Son bolle o i tentacoli del mercato?

Bolla o non bolla speculativa? Gli analisti e gli economisti ci martellano quotidianamente su questa tematica. I mercati finanziari hanno fatto tanto, tantissimo. E quando si parla di mercati finanziari si parla di azionario ma non solo. Anche le obbligazioni hanno ormai raggiunto livelli di prezzo (e di rendimento) che non hanno eguali nella storia.

Questo quadretto, idilliaco per l’investitore, è in forte contrasto con quella che è invece la realtà economica.
Non occorre certo insegnare niente a nessuno. Ognuno di noi può guardarsi intorno e giudicare. Quanto veramente la nostra economia sta recuperando? E quanto è vicina la ripresa economica? Le promesse della classe politica si moltiplicano, come ormai accade da decenni. I discorsi speranzosi di economisti e istituti di statistica sono monotoni: oggi le cose non vanno molto bene ma nel prossimo semestre tutto andrà meglio.

E la fotografia di questo mondo migliore la si ottiene guardando questo semplice grafico che forse già conoscete.

PIL reale dei paesi facenti parte del G-7

Dai picchi della grande crisi subprime, dove abbiamo visto il fallimento di Lehman Brothers, l’economia dei “paesi che contano” ha avuto una ripresa (chi più chi meno). Solo un paese è messo addirittura peggio di allora. E questo paese è l’Italia.
In questa sede non voglio colpevolizzare niente e nessuno. Le cause di questa debacle sono tante e tutte importanti. In verità però questo grafico non è così sincero, in quanto anche le altre economie, che teoricamente hanno ritrovato forza e ripresa, non sono in condizioni così floride. Il merito/causa è la politica monetaria ultraespansiva che ha sicuramente evitato destabilizzazioni economiche importanti, ma ha anche cambiato gli equilibri e le logiche economiche. La mano dell’uomo è intervenuta in modo massiccio ed ha modificato le dinamiche economiche “pilotandole” a suo piacimento. Ma siamo sicuri che questo tipo di comportamento possa essere esente da pesanti effetti collaterali?

Nell’economia, come nella natura, ci sono degli equilibri che devono essere rispettati. E il tempo, inesorabilmente, riporterà tutto allo stato originario.
Per certi versi la famosa “exit strategy” della FED ha come obiettivo proprio quello di un “ritorno alla normalità”. E sarà proprio questo passaggio un momento fondamentale per capire quanto la crescita economica USA sia reale e quanto invece sia solo frutto di una manomissione artificiosa.

Facciamo però attenzione. Se pensate che il vero problema sia la “exit strategy” e il rischio che la FED possa alzare i tassi prima del previsto (ndr: in settimana la Yellen potrebbe regalarci qualche novità in merito), vi sbagliate di grosso. Attorno alle manovre della FED, gira tutto un universo che è stato creato artificiosamente dall’uomo per sfruttare certi scenari di mercato. Mi riferisco ai derivati, alla leva finanziaria, agli swap fatti dalle aziende high yield per rifinanziarsi generosamente anche a condizioni straordinariamente convenienti se parametrate allo stato di salute di certe imprese. I soliti errori, i soliti peccati. La storia insegna che quando certi scenari si presentano agli occhi degli investitori, occorre fare molta attenzione. Quando la cosiddetta percezione del rischio finanziario risulta azzerata, come ora, significa che qualcosa non funziona. O forse funziona troppo bene perché artificiosamente condizionata.

Qualche esempio, banale ma non troppo. Vi sembra normale che il nostro BTP a 10 anni, oggi, sia a ridossi dei minimi storici di rendimento, quanto ci ritroviamo con un debito pubblico che è ai massimi storici, un’economia che boccheggia, una situazione politica apparentemente stabilizzata ma a profondo rischio di futuri contrasti, con una disoccupazione che continua a crescere e una produzione industriale che sta collassando?
Siamo obiettivi, anche un bambino si renderebbe conto che questo quadro economico non è meritevole di fiducia. E invece, eccolo qui, il BTP a 10 anni. Mai così caro, mai così poco remunerativo, mai cosi apparentemente sicuro. E come il BTP anche i bond high yield che oggi sembrano quasi risk free.

