Una historia cubana

La storia che sto per raccontare è la storia di un incontro

¿A dónde vamos, señor?

Il caldo é soffocante, sono stanco e un po’ confuso. Il tassista ripete stizzito:

¿A dónde vamos, señor?

Hotel Nacional de Cuba por favor

Annuisce, mette in moto e parte spedito. Ora è di buon umore, sa che prenderà una lauta mancia, lo sguardo riflesso nello specchietto tradisce l’eccitazione della prima corsa della giornata. Avana, lo vedi, sono tornato. Ritrovo tutta la tua rivoluzionaria bellezza,  rassegnata ed indolente. Abbasso il finestrino, l’odore del salmastro inonda l’abitacolo mentre veloce scorre il panorama: qualche coppia sottobraccio, al Malecón un quartetto stangherato improvvisa una sessione di jazz. Il tassista canta e armeggia con una stazione radio, mentre affondo nel sedile e nel ricordo di lei:

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 Cuba 1963 © René Burri

– Mireya Ortega, piacere. É qui per il congresso, señor? Señor?

– John Abbott, encantado

e furono notti e furono giorni senza fine. Sapevamo entrambi che non ci saremmo più rivisti: costava cara la libertà al mercato nero dell’Avana

Aquì se queda la clara / la entrañable transparencia / de tu querida presencia / Comandante Che Guevara

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© René Burri

Devo essermi assopito. Una voce metallica dalla radio irrompe stentorea: interrompiamo il programma musicale per trasmettere il discorso del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama

“Porteremo all’Avana i nostri valori. Todos somos americanos”

 (sospiro) Mireya amore mio, vengo a prenderti, da oggi si può.
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Grazie per aver votato!

Pubblicato da Daniela Pepe

Anima migrante, laureata in economia. Lasciò tutto per l'America viaggiando in Transiberiana. Vive a Roma ma il suo cuore è a Tel Aviv

Una risposta a “Una historia cubana”

  1. La cruda efficacia del bianco e nero. Che in realtà non è solo bianco e nero, ma anche un’infinita varietà di grigi: pieghe e risvolti che suggeriscono passioni, miserie e commozioni. Il filo conduttore di un ricordo e’ una fotografia ben più complessa di Cuba, dagli anni 60 ad oggi.
    Grazie, Daniela Pepe, per questa suggestione.

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