La giostra della crescita e del disagio

giostra

Una persona a cui voglio bene e che stimo qualche giorno fa, ragionando dei difficili momenti che le borse stanno attraversando, mi ha chiesto:

“ma è mai possibile che non va mai bene? Arriva l’inflazione perché la disoccupazione è sconfitta e non va bene??”

Il fatto, in finanza, è che ogni cosa va bene ad alcuni e va male ad altri, le borse si erano assuefatte ad un contesto di crescita con bassa inflazione, modificare il contesto su cui i mercati poggiano i pilastri portanti provoca smottamenti.

Ma guardando un po’ al di là della cronaca breve di queste ultime settimane, sembrano convergere diversi indizi che suggeriscono che stiamo vivendo un “momento speciale”. E’ un pensiero che istintivamente respingo sempre quando mi affiora, perché mi sforzo di ricordare a me stesso che quasi sempre la convinzione di essere in una situazione eccezionale è più espressione dell’ego che della realtà.

Tuttavia non posso fare a meno di notare che il ciclo partito negli anni ’70, disegnato durante la crisi petrolifera globale, dell’inflazione a due cifre, dopo la stagione della sbornia delle rivendicazioni sociali, allo scopo di creare benessere creare ricchezza, oggi sembra arrivato a fine corsa e a reclamare il conto.

Con la cancellazione della convertibilità con l’oro e la nascita delle monete fiat, è stato ideato un sistema che si basava sull’espansione del debito pubblico per generare benessere. La fonte di energia per la crescita è stata l’espansione del debito:

Il sistema ha funzionato nel suo obiettivo di creare benessere, ma nessun sistema è perfetto. Il meccanismo provoca infatti una dipendenza non tanto ai tassi bassi, quanto alla riduzione progressiva dei tassi. Ogni volta che la crescita si inceppa, la soluzione più efficace è regolarmente quella di ridurre i tassi (per favorire nuovo indebitamento), infatti i tassi da allora non hanno fatto altro che scendere molto più spesso e più a lungo di quanto non venissero fatti risalire.

[tweetthis]La giostra della crescita e del disagio. Siamo agli ultimi giri? Di @alienogentile[/tweetthis]

Inoltre l’accumulo di debiti ha un po’ l’effetto di uno zaino sempre più pesante che progressivamente riduce la velocità della crescita, facendo sentire sempre “in crisi” tutti coloro che hanno un minimo di memoria, come si può vedere bene qui:

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Un’altra delle conseguenze meno gradite, ma inevitabili, di questo processo è l’aumento delle disuguaglianze, perché le riduzioni di tassi e gli stimoli monetari fanno rivalutare gli asset finanziari,  facendo diventare più ricchi coloro che possiedono patrimoni, a relativo danno dei salariati.

I tassi sono però ormai giunti a zero (o meno) un po’ ovunque nelle economie sviluppate, ci sarà ora una fase più o meno lunga di ripresa dei tassi, che però non potranno salire più di tanto, per una ragione molto semplice: qualunque azienda si indebita solo per investire ed avere le potenzialità di realizzare dei profitti; le condizioni a cui si indebita devono però essere più basse rispetto ai profitti attesi, altrimenti il costo del debito supera i profitti e si finisce per fallire. Per effetto dello sviluppo tecnologico e della concorrenza internazionale, i margini di ogni attività non hanno fatto altro che ridursi, ecco perché ogni volta che si entra nella stagione di rialzo dei tassi la “soglia del dolore” è sempre più bassa: gli investimenti si fermano e il ciclo torna verso la recessione.

Ma se i tassi non hanno spazio per salire molto, non avranno nemmeno possibilità di dare ulteriore spinta alla crescita scendendo: siamo, da un punto di vista secolare, agli ultimi giri di giostra. Non possiamo più contare sull’uso del debito come risorsa per generare benessere.

Questa pagina della Storia, iniziata mezzo secolo fa, ha avuto tra gli ingredienti iniziali la nazionalizzazione di Aramco (Arabian-American Company), un conglomerato americano che il regno saudita comprò, e da cui diede vita all’OPEC e alla crisi dei prezzi petroliferi nel 1973. La fase, curiosamente, sembra chiudersi ora che la stessa Aramco sta per essere nuovamente privatizzata.

Il set di regole che ha governato l’economia (così come gli asset che definiscono la ricchezza) nello scorso mezzo secolo necessita di essere cambiato, e non credo sia un caso se questo accade mentre gli USA decidono di farsi da parte dal ruolo di guida culturale. Chi si è fatto avanti per prendere il testimone è la Cina, già nell’incontro di Davos dello scorso anno:

Quello che la Cina ancora non ha diffuso è quale sia il nuovo set di regole per “stare al mondo”. Aspettiamoci che queste regole vengano presto rivelate e che praticamente nessuno potrà esimersi dall’accoglierle e farle proprie.

Anche se prese una ad una potranno sembrarci eresie (esattamente come le regole con cui noi siamo abituati a vivere sembrerebbero eresie se narrate ai nostri avi di uno o due secoli fa).

La percezione di essere in una fase di transizione cruciale permea la società, l’insicurezza che deriva dal vivere nella transizione è palpabile; nonostante la crescita globale continui ad essere positiva, il disagio sembra montare e fa sempre più rumore la parte di mondo che soffre (o che ritiene di soffrire):

Vi risparmio considerazioni sulle cosiddette fake news, preferisco riallacciarmi all’osservazione fatta da uno dei collaboratori di questo sito:

La mia sensazione è che queste spinte politiche “populiste” emergenti (Trump, Brexit, Le Pen, Catalogna, fino ad arrivare agli sgangherati partiti euroscettici italiani…) abbiano colto prima e/o meglio di altri che è in atto un cambiamento, ma che lo stiano interpretando con schemi vecchi.

Sono “#Avanti” rispetto ad altri, ma saranno presto spazzati via. Questo perché hanno una cosa che li accomuna: propongono ricette economiche basate su spesa pubblica a debito. Roba che, per quello che ci dicevamo poc’anzi, appartiene al passato più ancora dei loro rivali. Sembrano nuovi, in realtà sono stravecchi.

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

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