontenta di vincere, vuol fare primiera settebello e scopa!
        Il popolo greco è vicino a liberarsi dall’oppressore, può tornare all’agognata dracma, e lei si confonde a perder tempo qua con degli stolti come me dai giudizi confusi e superficiali, quando non interessati o magari chissà, al soldo di Draghi e della BCE?
        Stia pur sereno, anzi metta in fresco uno spumantino da stappare domenica sera in caso di vittoria del “no”; a me sarà consentito di continuare a dissentire, oppure in nome dei maestri di pensiero che lei continua a citare ci dovremo tutti adeguare alla sua ed alla loro opinione?
        In fondo poi la pensiamo alla stessa maniera, anch’io son favorevole al referendum, così poi sarà la realtà stessa a dirci chi sono gli arroganti con il popolo greco, se io e i tecnocrati della BCE o gli spacciatori di illusioni alla Tsipras con qualche cattedratico di New York “amico del pueblo”, beninteso, sempre con il didietro ben al caldo e i conti correnti su banche ben diverse da quelle (chiuse da quattro giorni) greche, però.
        Mi stia bene e si riguardi alla sua età con questo caldo, io che sono giovane invece di notte esco e me la spasso, finché la permanenza nel’euro me lo consente..

        1. Infatti io continuo a ripetere a certa gente:
          Ma i vari Stiglitz e soci se credono alle strampalate teorie che sostengono…come mai nessuno di loro si é trasferito in Grecia o ha spostato fette del loro (ampio) patrimonio in una bella banca Greca?

          Suvvia, e che diamine!

          Dimostrino nerbo e convinzione, si sa che i veri geni provano le loro invenzioni e teorie su se stessi.

          Stiglitz e gli altri 3-4 tromboni (su una comunità complessiva di milioni di economisti e varie dozzine di premi Nobel viventi) perché non aprono un bel conto corrente in Alpha Bank e ci versano i loro ameni risparmi?

          Suvvia, e che sarà mai no, stanno in una botte de fero se diventano drakme! 😀

      3. Signor Ocnarf (??).

        Anche in Sierra Leone con i loro Leon (non tutti) si comprano la prima e pure la seconda casetta e fanno studiare i figli.

        La casetta é a Freetown di fianco ad una colossale discarica a cielo aperto su cui vivono mangiando gli scarti 1,2 milioni di disperati in bidonville e i figli per andare nella scuola tutta fatiscente devono camminare un’ora nel fango tra topi ed escrementi umani.

        Vede…bisogna prima capire i cicli e i rapporti monetari.
        La sua affermazione tra l’altro é abbastanza improvvida perché dá ragione a chi la pensa al contrario di lei.

        Mi spiego meglio: le cose che lei magnifica avvenivano negli anni ’70 e ’80 perché l’Italia svalutava arbitrariamente la liretta causando debito pubblico.
        Oggi il sistema, tramite il debito di servizio sul nostro malloppone di debito pubblico, ci sta facendo pagare salate quelle furbate.

        Saluti.

    3. Non soltanto.
      La Grecia ha già avuto un haircut e un reverse buyback del proprio debito pubblico pari a circa il 55,7% (2 “ristrutturazioni” quindi). Una terza proprio non é possibile….a meno che non si voglia far passare a livello globale l’idea che basta protestare e fare referendum per far sparire il debito pubblico.
      Al mondo ci sono nazioni come la Francia, l’Italia, il Giappone o anche gli stessi USA che hanno debiti pubblici nell’ordine dei trilioni di dollari i quali vengono onorati ogni mese gravando sulle spalle dei rispettivi cittadini in termini di debito di servizio.
      Gli USA poi hanno oltre 14 trilioni di dollari di debito e sono contestualmente il paese (di gran lunga) piú forte militarmente al mondo.
      Capisce dove voglio arrivare?
      L’idea che basti protestare o fare referendum (o perché no, fare la voce geossa militarmente dopo aver votato…) non puó passare nelle opinioni pubbliche…altrimenti rischia di diventare contagiosa.
      Verrá impedito.
      Come?
      Semplicemente se vincesse il “NO” scatterebbero gli automatismi descritti nell’articolo e in Grecia sarà una spremuta di sangue che leverà certe “balzane idee” dall’opinione pubblica mondiale (azzerando contestualmente i vari movimenti “no euro”).

      É un pó che lo scrivo altrove, a me sono diversi mesi che pare strano che il sistema si lasci sfuggire l’opportunitá di abbattere il problema trans-Europeo dei vari LePenisti, grillini, leghisti e compagnia cantante semplicemente sacrificando la Grecia (che sta dando una splendida mano, come un ciuccio ubriaco si dirige di corsa verso il proprio infelice destino) ed usando mesi di filmati di risse o peggio in TV e sul web.

