L’Onda Inarrestabile degli Studenti Orientali: a Scuola con Furore

Lo stereotipo del cittadino asiatico volenteroso ma privo di creatività sta finalmente per essere consegnato alla storia. L’idea che gli asiatici sappiano soltanto produrre con un’applicazione sistematica, ha a lungo dominato tra le opinioni pubbliche occidentali, addirittura nella stampa e nei circoli accademici. La convinzione era talmente forte che Kishore Mahbubani – un prestigioso intellettuale di Singapore, uno dei pensatori più influenti sulla scena globale – ha scritto un libro dal titolo provocatorio: “Can Asians Think?”. Ovviamente la risposta è affermativa. Gli asiatici possono ragionare in maniera diversa, ma ciò è dovuto alle condizioni storiche nelle quali il pensiero si è determinato. Per ironia, questa diversità sta proiettando gli studenti asiatici ai primi posti negli standard internazionali e ancor con più forza nelle classifiche statunitensi. La supremazia ha luogo soprattutto nelle materie scientifiche, dove il successo è dovuto all’incrocio di diversi fattori. Un’interpretazione occidentale accomodante sostiene che i risultati derivano da virtù asiatiche: l’impegno, la disciplina, l’applicazione sistematica delle regole. Oggi è inoltre conosciuto il fenomeno delle Tiger mom, le severe madri cinesi che pungolano e reprimono i loro figli con l’unico obiettivo di farli eccellere e scuola e nella vita. Eppure queste analisi sono inaccurate per difetto. Studi più approfonditi rilevano che gli Asiatici negli Stati Uniti svettano nelle materie dove il ragionamento è fondamentale: matematica, calcolo, informatica, ingegneria.

Il tradizionale impianto dei college Usa è cambiato. Oggi i migliori studenti sono diversi dalle classiche immagini che abbiamo visto nel softpower americano: non giocano a football, non guidano decappottabili, guardano poco la TV. Indossano invece gli occhiali da vista, sono sempre collegati a Internet, hanno gli occhi su uno schermo, per comunicare e soprattutto per studiare. Trainano inoltre l’intero corpo studentesco. Per rimanere legati ai loro successi, aumentano le ore di studio formale e diminuiscono le attività extra curriculari come sport e gite scolastiche (spesso viste come compensazione alla “fatica dello studio”).  Stanno prendendo forza l’applicazione e l’ottenimento dei risultati rispetto alla tipica impostazione statunitense, tesa a costruire “l’autostima” per proiettare gli studenti nel mondo del lavoro. Oggi il successo si raggiunge con la collezione di titoli, di voti e di risultati.

Molte delle tipiche PTA – Parent Teacher Association – lamentano che le scuole si stiano “asiatizzando”, imponendo così uno stress maggiore agli studenti, inducendoli a una concorrenza spietata, pur per posizioni di media rilevanza. Anche le Università migliori hanno nei fatti eretto delle misure per prevenire la perdita di identità. Le ammissioni non sono più basate soltanto su test e curriculum – dove gli asiatici risultano invariabilmente migliori – quanto su parametri di equilibrio, di rispetto della composizione etnica, di considerazione delle minoranze. Il principio può essere nobile, ma certamente penalizza sul piano personale. Più di 50 organizzazioni studentesche asiatiche negli Stati Uniti hanno denunciato l’Università di Harvard per pratiche discriminatorie. I loro legali suggeriscono di non accludere nelle domande di ammissione la foto o qualsiasi segno distintivo dell’etnia, appunto per timore di essere esclusi dai corsi. In attesa che si esprima il sistema giudiziario statunitense, si afferma il riscatto di popolazioni a lungo sottomesse. Per rivincita della storia, primeggiano nella stessa terra che aveva sfruttato i loro antenati, assegnati ai lavori più umili della scala sociale. Gli Stati Uniti non sono in grado di frenare quest’onda di cultura e di ambizione che viene dal Pacifico. L’hanno in realtà messa in moto con la globalizzazione e ora devono cercare di non esserne travolti.

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Pubblicato da Alberto Forchielli

Presidente dell’Osservatorio Asia, AD di Mandarin Capital Management S.A., membro dell’Advisory Committee del China Europe International Business School in Shangai, corrispondente per il Sole24Ore – Radiocor

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