Grafico BTP 10yr

BTP 10yrProprio qui sta forse il grande rischio del mercato. Non tanto la disquisizione se l’azionario è in bolla oppure no, ma la straordinaria fiducia che si dà ad un mercato “spazzatura” (junk bond) senza ponderarne correttamente i rischi, un mercato quest’ultimo che è cresciuto a dismisura proprio perché richiestissimo per il suo rendimento superiore ai bond più tradizionali. E sempre parlando di correlazioni, è palese il rapporto tra obbligazioni high yield e mercato azionario. Ma già ultimamente questa correlazione si sta fortemente indebolendo.

Azioni: Bolla o non bolla?

Se poi vogliamo parlare di azioni, ci sono tutti i requisiti per ipotizzare un mercato in bolla speculativa. Ma fate ben attenzione, non commettete l’errore di paragonare questo mercato al 2000 quando ci fu la bolla internet. Rispetto ad allora, il mercato oggi non si focalizza su un solo segmento (titoli tech) ma su tutto quanto abbia un premio per il rischio. Tutto incondizionatamente, senza fare più distinzioni anche qualitative (il che vuol già dire molto). Se poi parliamo di multipli, si trovano i pareri più discordanti. Merita però una particolare considerazione questo ragionamento.

La Yellen al Senato dice che alcuni segmenti del mercato sono cari, la Lagarde (FMI) replica confermando le stesse logiche espresse dal capo della FED, altrettanto fa Weidmann (Bundesbank), altrettanto fa Buffet (che non compra nulla da una vita il che è molto indicativo), altrettanto fa Icahn, un personaggio meno noto ma non di secondo livello, altrettanto lascia intendere Soros… Insomma la lista è lunga e l’unico comun denominatore è che tutti questi personaggi NON si fidano più dei mercati. (Source)

Che si siano bevuti tutti il cervello? Probabilmente no. Certo è che trovarsi certi soggetti così dubbiosi sulla prosecuzione del trend lascia quantomeno a pensare.

Ma quando arriverà la correzione?

Dirlo con certezza non è facile. Dipende da tantissime cose. Anche dalla BCE, se vogliamo. Il mercato ancora oggi non riesce a quantificare la reale efficacia della BCE, di capire quanto Mario Draghi stia bleffando, e soprattutto comprendere la reale efficacia del TLTRO. E basterà la forward guidance di Super Mario per proteggere i mercati finanziari? Lo dubito fortemente.
Bisognerebbe trovare delle soluzioni che permettano ai mercati una reale uscita “morbida” da questa complessa situazione, senza particolari crolli o shock che diventerebbero di difficilissima gestione.

Basterebbe trovare la vera causa di questa crisi, analizzando con attenzione quanto è successo negli ultimi anni, risolvendo il problema alla radice e non sempre e solo correggendo in modo artificioso quanto è più evidente.

Ragionate un attimo. Questa crisi, che ha origini molto più datate di quanto voi pensiate, ha come suo fulcro un solo elemento. L’uomo. Questa è la più grande crisi sociale mai vista nella storia, dove l’uomo ha accelerato una serie di percorsi volti all’impoverimento della massa distruggendo principi e valori, dedicando il massimo dell’attenzione al profitto “a qualunque costo”.

No voglio certo mettermi a fare il moralista, e ci mancherebbe altro, ma voglio solo arrivare a dirvi che a poco serviranno le analisi, le ricerche, le proiezioni di grandi economisti se si ignora lo scenario sociale. E l’Italia è forse l’esempio più lampante, anche perché è il più vicino a noi. Decenni di distruzione economica causate dal mal governo, dalla cattiva gestione del bene comune, che ha portato ad un logoramento del sistema Stato, del suo debito, del suo tessuto produttivo e così via. Come dice giustamente Thomas Piketty, la disuguaglianza economica (e quindi il contesto sociale in cui viviamo) rappresenta la questione economica più urgente del nostro tempo.

