Pat Metheny: jazz, rock, fusion

“More and more as time has gone on, I realize that playing is really more about listening than it is about playing.”

“The guitar for me is a translation device. It’s not a goal. And in some ways, jazz isn’t a destination for me. For me, jazz is a vehicle that takes you to the true destination – a musical one that describes all kinds of stuff about the human condition and the way music works.”

Pat Metheny

 

C’è Pat Metheny e c’è il Pat Metheny group e devo dire che ho una netta predilezione per il primo. Non arrabbiatevi, ma in solo il nostro chitarrista è decisamente più avventuroso, stiloso e poetico che con il suo gruppo, dove è molto incline alla melodia, ma volte ad un lirismo un pelino stucchevole. Cosa? Mi volete tagliare le gomme dell’auto? No, dai non fate così, esprimevo solo una dimenticabile opinione, anche perché Pat lo amo molto e preparando playlist ogni domenica è inevitabile non accontentare tutti…. Virtuoso, compositore assai eclettico, capace di spaziare da canzonette pop al rumorismo più estremo, è un musico dalle mille sfaccettature e riesce spesso a spiazzare, soprattutto per un’attitudine all’improvvisazione tipica del jazz. L’uomo lo vediamo quasi sempre sorridente ed evidentemente felice nell’essere immerso nella musica oltre ogni genere o categoria. Non è poco e questa felicità la si respira nelle sue composizioni.

Metheny nasce nel Missouri in un sobborgo di Kansas City e diventa un musicista conosciuto in ambito jazz grazie alla collaborazione con Gary Burton. Esibendosi con il famoso vibrafonista conosce musicisti come Steve Swallow, Eberhard Weber ed il batterista Bob Moses e molti di loro vicini alla leggendaria etichetta ECM. Metheny registra con Jaco Pastorius (dici niente….) e Bob Moses il suo primo album come solista. “Bright Size Life” esce proprio per ECM e resta un disco bellissimissimo, capace di muoversi su registri poetici differenti e con un’evidente capacità di fondere linguaggi lontani, in un gioco di rimandi mai scontato o solo formale.

Tra la fine degli anni 70 ed i primi anni 80 Metheny raggiunge la fama planetaria fondando il Pat Metheny Group caratterizzato dal grande sodalizio compositivo con il pianista Lyle Mays (di cui abbiamo parlato QUI), Riconoscibile per un suono caratterizzato dall’uso della chitarra sintetizzatore e melodie orecchiabili tipiche di un approccio cinematografico alle composizioni. I puristi del jazz iniziano a storcere il naso, ma il buon Pat se ne strafrega e continua a mietere Grammy ed a vendere milioni di dischi in tutto il mondo.

Hollywood chiede al nostro eroe di realizzare colonne sonore e arrivano le collaborazioni con le star del pop rock, tra cui la più celebrata è sicuramente l’indimenticabile “This is not America” che vede il buon Bowie alla voce per il film “The Falcon and the Snowman”e proietta il nostro elfo della chitarra nelle classifiche di mezzo mondo. A questo punto la fiaba potrebbe concludersi con un simpatico “e vissero tutti felici e gaudenti”, ma Pat non si fa chiudere nello star system. Al contrario il nostro uomo vira con decisione in direzione della musica improvvisata, si mette al servizio del compositore contemporaneo Steve Reich (del cui genio abbiamo già parlato QUI). Un gran monello insomma….

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Pubblicato da Mr Pian Piano

king for a day, fool for a lifetime

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