Perché nessuno dice grazie a Jeff Bezos?

Jeff Bezos

Siamo tutti grati a Edward Jenner, il medico inglese che ideò la vaccinazione dal vaiolo. Grazie alla sua coraggiosa sperimentazione (provò l’efficacia del vaccino per la prima volta su suo figlio, iniettandogli poco dopo il virus del vaiolo) una malattia molto pericolosa è stata completamente debellata.

Una gratitudine simile non viene riservata a Jeff Bezos per aver debellato l’inflazione, pur se i pericoli della sua diffusione sono ben noti ed è quasi universalmente riconosciuto che se l’inflazione non risorge nonostante i molteplici tentativi, è per effetto della “amazonificazione” del commercio.

AMAZON È UNO STANDARD NELLA FORMAZIONE DEI PREZZI

Il portale globale di commercio elettronico non fa che livellare ogni giorno i margini nei più svariati settori di beni commerciali e di servizi di largo consumo. Le politiche fiscali e monetarie dei singoli Paesi faticano a generare un effetto sui prezzi a causa della globalità di questa piattaforma, che in molti casi costituisce ormai uno standard nella formazione dei prezzi.

LA NOSTALGIA PER L’INFLAZIONE DEI BEI TEMPI ANDATI

Nessuno ringrazia Jeff Bezos per diverse ragioni. La prima è che mentre nessuno ha nostalgia del vaiolo, molti hanno una certa qual nostalgia per l’inflazione dei “bei tempi andati”: i crescenti debiti pubblici sarebbero certamente più leggeri se avessimo un’inflazione più robusta che provvedesse a svalutarne il loro peso reale. Un po’ più di inflazione, inoltre, fungerebbe da stimolo ai consumi, rigenerando un ciclo economico che minaccia periodicamente di spegnersi.

Inoltre l’inflazione non è “morta”: l’indice dei prezzi americano è oggi al 2,3% e quello europeo è a 1,3%. Inoltre i danni che l’inflazione può fare sono per molte persone sconosciuti, mai sperimentati, e per altri superati: i salari negli Usa stanno crescendo del 2,9% annuo, in Germania del 4,3% annuo e persino in Italia crescono più dell’inflazione (+2,1%). È chiaro come molti lavoratori pensino che una maggiore inflazione comporterebbe una maggior rivalutazione dei loro salari, qualcosa che non solo non è da temere, ma addirittura qualcosa per cui fare il tifo.

LE MOSSE DELLE BANCHE CENTRALI

Le banche centrali, che dovrebbero essere i principali guardiani dell’inflazione, cercano di fare di tutto perché possa salire. Al punto che l’obiettivo Bce di avere una inflazione vicina ma inferiore al 2% sarà presto corretto dal governing council presieduto da Christine Lagarde: quando la soglia del 2% verrà raggiunta e superata, la Bce tollererà livelli superiori al suo attuale target per compensare i molti anni in cui è rimasta visibilmente al di sotto dell’obiettivo.

Anzi, con i nuovi indirizzi che la Bce vuole darsi, per «contrastare il cambiamento climatico», è probabile che vengano inseriti dispositivi che incentivino la spesa pubblica di tipo inflattivo.[sociallocker].[/sociallocker]

L’ESPERIENZA DELLA SCALA MOBILE

È opportuno ricordare che il più celebre dei banchieri centrali americani, il recentemente scomparso Paul Volcker, deve la sua celebrità proprio alla tenace lotta contro l’inflazione: un flagello che negli Anni 70 colpiva i patrimoni e i redditi, impoverendo le famiglie senza alcuna pietà né controllo, facendo aumentare le spese mediche, gli affitti, il costo dei beni di prima necessità.

In Italia si tentò di contrastarla con meccanismi come la “scala mobile”, un adeguamento automatico dei salari ai tassi di crescita dei prezzi che venivano registrati. In realtà fu presto evidente che si trattava di una spirale incontrollabile tra redditi e prezzi, che induceva le istituzioni a manipolare il paniere per il calcolo dell’inflazione così da registrare tassi di variazione dei prezzi più bassi, e di conseguenza rivalutare meno del dovuto i salari; la svalutazione monetaria faceva il resto, ma generando altra inflazione sui prezzi dei beni di importazione.

Alla fine ci si dovette arrendere ad abolire la “scala mobile” e solo così l’inflazione si iniziò a ridimensionare.

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In buona sostanza tutti gli attori politici ed economici desiderano una inflazione più alta, e persino i vigilanti sono pronti ad assumere un atteggiamento permissivo nei suoi riguardi. Significa che se l’inflazione tornerà a salire, verrà lasciata correre. Questo rende saggio, per gli investitori, contemplare delle coperture per il rischio inflazione. Il suo arrivo, infatti, porterebbe rialzi dei tassi e dunque a un aumento dei costi del capitale, provocando un calo dei profitti aziendali e in ultimo disoccupazione e recessione.

IL LEGAME TRA DISOCCUPAZIONE E INFLAZIONE

Il legame tra disoccupazione e inflazione oggi è percepito poco, probabilmente perché l’innovazione tecnologica (e torniamo al successo di Amazon) tende a comprimere i prezzi mentre, contemporaneamente, genera efficienza nel mercato del lavoro.

Un esempio recente è il trend in corso negli alberghi statunitensi, dove sempre più spesso il servizio in camera viene rimosso, e sostituito da voucher di UberEats messi a disposizione dei clienti.

È improbabile che l’inflazione torni ai livelli con cui Volcker dovette confrontarsi, ma possiamo stare certi che se dovesse riaffacciarsi nel nostro panorama economico, tornerà a generare disoccupazione e a farsi temere come un’epidemia di vaiolo.

Soprattutto se, come ora, nessuno ha la minima intenzione di contrastarne l’avvento.

Articolo pubblicato su Lettera43 il 15 gennaio 2020
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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

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