Esempio lampante: salari stabili se non addirittura in discesa, premi e stock option dei grandi banchieri ai MASSIMI storici, come se il mondo di oggi fosse veramente il migliore di sempre.

Basterebbe un miracolo? Chissà, intanto chi è causa del suo mal, pianga se stesso. Ognuno di noi si renda conto che questo mondo, questa Italia, questo scenario ce lo siamo costruiti noi, con le nostre mani ed abbiamo contribuito in modo determinante a logorarlo, distruggerlo e condizionarlo artificiosamente. Ne dovremo pagare le conseguenze, prima o poi. E questo “atterraggio nella realtà” potrebbe risultare meno morbido di quanto si possa pensare e, soprattutto, sperare.

E sui mercati, apocalisse in arrivo? Non esageriamo, non serve essere catastrofisti, cerchiamo di essere realisti. Per cominciare considero quantomeno prudente iniziare a diminuire i rischi nei portafogli dei risparmiatori. E poi speriamo che l’uomo riesca a pilotare per l’ennesima volta, in modo costruttivo, un’eccessiva frenata o un rischio di violento ritorno di volatilità. Ma per tutto questo, non ci resta che aspettare gli eventi.

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Pubblicato da Danilo DT

Danilo Rambaudi, alias Dream Theater, è un operatore finanziario dal 1995. Asset Allocation Manager, collabora con istituzioni finanziarie e siti finanziari italiani e non, nell'ambito dell'analisi e della ricerca. Analista tecnico, ma anche padre e marito (e a volte se ne dimentica).

2 Risposte a “Son bolle o i tentacoli del mercato?”

  1. Complimenti, ottimo post, chiaro, semplice e alla portata di tutti.
    Grazie.

    Sinceramente, come l’Amministratore di questo sito ben sa, sono anni che vado sostenendo che “la vera causa di questa crisi” è l’energia.
    Le disparità sociali che si sono generate negli ultimi anni non sono
    una “causa” ma un “effetto” di quella che è la più grande crisi energetica della Storia (e anche la più mascherata).

    Se appena ieri producevi uno “spazzolino da denti” con il petrolio a 30 dollari/barile, oggi te ne servono 100 di dollari.
    Da qualche parte, il mancato margine è andato a finire.
    Dato che i prezzi al dettaglio, bene o male, hanno mantenuto, c’è stata una lotta impari (per ora) tra le proprietà e i consumatori sul mantenimento del margine.

    Delocalizzazione, flessibilità, stabilità salariale, imposizione fiscale è lì che sono andati a finire i 70 dollari/barile di differenza tra ieri e oggi.

    Purtroppo è difficile spiegare questo messaggio perchè i numeri vanno saputi leggere.
    Per esempio, la produzione di petrolio è in aumento “in quantità” e tutti sono contenti. Peccato che conti anche la “qualità”, ovvero, i costi in testa di pozzo e il contenuto calorifico di quello che estrai (senza parlare dei costi ambientali).
    Altri si tranquillizzano con l’abbondanza di gas metano; peccato che è come paragonare mele con pere. Tutte e due apportano calorie ma la loro natura è ben diversa. E’ il petrolio che è alla base del trasporto, così come della plastica, dei fertilizzanti…

    Quanto sopra è anche il motivo per cui la politica accomodante delle banche centrali non ha dato i risultati sperati e, comunque, come hai lasciato intravedere, non duraturi.

    L’Italia, oltre ad avere una classe diringeziale ridicola, parte anche lei con il presupposto che le basi economiche del futuro saranno le stesse di oggi.
    Invece non sarà così.
    Bisogna puntare ad una politica energetica diversa, ad un’altra industria, al controllo ferreo delle spese, al rispetto delle risorse primarie (avete parlato recentemente di “acqua”) e, anche in politica estera, potrebbe essere necessario rivedere la nostra posizione all’interno dell’Occidente (il gas russo, algerino e qatarino sono essenziali per gestire la transizione industriale).

    Basta così, altrimenti annoio.
    Sono concetti triti e ritriti, che, comunque, chi è nei cockpit finanziari elude.

    Complimenti ancora per il post.

    sinbad

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