Avrà fatto bene la Fed a tagliare i tassi a sorpresa? E neanche di 0,25% ma di 0,50% in una sola volta.
Secondo alcuni il senso di allarme trasmesso ha superato l’effetto positivo di una riduzione del costo del denaro.
Secondo altri bisogna fare tutto ciò che è nelle nostre possibilità per tamponare la crisi che deriva dal coronavirus in ogni modo possibile.
SPEGNERE L’ECONOMIA NON È COME SPEGNERE UNA LAMPADINA
Intanto è necessario capire una cosa: l’impatto del Covid-19 sull’economia colpirà più la domanda o l’offerta? Non è una questione così banale, si vedono negozi vuoti, ristoranti deserti, e il primo pensiero va ad uno choc di domanda. In realtà si tratta però di un probabile choc di offerta: la produzione di beni e servizi ha difficoltà a reggere momenti di vuoto d’aria come una sospensione forzata delle attività. Spegnere l’economia non è come spegnere una lampadina. Ci sono debiti con le banche da onorare, stipendi da riconoscere. Anche quando un’attività singola decide di cessare gestisce la sua liquidazione nel tempo. Tantomeno esiste un interruttore per riaccendere l’economia: dopo aver cancellato molti posti di lavoro restano mutui da saldare, stili di vita da rimodulare.
I TAGLI SONO STATI ACCOLTI IN MODO FREDDO DAI MERCATI
In termini strutturali, poi, c’è da considerare un semplice effetto demografico: la bassa mortalità del coronavirus avrà uno scarso effetto sulla domanda aggregata mondiale, mentre lo stop alle attività, il calo del commercio mondiale e il clima generale di de-globalizzazione avranno un impatto considerevole sull’offerta.
Per questo il taglio dei tassi della Federal Reserve (e subito dopo della Bank of Canada, coi mercati che si aspettano un intervento nella medesima direzione da parte della Bank of England e della Bce) è stato accolto in modo freddo dai mercati.
Che senso ha incentivare la spesa se i negozi sono chiusi? Favorire gli investimenti quando le imprese devono organizzarsi per sopravvivere stando ferme? Non dobbiamo però dimenticare che nel sempre più diffuso clima di paura, dovuto alle tante incognite di questo virus ancora poco conosciuto, la gente resta a casa e rimanda gli acquisti, specie quelli voluttuari. Quindi, almeno nell’immediato, un calo di domanda effettivamente c’è.
I CONSUMI “PERSI” NON SARANNO RECUPERATI
Ma anche immaginando una ripresa a “V” della domanda, ipotizzando torni dov’era prima che deflagrasse questa emergenza, è difficile pensare che tutti i consumi non fatti (viaggi, cene, voli aerei, e così via) verranno recuperati più avanti.
Continueremo a cenare una volta al giorno, nessuno di noi cenerà due volte per “recuperare”.
Difficile dunque confidare su “prestiti ponte” da parte del sistema finanziario (che avrà le sue belle gatte da pelare visto che gli Npl torneranno a crescere) perché i redditi futuri non necessariamente saranno comparabili a quelli che c’erano.
SIAMO DAVANTI A UNA CARESTIA MA NON ABBIAMO SCORTE
È come se avessimo davanti una carestia. Con la differenza che nel Medioevo feudale ciascuno faceva scorte perché sapeva che periodicamente avrebbe dovuto affrontare una carestia, mentre oggi viviamo nella società consumistica, dove il risparmio è disincentivato (con tassi negativi sui titoli privi di rischio) e il mantra è di contribuire tutti a “far girare l’economia”. La maggioranza dei cittadini ha una attività, in proprio o da dipendente, che serve a pagare tutto ciò che ha deciso di concedersi fin da subito: la casa (attraverso un mutuo o un affitto), l’auto (in comode rate mensili), perfino il percorso di studi per molti è sostenuto a debito.
ABBIAMO PERSO ALTRE CAPACITÀ DI RISPOSTA
Rischiamo di mettere in atto un doloroso corto circuito economico, ma dall’altro lato non si può certo ignorare un’emergenza sanitaria solo per mere questioni di soldi. Probabilmente ci siamo abituati, negli ultimi anni, ad affrontare ogni tipo di problema con un taglio dei tassi. Sembra quasi che abbiamo perso altre capacità di risposta. L’intervento delle banche centrali si è rivelato così efficace che abbiamo via via abdicato a tutto il resto.[sociallocker].[/sociallocker]
Non a caso la politica internazionale si è sempre più popolata di personaggi che nemmeno fingevano di avere qualche competenza. Il messaggio sembrava, esplicitamente: «Ai problemi reali ci si pensa con la politica monetaria, il resto è teatro, quindi votate il più personaggio, quello che la spara più grossa, con gli slogan più abrasivi».
Sembra sia venuto il momento di una politica difficile, obbligatoriamente efficace.
Una politica faticosa per chi la fa, selettiva. Ci siamo adagiati troppo a lungo sulla convinzione che “papà Draghi” potesse risolvere ogni questione con un clic. A poco serve un tasso più basso quando il problema è che mancano le entrate (per le persone) o i fatturati (per le imprese).
VA RIPENSATA LA STRUTTURA ECONOMICA MONDIALE
Ripensare completamente la struttura economica mondiale è una sfida importante e molto impegnativa, ma questo coronavirus ha rivelato una fragilità insospettata. È mutato e ha imparato a passare prima da animale a uomo, poi da uomo a uomo.
Noi siamo senza difese e molto più interconnessi di un tempo. Dunque l’unica difesa di cui disponiamo è la limitazione della socialità.
Il Covid-19 è infettivo, tenace e resistente; resta in incubazione a lungo e spesso senza sintomi particolarmente evidenti; può essere propagato da soggetti che hanno sintomi simili alla normale influenza, proprio durante la stagione dell’influenza.
Ma il fatto che abbia una mortalità bassa è un caso, un vero colpo di fortuna, perché avrebbe potuto anche averla molto alta. O potrebbe capitare in futuro un altro virus con capacità diverse o ancora più spaventose.
DOBBIAMO TORNARE A ESSERE FORMICHE
L’Umanità è come un formicaio, il Covid-19 rischia di essere una mazzata che lo danneggia pesantemente, come un camion che ci passa sopra o una pioggia torrenziale, ma poi un formicaio si riorganizza e torna a fare quello che faceva prima.
L’umanità è tenuta, per la sua conservazione, a mettersi nelle condizioni di poter assorbire certi eventi, rivedendo la sua organizzazione.
Ciò che ci preoccupa in questo momento, dal punto di vista economico, è la consapevolezza di non disporre delle risorse per assorbire un provvisorio “spegnimento” delle attività: dobbiamo, proprio come le formiche ci insegnano, tornare a valorizzare l’accumulo di scorte e il risparmio.
E penalizzarlo con tassi sempre più bassi o negativi potrebbe non essere il miglior punto di partenza.
Alieno, bellissima la chiusa del tuo post anche se credo che ben pochi oggi capiscano l’importanza primaria di mettere fieno in cascina nelle buone annate come precauzione per affrontare quelle avverse.
Una generazione cresciuta sentendo gli anatemi di un mentecatto che tuonava contro i catastrofisti ed i profeti di sventura vive nell’illusione che il ‘bongodi’ di oggi sia e sarà sempre la norma.
E’ impreparata ad affrontare ciò che inevitabilmente la colpirà e sarà un ulteriore grosso problema che dovranno affrontare e subire quelli che furono previdenti e quindi responsabili nelle loro azioni.
Grazie Luigi 🙂