La storia della luce domestica è la storia della crescita economica, di come le cose possono migliorare, diventare più veloci, più economiche, più efficienti. Spiega come le società civili possano permettersi che alcuni facciano l’artista, il prete o… il blogger, e non tutti debbano dedicarsi alla caccia o all’agricoltura, alla ricerca di cibo. Spiega perché la ricerca scientifica vada incoraggiata, sempre. Perciò, per illuminare il nuovo anno, ho deciso di parlarvi della Luce.
Molto prima che Thomas Edison inventasse la lampadina (o meglio, Heinrich Göbel) l’Uomo aveva trovato altri modi di “addomesticare” il fuoco per avere la luce ed illuminare le case, i castelli e , ancora prima, le caverne. Certamente vi sarà venuto in mente l’olio lampante che fece la ricchezza di Gallipoli e di altre località italiane nel MedioEvo. Per chi come me ha delle reminiscenze degli anni ’80 riaffiora il ricordo di un cartone animato “Flo, la piccola Robinson” sulle candele in grasso vegetale:
Il grasso animale era una valida alternativa, ed era uno “scarto” della macellazione, quindi fin dall’antichità le candele in grasso vegetale o animale erano la via più diffusa di addomesticare la luce.
La costruzione di una candela richiedeva tempo, bisognava far indurire il grasso poco alla volta, sgocciolandolo progressivamente intorno allo stoppino e nello stampo predisposto. Era una attività che richiedeva molto tempo, ore e ore di paziente lavoro. L’autrice de “La capanna dello Zio Tom” diceva che fare candele dal grasso animale era sette volte peggio che lavare i vestiti.
La lettura di un libro mi ha ispirato questo breve post, mentre mi trastullavo a pensare quante ore risparmia l’Uomo nell’usare la luce elettrica anziché quella proveniente dalle fiamme. Pensavo a quante ore ed energie sono state perse nello spegnere incendi nati da lanterne ad olio cadute in un fienile… oppure su quanto la disponibilità di luce ha migliorato la qualità delle nostre vite, ripensando a Leopardi e alla sua cecità. Ma con questo libro ho scoperto che i nativi americani usavano il salmone essiccato per fare luce, in Scozia facevano delle inquietanti torce con i corpi delle procellarie, mentre in alcune isole tropicali tentarono davvero di fare lanterne con le lucciole come si racconta nelle favole… il desiderio di luce, di illuminazione, è sempre stata una molla straordinaria per l’Uomo: la capacità produttiva, in presenza di luce, aumenta sensibilmente. Se negli ultimi cinquant’anni la povertà nel mondo si è ridotta più di quanto non sia diminuita nei precedenti 500 anni, una parte importante del merito va alla maggior disponibilità della luce. Il cui progresso è una discreta forma di misura del progresso dell’Umanità.
Quei matti dell’Università di Yale sono andati a ripescare, analizzando antichi testi tra i reperti archeologici, redditi e tariffe della antica Babilonia. Dati di circa 4000 anni fa. Facendo gli opportuni correttivi di qualità di luce -c’è una certa differenza fra l’illuminazione garantita da una lampadina moderna e da una candela- sono arrivati a calcolare che una giornata di lavoro poteva comprare l’equivalente di 10 minuti di illuminazione di una lampadina.
La prima cosa a cui ho pensato è che una giornata di lavoro di allora era ben altra cosa da quello che viviamo oggi… subito dopo ho pensato anche che quasi tutto il frutto del lavoro veniva speso per il cibo e le altre esigenze primarie… Insomma dopo il tramonto, si viveva nella più completa oscurità domestica, non quell’oscurità piena di romanticismo, ma semmai l’oscurità piena di pericoli e di minacce, un’oscurità che intrappolava le già brevi ed incerte esistenze dei nostri avi. E siccome l’animale predatore più feroce è l’uomo non stiamo parlando solo della vita degli antichi babilonesi: a Parigi ad un certo punto si era tenuti a consegnare le chiavi ad un magistrato e a farsi chiudere dentro le proprie case dall’esterno, per garantire la pubblica sicurezza.