  2. Dopo che Tsipras ha parteggiato per il no, sarebbe per lui impossibile
    accettare il Sì senza passare da nuove elezioni politiche. Non avrebbe scelta, rischierebbe di spaccare il paese in malo modo, andando incontro a disordini di piazza serissimi.

    La battaglia ora sta diventando politica e geopolitica non solo economica.

    Tsipras ha un’altra idea d’Europa ed è meglio non trascurare la forza
    delle idee, ben maggiore di qualsiasi convenienza economica.

  3. Articolo, con chiari e scuri.
    Mi permetto di far osservare che in caso di Grexit, come molti economisti hanno fatto osservare, il cerino non rimane solamente ai Greci, ma anche a tutte le banche occidentali.
    Il che, non è di poco conto… qui si fa la disamina sulla Grecia, e sugli effetti del si e del no, ma se allarghiamo la visuale, non solamente su questo stato, ci troviamo che l’occidente (banche) si troverebbero a dover direttamente o indirettamente rispondere dei derivati creati sui titoli di stato Greco, oppure si pensa che chiusi i rapporti con la Grecia, i problemi siano finiti?
    Da calcoli fatti da parte di economisti certamente non di sinistra… come Gerardo Coco, su questi derivati si giocano la bellezza di circa 3,5 Trilioni di Euro.
    Se il pil della Grecia, come ci viene spacciato, è del 2% del pil totale dell’Europa e i debiti ammontano a 350 miliardi di euro, che succede se con i derivati arriviamo a tale cifra?
    Qui non si parla di 2% ma del 20% del pil totale, lo mettiamo come gli altri derivati sotto il tappeto?
    E fino a quando?

    1. Gentile Orazio, benvenuto.
      certamente l’articolo si concentra solo sulla Grecia e sugli effetti nel paese ellenico di un voto negativo al referendum. Come ho già avuto modo di dire in altri momenti ed altri spazi, una delle cose che rendono poco accettabile un referendum su materie tecniche ad una sola settimana di tiro, sta nelle ricadute extra-Grecia del voto stesso.
      L’uscita di Atene dall’€ comporterebbe la smentita delle parole di Mario Draghi che dichiarò l’euro “irreversibile”. Questo significherebbe per i mercati, mettere in discussione la credibilità del presidente della BCE, in tutti i suoi intendimenti, incluso il “whatever it takes” che salvò l’Italia e gli altri paesi periferici nel 2012.
      E’ ipotizzabile che, con un’uscita della Grecia dall’eurozona gli spread possano tornare sulle prime pagine dei giornali, e -mi creda- non è certo un argomento a cui siamo poco sensibili, da queste parti.

      1. Sig. Andrea, stiamo parlando / scrivendo, ma siamo distanti mille anni luce.
        Non devo spiegarLe io, persona ignorante, che il sistema è prossimo al default, e non mi riferisco solamente alla Grecia, attualmente nel “mirino”, ma a tutto il sistema economico monetario che traballa vistosamente.
        Sono d’accordo con Lei quando afferma che ci saranno effetti negativi se il no vincesse, ma questo a mio avviso/osservazione non era nemmeno da arrivarci in quanto era fin troppo chiaro che il sistema in Grecia era ed è al capolinea, a meno che richiedano la “donazione di organi umani” per salvare uno stato di fatto in default.
        Oppure come riporta il sito orizzonte 48, l’osservazione che in base al trattato era possibile operare in altro modo, per uscirne.
        Anche una buona parte di alcuni blog, fanno operazione di convincimento che dall’europa, dalla BCE e dalla Troika non si può o si deve uscirne, in modo + o – velato raccontando disastri a go-go.
        Che si metta in discussione la credibilità di Draghi e di contro alla BCE, e alla Troika, mi rende “felice”, in quanto strozzini patentati.
        Poi per riprendere il discorso degli “spread” che mi lascia stupefatto, in base a quanto Lei afferma, occorre ricordare che la BCE, ha fornito alle banche fondi a tassi irrisori, che di contro non giustifica minimamente nessun aumento di tassi, ne tanto meno un aumento degli spread.
        A meno che la speculazione non agisca, aggiungendo ai costo dei tassi anche quelli della copertura dei CDS, cosa che viene sbandierata ed imputata sul “conto” ma mai fatta.
        Per quanto riguarda i derivati, mi sarebbe piaciuta una sua osservazione che non è giunta.
        Saluti.
        Orazio.

