Lezioni di russo

C’è chi ancora, dopo tanti anni, non si è abituato all’euro e ha da poco iniziato a rassegnarsi all’idea che “tutti i prezzi sono raddoppiati” e ascolta stranito forbiti dibattiti che spiegano come la deflazione (cioé la discesa dei prezzi) sia colpa della moneta unica.

Riforme strutturali? L’Italia deve solo tornare alla Lira e svalutare: una ricetta facile e priva di controindicazioni” dicono da più parti.

Chi ha qualche capello bianco ricorda la canzone “svalutation” di Celentano e ascolta perplesso, concedendo il beneficio del dubbio, ma la cronaca di questi giorni arriva in soccorso anche di chi i capelli bianchi non li ha.

Una potenza economica come la Russia, un paese di oltre 140 milioni di abitanti e da 2mila miliardi di $ di PIL, deve fronteggiare una situazione di estrema difficoltà economica provocata proprio dalla svalutazione della sua moneta, il rublo.

Una breve cronistoria: le tensioni fra Russia e Ucraina hanno iniziato a diventare rilevanti già un anno fa. Le diplomazie dei paesi occidentali, dopo aver introdotto sanzioni commerciali che sembravano di dubbia efficacia, hanno fatto un ragionamento: metà del bilancio di Mosca viene finanziato con i profitti che ne derivano, nasce così l’idea che una discesa del prezzo del petrolio -alimentata dagli USA e concessa dagli amici Sauditi- possa mettere in difficoltà l’economia russa più di una escalation militare.

Il bilancio di Mosca inizia a sentire i primi contraccolpi ed i mercati reagiscono vendendo rubli. Per quanto questo possa aiutare le esportazioni, la svalutazione fa salire anche il costo di tutto ciò che viene importato. Il risultato è un aumento dell’inflazione. Per quanto la Russia sia un grande paese, la ricchezza è distribuita -usiamo un eufemismo- molto male: 110 persone detengono circa l’85% della ricchezza. In altre parole l’intera popolazione si spartisce le briciole e l’aumento del costo della vita ha un impatto pesante: la Banca Centrale di Mosca tenta allora di contenere l’inflazione alzando i tassi, da una parte, e contemporaneamente cerca di limitare la svalutazione della moneta vendendo dollari ed euro dalle proprie riserve.

Da inizio anno però, a forza di vendere divise occidentali, la banca centrale sta esaurendo le proprie riserve valutarie e non può certo stampare $ o €, ma neanche rubli (visto che vuole contenere la svalutazione). Così ha provveduto ad alzare sempre di più i tassi, portandoli ieri da 10,5% a 17% in un colpo solo.

Tassi così alti servirebbero a stimolare i risparmi, ma ahimé -dicevamo- ci sono ben pochi risparmiatori da incentivare in Russia. Semmai con tassi così alti è più difficile fare impresa: finanziare un investimento costa sempre di più e le prospettive di PIL scendono. Così la moneta si avvita in un gorgo fatto da inflazione, svalutazione, tassi in crescita ed economia in frenata.

Ai poveri cittadini russi non resta che correre in banca a cercare di cambiare i loro pochi rubli in una manciata di dollari ed euro, facendo peggiorare la situazione generale. Putin predica calma dalle televisioni, ma il fatto che si prenda la briga di tranquillizzare i cittadini ha suscitato in loro più sospetti che quiete.

Quella che un paio di anni fa era il paese il cui PIL cresceva del 7% all’anno, la patria dei più ricchi acquirenti di yacht del Mediterraneo e di case di lusso a Londra, dei più danarosi clienti di via Montenapoleone e di via Condotti, ora ha una moneta dimezzata, tassi d’interesse a due cifre, un’inflazione che flagella i redditi e prospettive economiche di profonda recessione: a ieri il PIL russo era stimato a -4,5% per il 2015, ma le revisioni a ribasso sono continue e molto veloci (e le code agli sportelli sono sempre più lunghe).

