La mia banca è sorprendente

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Che le banche siano “cattive” è diceria comune e condivisa. Certo, niente a che vedere con i grandi “cattivi” della Storia, ma senz’altro il sentire comune è che alle banche manchi quantomeno un po’ di benevolenza.
Il tema, per le banche, è molto semplice: se un numero eccessivo di clienti non riesce a ripagare il proprio prestito, all’istituto non resta che compensare queste perdite con maggiori guadagni (maggiori costi) sugli altri clienti. A lungo andare questo meccanismo rende una banca strutturalmente più cara (e quindi meno competitiva) di un’altra.
Per questa ragione le banche sono così (e spesso esageratamente) prudenti nel concedere prestiti e nel richiedere garanzie.
Negli ultimi anni, al di là di ogni buon esercizio di selezione dei clienti a cui prestare denaro, le banche e non solo in Italia stanno accumulando ingenti quantità di crediti problematici. Molti soggetti diventano, a causa della crisi, cattivi pagatori: aziende che chiudono, iniziative imprenditoriali che falliscono, persone che perdono il lavoro. Purtroppo, in tempi di crisi, le garanzie (se ci sono) abbinate a questi prestiti hanno perso valore. Il risultato per la banca sono delle voci in perdita. Voci che con il perdurare della crisi diventano sempre più rilevanti.

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Per la prima volta, nel 2013, la più grande Banca italiana, Banca Intesa, ha dovuto accantonare più soldi per la copertura di crediti problematici di quanto abbia dovuto spendere in stipendi. E stiamo parlando di una banca con oltre 100mila dipendenti.
Tutto questo provoca danno all’economia nazionale, perché fa crescere il costo che deve sostenere chi si finanzia in Italia. Un problema che si somma a quello dello spread e che rende la nostra economia poco competitiva.
In questo contesto, al di là delle ripetute rassicurazioni che sono arrivate dal Ministero delle Finanze negli ultimi mesi, le banche italiane hanno la necessità di migliorare la qualità dei loro bilanci.
La scorsa settimana, prendendo di sorpresa tutti, il Banco Popolare ha lanciato una operazione di aumento di capitale: agli azionisti viene chiesto un contributo di un miliardo e mezzo di euro.
La sorpresa non è stata decisamente gradita dal mercato, perché l’azione del Banco Popolare ha perso oltre il 20% dal momento dell’annuncio.
Dalle colonne di un inserto del Financial Times, gli operatori hanno avuto una nuova sorpresa del lunedì mattina: Banca Intesa starebbe preparando una “bad bank” per complessivi 55 miliardi € di crediti problematici.
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In pratica la banca intende creare un contenitore dentro il quale inserire buona parte di ciò che non funziona e liberare così il proprio bilancio da voci negative che costituiscono una zavorra.
La banca non ha smentito l’indiscrezione, il che equivale ad una conferma, resta da capire se per questo veicolo occorrerà il supporto di denaro pubblico o se la banca intende chiedere uno sforzo ai suoi azionisti. Inoltre non è da escludere che, ad operazione conclusa, per Banca Intesa ci sia poi lo spazio di annunciare nuovi esuberi.
Dal mercato è arrivato un giudizio relativamente positivo: tutto il settore bancario ha sofferto in Borsa, e tutto sommato Banca Intesa ha sofferto meno di altri.
Ora la riflessione da fare è sulle altre possibili “sorprese”: se Banca Intesa fa una operazione di pulizia di entità così massiccia nel proprio bilancio, come potrà il suo principale competitor -Unicredit- non procedere rapidamente ad una operazione simile?
Non potrà. Dovrà liberarsi della zavorra nella stessa maniera, perché altrimenti si condannerebbe a perdere la competizione sul lungo periodo.
Per queste operazioni sembra tardi per ricorrere, come fece brillantemente la Spagna, ad aiuti europei. Potrebbe così diventare una questione nazionale, da regolare con il supporto del denaro pubblico, ed in fondo è esattamente quello che è successo in UK e negli USA.
E, per imparare da quei Paesi dove certe operazioni sono già avvenute, il risultato finale è che una volta scorporati dal bilancio i crediti problematici diventa possibile esplicitare il reale valore delle garanzie, prevalentemente immobili, ad essi abbinate. Che sia quindi arrivato il momento della vera discesa dei prezzi degli immobili anche in Italia?

