L’intrigante assurdità dell’analisi tecnica

Ogni tanto guardo con interesse qualche report di analisi tecnica, avete presente no?, i grafici con candele e trend e figure testa-spalle e via così. In verità mi sento ogni volta un pò sciocco perchè io all’analisi tecnica non ci credo.
Qualche tempo fa ragionai sulle sue ipotesi fondanti e dedussi che l’idea che ne costituisce l’architettura portante fosse improbabile, e da allora non riesco più a guardarla con la stessa fiducia che avevo agli inizi. Come un fidanzamento rovinato da un innocuo tradimento.
Penserete: “un tradimento… ‘innocuo’?” Beh, non c’è nulla di esatto in questa matta scienza che è l’economia e dobbiamo fare i conti con una realtà che ci spiazza.

Le origini dell’analisi tecnica sono vecchie e risalgono a quando due giornalisti finanziari, Charles Dow e Edward Jones, fondarono a New York nel 1882 una società di distribuzione di notizie finanziarie. Dopo aver visto migliaia di grafici, a Dow parve fosse possibile costruire una sorta di barometro dei mercati, e condensò le sue idee in sei principi (che sarebbero stati ripresi e sviluppati da Hamilton e Rhea negli anni trenta).
Di questi, due mi hanno sempre intrigato:
1) gli indici scontano tutte le informazioni disponibili
2) la storia tende a ripetersi, magari non identica ma si assume che a stimoli identici gli operatori reagiscano in maniere simili per una ragione psicologica e emotiva.

Mentre nell’analisi fondamentale sono centrali le informazioni e le news, nei libri di analisi tecnica trovate frasi del tipo: “se si presenta una configurazione così, allora è probabile che…”. Inversioni, continuazioni, accumulazioni o fasi di mercato non sono mai spiegate in base al sopraggiungere di notizie relative per esempio a un bilancio migliore delle attese, a un business plan particolarmente gradito, a una ripresa generalizzata del settore e così via.
Il suo segreto consiste invece nel vaticinio di una ermeneutica geometria.
Il principio numero uno tende infatti a escludere ogni necessità di studiare le informazioni: esso dice che è inutile indagare quali siano i fattori determinanti, né è indispensabile conoscerli, in quanto il trend e i patterns dei grafici azionari ci diranno tutto e contengono tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno.

Non entro nel dettaglio dei criteri, chi è interessato se li studi, quanto ho sopra descritto sono la definizione, la teoria e l’ipotesi del metodo e a me tanto basta.
Questo approccio ha senso solo se tutte le notizie sono già incorporate nei prezzi, quindi per l’analista tecnico i mercati sono perfettamente efficenti, ma sorpresa….non nel senso di Fama.
I prezzi nei mercati efficenti di Fama oscillano casualmente attorno all’ultimo valore di equilibrio, determinato istantaneamente dallo sconto di tutte le informazioni disponibili, e vanno così errando finchè non arriva una nuova notizia rilevante da scontare.
Invece l’analista tecnico ci dice che è in grado di individuare tendenze, patterns, figure, punti di inversione e/o di continuazione perchè il mercato equilibrato è comunque fatto di uomini con le loro ansie, emotività, intuizioni: tutti elementi che possono essere individuati nei tracciati delle quotazioni. È psicologia.
Insomma, è come se Fama facesse petting con un economista comportamentale, e scusate l’immagine poco idilliaca.
Il punto debole è proprio qui. Aprite un testo di analisi tecnica: troverete centinaia di diagrammi di prezzi di mesi, anni addirittura decenni con le loro belle linee di tendenza e configurazioni di bandiere, pennoni, cunei, testa-e-spalle, triangoli e rettangoli.
Ma nella realtà, quando arriva una nuova informazione si crea una discontinuità rispetto al pattern psicologico degli operatori, ed è impossibile che in mesi, addirittura anni, non arrivino nuovi informazioni da scontare nel prezzo, modificandolo in modo indipendentemente dalla “psicologia” che muove gli investitori nelle fasi di assenza di nuove info.
Infatti bisogna riconoscere che i traders più accorti non rinunciano mai ad affidarsi all’analisi fondamentale e solo in seconda battuta cercano verifiche in quella tecnica. E questo dovrebbe essere di avvertimento agli investitori fai-da-te che usano solo e semplicisticamente la seconda.
Pure il discorso che i prezzi siano istantaneamente scontati nei prezzi fa acqua: le nuove informazioni in genere possono richiedere anche a analisti professionisti del tempo per essere valutate nella loro interezza e profondità, e il caso di Monte Paschi e del suo tormentato aumento di capitale e pure l’elezione di Trump lo stanno nuovamente dimostrando. Quindi tale discontinuità può tendere a permanere per un certo periodo, che non si ripete costante nel tempo. (vds nota 1) [sociallocker].[/sociallocker]

UNA BUFALA?