Lo “zar” Putin ora si produrrà in una qualche forma di rappresaglia verso l’Occidente, e potrebbe limitare le libertà dei cittadini sia bloccando i capitali privati, sia mettendo un (ulteriore) cappio all’informazione. Certamente è improbabile che continui -come sperava la Lega Nord- a finanziare altri partiti europei dopo il Front National di Marine Le Pen.

E pensare che la svalutazione -secondo alcuni- è “una ricetta semplice e senza controindicazioni”. Chissà che non avesse ragione Massimo D’Azeglio già 150 (e più) anni fa:

“Gl’Italiani hanno voluto far un’Italia nuova, e loro rimanere gl’Italiani vecchi di prima, colle dappocaggini e le miserie morali che furono ab antico la loro rovina; […] pensano a riformare l’Italia, e nessuno s’accorge che per riuscirci bisogna, prima, che si riformino loro.”

Articolo pubblicato su La Nuova Sardegna il 17 dicembre 2014
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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

6 Risposte a “Lezioni di russo”

  1. Assolutamente fermi a Massimo D’Azeglio che ben fotografa l’Italia oggi. La colpa è sempre del governo ladro o del vicino di casa e ogni bubbola è ben accetta, specie se esce dal piccolo schermo o dalle grida dell’invasato di turno.

    Senza uno shock non cambierà nulla, perché per ora siamo proprio noi a voler mantenere tutto com’è ed a non volerci assumere nessuna responsabilità seria.

  2. e se invece Putin stesse mettendo in atto una mossa tattica, liberandosi di dollari e acquistando a basso prezzo l’oro?
    e se il dollaro non fosse più la moneta di scambio di riferimento?
    e se avessero ragione i cinesi a pretendere una paniere di valute?
    un dollaro così quotato giova all’Euro e a noi europei?
    sono davvero confusa non riesco a prendere una posizione, probabilmente dalla parte del torto….

    1. Che Putin stia pensando a mosse tattiche è più che probabile: per il personaggio che è e per il peso del Paese che rappresenta non può semplicemente prendere cazzotti, piegare le orecchie e sedersi ad un tavolo per trattare. Sul fatto, però, che si stia liberando dei dollari per tattica sarei piuttosto scettico, al momento la svalutazione del rublo è un grosso problema sociale che mette a rischio anche il consenso interno e la vendita di dollari è dolorosa ma necessaria. L’oro si compra in dollari, quindi escluderei la questione.
      Diciamo che la probabilità più alta di rappresaglia russa rimane quella di interrompere le forniture di gas, al momento hanno il problema di aver bisogno di incassare e di non potersi permettere di chiudere i rubinetti, ma l’accelerazione di accordi di fornitura verso Cina ed India delle ultime settimane potrebbe essere dovuta proprio a mettere la Russia nelle condizioni di agire su quel fronte.

      Viceversa, per sparigliare le carte, c’è l’opzione del disordine militare per far leva sul nazionalismo e consolidare il supporto interno, ma speriamo non si arrivi a tanto.

  3. non sopravvaluterei Putin attribuendogli strategie tortuose che non mi pare in gradi di elaborare di suo e che non accetterebbe per diffidenza, qualora gli fossero suggerite.
    Sulla incapacità di cambiare nel profondo degli italiani abbiamo detto e letto parecchio, e torniamo sempre al paese del gattopardo: dove (apparentemente) si cambia tutto, per non cambiare sostanzialmente nulla.
    Ieri mi sono crogiolata nella poesia del film “I Diari della motocicletta”, dove un giovane Ernesto Guevara tocca con mano gli effetti della disuguaglianza sociale, e matura la sua scelta rivoluzionaria. Mi colpisce e mi rattrista una sua considerazione, scaturita durante una conversazione con l’amico e compagno di viaggio Alberto Granado: ” ma una rivoluzione senza armi??” come a dire che non è immaginabile, una rivoluzione senza armi. Quali armi? è lecito sperare che le tecnologie, la conoscenza e le nuove forme di comunicazione possano essere le armi di una possibile rivoluzione? Ma forse, Enrico, nessuna arma potrà mai essere efficace se non c’è passione ad animarla.

