L’incoscienza artificiale dell’algoritmo egoista. Con @MassimoChi – EPT #98

Incoscienza artificiale chatGPT

Dove vai se ChatGPT non ce l’hai? E’ la moda esplosa nella stagione autunno-inverno che si sta per congedare. Intelligenza artificiale in tutte le salse e a tutti livelli.
Dalle riflessioni “alte”, come quella consegnata al New York Times da Noam Chomsky, ai sensazionalismi più di pronta beva: neoluddisti che già paventano il dominio delle macchine senzienti, minimizzatori di professione che riducono il tutto ad una più veloce consultazione da enormi database in luogo degli attuali motori di ricerca, scuole di ogni ordine e grado che , a tutte le latitudini ed in ordine sparso, corrono ai ripari rispetto alle possibili interferenze dell’AI in sede di esami e verifiche.

Su tutto, poi, il gioco di società del domatore di chat bot ( molto spesso un giornalista) che a cena annuncia che, sì, l’ha interrogata anche lui “questa benedetta ChatGPT” e giù a raccontare come l’ha colta in fallo su qualcosa o viceversa, pour epater le bourgeois, come l’ha costretta a tradire indizi della sua progressiva trasformazione in macchina cosciente.

Ad “Economia per tutti” siamo, in realtà, poco modaioli nella scelta degli argomenti da trattare, salvo quando riteniamo di intuire, sotto la patina del trendy, la scorza dura di ciò che è destinato a durare e appare potenzialmente dirompente.

E’ questo uno di quei casi e, per fare chiarezza nella nostra testa, abbiamo cercato qualcuno che di AI si occupa ben oltre le mode.
Conversazione inclinata”, dunque, con Massimo Chiriatti. Tecnologo, manager informatico, esperto di economia digitale, innovazione e futuro del lavoro, Chiriatti è soprattutto autore di “Incoscienza artificiale. Come fanno le macchine a prevedere per noi” e ancor prima di “#Humanless. L’algoritmo egoista”.

Massimo, in realtà, non vorrebbe proprio sentir parlare di “intelligenza” artificiale giacché, ci spiega, in queste macchine non c’è intelligenza alcuna, ma “solo” una spaventosa mole di dati e calcoli. Tuttavia, egli stesso appare rassegnato all’evidente ricatto mediatico: o si evoca l’esistenza di un’intelligenza artificiale oppure crolla l’interesse.

Così sia, dunque, ma sull’ “incoscienza” delle AI Chiriatti, invece, non fa sconti. Se coscienza è “quello che sentiamo mentre stiamo pensando”, bè questa è una prerogativa che, almeno ad oggi, noi umani possiamo agevolmente rivendicare come esclusiva. Prive del nostro bagaglio di sensazioni, della nostra capacità di correlare causa ed effetto, di spiegare in modo non logaritmico i nostri sentimenti, di elaborare decisioni ed esprimere giudizi, le macchine dell’AI si limitano a trovare correlazioni statistiche tra l’universo di dati che forniamo loro. Possono farlo in maniera molto più veloce e precisa rispetto a noi, possono scriverlo correttamente, giacché la relazione tra le parole è appunto la sintassi, ma senza conoscere il significato, e tantomeno la portata, delle parole che usano.
Tanto rumore per nulla dunque? Niente affatto. Massimo ci spiega bene il cambiamento in atto: da macchine automatiche, che abbiamo istruito con i nostri programmi (come una banale calcolatrice) e alle quali abbiamo dato regole da eseguire velocemente ed input limitati e predefiniti, stiamo transitando, appunto con le macchine di AI , a macchine “autonome”. Macchine, cioè, che non partono dalla regola (ad esempio eseguire un calcolo), ma dai dati. Macchine che alimentiamo con miliardi di dati di qualità e alle quali poi assegniamo, per così dire, un compito “aperto”: trovare esse stesse delle “regole”, cioè le correlazioni tra quei dati.
Le macchine, con la loro capacità di analisi, potranno sorprenderci (sempre nella totale inconsapevolezza di farlo): troveranno correlazioni spurie, cioè sbagliate, o correlazioni per noi inedite, “regole” sepolte nel nostro universo di dati e che noi non potevamo vedere. Ma il tutto sarà sottoposto al nostro giudizio.
Qui si spalanca, ci spiega Massimo, il ruolo cruciale che incombe sugli esseri umani. Senza indulgere ad utopie né distopie, senza attardarsi in geremiadi sulle “macchine che ci sostituiscono” (chi aspirerebbe oggi a fare il lavoro di una macchina?), senza giocare a togliere i guardrail alle macchine “autonome” per vedere l’effetto che fa, c’è un enorme lavoro da fare per affinarle, certo, tecnologicamente, ma anche per dare al loro utilizzo una cornice normativa, economica, etica.
Queste macchine (comprese le armi autonome, come i droni, e le macchine a guida autonoma) esistono sempre e solo in relazione a noi esseri umani. Loro non sono in grado di codificare questa relazione, noi sì.
Si è reso, infine, necessario un diktat della regia mancuniana per porre termine all’affascinante chiacchierata con Massimo Chiriatti. Inutile dire che tornerà, ma intanto non perdetevi, sulla vostra piattaforma preferita, questo primo incontro con lui.

I libri di Massimo Chiriatti sono disponibili qui:

La sigla di questa puntata è stata realizzata con @Teoxandra, la voce di “Up Skill”, il podcast di Sharpen Up che parla di come cambia il Lavoro

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