More, much more than this, I did it RaiWay

È di grande interesse la notizia dell’offerta pubblica di Mediaset su RaiWay. Se non altro, perché mostra un Berlusconi che torna al business e che, quindi, si sente liberato del suo ruolo politico.
Poco importa se lo faccia con rassegnazione o, come dice qualcuno, per riaffermare che detiene ancora un potere notevole. Il dato è di quelli che segnano un’epoca, esibendo uno stato di fatto differente dal passato.
È interessante, inoltre, perché ci mostra per l’ennesima volta, che anche i leoni, gli uomini presi a emblema della capacità e del merito, arrivano ad una stagione della vita in cui dedicano le loro energie a garantire una rendita ai figli.
Forse chi se la prende tanto con le rendite, e in parte lo faccio anch’io, dovrebbe pensarci.

Ma torniamo ai fatti correnti.

La vendita di un asset di un’azienda pubblica dai conti disastrati, ad un prezzo notevolmente superiore alla quotazione di borsa dovrebbe essere una buona notizia. Ci si chiede perché in questi casi ci debba sempre essere qualcosa che rovina la festa.
Saremmo più felici se a lanciare questa offerta non fosse l’azienda che è divenuta l’antonomasia del conflitto di interesse. La protagonista di una situazione che dura da un tempo lontanissimo, durante il quale le interpretazioni, viziate della contiguità o dall’avversione verso un potere che è stato pervasivo come pochi altri, hanno prodotto materiale buono per sostenere tutto e il contrario di tutto.
Gli inviti a considerare questa storia tecnicisticamente, come una qualunque operazione di business (sempre che esista in Natura un concetto del genere), sono cose di facciata. Non è possibile per nessuno in questo Paese.

L’operazione, peraltro, presenterebbe elementi singolari anche se Mediaset fosse posseduta da un miliardario indonesiano (o, in omaggio alla testata che ci pubblica, da un alieno).
Quando si tratta di infrastrutture che devono garantire l’accesso a terze parti la situazione da ricercare è la separazione proprietaria da chi le utilizza. Nei casi più rilevanti, come Snam e Telecom, sono state adottate nel tempo soluzioni di compromesso, per certi versi anche un po’ avventurose, determinate dalla situazione di partenza.
Realizzare ora una situazione di Impresa Verticalmente Integrata, unica detentrice dell’infrastruttura, a partire da una situazione in cui non c’è, sembra francamente assurdo.
Il fatto che questa Impresa, poi, appartenga a Berlusconi renderebbe ogni atto suscettibile delle interpretazioni più tendenziose.
Per di più, messe da parte le questione strutturali, l’operazione parte male. Col mistero di un’offerta destinata ad acquistare un oggetto indisponibile, se è vera la riserva del Governo a mantenere pubblica la maggioranza assoluta di RaiWay. Doppio mistero se fosse vera la fantomatica sparizione del suddetto vincolo dai prospetti informativi del collocamento, riportata da Libero. Una di quelle sviste che generano un insopprimibile ronzio di sospetto, anche nelle menti degli osservatori più bendisposti.

Come sempre la situazione ideale sarebbe un’altra: sarebbe bello che un investitore puro con soldi freschi (magari non la CdP) facesse a sua volta un’offerta, dando così anche un segnale sul premio che Mediaset sta riconoscendo al mercato.
Ma, guarda caso, non è così. D’altra parte l’offerta di Mediaset non sembra certo a prezzo di saldo. È più probabile che il differenziale verso un’ipotetica altra offerta sarebbe positivo. E ciò solleverebbe un’ulteriore perplessità: per giustificare il differenziale bisognerebbe invocare delle sinergie specifiche. Ma non sono proprio quelle a costituire l’indebito vantaggio di un’impresa verticalmente integrata che detiene l’infrastruttura in monopolio?

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Pubblicato da Luca Bianchetti

Laureato in ingegneria e psicologia, ha un MBA. Ha fatto il consulente direzionale con società multinazionali, si è occupato di molti progetti di trasformazione e di ridisegno dei processi. Iscritto al PRI nella prima repubblica, non sa più a che santo votarsi.

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