Non c’è crisi che una buona stampante non possa risolvere. O no?

Libano

Oggi vi racconterò la storia di un bellissimo Paese che affaccia sul Mediterraneo, con una storia millenaria, caratterizzato da una deliziosa cucina, bellissime donne, svariati siti protetti dall’Unesco come patrimonio dell’Umanità con testimonianze di antiche civiltà. Si tratta di un paese che orgogliosamente usa la propria moneta sovrana: la Lira, ma che è afflitto da un basso tasso di crescita e da un rapporto debito/PIL che ad inizio anno era del 150%, con una spesa per interessi che assorbe quote crescenti delle Entrate fiscali.

L’economia del Paese negli anni ha tenuto, a dispetto dello scetticismo di molti analisti, anche grazie a elevate riserve auree e al supporto monetario di paesi amici. Oggi però le cose sono andate definitivamente fuori controllo.

Ma vediamo come si sono svolte le cose.

La dipendenza del Paese dai capitali privati ha indotto una spirale pericolosa: per invogliare i capitali venivano infatti offerti tassi di interesse sempre più alti, ma pagando tassi crescenti, aumentavano i dubbi sulla capacità del Paese di reggere la situazione, generando la necessità di pagare tassi ancora più alti per non far fuggire i capitali all’estero.

La situazione si è incancrenita lentamente e progressivamente, a causa di politiche sbagliate e shock improvvisi che hanno spinto il paese, oggi afflitto anche dai danni della pandemia, in una crisi economica senza precedenti, con il crollo della moneta e la chiusura delle imprese, i prezzi dei beni di prima necessità sono alle stelle.

I cittadini fanno la fila al banco dei pegni per vendere il loro oro, per comprare cibo.

La popolazione si è mostrata per decenni capace di non permettere ad una classe politica scadente di condizionare la loro voglia di godere delle cose più belle della vita, di avere cura per l’abbigliamento, vacanze all’estero e la colf immigrata, a dispetto del progressivo degrado nella qualità dei servizi pubblici, fino ad avere acqua corrente di bassa qualità o una rete elettrica inaffidabile.

Dovendo dire di chi è la colpa della situazione, un economista locale riassume così:

“Ci sono molti peccati e molti peccatori, ma i peccati del passato presentano il conto oggi e per il futuro. Il risultato sarà un grave declassamento dello stile di vita”.

Storicamente il paese ha sofferto il susseguirsi di governi deboli, che hanno rifiutato gli inviti delle entità sovranazionali e delle agenzie di rating a fare riforme preferendo, per la copertura delle spese, aumentare di anno in anno il debito pubblico. Questo lo ha reso il terzo Stato più indebitato del mondo, e la corruzione dilagante ha ulteriormente sottratto fondi alle casse dello Stato.

“Potremmo fare come il Giappone”

deve aver detto qualcuno.

L’idea di base era quella che tutto il debito pubblico poteva essere comprato dalla Banca Centrale, potendolo così estendere a piacimento. 

“Basta rinegoziare i buoni del Tesoro detenuti dalla banca centrale con titoli a lungo termine. Certo, continuando ad alzare i rendimenti per attrarre capitali questo genera perdite per la banca centrale, ma si possono ammortizzare le perdite stampando denaro…

Tanto si è visto che stampare denaro non porta inflazione. Basta nascondere le perdite, e tenerle chiuse all’interno del sistema finanziario, perché viceversa bisognerebbe chiedere aiuto al FMI”

il che implica di introdurre disciplina e trasparenza e di attuare le riforme che la classe politica ha dimostrato negli ultimi 30 anni di essere incapace di fare. In effetti ogni piano di aiuti internazionali è tramontato prima di realizzarsi perché la classe politica, insieme al consenso popolare, hanno sempre rifiutato le condizioni poste dagli enti sovranazionali bollandole come una vessatoria “austerity”.

