Per un pugno di isole

La Cina infrange ogni record economico ma viene sconfitta nella partita dell’immagine. Nessun paese riesce a farne a meno, ma cresce la schiera di quelli che la temono. È quanto appare chiaramente dai risultati della società specializzata PEW (di Washington, tra le più quotate al mondo, guru delle scienze sociali) che ha pubblicato i dati di un laborioso lavoro che elenca anche la percezione di minaccia che deriva dalle 2 superpotenze, cioè gli Stati Uniti e la Cina. In 5 delle 11 nazioni asiatiche dove la ricerca è stata condotta (Cina compresa) esiste un sentimento dominante di probabilità di un conflitto armato nel Pacifico a causa dell’espansionismo cinese. Il risultato deriva dalle rivendicazioni di Pechino di alcune isole e secche di mare che sono state raccolte nella nine-dash line, cioè nella congiunzione ideale delle terre emerse che, seppure lontane migliaia di chilometri dalle sue coste meridionali, la Cina rivendica come “parte inalienabile del proprio territorio”. Senza sorpresa, i 3 paesi che giudicano la Cina loro “massima minaccia” sono il Giappone, il Vietnam e le Filippine, con le quali la disputa sta pericolosamente scivolando dalle argomentazioni giuridiche a quelle militari.

Al contrario, solo la Malaysia e il Pakistan rivolgono la stessa accusa contro gli Stati Uniti, probabilmente per la loro politica giudicata ostile alla religione mussulmana. Islamabad assegna inoltre alla Cina il ruolo di “miglior alleato” in chiave  chiaramente anti-indiana. La ricerca rileva inoltre un mantenimento dell’immagine statunitense, nonostante la reputazione internazionale ne sia stata colpita dal Datagate e dall’uso sbagliato dei droni che hanno spesso casato vittime civili. Evidentemente, la posizione consolidata di Washington e i vantaggi della Pax Americana nella regione vengono ancora considerati vitali.

Come sempre, la validità di un sondaggio è discutibile. Se ne dibatte l’affidabilità dell’analisi, la sincerità delle risposte, la parzialità della diffusione. Il web offre esempi di schieramento in tutte le sue declinazioni, imperniate sul dibattito tra l’ascesa pacifica della Cina e, al suo opposto estremo concettuale, la sua pericolosità per i paesi vicini. Entrare nel dibattito conduce al rischio della propaganda; tuttavia una considerazione e un punto interrogativo possono essere posti fin d’ora. La prima rileva la perdita di fiducia dei paesi asiatici verso la Cina. Può assumere le forme di allarme, sospetto, vigilanza, presa di distanza, forse neutralità, ma non c’è dubbio che la corrente di simpatia internazionale che la Cina aveva ispirato abbia subito una flessione. Non lo rilevano soltanto i dati statistici, ma la percezione diffusa, la stampa, l’opinione pubblica, i governi dei paesi limitrofi. Per 30 anni la Cina era cresciuta senza provocare allarme, ma benevolenza e curiosità, spesso ovviamente ammantate da pragmatismo di potere usufruire del risveglio cinese. Ora questa prosaica speranza si sta convertendo – con velocità diverse nei vari paesi – in un timore di egemonia subita.  Da ciò deriva l’aumentata paura . E’ dunque lecito chiedersi perché la Cina abbia sollevato dispute che erano state in sonno per decenni. Persino l’architetto della Cina contemporanea – Deng Xiao Ping – aveva ammonito di non irritare i vicini, di non provocare escalation incontrollabili. La Cina, nella sua visione, doveva guadagnare tempo; aveva bisogno di pace che l’avrebbe condotta alla prosperità. I suoi successi sono stati eclatanti e ciò può avere condotto a bruciare le tappe verso la rivendicazione di un ruolo assertivo. La prudenza sembra merce rara e favorisce i falchi, ma non sempre i trionfi nel Pil si convertono automaticamente in campagne vittoriose.

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Pubblicato da Alberto Forchielli

Presidente dell’Osservatorio Asia, AD di Mandarin Capital Management S.A., membro dell’Advisory Committee del China Europe International Business School in Shangai, corrispondente per il Sole24Ore – Radiocor

Una risposta a “Per un pugno di isole”

  1. Las islas su disputa es una cortina de humo para tapar el elentecimiento de la economía? es solo uno mas de los juego de ajedrez en la región donde China es jugador principal? es producto del ala dura/ortodoxa del PCCh? Viejas revanchas con Japón de seguro y con Vietnam ahora mas cercano a su enemigo los EEUU alejada de la orientación de Pekin desde siempre y con Filipinas mas que nunca que son y serán siempre aliados con EEUU. Son viejas disputas pero muy útiles para promover sentimientos nacionalistas y anti-japon/vietnam/eeuuu y supremacia en la región. Como se han olvidado de Deong Xiao Ping maximas.

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