La common prosperity cinese chiede di abbattere i costi delle case, ma Evergrande va verso il default perché ha “sovracostruito” rispetto alle reali esigenze abitative.
Com’è possibile? L’eccesso di case non dovrebbe renderne bassi i prezzi?
Beh, non in Cina.
La legge cinese distingue tra “alloggi economicamente accessibili” e “commodity housing“.
I primi, per essere tali, devono essere abitati dal proprietario, e possono essere comprati e venduti solo al costo di costruzione maggiorato al massimo del 5%.
Al contrario, il “commodity housing” può essere comprato e venduto come investimento. L’aspettativa comune è che la domanda di alloggi perduri, così il mattone è considerato un bene rifugio dai risparmiatori e ha attratto molti investimenti e capitali.
La costruzione di “commodity housing” si origina dalla disparità tra i prezzi dei terreni urbani e rurali: se vengono ridefiniti dal governo locale come terreni edificabili, possono essere rivenduti dal Comune fino a 40 volte il prezzo base all’Evergrande di turno, e nel sistema fiscale cinese i Comuni devono trasferire circa il 40% delle tasse raccolte a Pechino, ma al tempo stesso devono coprirsi in autonomia l’80% delle loro spese.
Quindi, c’è un incentivo per i Comuni a cercare flussi di reddito non fiscali (come la vendita di terreni per lo sviluppo immobiliare).
Così, quasi metà delle entrate dei governi locali in Cina arrivano dalla vendita di terreni. Centinaia di miliardi di $ di controvalore ogni anno. Gli sviluppatori immobiliari acquistano i terreni dai Comuni e sono obbligati a costruire qualcosa più o meno immediatamente. Non possono, infatti, aspettare che l’area circostante si sviluppi fino a che non sia economicamente redditizia, ma sono obbligati dalle leggi a costruire rapidamente nella nuova area senza la necessaria domanda di alloggi, per garantire la crescita del PIL.
Gli inconvenienti della gestione centrale
Ma non c’è solo questo: lo sviluppo immobiliare è stato visto dal Partito come un investimento per il futuro, volto a promuovere e sostenere lo sviluppo economico nel lungo termine. Molte “Città fantasma”, infatti, si sono riempite col passare degli anni, diventando funzionanti e normali.
Il settore immobiliare cinese è insomma il prodotto di un’economia centralizzata.
La questione scottante è che oggi, considerando l’indotto, il settore vale il 28% del PIL cinese. E se la sbornia di costruzioni si deve arrestare e insieme i prezzi devono scendere, c’è un guaio: perché la contrazione d’un settore così pesante, non può non impattare sulla crescita di PIL cinese, la quale è parte rilevante del PIL globale, che mentre #mancalaroba alimenta paure di stagflazione.
Ne parliamo in “Economia Per Tutti- Speciale Cina”

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