Ma mentre ai cittadini si può dare l’alibi di poter essere in buona fede nel non vedere i benefici di una gestione misurata dei conti pubblici, il motivo per cui la classe politica si rifiuta di procedere in questa direzione è semplicemente che nel momento in cui lo fa, si spoglia del potere.[sociallocker].[/sociallocker]

Il Governatore della Banca centrale è stato quindi sensibilizzato all’obbligo morale di aiutare lo Stato a coprire i salari e ad evitare l’insolvenza, a costo di enormi rischi sistemici, poiché i bilanci della banca centrale, dei finanziatori e del governo hanno assunto le caratteristiche di un incesto.

Prima di arrivare ad assecondare gli standard internazionali e le odiate condizionalità imposte dal FMI, è stato pensato piuttosto di chiedere supporto a Pechino, proponendogli un piano di investimenti infrastrutturali in cambio di supporto politico.

Se finora vi è corso più di un brivido lungo la schiena è perfettamente normale. Fin qua sembra l’identikit quasi perfetto del comportamento dell’Italia. In realtà il paese di cui parliamo è il Libano, e questa storia non è fiction: a marzo scorso Beirut si è dovuta arrendere alla forza della Realtà e dichiararsi insolvente sul debito.

Già alla fine del 2019 le banche avevano iniziato a limitare i prelevamenti per frenare il flusso di vitali capitali che erano in fuga, sempre più sfiduciati. Il risultato è stato di far esplodere proteste antigovernative in tutto il Paese. La principale fonte di sostegno del Paese era infatti costituita da ingenti depositi di cittadini iraniani facoltosi e di libanesi residenti all’estero.

Per mantenere questi investimenti, la banca centrale ha offerto tassi di interesse sempre più elevati per i depositi di grandi dimensioni, i cui rendimenti potevano essere coperti solo da depositi più recenti a tassi ancora più elevati.

In pratica si trattava di uno schema Ponzi organizzato e sponsorizzato dallo Stato. La classica cosa che dura finché un certo numero di soggetti, sospettando che la politica fosse insostenibile, ha iniziato a dirottare altrove i capitali. Ben presto, i dollari realmente disponibili nelle riserve erano molto inferiori ai dollari “contabilizzati” ma solo teorici, maturati con interessi sui depositi, ma che era di fatto impossibile riconoscere.

La conversione forzosa dei depositi in dollari in saldi equivalenti in lire libanesi ha avviato il disastro. La credibilità della Banca Centrale libanese era ormai dispersa: stava ormai da mesi lavorando a patrimonio negativo: in breve la lira si è svalutata violentemente (perdendo oltre due terzi del suo valore sull’unico mercato in cui si riesce a scambiarla: quello nero) distruggendo il valore di tutti i salari, in un Paese che dipende dalle importazioni.

Prima di questo scivolone, un cittadino della classe media libanese poteva avere anche un salario relativamente modesto, ma comunque sempre convertibile in dollari per, ad esempio, comprare un’auto o fare occasionali viaggi di famiglia in Grecia. Ora quel denaro vale meno e la sua banca non permetterà di trasferirlo all’estero, neanche se servissero a pagare gli studi di un figlio in qualche università europea.

L’improvvisa distorsione della bilancia dei pagamenti ha messo in ginocchio molte imprese, provocando un’ondata di disoccupazione (aggravata dal calo di attività conseguente alla pandemia), e chi invece era tutelato da redditi pensionistici ha comunque visto calare brutalmente il proprio potere d’acquisto: chi aveva una pensione da 800 dollari al mese ora ne ha una che vale poco più di 200 dollari.

Secondo la Banca Mondiale la quota della popolazione libanese che vive in povertà potrebbe arrivare al 50%. E’ una stima che risale a prima del crollo della moneta e della pandemia di coronavirus, che hanno ovviamente peggiorato la situazione.

Oggi in Libano il tasso di inflazione registrato è intorno al 56%, il tasso ufficiale è al 4,5% mentre quello sui depositi è del 9,7%. Il budget governativo prevede un deficit pari ad almeno 11%.

In queste situazioni chi ha competenze, possibilità, sceglie di emigrare, privando il Paese delle risorse che gli sarebbero necessarie per ricostruire la sua economia.

Sono lezioni da apprendere con cura per non doversi ritrovare a dire, come dice un libanese medio oggi

“Questo è il periodo peggiore di sempre”.

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

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