Magari se l’analisi tecnica venisse usata esclusivamente nelle fasi di assenza di nuove notizie, e nella fondata certezza che tutte le informazioni siano compiutamente scontate nei prezzi, allora questi criteri euristici di previsione dei prezzi potrebbero avere una loro validità in un orizzonte di brevissimo termine.
Ma nel mondo moderno caratterizzato dai tempi ultrarapidi dei social e dei network che connettono istantaneamente tutto il globo in un battito di ciglia, possiamo realmente credere che esista un momento che non siamo bombardati di notizie pertinenti? Se lo credessimo non avrebbe senso che esistano software potentissimi per fare high frequency trading.
Presumibilmente l’analisi tecnica aveva un senso in un tempo in cui le notizie correvano lente e erano concentrate in pochi momenti dell’anno, e quindi il mercato era effettivamente dominabile da intuizioni, irrazionalità, emotività, o mode.

Ma allora cosa dobbiamo concludere: che queste figure non siano altro che miraggi o fate morgana? L’analisi tecnica è quindi una bufala? In verità sono restio a crederlo.
Vi ricordate quando dicevo che i fenomeni economici, e quelli finanziari in particolare, non sono indipendenti rispetto agli osservatori?.
Gli astronomi o i climatologi possono acquisire le conoscenze più complete e corrette sul funzionamento dei sistemi fisici da loro studiati, e comunque ai pianeti e alle nuvole non gliene fregherà nulla e ciascuno di essi continuerà a comportarsi come deve, indipendentemente dalla nostra stessa esistenza.
Ma in economia non è così, bensì è come il gatto di Schroedinger che vive o muore a seconda di quello che noi faremo. Il nodo cruciale della questione è intuire quante persone in ciascun momento siano disponibili a credere all’efficacia della teoria e quante credano al trend psicologico che essa prevede. Più sono e più il mercato ne sarà influenzato, al netto dell’ovvia ma disorientante considerazione che i mercati finanziari non sono perfettamente concorrenziali.
Che magia la finanza! Anche una tecnica teoricamente campata per aria può risultare efficace per far soldi se tutti vi credono e la applicano.
A distanza di venti anni ancora l’economia mi affascina e mi intriga, proprio perchè è una scienza destinata alla perenne inesattezza. Potrebbe essere un incentivo per noi e i nostri figli ad approcciarcene con un’ottica meno materialista e più illuminante sui rapporti sociali.
Una magia, indubbiamente.

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(nota 1) Mi si potrebbe obiettare che la Teoria di Eliott, per la sua peculiare caratteristica di analisi tecnica di medio-lungo e lunghissimo periodo, ponga un problema alla mia critica, specie considerando che pare vi siano veramente delle ricorrenze secondo la serie di Fibonacci, come prevede la teoria. Non voglio dare in merito una sentenza conclusiva, non ho idea di quanto siano robuste queste “ricorrenze secondo Fibonacci”. Mi limito a dire che la teoria sottostante alle “onde” di Eliott è la stessa di Dow e quindi concettualmente pone per me lo stesso problema.

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Pubblicato da Beneath Surface

Alla soglia degli anta decide di tornare alla sua passione giovanile: la macroeconomia. Quadro direttivo bancario, fu nottambulo ballerino di tango salòn, salsa cubana e rueda. Oggi condivide felicemente la vita reale con le sue due stupende donne.

6 Risposte a “L’intrigante assurdità dell’analisi tecnica”

  1. Condivido sostanzialmente le considerazioni dell’articolista, pur non potendomi certamente considerare un analista credo molto più(con le mie labili conoscenze finanziarie) ai fondamentali, però però guardando qualche trasmissione tra le più seguite vedo che c’è gente che sull’analisi tecnica dà consigli non certo campati in aria.

  2. Premetto che non sono un analista, sono solo un giovane appassionato di finanza.
    Condivido molto il passaggio finale su « quante persone in ciascun momento siano disponibili a credere all’efficacia della teoria ». Lo condivido perché – nel mio tentativo di imparare osservando i mercati – la tecnica si è rivelata un po’ come un’amante: se funziona lo fa bene, se non funziona ti può fare molto male. Mentre la fondamentale è la moglie: funziona spesso solo che ogni tanto ti fa girare le scatole perché non ci siamo capiti bene. Padroneggiarle entrambe, beh si, è da veri professionisti 🙂
    Gran bell’articolo!

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