Articolo pubblicato sulle versioni cartacee di oggi di
Messaggero Veneto” e “La Nuova Sardegna
ed in versione online su “La Provincia Pavese
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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

6 Risposte a “La mia banca è sorprendente”

  1. La mia banca non è diversa.

    Non esistono banche cattive ma solo pessimi banchieri, ai quali nessuno chiede benevolenza ma trasparenza, onestà, astensione dal gioco d’azzardo e dalla pratica dell’usura.

    Le banche commerciali nazionali (e non) hanno un numero elevato di clienti che non riescono a pagare i propri debiti a causa della crisi, ma il grosso delle sofferenze scaturisce da pochi clienti che non hanno dato nessuna o limitata garanzia e che spesso sono stati politicamente o criminalmente accreditati, senza alcuna prudenza e con molta connivenza.

    La crisi è stata generata in buona parte dai banchieri stessi che hanno smesso di essere tali, infatti, preferirono la speculazione finanziaria al credito ordinario, da qui molte delle perdite.

    A questi gloriosi banchieri ora non resta che revocare i crediti anche alla migliore clientela facendo pagare loro il costo dei propri sbagli.

    Nessuno di questi signori ha pagato per i propri sbagli o crimini.

    In US, sono stati salvati dalla FED con strumenti monetari eccezionali, con una più equa ripartizione sul contribuente.

    In Europa, sono stati salvati con una fantastica girandola di inganni e menzogne, il cui risultato è lo stesso che negli US, paga il contribuente, ma con la differenza che i contribuenti sono stati discriminati su base nazionale.

    I figli del marco e della Francia, quelli della sterlina, … e i figli della serva.

  2. Io avrei una domanda fondamentale.

    Ma è proprio necessario salvarle queste Banche ?

    Voglio dire… Se domani fallisse Unicredit piuttosto che Banca Intesa , in un sano sistema capitalistico non succederebbe come per qualsiasi altra impresa che la sua quota buona di mercato se la prenderebbe il concorrente e le porcherie se le prenderebbero in saccoccia i creditori risanando finalmente in maniera naturale il mercato ? Non è l’altra facccia di una bad bank?

  3. A Yuma.

    Il fallimento di una banca, in qualsiasi sistema, non è mai come il fallimento di un impresa industriale o commerciale.

    La banca ha sempre valenza sistemica specie se è Too Big To Fail.

  4. @J599

    sarà proprio così, o è quello che ci hanno sempre propinato ? E’ come gli zolfanelli, non sai mai se si accendono fino a quando non li sfreghi.

    E qualcuno continua ad assicurare che si accenderebbero ….

  5. grazie per il tuo intervento …sai a volte mi sembra di essere una particella di sodio 🙂 e qualcuno si stupisce

    Verissimo, però mentre nel mondo reale un fallimento giunge anche come un monito ed in genere serve come stop, nel caso Lehman abbiamo assistito ad una continuità nell’errare come se niente fosse successo

    Autorità di vigilanza, monetarie , agenzie di rating ecc hanno continuato imperterrite ad avallare le schifezze aumentando anzi i rischi connessi e molti manager alla fine si sono ricollocati Lo stesso Fuld se non ricordo male avviò una società di consulenza, il che è tutto dire

    I danni pur enormi creati, oggi sarebbero comunque stati riassorbiti se dal fatto si fossero tratte conclusioni ed azioni come regolamentare bonus e stipendi dei grandi manager e rivedere le politiche di aggregazione delle grandi banche che invece di essere un fattore di maggior competitività alla fin fine si sono rivelate un grossissimo rischio Senza parlare della vecchia diatriba fra banche d’affari e banche commerciali di raccolta

    Emblematico vedere che soluzioni già trovate per crisi già avvenute, siano poi state messe da parte con la conseguenza di avere crisi ancora più potenti

    Certo è che avallando il tarlo poi ci si trova in un crescendo dove le conseguenze sono sempre più maledettamente importanti. Ma è il solito calcio ad un barattolo che prima o poi troverà il suo precipizio e non sarà più possibile calciare

    Mi piacerebbe vedere chi in quel momento pronuncerà la frase ” to big to fail”

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