Pian piano: Thanatos

Thanatos, pulsione di morte, splende nello specchio di Eros ed Eros splende nello specchio di Thanatos. Eccoli uno negli occhi dell’altro!

E’ nella differenza che costruiamo le  percezioni che albergano nei nostri cuori, la compagnia attraverso la solitudine, il piacere bevendo dal calice della sofferenza, l’amore inghiottendo odio o indifferenza. Sfuggire a Thanatos è annichilire Eros, dimenticando che i fasti del colore cercano un’ invisibile scenografia per esplodere, un fondale bianco e nero dove tutti i gatti sono grigi.

https://www.youtube.com/watch?v=Ycxc8Xitweo

Allora sia lode a Thanatos,  sia lode al silenzio per sentir musica, alle pause per far respirare il suono. Il trio di Bill Evans con Scott La Faro, al contrabbasso è un gioiello che ben incarna quest’idea.  Se ascoltate Jade vision, si percepisce con chiarezza come tutti stiano magicamente suonando non solo i rispettivi strumenti, ma dialoghino al contempo con il silenzio.  Paul Motian fa sussurrare la batteria e “il naufragar mi è dolce in questo mare”. Il pubblico attonito per l’intensità (la registrazione è dal vivo) tace stordito prima di applaudire, in un dolcissimo attimo di silenzio che ha il sapore dell’eterno.

A guardar bene anche lo spazio fisico è creazione opposta di questi due poli, che pur cercandosi, si respingono infinitamente creando il mondo, nella ricerca di un’abbraccio che sempre si cela. Cos’è’ l’idea dell’Odissea, la nostra odissea, se non un vagare nello spazio, da Ulisse a 2001?  In prossimità dell’abbraccio impossibile fra Eros e Thanatos l’occhio fatica a sostenere lo sguardo, perchè è anche prossimità accecante con il Sacro. La materia stessa fatica a stare in sé.

La musica, arte immateriale per eccellenza, insegue questa dimensione infinita, un “Lontano” che fin dai tempi di Omero è stato il racconto di una volontà di sapere che più che dissolversi oltre i cancelli dell’Ade, là si nasconde. L’occasione è grata per un ricordo del Maestro Claudio Abbado che qui si cimenta con Gyorgy Ligeti inseguendo appunto l’infinito in un brano amatissimo da Stanley Kubrick.

Quel che in Eros si mostra in Thanatos si nasconde, ma quel appare non è detto che sia, e quel che si cela che non sia. Un’ambiguità di cui siamo il dolce canto e che ci abita molto intimamente e con grande struggimento.

“Se consideriamo la morte come un nemico, allora questo corpo è anche un nemico, e la vita nel suo insieme è il nemico.“.
XV Dalai Lama

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Pubblicato da Mr Pian Piano

king for a day, fool for a lifetime

12 Risposte a “Pian piano: Thanatos”

  1. La porta del salotto e’ socchiuda,quindi entro. Buio, aroma di cuoio e di tabacco da pipa che profuma di cacao, un vago sentore di rose e di vaniglia suggerisce la traccia di presenze femminili.
    Apro un poco i tendaggi per lasciare entrare la luce dorata e morente di questo strano autunno che si ostina a vestire abiti che non gli appartengono.
    “so, you think you can tell Heaven from Hell, blue skies from pain” e sono le note liquide dei Pink Floyd di “wish you were here” che si insinuano nella mia mente.
    Percepisco ad un tratto una presenza potente, mi giro piano e mi accorgo che una delle poltrone e’ occupata da Thanatos. Alle sue spalle, Eros cerca di materializzarsi.
    Eros implica sempre il rischio della presenza di Thanatos, e tuttavia può anche impallidire fino a svanire, col tempo, lasciando solo la malinconia dell’assenza.
    Thanatos esiste a prescindere.
    Dopo essere stati generati da Eros, non è forse Thanatos la prima esperienza nella quale ci imbattiamo e che condividiamo con la madre, dalle cui calde viscere veniamo brutalmente espulsi?
    E non è sempre il fuoco di Thanatos che ci spinge all’elaborazione del dolore ed alla ricerca di una via d’uscita? Solo chi ha visto il buio sa apprezzare la luce, e la capacità di gestire il dolore traendone insegnamento rappresenta la sublimazione dell’esperienza.
    Chi sopravvive a Thanatos ne esce fortificato.
    E via, siamo realisti: ad un certo punto della vita Eros, come un amante infedele, non ci riconoscerà più e si allontanerà. Thanatos, invece, ci sarà sempre accanto, fino all’ultimo respiro.
    “and there is nothing that I can do when I realize with freight that the spiderman is having me for dinner tonight”, sussurrano The Cure in “Lullaby”.
    Gioco,partita: Thanatos ha vinto, tanto vale cercare di scendere a patti con la sua presenza, anziché rinunciare a vivere nell’inutile tentativo di evitarla.
    Se quell’ultimo giorno dal buio di Thanatos emergerà l’alone luminoso di Eros, a die “ehi, quante ne abbiamo viste insieme”, e lo farà – so che lo farà – allora uscirò di scena con un sorriso.
    “she had a dream about the king of Sweden, he gave her things she was needing”.
    Esco danzando sulle note dell’irresistibile Cab Calloway, Minnie the moocher.
    Lascio la porta socchiusa.

