Fantasia al potere, e potere all’azzardo

La scelta di Matteo Renzi di dimettersi dopo l’esito negativo del referendum è solo l’ultima oscillazione di quel pendolo impazzito che è l’opportunismo politico. Peccato che ex post si dimostri spesso mancanza di lungimiranza.
Lascio, resto, lascio resto. Alla mezzanotte di domenica, alla fine della giostra, arriva l’ultima parola: lascio. Ma lasciava altrettanto perplessi la scelta di farlo consegnando a chissà quale governo molte criticità aperte.

La legge elettorale, il make up alla legge sulla PA e il consolidamento del sistema bancario saranno priorità di chi succederà a Renzi, chiunque sia, anche se l’opzione Padoan sarà con ogni probabilità quella da preferire: continuità, grande reputazione sui mercati e le cancellerie, pure una certa dose di esprit politicante malgrado la patina di economista serio.
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In questa cornica, benissimo ha fatto il Quirinale a stopparne le dimissioni e vincolarle almeno all’approvazione della legge di bilancio: mancano tre settimane al vero day after, l’introduzione automatica delle clausole di salvaguardia previste nelle precedenti DEF, con aumento dell’IVA esiziale per consumi e (già stentata) ripresa.
Ma già da mercoledì pomeriggio si dovrebbe arrivare alla fiducia in Senato alla manovra.
Non mi sorprende che l’anchor investor di Monte Paschi prenda tempo, dato che ogni investimento è correlato alle attese di rafforzamento della ripresa.

UNA SETTIMANA DI PASSIONE

Lunedì le Borse hanno reagito al No con una certa flemma, la seduta è stata veramente animata solo nei primi 40 minuti.
Potere delle attese, che avevano già scontato nei prezzi la sconfitta. Il resto, pare, sia algoritmo del high frequency trading. Martedì hanno addirittura ritracciato con cospicui guadagni.
Il settore bancario è risultato quello più esposto. con MPS in forte crisi.
Dopo il no l’aumento di capitale di mps sembra appeso ad un filo:dopo le scarse adesioni della conversione volontaria dei subordinati, si fa strada l’idea che il tanto atteso cavaliere bianco, l’anchor investor quatarino, il fondo sovrano Qia, si tirerà indietro. Forse nella scelta peserà anche lo scarso rendimento finora ottenuto da altri suoi investimenti in Italia, per esempio nella nostra compagnia di bandiera.
Per ora il fondo di Doha prende tempo, non è dato sapere se tale scelta venga dal fondo stesso oppure se a Rocca Salimbeni abbiano chiesto per carità di far finta per qualche giorno in più.

IL PIANO B, UNO E DUE
La fantasia italica si sa non ha eguali. Tutti a pensare ad un piano B, il classico intervento pubblico, e invece fresca arriva nel tardo pomeriggio di martedì 6 i rumors di un piano B-2.
Il piano B consisterebbe in un intervento pubblico all’interno delle rigide regole della BRRD, se dovesse rivelarsi impossibile proseguire con la soluzione di mercato.
Ma la BRRD cosa permette di poter fare veramente? In estate Bruxelles aveva dato ‘luce verde’ per un intervento sistemico dello Stato a salvaguardia delle banche ‘solvibili’.
Nulla, almeno ad oggi, fa supporre che MPS sia una banca insolvente: liquidita ce ne è, nè vi è stata una fuga dei depositanti come sucesso per le banche venete, e i recentissimi esiti del Risk Assesment dell’ EBA usciti sabato scorso lo confermano. Il CET1 (transitional period) aumenta seppur leggermente al 12,11%, mentre quello fully loaded rimane invariato a 11,83%.
Le preoccupazioni semmai sono tutte sul bilancio: il margine di intermediazione al 30 giugno 2016 crolla rispetto a fine 2015, mentre tiene quello commissionale; il conto economico regge il colpo solo perchè le svalutazioni sono già state fatte nello scorso anno, e l’utile sembra in linea con l’esercizio precedente.
Ergo, la banca esiste e continua a lavorare, malgrado il freno a mano inserito.
[tweetthis]@Banca_MPS non è insolvente. Per BRRD Stato può intervenire con previa conversione forzata subordinati.Nuova beffa per piccoli risparmiatori[/tweetthis]
L’intervento dello Stato nell’aumento di capitale è vincolato dalla normativa europea sugli aiuti di stato e alla verifica di rischio sistemico nell’eventuale impossibilità di condurre a buon fine tramite una soluzione di mercato con capitali privati.
Tenete a mente questi due termini: ‘burden sharing’ e ‘no creditor worse off’. Il primo significa che lo Stato non potrà accollarsi tutto l’onere di ricapitalizzazione, ma una buona parte, cautelativamente la metà, dovrà pesare sulle spalle dei creditori bailinabili, che quindi saranno oggetto di una conversione forzata.
Il secondo significa che deve essere rispettato rigidamente l’ordine di bailinabilità previsto dalla direttiva BRRD, senza fare preferenze o selezionare alcuni investitori rispetto agli altri. Dato che il bond Upper tier 1 è detenuto per circa la metà, 2 miliardi, da investitori retailers, la conclusione di questo discorso viene da sè: avremo la conversione di molti piccoli risparmiatori in azionisti in una specie di riproposizione di quanto accaduto a fine 2015 con le 4 banche, con l’unica, non sciocca, differenza che Monte Paschi non sta fallendo ed essi non vedranno automaticamente azzerato il valore del poprio investimento.
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LE TREMENDE CONSEGUENZE
La conseguenza del Piano B sarebbe: nessun vantaggio legato alla conversione volontaria delle obbligazioni a valori di rimborso o quasi, e per finire in bellezza i piccoli risparmiatori si trovano ad assumere il rischio di impresa in un momento molto critico, con buona pace di Consob e normativa MIFID.
Isabella Bufacchi del Sole24Ore implicitamente pone una domanda in un suo articolo del 6 dicembre: possibile che Consob vieti la conversione forzata dei piccoli risparmiatori, detentori a loro insaputa di obbligazioni subordinate o oggetto di misselling, sulla base della inadeguatezza del profilo MIFID, esattamente come fece alla vigilia della conversione volontaria? Impossibile.
Sarebbe un precedente gravissimo non solo per il diverso trattamento rispetto agli obbligazionisti delle 4 banche.
Di fronte a questa eventualità, mi era balenato in mente il cattivo pensiero che Renzi, dimettendosi, volesse proprio evitare la riproposizione della sciagurata vicenda della conversione e azzeramento di Etruria e Co. con lui in carica. Due volte in 12 mesi sarebbe troppo per la sua immagine e il suo rilancio politico.
Ma sicuramente ho fatto peccato a pensar male.

