La paura fa nobanca – EpT #99

nobanca

Fino a pochi giorni fa c’era un argomento ricorrente con il quale ci si consolava, rimirando affranti i grafici di mercati che sembrano non contemplare più l’esistenza in natura di un animale chiamato “toro”.

Il ragionamento suonava grosso modo così: l’inflazione, ok, la corsa al rialzo dei tassi, va bene, poi la guerra, la bolletta energetica, la sglobalizzazione, d’accordo, però almeno il sistema finanziario oggi registra le difficoltà, ma non ne aggiunge di propria iniziativa.
Non c’era traccia, insomma, dell’angosciante clima del 2008: la sfiducia verso e soprattutto tra le banche, nessuno che prestava più denaro a nessuno, l’apparato circolatorio del credito che pareva concretamente a rischio di infarto proprio in corrispondenza del vitale flusso rappresentato dal mercato interbancario dei capitali.

Ma giacché da tre anni a questa parte la chiamata alle armi delle moderne piaghe d’Egitto funziona con precisione biblica, ecco arrivare, sotto forma del fallimento di un paio di banche statunitensi, anche lo spettro del 2008.
Sarà pure solo uno spettro, come tutti ci auguriamo, eppure chiunque abbia una minima dimestichezza con i mercati sa bene come il solo evocare certi scenari, quand’anche per escluderli recisamente, metta a repentaglio un ingrediente vitale del sistema finanziario, la fiducia, per sostituirlo con il classico ed esiziale granellino di sabbia nell’ingranaggio: il panico, quello che scatena i bank runs .

La paura fa Nobanca

come recita dunque il titolo della puntata di questa settimana.

Le banche tornano al centro della scena ed “Economia per tutti” non poteva certo evitare di raccogliere la doppia sfida imposta da questo tema. La sfida di raccontare, questa volta, il fatto economico al ritmo tambureggiante dell’attualità, quel ritmo che espone qualsiasi riflessione ad un rischio di rapida obsolescenza. Ma anche una sfida divulgativa, posto che le banche, i loro compiti ed il loro funzionamento sono un po’ un simbolo ed un parafulmine di una certa, inveterata refrattarietà degli italiani alla sfera economico-finanziaria che si risolve poi nella demonizzazione e nell’esorcismo.

Conversazione inclinata quindi dedicata alle banche. Cosa sono, cosa fanno, a quali patologie possono andare incontro. Partendo dalle basi, a costo di sembrare didascalici.
Partendo, cioè, da quell’elementare meccanismo al cuore di tutto: raccolta ed impieghi, denaro versato dai depositanti, verso i quali la banca è debitrice, e denaro erogato in finanziamenti a quanti diventano così debitori verso la banca.

Come si garantiscono il funzionamento e l’equilibrio di questo meccanismo?
Come operano le Banche Centrali per far sì che nessuna banca sia lasciata sola rispetto all’ipotetico impegno di dover restituire tutto il denaro ai propri depositanti?
Come si stabilisce che la mole degli impieghi sia adeguatamente dimensionata all’ammontare della raccolta?
Come le banche investono la raccolta?

Su quest’ultimo interrogativo, si apre il racconto della vicenda di Silicon Valley Bank e di come questa s’intrecci, con l’aggiunta di alcune peculiarità di SVB, con la storia per eccellenza che da tempo ci occupa: l’aumento dei tassi per combattere l’inflazione, innescata dal #mancalaroba.

Il dissesto SVB, infatti, non è, come pregiudizio anti-bancario vorrebbe, l’ennesimo caso di gestione creativa e spericolata della liquidità, ma piuttosto episodio emblematico del drammatico mismatching che può crearsi tra raccolta da rimborsare a vista e liquidità investita in modo sicuro, ma a lungo termine, cioè in titoli pesantemente svalutati in quanto, in fase di impetuoso rialzo dei tassi, gli investitori se ne liberano, rifiutando i rendimenti ormai inadeguati che quei titoli esprimono.

Da qui un’altra suggestiva batteria di interrogativi: il salvataggio di SVB è davvero un incentivo al moral hazard?
La svalutazione degli assets delle banche, conseguente alla stretta monetaria, ha già dispiegato oppure no tutti i suoi effetti negativi, peraltro coerenti con l’obiettivo di ridurre la disponibilità di denaro da prestare e quindi raffreddare l’economia?
Questo terremoto finanziario era evitabile?
Esiste un rischio di contagio?
Cosa differenzia il caso delle banche Usa da vicende europee come Credit Suisse (situazione peraltro ancora completamente in divenire quando abbiamo prodotto la puntata)?
Infine la domanda delle domande: tutto ciò condizionerà, e come, l’azione delle Banche Centrali?

Insomma, come avrete capito, ce n’è abbastanza perché non vi attardiate a leggere la newsletter e vi trasferiate subito sulla vostra piattaforma preferita.

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