Economia e finanza: una lotta fratricida

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Economia e finanza dovrebbero essere alleate ed andare di pari passo. Ma in realtà le cose oggi vanno diversamente, tanto che la finanza domina l’economia, mentre nella logica delle cose, dovrebbe essere esattamente il contrario: ovvero l’economia , con il suo andamento, dovrebbe “stabilire” i trends e gli andamenti dei mercati.
Il motivo lo sanno anche i muri. Una politica monetaria molto accomodante a livello globale ha “drogato” i mercati finanziari.
Questo è noto per coloro che “sono del mestiere” ma…per gli altri? Come capire queste dinamiche?
Grazie all’analisi intermarket possiamo portare un esempio molto banale ma molto concreto. Bisogna però fare una premessa.
Una delle materie prime più seguite ed importanti per poter tastare il polso all’economia globale è il rame, in quanto questa commodity è ampiamente utilizzata soprattutto per le infrastrutture e in tutti quei beni di consumo ampiamente venduti nelle fasi di “crescita economica” (perdonatemi, banalizzo all’ennesima potenza ) come ad esempio le automobili, le case ecc.
Quindi è normale ritrovarsi con un andamento del prezzo del rame che va a braccetto con la crescita globale. E nella fattispecie con le borse che poi dovrebbero rispecchiare proprio questo aspetto economico.
Guardate questo grafico. A confronto grafico DAX, SP500 e il Rame.

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Rame e borse a braccetto per molto tempo ma poi qualcosa è cambiato. Ma è giusto confrontare rame e borse? In effetti molte critiche piovono su questa relazione, in quanto il mercato del rame sembra “troppo dipendente” dalle esigenze di approvigionamento delle varie economie che prima fanno stoccaggio e poi utilizzano il rame precedentemente accumulato. Altri ancora ritengono sempre meno interessante il rame in quanto sostituito con altri materiali.
Io intanto credo in quel che vedo. E questo grafico mi sembra quantomai eloquente e mette a nudo un’economia che si è appiattita, mentre le borse, nella fattispecie quella tedesca e USA, corrono come un treno. Chissà come mai.

Articolo pubblicato anche su I&M
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Pubblicato da Danilo DT

Danilo Rambaudi, alias Dream Theater, è un operatore finanziario dal 1995. Asset Allocation Manager, collabora con istituzioni finanziarie e siti finanziari italiani e non, nell'ambito dell'analisi e della ricerca. Analista tecnico, ma anche padre e marito (e a volte se ne dimentica).

4 Risposte a “Economia e finanza: una lotta fratricida”

  1. Neanche a farlo apposta oggi Websim (Intermonte) commenta così:
    Il paradosso della “logica inversa” continua a dominare i mercati finanziari e lo farà ancora a lungo. Quando le prospettive dell’economia americana migliorano, le Borse scendono, e al contrario quando in Usa si teme un rallentamento della crescita, le Borse salgono.

    L’ultimo esempio è di ieri: l’indice Ism che sintetizza le prospettive dell’industria Usa è risultato nettamente migliore delle attese e Wall Street ha chiuso in calo: Dow Jones -0,4%, S&P500 -0,2%.

    Per gli investitori il timore principale è che la Fed inizi a chiudere i rubinetti di quella cascata di liquidità (85 mld$ al mese) con cui innaffia i mercati finanziari, alimentando la crescita delle quotazioni azionarie.

    Dopo il dato di ieri, l’appuntamento principale è per venerdì 6 dicembre con gli ultimi aggiornamenti sul mercato del lavoro Usa: la previsione media degli economisti dice che a novembre in America il numero degli occupati è salito di 181mila unità. Un dato più alto di 181mila spingerebbe Wall Street verso un drastico ribasso.

    Nella storia degli Stati Uniti non è mai successo che occupazione e Borsa si guardassero così in cagnesco. Accade da quando il presidente della Fed, Ben Bernanke, ha detto chiaro e tondo che la politica monetaria ultra espansiva continuerà fino a quando il tasso di disoccupazione, oggi al 7,3%, non scenderà almeno al 6,5%.

    La Banca centrale americana è impegnata in una battaglia per il lavoro che per il momento non riesce a vincere: dopo cinque anni di rally della Borsa americana, che ha visto salire la capitalizzazione complessiva di Wall Street di 14mila miliardi di dollari, il numero totale degli occupati in America rimane ancora più basso di 1,5 milioni rispetto al 2008, l’anno dell’inizio della crisi finanziaria.

