Sally Rooney e la semplice complessità dello svolgersi della nostra vita

Sally Rooney

Nelle conversazioni letterarie con il fondatore di Piano Inclinato (cioè l’Alieno Gentile), spesso ci siamo confrontati su cosa sia la narrativa, su quale significato possa avere, oggi, il romanzo, sul perché è giusto leggerne: uno degli punti sui quali ci siamo sempre trovati d’accordo è che, in fondo, il romanzo ci spiega “come funzioniamo”, noi essere umani.

Ecco, l’autrice di oggi è sicuramente un esempio lampante di questo semplice meccanismo narrativo: di spiegarci come funzioniamo, il modo in cui viviamo su questa terra, nel nostro mondo così complicato.

Sally Rooney, irlandese, è nata nel 1991 ed è giunta ora al suo terzo romanzo, Dove sei, Mondo bello (Einaudi, 2022, 303 pagine, Euro 20).

Il debutto di questa autrice risale al 2018, con “Parlarne fra Amici” (Einaudi), mentre l’opera seconda, “Persone Normali” (del 2019, sempre da Einaudi), ha avuto anche un clamore particolare dovuto alla produzione di una serie TV, Normal People, basata sul romanzo e di grande successo.

In questa intervista a Louisiana Channel, Sally definisce molto chiaramente la sua poetica, la finalità del suo lavoro, che come si evince chiaramente dal titolo dei suoi primi due romanzi, è concentrata su concetti semplici:

“Ho scritto la prima volta Parlarne fra Amici raccontando della vita di tutti i giorni, di come la gente parlava, di come si comportava, perché è l’unica vita che ho vissuto”.

Lo stile di Sally Rooney

Il primo elemento che possiamo porre al centro del lavoro della giovane irlandese è allora, in primis, la semplicità del suo approccio al racconto: vita normale, lavoro, studio, incontri al pub, fra amici, fra colleghi: dialoghi fitti, relazioni amorose, relazioni sociali, il tutto filtrato da una visuale semplice, forse potremmo dire minimalista, attenta ai piccoli, banali eventi della vita di ognuno di noi, che però banali non sono mai, data l’abilità introspettiva che Rooney riesce a trasfondere nei suoi dialoghi, resi con il discorso indiretto, quasi a sfiorare il flusso di coscienza, a colpire il lettore, spesso, nel profondo dei propri, di sentimenti, perché non è possibile per nessuno che approcci il lavoro della nostra autrice di oggi non riconoscersi in quello che si legge, nel racconto di vita che si sussegue nelle vicende di donne e uomini giovani, incerti, e nel loro rapporto con genitori, amanti, amici.

Il libro

Con Dove sei, Mondo Bello, in verità, ci pare che Sally Rooney voglia fare anche un passo avanti, voglia provare ad alzare il tiro, a dare un’interpretazione più ampia di questo “modo di funzionare” che abbiamo noi, oggi, fra pandemie, guerre, e un mondo così complesso.

Ma andiamo con ordine: i protagonisti di questa racconto sono quattro, due coppie, due uomini e due donne intorno ai trent’anni; Alice è una scrittrice affermata, reduce da una forte crisi con connesso ricovero psichiatrico, Eileen è sua amica dai tempi dell’università e vive a Dublino in cerca di un difficile equilibrio fra famiglia d’origine, lavoro e sentimenti; Alice conosce Felix su Tinder (i social sono molto presenti, sempre, in questo racconto), un uomo che fa il magazziniere e col quale c’è una strana affinità, nonostante la diversa estrazione sociale; e poi c’è Simon, che lavora per un partito politico, che scopre di amare Eileen dopo tanti anni di tormentata ricerca di un equilibrio.

Il racconto è strutturato alternando le vicende di queste quattro persone ad un rapporto epistolare fra Eileen e Alice, in cui le due donne si scrivono confrontandosi, oltre che su quello che succede loro, anche su un ampio ventaglio di problematiche, come la caduta del comunismo, la sorte del romanzo, la religione, la crisi dell’Età del Bronzo.

