Il senso del possesso

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Diceva il pittore francese Eugène Delacroix nel XIX secolo che

“Il segreto della felicità non è nel possesso delle cose, ma nel godimento che se ne trae”

Guardi Netflix che balza in borsa verso i suoi massimi storici, non un provvisorio rimbalzo dai minimi come accade dalle parti di Siena, e scopri che, due secoli dopo Delacroix, l’utilizzo (il godimento) si sta realmente sostituendo al possesso. Ma con effetti ancora da definire sulla felicità.
Non si tratta solo di musica o di contenuti televisivi e cinematografici, dove siamo certamente felici di poter accedere ai contenuti preferiti “dalla nuvola” con qualunque dispositivo, ma anche di beni più tangibili come l’automobile o la casa di villeggiatura. Il punto di partenza è il medesimo: la Rete consente di realizzare trasmissione di dati e perfezionare contratti semplici, creando un ambiente accogliente per ogni forma di sharing economy; così che è più facile scambiare non il possesso di un qualsivoglia bene, ma il godimento che deriva dal suo utilizzo.
Questa trasformazione ha però altri risvolti, perché anche la moneta con cui si effettuano queste operazioni, in molti casi, non è più solo il denaro.

Proprio Netflix è stata più volte protagonista di una controversia, quella sul concetto -imprescindibile secondo alcuni- della neutralità della Rete. Negli USA Netflix, pagando i service provider, ottiene un privilegio nella concessione di banda per la trasmissione dei suoi contenuti. Qualche anno fa la connessione ad internet generava traffico telefonico, “scatto alla risposta” incluso, e impattava in modo sensibile sulle bollette. Oggi viene concessa spesso illimitatamente, spuntano ovunque hotspot liberamente accessibili, ma il “costo” che si rischia di pagare è quello di vedere snaturata la neutralità della Rete, elemento garante della democraticità dell’infrastruttura. Un po’ come se eliminassimo i caselli autostradali riservando però le vie a scorrimento veloce ad alcune auto, lasciando a tutti gli altri utenti “normali” le strade tappezzate di buchi, gli ingorghi dell’ora di punta, le deviazioni per lavori in corso. Il fatto che un grande player possa acquistare questi privilegi in virtù della sua forza economica significa attribuire un valore commerciabile a ciò che fino a ieri era trattata come un diritto. In Europa la neutralità della Rete è ancora garantita dalle regole comunitarie, ma l’utente medio potrebbe fare spallucce e considerare queste trasformazioni come materia da euroburocrati, senza riflettere sul fatto che questo “effetto rarità” della banda può indurre i provider a valorizzare le corsie preferenziali rallentando o dirottando gli investimenti in infrastrutture che aumentano la disponibilità di banda, per poter vendere a margini più alti le loro forniture.

Ma non finisce qui: in molti casi possedere un oggetto non ha più lo stesso significato di prima, non significa poterlo usare come meglio si crede: ci sono le stampanti intelligenti che rifiutano le cartucce non originali o ricaricate, e siccome la legge lo consente, nessuno ci vieta di pensare che in futuro il distributore domestico di croccantini per cani funzionerà solo se caricato con la marca di cibo prestabilita[sociallocker].[/sociallocker]

Possiamo provare ad addentrarci oltre sul crinale di queste trasformazioni: chi affitta la propria casa a giornate attraverso uno dei servizi di sharing disponibili in Rete sa bene che il “valore” della sua attività dipende dalle recensioni che riceve. E che non tutte le recensioni sono uguali. Una buona recensione scritta da qualcuno che ha migliaia di followers, ancora meglio se stimato, considerato, autorevole (definito in sintesi un influencer), può far crescere l’attività. Ad un influencer potrebbero quindi essere concessi sconti o addirittura delle gratuità. Non è fantascienza: esistono già compagnie turistiche che offrono pacchetti viaggio a prezzi convenzionati in cambio dell’impegno dei clienti a girare video promozionali da postare su facebook. Il proprio social branding personale potrebbe presto diventare, dunque, una forma di moneta di scambio, una forma alternativa di reddito spendibile.

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Anche qui potremmo fare spallucce o essere contenti di poter ottenere delle facilitazioni con qualche tweet o delle foto su instagram. Pensandoci meglio, però, se l’immagine diventa reddito magari acquisiremo tutti una maggior consapevolezza della nostra immagine sociale, o forse seminiamo i germi di una società più ipocrita, e non è detto che sia uno scambio così vantaggioso.

La partecipazione attiva dell’utente è la (non più tanto nuova) frontiera che le società stanno esplorando. Presto potremmo ritrovarci fra le mani strumenti che -per contratto- consegnano al produttore i diritti su ciò che il “possessore” realizza con quegli stessi strumenti. Niente di troppo lontano da ciò che è già realtà: alcuni software online funzionano già così e, per esempio, esistono siti dove è possibile fare upload delle proprie foto per condividerle con altri, ma il servizio comporta la cessione permanente dei diritti di pubblicazione e alterazione di quelle foto al sito stesso “senza ulteriore coinvolgimento dell’utente e senza compenso di alcun genere”.

Questi scenari vanno ad arricchire le preoccupazioni che si sono accumulate negli anni sul crescente numero di servizi online che riceviamo formalmente gratis, ma che ciascuno paga mettendo a disposizione i propri dati, perché un utente profilato è un valore per chi vende spazi pubblicitari. Tuttavia, mentre l’archiviazione dei nostri dati avviene passivamente, a latere di ciò che facciamo e in una Rete accessibile a tutti; lo scenario sembra evolversi verso una Rete che funziona in modo diverso a seconda della classe di utente ed una costruzione attiva dei profili sociali, per massimizzarne i benefici indiretti.

Resta da capire quanti siano già in grado di distinguere tra la propria immagine e la propria identità; quanti siano pronti a gestire la propria immagine e quanti si troveranno viceversa privati della loro identità giacché, come diceva Goethe,

“Non si possiede ciò che non si comprende”.

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

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