Nella giornata di ieri si è svolta una delle più attese riunioni del FOMC (Federal Open Market Commettee), gli analisti erano divisi sulle due opzioni presenti sul tavolo: un rialzo dei tassi già lungamente prospettato o un’ennesima occasione per posticipare qualcosa che il mercato generalmente non gradisce.
Janet Yellen, presidente della Federal Reserve, si è calata nei panni di “Master of the Universe” e ha deciso di tenere in considerazione diversi fattori esogeni:
Innanzitutto le grandi istituzioni internazionali (IMF e World Bank su tutte) avevano dato ampia indicazione sull’inopportunità di procedere ad un aumento tassi. Specie il Fondo Monetario Internazionale è stato molto insistente a riguardo, a breve è previsto il voto per il rinnovo del board del fondo e la rappresentatività dei “paesi emergenti” garantisce loro ampia attenzione politica. Già, perché dopo aver introdotto politiche monetarie iper-espansive per le difficoltà che affliggevano l’economia americana dopo lo scoppio della crisi dei subprime, ora questi dispositivi di emergenza non possono essere rimossi senza far danno al di fuori dell’economia americana.
Ma il FOMC non si riunisce nel castello di Greyskull e non è detto che giocare al banchiere centrale del globo si riveli essere l’approccio vincente:
La politica monetaria dovrebbe focalizzarsi sulle esigenze della economia che supervisiona ed alimenta, e dovrebbe cercare di guidare i mercati, non di subirne i condizionamenti.
Qui invece pare che la situazione sia invertita, con la Fed che sposta le proprie decisioni considerando le ripercussioni delle sue scelte sulle economie emergenti e frenata dal timore che i mercati reagiscano male.
The Committee today reaffirmed its view that the current 0 to 1/4 percent target range for the federal funds rate remains appropriate […] This assessment will take into account a wide range of information, including measures of labor market conditions, indicators of inflation pressures and inflation expectations, and readings on financial and international developments
Si legge nel comunicato della Fed.
Le prossime riunioni del FOMC rimangono aperte per l’introduzione del più annunciato rialzo tassi della storia, Yellen ha chiarito che la scelta dipenderà dall’andamento del mercato del lavoro e dalle prospettive di inflazione. Certo che, sul mercato del lavoro, a meno di cambiare sistema di misurazione sarà difficile vedere ancora grandi progressi visti i bassi livelli di disoccupazione che ormai gli USA hanno raggiunto.
Qualche giornale oggi, nel descrivere la giornata, titola “borse deluse dalla Fed“. Non credo che sia proprio così. Il punto è un altro: la mossa scelta dal FOMC era attesa da più di due terzi degli operatori finanziari:
Il fatto è che la scelta della Fed riapre il fronte della competizione monetaria. Il mancato rialzo dei tassi si è subito riverberato sotto forma di debolezza del dollaro, buttando la palla nel campo della BCE che ora, dopo le “mazzate” prese in estate dalle economie europee in scia alle calanti aspettative di esportazioni in Cina, si vede costretta a pungolare il mercato, evidentemente con una disponibilità ad estendere ulteriormente (per dimensione e/o per tempo) gli easing quantitativi, alimentando la perversa dipendenza reciproca fra politiche monetarie ed andamento dei mercati finanziari.
Nel momento in cui scrivo Francoforte segna -3,2%; Parigi -3%; Madrid -2,87% e Milano -2,45%. la revisione avvenuta ieri delle stime di crescita per il PIL italiano
Centro Studi Confindustria alza stime PIL Italia: +1% (da +0,8%) per 2015 e +1,6% (da +1,4%) per il 2016 “si consolida uscita da recessione”
— Andrea Boda (@AndreaBoda) 17 Settembre 2015
protegge un pochino il listino italiano, ma non compensa il contesto internazionale avverso.
E’ la solita vecchia storia: i Paesi che hanno economie sane e dinamiche alternano le recessioni alle fasi di crescita, i paesi in declino intervallano le recessioni con periodi di stabilizzazione, quando poi un contesto esterno avverso le riporta in difficoltà. Il dato sul PIL, quando è negativo, diventa determinante nel trascinare verso il basso. Quando poi mostra segni di (timida) inversione è già trascorso troppo tempo ed una nuova fase di crisi si sta preannunciando.
Non resta che sperare che la nuova veste di Janet Yellen come Master of the Universe si riveli un’intuizione indovinata, che comporta qualche piccola scarica di terremoto per scongiurarne una di grande magnitudo e riuscendo quindi a rimandare la crisi internazionale di cui, adesso che vediamo qualche sparuto raggio di sole, proprio non sentiamo il bisogno.

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