  4. Mi perdoni, Mr. Andrea Boda, questo mio intervento, che sarà gioco forza un po’ polemico. Non sono un lettore abituale del vostro sito (lo leggo soprattutto su vostra diretta sollecitazione, con riferimento alle periodiche e-mail che mi inviate. Dico questo non per una snobistica presa di distanze, ma proprio perché non riesco a stare dietro a tutto quello che viene pubblicato), non sono né un troll né un rompiscatole di professione, ma a questo punto una domanda sorge spontanea: ma lei ed i redattori di questo sito un testo di macro-economia l’avete mai aperto nella vostra vita?
    La domanda ci sta, non è né peregrina né provocatoria, perché già un po’ di tempo fa mi trovai a polemizzare su questo vostro sito con un bravo columnist, che aveva però qualche problema ad individuare chi o che cosa fosse il responsabile della perdita di competitività dell’economia italiana a partire dal 1977, con specifico riferimento ad un diagramma che lo stesso aveva proposto.
    Adesso mi trovo a leggere un paio di cose, nel suo intervento, che mi tolgono qualsiasi ulteriore dubbio sulla vostra reale specializzazione … che non è quella della macro-economia, lei vorrà perdonarmi. Siete senz’altro specializzati in moltissimi settori, non ho alcun dubbio, ma non in quello della macro-economia.
    Visto il momento decisamente drammatico della nostra economia e della nostra società, o non mi inviate più alcuna sollecitazione alla lettura, oppure dovete perdonarmi questo intervento.
    Lei se la prende con chi desidera tornare alla Lira (in realtà ad una valuta nazionale, che non so se si chiamerà ancora Lira) e permettere così un riallineamento valutario all’interno dei paesi europei.
    Una moneta senza stato e senza alcun trasferimento fiscale al suo interno, imposta per di più in una regione che non costituisce un’Area Valutaria Ottimale, finisce con il generare dei gravissimi problemi a livello di Partite Correnti, giusto?
    Come lo compensiamo questo deficit? Se ci fossero ancora le valute nazionali il gioco rivalutazione/svalutazione farebbe giustizia di questi squilibri, vero? Ma visto che c’è la moneta unica, persone che la pensano come lei hanno ritenuto che si possa ovviare con una deflazione interna (per farla semplice).
    C’è anche qualche teorico della deflazione fiscale che, per farla breve, prevederebbe di eliminare l’IRAP e ridurre le tasse dirette, e quindi di darci sotto con le patrimoniali e con l’IVA. Ma per la verità questa ipotesi non ha trovato fino ad ora molti fans, e quindi per il momento soprassiedo.
    L’avete fatta questa deflazione interna (mi perdoni se la pongo sullo stesso carrozzone dei Mario Monti & C.)? Sì, l’avete fatta ed insisterete ancora. Con quale esito? La distruzione dell’economia e della società italiana. Mi spiego? CI AVETE PROVATO E LE VOSTRE IDEE HANNO FALLITO. CAPITO? AVETE FALLITO.
    Ed allora, cos’altro resta per ridurre i deficits delle Partite Correnti, se non tornare alle valute nazionali? Lei può anche fare dell’ironia (un po’ dozzinale, non me ne voglia, il riferimento alla canzone di Celentano) però … cos’altro propone, oltre a politiche già largamente fallite?
    Sulla Russia, poi, non l’annoio, ma guardi che la situazione è parecchio più complessa di quanto lei scrive. Un consiglio? Lasci stare. Una valutazione sulla politica economica russa la faccia fra uno o due anni. Sono sicuro che avrà occasione di riconsiderare qualche sua opinione.
    Ma poi passo al successivo “botto”, e dire che Capodanno è già passato. Ma sì, la spirale svalutazione-inflazione. Congratulazioni! A sostenere questo teorema ormai c’è rimasto solo lei, novello soldatino disperso su un’isola del Pacifico.
    Faccia così, pubblichi i diagrammi svalutazione/inflazione dell’Italia del 1992 (fuoriuscita dallo SME cosiddetto credibile) e degli anni a seguire. Pubblichi anche i diagrammi della svalutazione/inflazione dell’Euro, rispetto al Dollaro, negli anni successivi all’introduzione della moneta unica.
    Faccia così, pubblichi anche quelli dell’evocatissima Argentina, quando cessò l’aggancio al Dollaro (nonostante le importazioni di questo paese erano e sono decisamente anelastiche).
    Vedremmo che nel primo caso ad una svalutazione di oltre il 20% corrispose un’inflazione CHE ADDIRITTURA DIMINUI’, più o meno la stessa cosa nel secondo caso (inflazione piatta). E nel terzo caso? Ad una svalutazione del 230% corrispose un’inflazione del 20-25 % circa, ovvero con un rapporto di 1 a 10 (più o meno. Non ho i dati sotto agli occhi).
    Lo vuol capire? NON C’E’ UN RAPPORTO DIRETTO FRA SVALUTAZIONE E INFLAZIONE. Fra l’una e l’altra c’è di mezzo un oceano. Certo, l’una non esclude l’altra, ma come concausa, mai come effetto diretto.
    Non basta? Mi faccia sapere. Sarò lieto di inviare le opinioni di stimatissimi economisti indipendenti, o il titolo di qualche libro di testo (per qualche eventuale diagramma faccia pure da solo. Basta andare su Internet).
    Mi stia bene, Mr. Boda. Che il week-end le sia lieve.
    Ocnarf

