Pian Piano: era ed è free!

Tempo di astronaute che tornano dalle stelle e di giganti del jazz e del blues che si ritirano fra le stelle in orbite eterne. Ci ha salutato poche settimane fa B.B.King e ora ha fatto le valigie Ornette Coleman. Nel salottino vogliamo tornare oggi a quella creatura che fu il free jazz, un’esplosione di pura creatività libera da preconcetti. Erano gli anni di Martin Luther King e di Malcolm X, del Black Power ed il jazz non sarebbe mai più stato un suono consolatorio e di intrattenimento. Ornette non fu ovviamente il solo padre di questa svolta e di un’improvvisazione sempre più libera e selvaggia, ma certo è stato un personaggio chiave per rifondare il jazz con un linguaggio innovativo.

Fra i non addetti ai lavori il free è stato spesso recepito come una musica cruda, cervellotica ed inascoltabile. I suoi passaggi più estremi erano dettati da un’urgenza al contempo creativa, sociale e politica che non voleva più cedere a compromessi, come sarà anche per il punk.  Chiudiamo gli occhi ed ascoltiamolo con il mitico Don Cherry alla tromba in “Tears Inside”, tanto per aprire le danze ed i timpani.

https://www.youtube.com/watch?v=dVexwDGd9mE

Passo dopo passo nasce il famoso quartetto con Cherry, Haden e Blackwell. Coleman si inventerà anche una filosofia musicale, l’harmolodics per definire il suo metodo creativo ed il suo approccio artistico. Il tono aspro del suo suono, a tratti violento e dissonante, sa però declinare anche atmosfere liriche di grande intensità, nella sua memorabile interpretazione di “Lonely Woman” ad esempio, o nell’indimenticabile “Embraceable you” che fa illanguidire la variegata ciurma che frequenta la nostra stanzetta.

in anni a noi più prossimi Ornette esplora anche il funk e sonorità di matrice Africana in una perenne e instancabile ricerca sempre volta alla rottura di ogni limite.  Grande la sua influenza sul jazz moderno dagli Art Ensamble of Chicago al poliedrico John Zorn fino a molti gruppi della new wave, come ad esempio i Rip Rig and Panic (qui con Don Cherry alla tromba). La lista di loschi soggetti in debito con Ornette potrebbe farsi lunga e noiosa, fermiamoci qui… Intanto la notte estiva cala lentamente sulla campagna, la gatta nera si è arrampicata sulla finestra e miagola, accendiamo le candele, beviamo qualcosa di ghiacciato e salutiamo Ornette  con un brano sognante, “Chanting” tratto da Virgin Beauty, un disco recente che di tanto in tanto passa a rinfrescare le nostre orecchie in questi lidi.

Le chiavi del salottino a Sylvia Plath ed al suo alludere così esplicito alla morte in una sinfonia di parole che forse sarebbe piaciuta ad Ornette e che noi vi regaliamo per salutarlo.

Io sono verticale
Ma preferirei essere orizzontale.
Non sono un albero con radici nel suolo
succhiante minerali e amore materno
così da poter brillare di foglie a ogni marzo,
né sono la beltà di un’aiuola
ultradipinta che susciti grida di meraviglia,
senza sapere che presto dovrò perdere i miei petali.
Confronto a me, un albero è immortale
e la cima di un fiore, non alta, ma più clamorosa:
dell’uno la lunga vita, dell’altra mi manca l’audacia.
Stasera, all’infinitesimo lume delle stelle,
alberi e fiori hanno sparso i loro freddi profumi.
Ci passo in mezzo ma nessuno di loro ne fa caso.
A volte io penso che mentre dormo
forse assomiglio a loro nel modo più perfetto –
con i miei pensieri andati in nebbia.
Stare sdraiata è per me più naturale.
Allora il cielo ed io siamo in aperto colloquio,
e sarò utile il giorno che resto sdraiata per sempre:
finalmente gli alberi mi toccheranno, i fiori avranno tempo per me.
                                                                                            Sylvia Plath

 

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Pubblicato da Mr Pian Piano

king for a day, fool for a lifetime

Una risposta a “Pian Piano: era ed è free!”

  1. non è una musica che puoi ascoltare intanto che fai qualcos’altro, non potrà mai divenire la colonna sonora in sottofondo a qualche momento di vita: nossignori, Coleman richiede tutta la tua attenzione, è lui il momento di vita.

    Dunque mettiti comodo, meglio se è sera, meglio se sei in città, meglio se davanti a una finestra che ti offra uno scorcio di qualsiasi cosa, che siano le luci della notte o il braccio di una gru sopra un cantiere.

    Ci vorrebbe un bicchiere di buon vino ed una confortevole penombra non guasterebbe.

    Soprattutto, occorre la solitudine, e un animo arrendevole, disposto a lasciarsi sopraffare da tutta questa graffiante, prepotente, disgregante, sofferente bellezza.

    Almeno per un po’.

    https://youtu.be/XCLKhZmIaXw

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