Seguiamo quindi queste quattro persone fino al loro incontro finale nella grande casa sull’oceano affittata da Alice, dove sarà il momento di tirare le somme, confrontarsi, e anche affrontarsi a muso duro, perché Rooney non lesina certo di narrare anche i momenti di forte crisi nei rapporti, di scontro, di contrasto fra persone.

Il romanzo ci pare alternare momenti di grande vena a tratti più faticosi, forse pretenziosi o troppo ambiziosi, a rasentare un tentativo di analisi sociologica e filosofica che talvolta ci pare fuori posto, insieme a bellissimi dialoghi, momenti introspettivi e al montaggio incrociato delle vite di questi personaggi, che sono la cosa migliore che troverete in questo romanzo, e su cui Rooney si conferma ad alto livello.

Sentite il primo incontro fra Felix e Alice, che preannuncia il rapporto enigmatico fra i due:

“Si guardarono. Lei adesso non sembrava più agitata, ma in qualche modo distante, mentre lui le percorreva il viso con gli occhi, come cercando di venirne a capo. Alla fine, dopo un secondo o due, non sembrò ritenere di esserci riuscito”.

O Eileen, una donna ormai adulta, che apostrofa la madre in lacrime, rappresentando in poche chiare pennellate l’essenza del conflitto fra generazioni:

“Torni a casa e ti lamenti del tuo lavoro, ti lamenti della tua vita. E la mia, di vita? Chi si prende cura di me? [—] Certo che mi preoccupa se sei infelice, solo che non so cosa vuoi che io faccia. [..] Soldi non posso dartene. E non posso nemmeno tornare indietro nel tempo e farti sposare un altro uomo. […] Vuoi che stia ascoltare le tue lamentele? Ascolterò. Ma non so bene perché credi che la tua infelicità sia più importante della mia”.

Il rapporto epistolare fra Alice ed Eileen ci pare invece molto meno riuscito, tanto da aver fatto sollevare il sopracciglio a molti critici, fra cui Antonio d’Orrico, che stronca (su La Lettura n. 544) il terzo romanzo dell’autrice irlandese con uno “Scarso”, rincarando la dose con l’affermazione per cui “l’unica cosa bella è la citazione di Natalia Ginzburg” (in esergo al libro).

Davvero troppo, troppo severo, ma c’è del vero: sentite questa affermazione, che ci pare frettolosa ed arbitraria:

“Il problema, con il romanzo euro americano contemporaneo, è che la sua integrità strutturale dipende dall’occultamento delle realtà vissute da pressoché tutti gli esseri umani sulla terra”.

E quest’altra, diremmo piuttosto discutibile:

“Sull’istinto del bello credo che ti sbagli. Gli esseri umani lo hanno smarrito con il crollo del muro di Berlino. Non intendo tornare a discutere della questione, ma con la morte dell’Unione Sovietica è morta anche la storia”.

I commenti

Brandon Taylor ha scritto sul New York Times che questo è il libro migliore della trentenne irlandese: ecco, nemmeno su questo possiamo condividere, forse esso ci lascia più di qualche perplessità, ma riteniamo che comunque valga la pena leggerlo, come anche gli altri romanzi di questa scrittrice emergente.

Sempre Taylor definisce quest’opera “un certo non-romanzo senza trama” (come ci pare di poter tradurre “the kind of plotless un-novel”; ecco forse questa è un riflessione intrigante: è vero che non c’è trama, perché la vita scorre su episodi totalmente piani, normali, ma avremmo dubbi sul fatto che ciò sia un “non-romanzo”. E’ il come funzioniamo, ricordate? E cioè il romanzo della nostra vita.

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Pubblicato da Leonardo Dorini

Manager, consulente, blogger. Mi occupo di finanza ed impresa, amo lo sport. Ma sono qui per l'altra mia grande passione: la letteratura.

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