    1. Innanzitutto grazie per l’intervento, visto che deve esserle costato del tempo. Dal confronto di opinioni si può solo trarre beneficio. Avere delle convinzioni radicate può andare benissimo, irridere chi la pensa diversamente dandogli dell’ignorante (nel senso letterale di “ha mai aperto un libro…?”) lo trovo di cattivo gusto, sintomatico -forse- di una insicurezza inconscia delle sue posizioni.
      Ma veniamo al punto: la spirale svalutazione-inflazione di cui parlo nel post è quella che si può registrare con empirica evidenza nei fatti che -al momento, glielo concedo- stanno riguardando la Russia. Non è un dogma, o qualcosa che automaticamente si attiva in ogni situazione, ma nel caso preso in esame è un fatto, ed è incontrovertibile.
      La Lira, o il tallero di turno, sarebbe una “soluzione” ad una certa serie di squilibri, che indubbiamente l’area euro presenta. Tuttavia ritengo, e sono tutt’altro che solo, che le conseguenze di tale scelta sarebbero dannose, nel senso che i danni che ne verrebbero supererebbero i benefici.
      Quello che talvolta mi indispone nell’atteggiamento di chi propone il ritorno ad una valuta nazionale come soluzione è la pretesa di raccontare alle molte, moltissime, persone con scarse competenze e che sono alla ricerca di risposte che il tutto sarebbe quasi un no-event, una scelta priva di controindicazioni.

      Come più volte ho avuto modo di dire il mio mestiere è quello di assistere le persone nella cura dei loro risparmi, ipotizzando gli scenari che potrebbero palesarsi e cercando di capire che probabilità abbiano di avverarsi. Non di decidere come amministrare un Paese: non ho alcun potere di stabilire come e cosa tassare, lo trovo un esercizio -nel mio ruolo- ozioso, e pertanto non mi ci dedico. Tutt’al più può capitare che mi interroghi su alcuni argomenti ed esprima le mie opinioni in merito. Capita talvolta che queste opinioni, che a lei sembrano prive di senso e di formazione, vengano lette da chi prende davvero le decisioni, ma leggerle e eventualmente considerarle è una scelta che mi lusinga ma che non posso determinare.

      Pertanto se devo scommettere su uno scenario, continuo a pensare che il più probabile sia che l’area euro continuerà ad esistere e che le innegabili (pesanti) problematiche che la affliggono verranno affrontate, purtroppo probabilmente non nei tempi (e nei modi) che ci piacerebbero di più, ma tant’è.

      Spero di aver almeno in parte sciolto alcuni dei suoi dubbi. Per le supposizioni che velatamente ha dato ad intendere (“mi tolgono qualsiasi ulteriore dubbio sulla vostra reale specializzazione … “) credo di poter fare poco, se non rassicurarla che nessuno mi paga per propagandare l’euro.
      Saluti Ocnarf, anche al suo rovescio (o alter ego?)

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