Il futuro che verrà si decide adesso

La politica estera dell’America populista in uno scenario (speriamo) fantascientifico

Philip Gordon, su Foreign Affairs, fa una riflessione suggestiva, ipotizzando scenari futuri tanto catastrofici quanto improbabili, tutti però mossi dalle logiche di politica estera dell’amministrazione Trump e conseguenti alle caratteristiche distintive del presidente miliardario, come la continua sfida all’establishment, la rottura ostentata delle consuete tradizioni diplomatiche e la provocazione, se non addirittura la minaccia, verso i contestatori, sempre con lo slogan più populista che mai dell’“America first” e del concetto di “tornare a vincere”.

Accomunando la linea decisamente “sopra le righe” di Trump a quella di Richard Nixon, famoso per il suo approccio ai negoziati chiamato “the art of the deal” e all’altrettanto nota “madman theory” che, sinteticamente, consisteva nel bluff di minacciare conseguenze pesantissime (anche militarmente parlando) se non venivano soddisfatte le sue richieste. Con il problema che quando il bluff viene scoperto possono concatenarsi enormi guai, dalla instabilità politica a costose contese commerciali fino alla guerra. Un “guaio” che nel caso di Nixon aveva il nome di Vietnam.

Ecco perciò che Philip Gordon, nel corso dell’immediato futuro, immagina da parte degli USA un’escalation militare in Iran e Iraq e una forte disputa commerciale con la Cina che a lungo andare provoca il crollo del Dow Jones, fino a immaginare uno scontro armato con la Corea del Nord.

A prescindere dal grado di fantascienza del futuro previsto da Gordon, che lui stesso auspica tutt’altro che inevitabile, in funzione dello stesso stile di Trump – ben capace di non essere così rivoluzionario come molti temevano e autore di dietrofront piuttosto clamorosi (basti pensare ai suoi proclami disattesi su aborto e guerra in Iraq) – è interessante la conclusione che ne trae, con questa premessa oggettiva: i disastri in politica estera accadono.[sociallocker id=12172].[/sociallocker]

Quindi Gordon fa un elenco inquietante. Immaginatevi se un fantasma del futuro – come un novello spirito dickensiano di fronte all’Ebenezer Scrooge del Canto di Natale – potesse materializzarsi dinanzi ai leader mondiali nel 1914 potendogli prefigurare il cataclisma che le loro politiche avrebbero prodotto di lì a poco.

Stesso discorso se Lyndon Johnson, nel 1965, avesse potuto rendersi conto di cosa sarebbe diventato il Vietnam per gli USA nel decennio successivo. Uguale se George W. Bush, nel 2003, avesse potuto vedere gli effetti sul mondo che ha provocato l’invasione dell’Iraq; insomma, uno sguardo sul futuro per evitare scelte disastrose in politica estera.

Un fantasma che faccia visita anche a Trump e agli eventuali futuri governanti in salsa populista degli USA dei prossimi decenni per evitare che al grido di “America first” si commettano un sacco di cazzate.

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Pubblicato da Alberto Forchielli

Presidente dell’Osservatorio Asia, AD di Mandarin Capital Management S.A., membro dell’Advisory Committee del China Europe International Business School in Shangai, corrispondente per il Sole24Ore – Radiocor

Una risposta a “Il futuro che verrà si decide adesso”

  1. Un fantasma che faccia visita anche a Trump ……….. per evitare che al grido di “America first” si commettano un sacco di cazzate.

    Ma no Forchielli, un clown al potere non fa cazzate ma solo pagliacciate.
    Il risultato finale però, in effetti, é identico. 🙂

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