Il prezzo del petrolio continua a scendere (il WTI segna oggi 50,7$ al barile) e le azioni ENI scendono in maniera evidente, fino al -7% nel momento in cui scrivo.
Niente di così strano, vista la correlazione fra i profitti di ENI ed il prezzo del bene su cui è focalizzato il suo business. Se non che i suoi competitor, siano essi Royal Dutch Shell (-3%) o Exxon (-1,1%) perdono molto meno. Come mai?
C’è chi d’acchito risponde: questione di percezione da parte degli investitori istituzionali. Si tratta di un effetto che potremmo chiamare Italian Feeling. Ma in concreto che cosa significa?
Prendiamo il caso di ENEL: una utility che, a dispetto di un ciclo di profitti non brillante e gravata da un debito sproporzionato a causa dell’acquisto di Endesa a prezzi scellerati, paga dividendi con encomiabile regolarità. Come fa? E perché lo fa?
Il come risulta evidente se si spende qualche minuto a ricordare la storia recente: con puntuale regolarità Enel finanzia l’erogazione del dividendo con operazioni straordinarie come cessioni di partecipazione, quotazioni di aziende del gruppo (Green Power) o aumento di capitale. In pratica viene erogato un reddito deteriorando l’entità degli asset. Potremmo sintetizzare brutalmente dicendo che viene distribuito patrimonio, anziché profitti. Il motivo che spinge Enel ad essere così generosa con i dividendi è il peso delle esigenze di incasso del suo azionista di riferimento: il Tesoro. In pratica le esigenze di un azionista prevalgono su quelle della gestione ottimale del bilancio dell’azienda, in barba dunque agli interessi degli altri azionisti (dal 2007 l’azione Enel ha perso più di metà del suo valore).
Per Eni, al contrario, lo sforzo di pagare dividendi non è mai stato eccessivo: l’attività caratteristica era sufficientemente profittevole (rispetto al 2007 i valori di ENI prima dello scivolone di queste ultime settimane erano nell’ordine di un -25%).
Ma ora le cose rischiano di cambiare, la mia sensazione è che il mercato stia valutando l’avvicinamento di ENI al “modello ENEL”: i profitti si ridimensionano, e sembra -secondo molti analisti- che per un po’ lo scenario del prezzo del petrolio non avrà spinte vigorose al rialzo, ma le esigenze dell’azionista la fanno da padrone ed ENI si è adeguatamente premunita di garantire che continuerà a distribuire dividendi. Anzi, garantisce l’amministratore delegato De Scalzi
«Il nostro breakeven è a 45 dollari, eravamo abituati a 120: è come se ci avessero diminuito lo stipendio, ma per noi il dividendo è prioritario. Costruiremo un conto economico che sia in grado di accomodare il dividendo»
Anche questa è una espressione del peso e delle ricadute di un eccesso di debito pubblico.
Agli osservatori più attenti questa appare più come una minaccia che non una tutela. Chi pensava di aver comprato un titolo “sicuro come l’oro” scopre che da quell’oro si desidera estrarre reddito, anche a costo di grattugiarlo…
E’ desolante vedere come si viva alla giornata, senza badare al futuro, nel nostro paese.