SE NON ARRIVA IL CAVALIERE BIANCO, ARRIVA PANTALONE

Il piano B-2 infatti risolve apparentemente tutti questi problemi: sembra che il Tesoro voglia lanciare una specie di OPA selettiva comprando i 2 miliardi di subordinati in mano ai retailers, procedere con la conversione e quindi diventare l’azionista di maggioranza, probabilmente dando così via libera anche all’intervento del fondo qatarino.
Un piano eccellente, che apparentemente non ha controindicazioni o divieti opponibili secondo la direttiva del BRRD.
Noi italiani siamo fantastici nel trovare gli inganni alla legge.
[tweetthis]Tesoro acquista subs dei retailers per successiva conversione:classica fantasia italica,ma attenzione a dettagli e a chi paga conseguenze[/tweetthis]
Naturalmente il diavolo si nasconde nei dettagli, molto dipenderà dal prezzo di acquisto dei subordinati: se sarà superiore alle attuali quotazioni si configurerà aiuto di Stato, vietatissimo e l’operazione salta; se inferiore, i piccoli risparmiatori obbligazionisti porteranno a casa una fprte perdita. Ma magari poi, mamma-Stato li rimborsa….

Anche in questo caso, come al solito paga Pantalone: il contribuente, in primis, che si sobbarca la spesa di una banca in forte difficoltà liberandone vecchi azionisti e investitori; in secundis tutta la colettività, perchè è “diseducativo” questo comportamento di salvare banche che si sono scavate la fossa con comportamenti scorretti nella vendita dei prodotti finanziari, intossicando portafogli di piccoli risparmiatori.
Si alimentano il moral hazard e il misselling, proprio due dei cancri peggiori del sistema bancario, non solo italiano. Ma lieti siate: si farà tutto in nome della garanzia costituzionale del risparmio, alla faccia vostra.

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Grazie per aver votato!

Pubblicato da Banchiere Cannibale

Mi piace avere vecchi amici a cena... Perché sotto la più bella ruota di pavone si cela sempre un culo di pollo.

2 Risposte a “Fantasia al potere, e potere all’azzardo”

  1. Padoan al governo?
    Non scherziamo… al massimo un governo istituzionale (Grasso) ma a febbraio/marzo si vota.
    Delle banche poi ormai cosa vuoi che importi a San Basilio .. qui si continua a trascurare il risultato del voto, con le banche meglio di un governo istituzionale a fare il lavoro sporco chi volete che risolva il problema?
    Ricapitalizzazione pubblica con bail in e via andare (magari con un bel pò di tagli a dirigenti e prebende varie), tra due mesi se Dio vuole anche questo argomento sarà archiviato..
    ahh #comesistabenesenzagoverno

    1. Su Padoan lei aveva visto giusto, anche se Renzi ha avuto più “fantasia” di lei, me e ogni altro giornalista nella scelta del successore.
      Sul fatto che fra due mesi ‘questo argomento delle banche sarà archiviato’ mi permetta parecchia perplessità: a febbraio parte la ricap di Unicredit, la più grande in Italia, e ci sarà il nodo Pop.Vicenza-Veneto Banca, il nodo Popolari con pop.Bari e Pop.Sondrio ancora in corsa e il problema sui diritti di recesso, e infine il nodo Carife, la zitella delle quattro sorelle “risanate” a fine 2015, sempre che Ubi arrivi veramente alla fine dell’acquisto delle tre ‘fortunelle’.
      Neppure MPS lascierà le nostre cronache: se lo Stato entra, può farlo solo ‘temporaneamente’ e con un intervento ‘proporzionato’ ai rischi della mancata ricapitalizzazione privata.
      Questo significa che dopo il bail out e le difficoltà di avviare la macchina dei rimborsi (con le polemiche sui costi collettivi che ne seguiranno), si rischierà di parlare di possibili aiuti di Stato quando lo stesso dovrà intervenire, in qualità di azionista, nell’acquisto della tranche junior delle sofferenze cartolarizzate: sopra quale prezzo, considerato non di mercato (ricordo che Unicredit ne ha poco fa concluso una a prezzi inferiori ma in linea con i rendimenti richiesti dai gestori del settore) la Commissione obietterà a Roma l’aiuto di Stato?
      E dietro a tutto c’è quello che io penso essere un potenziale problema: quello della cartolarizzazione dei npls e la sua inquietante somiglianza a quanto avvenuto negli USA pre-crisi, così come l’ho descritto nell’articolo precedente a questo (“dalla cima del Monte”) e in un articolo pubblicato su Pagina99 di sabato scorso.
      Non credo che in due mesi finiremo di parlarne, glielo assicuro

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