Gli antichi romani trovarono il modo di fare lampade alimentate con l’olio di balena. Così che i cetacei divennero scorte di carburante viventi. Ma questa fu un’innovazione minima: nel 1700 la vita era ancora molto più simile a quella del tempo dei Babilonesi che non a quella dei giorni nostri. Si viaggiava a piedi o a cavallo, la maggior parte delle persone erano contadini, o avevano una piccola fattoria, più o meno in quotidiana lotta per la sopravvivenza.
E l’umanità è andata avanti, più o meno, così per altre decine d’anni, finché a metà del XIX secolo qualcuno in Canada scopre il cherosene: il carburante che gli uomini sognavano da secoli. Era più luminoso, più pulito e molto, molto, più economico. Con un giorno di lavoro potevi comprarti un’ora di luce da grasso di balena, ma con lo stesso sforzo compravi cinque ore di luce da cherosene: 5 volte più efficiente (per l’Uomo, mentre è incalcolabile il contributo per il benessere delle balene). Se le balene avessero avuto il dono della parola, sarebbero state le prime promotrici della ricerca scientifica, visti i benefici apportati dalla scoperta del cherosene; senza il suggerimento dei cetacei l’Uomo iniziò solo nel XIX secolo a concepire la ricerca nelle Università. E’ attraverso la ricerca e l’applicazione del metodo scientifico che Thomas Edison è arrivato, tentativo dopo tentativo, ad inventare la lampadina. E quando ne inventò una funzionante, dovette trovare il modo di far costruire una centrale elettrica ed una rete elettrica, per consentire la diffusione della luce.
A finanziare la costruzione della prima centrale elettrica del mondo, a New York, intervenne una cordata di investitori “illuminati” (è proprio il caso di dirlo…), guidati dal banchiere J.P. Morgan. Ed è proprio nell’ufficio del banchiere che, il 4 settembre del 1882, Edison girò il primo interruttore illuminando istantaneamente un quartiere di Manhattan[sociallocker].[/sociallocker]
Accessibilità non significa solo disponibilità, ma anche costo: per diffondere l’innovazione era necessario renderla competitiva con le altre forme. Le prime centrali elettriche funzionavano a carbone, con impatti ambientali terribili.
Quindi dal lavorare un giorno per avere 10 minuti di luce, come capitava ai Babilonesi, si era passati alle 5 ore garantite dal cherosene. Nel 1990, progresso dopo progresso, una giornata lavorativa poteva comprare 20mila ore di luce. Ecco che le case, ma anche le strade, vengono illuminate, rese più sicure e più produttive. E’ così che si misura la vera crescita: si ottengono le cose più velocemente, spendendo meno. lavorare per un giorno per comprare 20mila ore, non 10 minuti. Così puoi avere risorse per comprare altre cose, o decidere di lavorare meno e fare una vacanza. Quando diciamo che l’economia è cresciuta del tot percento, è perché qualcuno è riuscito a trovare il modo di fare qualcosa in un modo migliore, o più rapido, oppure più economico. Ed il progresso, l’innovazione, procede anno dopo anno.
E per la luce procede ancora oggi, con i LED, che consentono di avere luce a prezzi ancora più bassi, perché consumano molto meno delle lampadine a incandescenza, e oltretutto durano enormemente di più.
Non è poi molto importante che si parli della luce o di altro, la domanda a questo punto è: questo costante progresso, questo continuo miglioramento della produttività, può procedere in eterno o ad un certo punto arriveremo alla massima produttività? O magari ci siamo già arrivati?
I limiti fisici esistono, bastano l’intuito ed il buonsenso a comprenderlo, ma siamo ancora talmente lontani dall’aver “inventato tutto” che possiamo pensare, ed agire, come se lo spazio di miglioramento fosse illimitato.
E’ sempre una delizia leggerti ! 🙂