    Il poderoso rialzo della Borsa, che ha visto l’indice S&P500 salire del 167% negli ultimi 57 mesi, è alimentato dall’aumento dei margini di profitto delle aziende, che continuano a ristrutturarsi e a tagliare i posti di lavoro.

    I dati del Bureau of Economic Analysis, citati da un recente articolo di Bloomberg, mostrano che nel 2013 il rapporto fra il totale dei salari pagati in America e il totale dei profitti delle aziende è sceso a 3,2, il livello più basso degli ultimi 47 anni (dal 1966). La media dalla Seconda guerra mondiale a oggi è di 4,5, e il livello massimo era stato raggiunto nel 2008.

    La redditività delle aziende raggiungerà nel 2013 livelli record: secondo la banca dati di Bloomberg, le società che compongono l’indice S&P500 quest’anno realizzano in media 9,9 centesimi di utile netto per ogni dollaro di ricavi. L’esplosione dei profitti è passata e continua a passare attraverso drastici piani di ristrutturazione e licenziamenti.

    Il gigante petrolifero ConocoPhillips [COP.N] negli ultimi quattro anni ha costantemente ridotto il numero dei dipendenti. Sicuramente anche i tagli hanno contribuito a fare salire nel 2012 la redditività (utile netto su ricavi) al 15%, dal 3,3% del 2009.

    Walt Disney [DIS.N], il primo gruppo media al mondo, negli ultimi anni ha licenziato centinaia di persone e nell’ultimo bilancio il Ceo Robert Iger poteva mostrare un utile operativo pari al 21% dei ricavi, dal 13% del 2005.

    Northrop Grumman [NOC.N], società che opera nella Difesa e nell’Aerospazio, quinto per dimensioni nella lista dei fornitori del governo Usa, ha realizzato abbondanti licenziamenti e un mese fa ha annunciato una revisione al rialzo degli obiettivi di utile.

    Le azioni Disney e Northrop sono più che triplicate dal marzo 2009 a oggi, le azioni ConocoPhillips hanno guadagnato il 160%.

    Janet Yellen, che nel prossimo gennaio succederà a Bernanke alla guida della Fed, ha confermato che la banca centrale continuerà a lavorare con l’obiettivo di fare crescere i posti di lavoro. “La disoccupazione è ancora troppo alta e riflette un’economia e un mercato del lavoro al di sotto delle potenzialità”, ha detto in una recente audizione al Senato. Oltre la metà degli indicatori che la Fed utilizza per monitorare il mercato del lavoro sono ancora al di sotto dei livelli di prima della recessione. Il tasso di disoccupazione Usa è attestato al 7,3%, rispetto a una media del 5,8% degli ultimi cinquanta anni.

    Se e quando l’occupazione salirà, sarà inevitabile la discesa della Borsa? La risposta sembra scontata. Recentemente intervistato da Bloomberg, Mathieu L’Hoir, economista di Axa Investment Managers, ha osservato che se le aziende iniziassero ad assumere, i maggiori costi del lavoro ridurrebbero la redditività: “Chi oggi scommette su un’ulteriore crescita dei margini di profitto , in realtà sta scommettendo che la Fed non riuscirà a fare salire l’occupazione”.

    In sintesi, il paradosso della “logica inversa” sembra destinato a dominare i mercati ancora a lungo, e il ritorno a ragionamenti “normali” passerà attraverso esperienze dolorose per le Borse.

  2. Ci sarebbe un terzo attore … La Politica .

    E nel nostro giardinetto di casa, il solito dott.Sottile ancora una volta ha rimestato nel torbido. .

    Ma stavolta ho l’impressione sarà un boomerang. Se Renzi ce la fa , e le sue non saran solo parole, forse anche questo sistema dovrà capitolare.

    Nel caso, costituendo legna in legnaia tutti i nostri sprechi, potremmo anche riservar sorprese ai Moody’s vari

    1. Si e no, nel senso che la politica ha un increccio praticametne TOTALE con mondo della finanza, vanno di pari passo, proprio come i bond bancari con i BTP. Quindi parlando di finanza considero entrambi.
      Pensa ai rapporti tra Governo USA e FED, alla BCE e Bundestag (ops… avrei dovuto dire Parlamento Europeo?)…

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