    1. “Davanti alla morte accettata senza alcuna fede religiosa, non resta niente di ciò che il mondo crede di aver creato per sempre”. Nemmeno la musica. Non riesco a parlare di Thanatos: sono terrorizzata dal nulla in cui mi farà precipitare. Entro solo per congratularmi con voi ed esco immediatamente. Sonia ha perfettamente ragione quando scrive che Thanatos non sopraggiunge con l’esalazione dell’ultimo respiro, ma molto prima; ogni passo nella vita è un passo nella morte. Ma prenderne coscienza mi rende impossibile vivere.

  2. Qui in laguna, nel galleggiare di una città sull’acqua, si compie con più evidenza il confronto e la coesistenza poetica fra Eros e Thanatos. Quasi ci si confonde fra quel che è riflesso e quella che è caduca rovina o elegante palazzo. La laguna dà e la laguna prende in un processo che non conosce soste nei secoli. Il fragile equilibrio di Venezia è anche il nostro e la laguna il tempo quotidiano che ci dona splendore e al contempo ci consuma.

    1. Da Operette Morali, Dialogo della Moda e della Morte, Giacomo Leopardi: MODA: […] ho messo nel mondo tali ordini e tali costumi, che la vita stessa, così per rispetto del corpo come dell’animo, e più morta che viva; tanto che questo secolo si può dire con verità che sia proprio il secolo della morte. E quando che anticamente tu non avevi altri poderi che fosse e caverne, dove tu seminavi ossami e polverumi al buio, che sono semenze che non fruttano; adesso hai terreni al sole; e genti che si muovono e che vanno attorno co’ loro piedi, sono roba, si può dire, di tua ragione libera, ancorché tu non le abbi mietute, anzi subito che elle nascono. Di più, dove per l’addietro solevi essere odiata e vituperata, oggi per opera mia le cose sono ridotte in termine che chiunque ha intelletto ti pregia e loda, anteponendoti alla vita, e ti vuol tanto bene che sempre ti chiama e ti volge gli occhi come alla sua maggiore speranza. Finalmente perch’io vedeva che molti si erano vantati di volersi fare immortali, cioè non morire interi, perché una buona parte di sé non ti sarebbe capitata sotto le mani, io quantunque sapessi che queste erano ciance, e che quando costoro o altri vivessero nella memoria degli uomini, vivevano, come dire, da burla, e non godevano della loro fama più che si patissero dell’umidità della sepoltura; a ogni modo intendendo che questo negozio degl’immortali ti scottava, perché parea che ti scemasse l’onore e la riputazione, ho levata via quest’usanza di cercare l’immortalità, ed anche di concederla in caso che pure alcuno la meritasse. Di modo che al presente, chiunque si muoia, sta sicura che non ne resta un briciolo che non sia morto, e che gli conviene andare subito sotterra tutto quanto, come un pesciolino che sia trangugiato in un boccone con tutta la testa e le lische.

  3. Venezia, caro Enrico, e’ la perfetta didascalia della caducità della bellezza, quella creata dall’amore dell’uomo per le arti, che sottende alla perfezione e perfino all’immortalità.
    Peccato che poi l’uomo lasci morire tanta bellezza, frutto del suo ingegno, per incuria.
    Ne’ hanno sorte migliore le bellezze naturali, che pure potrebbero essere eterne, e che l’uomo sfregia e consuma con colpevole noncuranza.
    Curiosa creatura, l’essere umano.
    Cara Virgin, la consapevolezza della nostra provvisorietà deve essere la spinta a non sprecare neanche un attimo. Occorre fare in modo che questa coscienza ci accompagni con discrezione, senza materializzarsi ogni notte in una Lullaby come quella dei Cure…

  4. Eppur Eros non sarebbe senza Thanatos, vivere non risuonerebbe, anzi non sarebbe proprio, e per questo Thanatos ci accompagna da subito. Per concludere, chi è certo che la fiamma di Eros si spegnerà allo scomparire della carne? Nessuno può dirlo….

    Oggi Torcello mi ha restituito un fascino bruciante. La amava Hemingway per il silenzio e la lontananza dai fasti Veneziani, la cercava per ritrovare la solitudine. Torcello è il canto di una città morta.

    Non tutto sta nelle mani dell’uomo…

    Chissà il padrone di casa di piano inclinato cosa ne pensa. Ci dà un’elegante stanza del suo palazzo per niente, ma come un vecchio Doge scontroso e solitario non si affaccia mai a dir nulla.

    1. caro Enrico, certamente Eros sopravviverà a Thanatos: se coloro che rimarranno e che lo hanno condiviso ne coltiveranno la fiamma consolatoria.
      Per chi diparte, ahimè, non trovo illusioni consolatorie che mi smuovano dal mio convinto agnosticismo.
      Tuttavia, penso spesso alle parole di un sacerdote con il quale mi è capitato di parlare molti anni fa: “guai a chi scompare dalla vita terrena senza aver saputo lasciare traccia alcuna nei cuori delle persone che ha incontrato”.
      Dal profondo del mio agnosticismo, condivido senza riserve.
      P.S.; chissà seil padrone di casa gradisce la definizione di “vecchio Doge scontroso e solitario” 🙂

  5. Osservo e rifletto, qui trovo lo spazio per pensare -una volta tanto- a cose non tangibili. Si vola un po’ più alto, spesso ad occhi chiusi e con la musica nelle orecchie

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