        1. Capisco la sua posizione, ma non la condivido. Mai sentito di strozzini patentati che prestano soldi (attraverso l’acquisto di titoli di Stato con il QE ed i precedenti piani di LTRO e SMP) a tassi di mercato o inferiori, ed in alcuni casi (SMP) rigirano i proventi ottenuti al debitore. Se lei gioisce di un’ipotetica fine della credibilità di Draghi credo stia prendendo alla leggera la cosa, a meno di sperare nel “tanto peggio, tanto meglio”

          1. Mi scusi ma cosa non condivide?
            Che strozzini che inventano i capitali e poi li danno in cambio di beni, non la condivide?
            Di quali proventi parla, che vengono girate ai debitori?
            Qui non si tratta di gioire, ma di guardare senza paraocchi la realtà, o nemmeno questo la aggrada?
            Guardi che quello che Lei parla di QE e i precedenti, sono niente altro che salvataggi di banche o tentativi se si vuol essere molto generosi…. di intervenire in un processo che ormai non può più essere fermato.
            Per finire i derivati, sono li e dalla crisi del 2008, in cui si parlava di derivati pari a 50/60 trilioni di dollari OGGI, siamo a circa 500 trilioni di dollari. Altro che finanza allegra, qui siamo alla disfatta dell’occidente o se va male alla terza guerra mondiale.

  4. Sig. Sandro Bindelli, in lingua spagnola si dice “donde hay confianza hay mierda”, a significare i pericoli insiti nell’accordare eccessiva confidenza a soggetti di preparazione inadeguata. Ma mi arrischio, ricordandole che la presunzione già di per sé è una brutta cosa, quando poi si accompagna all’ignoranza e al razzismo non fa più nemmeno pena, solo un po’ schifo.

    Qualche premessa:

    1 – Ocnarf è il contrario di Franco che, essendo un nome molto comune, rischiava di non essere accettato come nickname. Lei è l’unico lettore che non l’aveva ancora capito.

    2 – Il regolo calcolatore si usava ancora a metà degli anni ’70, quando mi son laureato. Da quel periodo in poi cominciarono ad essere di uso comune i primi piccoli calcolatori da tavolo (facevano le quattro operazioni e le radici quadrate). Mi saluti suo padre, si faccia anche dire quanto ci divertivamo con il Fortran a perforare tutte quelle schede! Dovrei avere una decina d’anni di meno (quanti, con esattezza, sono affari miei).

    3 – Lei sembrerebbe contestare la mia affermazione “con le lirette ci facevamo le case mentre con l’eurone ce le dobbiamo vendere, se troviamo qualcuno che ce le compra”, sostenendo che anche in Africa le persone si fanno le case, magari nelle discariche. Lei dimostra due cose: primo, di essere un lurido razzista (quella povera gente fa quello che
    può), secondo che lei non capisce niente di economia. Contestare il legame “benessere/case di proprietà” significa mancare finanche dell’abc dell’economia, ed anche un po’ del comune buonsenso. Non rispondo al fatto che le mie affermazioni siano
    autolesionistiche e nemmeno al suo riferimento ai cicli economici. Soprattutto perché non ho capito cosa diavolo intendesse dire, considerando che non ho tanta voglia di scoprirlo da solo. Magari sia un po’ più chiaro, la prossima volta, che mi auguro non ci sia.

    4 – Ma la risposta vera e propria la dedico alla cavolata del secolo. L’Italia che faceva le svalutazioni competitive! Solo un piddino o un forzista potrebbe pensarlo (la Bibbia dice che siete numerosi come le stelle). E lei una delle due cose lo è senz’altro. Scusandomi con chi conosce la macroeconomia per le inevitabili semplificazioni (non ho a disposizione 100 pagine), sostengo che:

    Non voglio negare che alcune Banche Centrali, d’accordo fra loro, possano generare sul breve termine una svalutazione competitiva, ma in ogni caso questa non reggerebbe a lungo perché, quando il mercato se ne accorge, ci specula sopra creando le condizioni per un riallineamento.

    Ricorda, per non andare lontano nel tempo, gli SME e gli attacchi alla Sterlina e alla Lira?
    Gli altri paesi, poi, non permetterebbero mai che un competitore, e l’Italia era un grandissimo competitore (4° paese al mondo per produzione industriale!), possa fare “svalutazioni competitive”. Accà nisciun è fess … capito, stupidino?

    E’ vero, comunque, che i Governatori italiani dell’epoca tenevano la Lira leggermente
    sopravvalutata sul Dollaro (usato per l’importazione delle materie prime), e leggermente sottovalutata sulle altre monete europee (usate per gran parte dell’export), ma a livello minimo, quasi inosservabile.

