Quello che più occorre sui mercati sono ordine, trasparenza e chiarezza.
Siamo onesti, l’emotività la fa da padrone e la confusione regna sovrana.
Prendiamo quanto sta accadendo oggi alle banche italiane. Un (nuovo) tonfo generalizzato, probabilmente anche nella logica del “take profit”, un realizzo di posizioni sulla scia di una notizia percepita o interpretata come negativa, dopo i forti rialzi delle ultime due settimane. E mi viene anche il dubbio che i mercati non abbia ancora capito come funzionano i rapporti tra la BCE e le banche, dopo l’introduzione del Meccanismo di Vigilanza Unico.
Ma qual è questa notizia?
Il Supervisory Review and Evaluation Process (SREP) è, innanzitutto una cosa che si intuisce dall’ultima parola. Quindi è un “Processo”.
[sociallocker] Prendiamo la definizione di Wikipedia sul termine “Processo aziendale”.
Il processo aziendale (o business process) è un insieme di attività interrelate, svolte all’interno dell’azienda, che creano valore trasformando delle risorse (input del processo) in un prodotto finale (output del processo) a valore aggiunto, destinato ad un soggetto interno o esterno all’azienda (cliente). Il processo è teso al raggiungimento di un obiettivo aziendale, determinato in sede di pianificazione, se questa è presente.
E’ evidente che quindi, con processo aziendale, ci si riferisce ad un iter dove ci sono delle attività mirate a degli obiettivi, con dei monitoraggi ben definiti per riuscire a raggiungerli.
E’ normale perciò che la BCE, nell’ambito dello SREP, effettui un monitoraggio continuo e che quindi le banche vengano seguite con attenzione, con tanto di comunicazioni periodiche.
Ed è altrettanto normale che venga valutato il rischio complessivo delle banche. Quindi NON solo il profilo dell’adeguatezza patrimoniale, ma anche finanziario, operativo/gestionale, della governance, della rispondenza tra obiettivi dichiarati nei Piani Strategici e risultati poi conseguiti effettivamente, buona parte dei quali dipendono anche dal contesto in generale.
Andiamo ad analizzare il caso del giorno che ha come protagonista Banca Carige (che quindi prenderemo come esempio). Credo sia ben noto al mercato che gli obiettivi dell’ultimo Piano Industriale di Carige fossero ormai sorpassati ed obsoleti. Diventa quindi normale (anche perché ampiamente scontato dal mercato) che Carige non rispetti i target del piano industriale. E da qui la richiesta della BCE.
“La BCE ha comunicato a Banca Carige l’intenzione di adottare una decisione finalizzata alla “riduzione dei rischi” e alla “presentazione di un piano per adeguarsi ai requisiti di vigilanza” (“the reduction of risks and the presentation of a plan to restore compliance with supervisory requirements”) spiega la banca in una nota. La Banca centrale guidata da Mario Draghi ha chiesto un “nuovo Funding Plan” entro il 31 marzo 2016, un nuovo piano industriale entro il 31 maggio che tenga conto del deterioramento dell’attuale scenario e un piano che rifletta nuove considerazioni sulle opzioni strategiche, entro maggio. Carige ha replicato alla BCE “fornendo i propri commenti e osservazioni, ribadendo l’adeguatezza delle strategie, dei processi, dei fondi propri e della dotazione di liquidità atti a fronteggiare i rischi correnti e prospettici del Gruppo anche nel nuovo deteriorato scenario di riferimento”. (Source)
[/sociallocker] In altri termini, la BCE ha chiesto semplicemente a Carige di rivedere il suo Business Plan in quanto palesemente non raggiungibile ed incoerente con la realtà. Questa richiesta è stata vista dal mercato con estrema negatività. Ma perché?
Se ci pensate bene, quanto è avvenuto si distingue da quanto faceva Bankitalia, in quanto la BCE è molto più invasiva. Questo comporta qualche svantaggio, perché si va a ridurre l’autonomia gestionale delle banche a causa del maggior monitoraggio.
Confucio diceva: “Attacca il male che è dentro di te, invece di attaccare il male che è negli altri.”
Siamo così certi che alla fine questo sia un male, soprattutto visto che oggi abbiamo quella famosa normativa BRRD da cui deriva il bail in, che mette potenzialmente a rischio i denari che gli (spesso ignari) investitori hanno presso le banche?
La logica è banale: prevenire è meglio che curare. Ma il mercato, forse, vuol continuare a vivere di sogni.
La chiosa mi convince: i problemi di Carige derivano da comportamenti che maggiori regole e controlli possono evitare. La discesa odierna, più che effetto-sogni, la attribuirei ad un peggioramento oggettivo dei conti: Carige ha dovuto svalutare e aggiornare le proprie perdite del 2015 da meno di 50 mln€ a più di 100
Vero, dici bene, ma le altre banche? Io ho preso in considerazione il singolo caso, che come dici tu ha delle giustificazioni a prescindere. Però mi pare che, a parte la questione Carige, ci sia l’ennesima caccia alla strega (bancaria). O sbaglio?