    Le svalutazioni della Lira non erano la conseguenza di una malvagia volontà di migliorare la propria competitività barando sul cambio, ma dei differenziali di inflazione (competitività) che, traducendosi in un deficit delle partite correnti, il mercato correggeva (per non andare lontano, la classica legge della domanda e dell’offerta).

    Quando i tedeschi hanno cominciato a barare, loro sì, pretendendo che le valute europee si allineassero nei cosiddetti “serpenti monetari”, fu il mercato ad intervenire, perché la Lira era sopravvalutata rispetto ai fondamentali, nonostante che ai tedeschi facesse gioco lo status quo.

    Nel primo “serpente” la Lira svalutò 4 volte e il Marco rivalutò ben 6 volte (su tutte le altre monete, non solo sulla Lira), perché i fondamentali erano quelli che erano, e con i fondamentali, a torto o a ragione, il mercato non permette che ci si giochi troppo – ed infatti fece in modo di farlo esplodere.

    Nel secondo “serpente valutario”, il cosiddetto SME credibile (le variazioni sulla parità centrale passarono da un +/- 6% ad un +/-2,5%, mi pare), ad un certo punto i differenziali di competitività (per farla semplice, i differenziali inflazionistici cumulatisi anno per anno) fra le varie economie arrivarono ad un punto tale che la speculazione lo fece a pezzi.

    L’Italia svalutò di oltre il 20% ed il miglioramento della competitività fu tale che … guardi, legga i dati sulla crescita del PIL! Ma non fu una svalutazione competitiva, fu un riallineamento del cambio dovuto al cumulo dei mancati aggiustamenti successivi all’ingresso nello SME. Si potrebbe dire, semmai, che prima del riallineamento era la Lira ad essere sopravvalutata (ed il Marco sottovalutato), e che il mercato ha corretto la distorsione.

    Ricordo che, prima dell’introduzione dell’euro, il Financial Times, in un memorabile articolo, si dichiarò preoccupato per il futuro della Germania, non per quello dell’Italia e della Francia! Della Germania.

    Senza barare, conseguenza del blocco del mercato dei cambi, fanno commercialmente molto meno paura, ed è per questo che i tedeschi non lo vogliono (il mercato dei cambi), sicuri di vincere la guerra della competitività da un lato con le loro politiche mercantiliste e sociali (chieda alle oltre 9 milioni di persone del sistema Hartz, i mini jobs, come si vive in Germania, con 400 euro al mese. Oppure veda quante case di proprietà ci sono in Germania, in percentuale, e poi confronti il dato con quello degli altri paesi), dall’altro con il blocco del cambio (che ha conseguenze anche nel commercio con i paesi extraeuropei,
    sottovalutando il valore della moneta con cui quest’economia si esprime).

    Sa, Hitler non venne per caso. Il legame fra il mercantilismo tedesco ed il nazismo è largamente provato. Come ha scritto Vladimiro Giacché: “… negare il rapporto tra il capitalismo tedesco e il nazismo (campi di sterminio inclusi) è una delle peggiori forme di negazionismo”. Lo stesso Giacchè ci ha raccontato come quel mercantilismo sia stato capace di divorare perfino i suoi figli, in occasione dell’Anschluss (annessione) della Repubblica Democratica Tedesca nel 1990.

    Visto,quindi, cos’ha combinato l’euro ed il mancato riequilibrio fra le varie economie? Ora i tedeschi crescono (illegittimo vantaggio competitivo generato dal mancato allineamento dei salari al miglioramento della competitività. Legga Kaldor ed il suo ““The Dynamic Effects Of The Common Market”, di cui ho postato uno stralcio, su questo sito, il 1° Aprile, data casuale) e gli altri paesi, invece, soffrono (guardi che anche Francia, Finlandia etc. sono in braghe di tela, non solo i paesi del sud).

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    Adesso risponda pure, io non potrò farlo. Dopo il terzo commento il sito blocca quelli
    successivi. Non potrò quindi replicare. Lei comunque non mi provochi, mi lasci in pace. La prossima volta non sarò così buono. Le altre cazzate che ha scritto, comunque, e che solo ora leggo, rinforzano notevolmente quello che ho scritto in premessa. Lei non capisce niente.

  5. Sintesi perfetta da twitter:

    “SeguiAlex Andreou‏@sturdyAlex

    I apologise to Marxists worldwide for #Greece not committing ritual suicide in order to further the cause. You have suffered from your sofa.”

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