Spesa pubblica: una sequenza di occasioni perdute

Non accadeva da parecchio tempo, ormai: il Tesoro ha collocato le sue emissioni di BTp nel passaggio di metà mese a rendimenti più alti, seppur di poco, rispetto alle precedente emissione. E’ un campanello d’allarme che suona lieve, ma conviene tendere l’orecchio invece che attendere che diventi una vera e propria sirena.

Dalla fine degli anni ’90 l’Italia ha goduto di un effetto “convergenza” dei tassi che ha generato anno dopo anno uno straordinario risparmio in spesa per interessi, un argomento a cui siamo molto sensibili visto che deteniamo il secondo rapporto debito/PIL dell’area, dietro solo alla Grecia.

Questo risparmio, comunemente chiamato “dividendo dell’euro” avrebbe potuto rappresentare una straordinaria occasione per riorganizzare la spesa pubblica: sarebbe bastato contenere le altre voci di spesa, preservando un avanzo primario (cioè la spesa pubblica esclusi gli interessi sul debito) per ritrovarsi “gratuitamente” nuove risorse ogni anno, da utilizzare per un ulteriore abbattimento del debito, generando una sorta di circolo virtuoso per i conti pubblici.

Quello che è avvenuto è che, viceversa, sfruttando il risparmio della spesa per interessi, si è mantenuta una mole complessiva di spesa apparentemente similare, aumentando la spesa primaria più rapidamente della crescita del PIL:

dati reali su base deflattore PIL. Fonte: ISTAT
dati reali su base deflattore PIL. Fonte: ISTAT

Una volta scoppiata la crisi finanziaria internazionale nel 2007-2008, il crollo del PIL ha fatto cadere il velo. Oggi l’Italia si ritrova il PIL allo stesso livello di sedici anni fa, con una spesa primaria aumentata di oltre il 20% ed una raccolta fiscale accresciuta del 10%.

[tweetthis]L’Italia oggi ha PIL pari a quello di 16 anni fa, spesa primaria +20% e pressione fiscale +10%[/tweetthis]

E’ chiaro che se il PIL dal 2000 al 2016 risulta fermo, il maggior gettito significa maggiore pressione fiscale. Ed è altrettanto chiaro che, sebbene (quasi) tutti concordino oggi sul fatto che un fisco più leggero sarebbe necessario per il rilancio economico del Paese, lo Stato non possa dare un taglio sensibile alle sue entrate se allo stesso tempo non provvede a contenere le uscite.

In tempi di crisi la spesa pubblica può essere un’ottima fonte di sostegno e rilancio, è un approccio che viene definito anti-ciclico, mirato a mitigare l’andamento del ciclo economico. Tuttavia l’approccio anti-ciclico funziona ed è applicabile soltanto se viene applicato con coerenza: bisogna contenere la spesa quando c’è crescita, come c’era nel periodo pre-crisi, per poterla espandere quando poi la crisi si manifesta.

Viceversa si proclamano politiche anti-cicliche mentre si applicano politiche di sussidio populista, di vaga ispirazione sudamericana.

Dopo aver separato la spesa primaria e la spesa per interessi, vediamo allora come è stata riqualificata la spesa dopo il 2007: durante la crisi il massiccio intervento sui tassi da parte della BCE ha generato una nuova stagione di “dividendo” per i conti pubblici con una ulteriore riduzione del costo del debito.

Nel contesto di crisi utilizzare la leva pubblica per rilanciare gli investimenti è molto importante, la riduzione dei costi del debito poteva servire in quell’occasione ad espandere l’economia che si stava contraendo. Il rilancio del ciclo è importante anche per l’efficacia degli stessi stimoli monetari, perché se si prolungano eccessivamente e diventano strutturali, le imprese e le famiglie, consapevoli che i tassi rimarranno bassi nel lungo periodo, rallentano i loro investimenti produttivi: sapendo di poter contare su condizioni favorevoli (ed in prospettiva forse ancor più favorevoli in futuro) rimandano le iniziative. La ricaduta inevitabile è che il rallentamento degli investimenti azzera la crescita della produttività, perpetuando la stagnazione.

Purtroppo però la spesa per investimenti, rispetto alle altre voci di spesa pubblica è anche quella che è più facile tagliare se valutata rispetto al malcontento che genera.

fonte dati: ISTAT
fonte dati: ISTAT

La vocazione alla spesa mirata a preservare il consenso di brevissimo termine è rimasta dominante, scavando sotto i nostri stessi piedi un baratro. Con il sistema bancario, per giunta, in crescente difficoltà proprio a causa della persistenza di tassi a zero e della stagnazione economica. A questo combinato disposto di difficoltà, per buona parte figlie di una mancanza di volontà nello sfruttare in modo virtuoso le risorse, la risposta facile di alcuni osservatori meno attenti è quella di attribuire le colpe agli agenti esterni, l’euro prima di tutto. Questo approccio è semmai il miglior modo per non imparare dagli errori del passato e cercare di perpetuarli il più possibile. L’approccio dei veri conservatori.

[tweetthis]I veri conservatori sono quelli che danno la colpa all’ €[/tweetthis]

Consola solo parzialmente vedere che la traiettoria di crescita della spesa primaria, dopo che abbiamo vissuto nel 2011 il dramma nazionale dello spread, ha preso un orientamento più orizzontale, specie se scorporiamo anche le inevitabili prestazioni sociali che uno Stato eroga nei periodi difficili:

fonte dati: ISTAT
fonte dati: ISTAT

Si è persa quindi l’occasione di usare due stagioni consecutive di riduzione dei tassi (prima la convergenza dovuta all’entrata nell’euro, poi i tassi zero offerti dalla BCE per contrastare la Grande Crisi) per ridurre prima il debito e poi la pressione fiscale.

Si è preferito continuare a erogare spesa prevalentemente di sussidio, costringendo la spesa pubblica ad occupare quote crescenti dell’economia nazionale, così che ora ogni taglio di spesa viene vissuto come potenziale danno alla crescita.

Ora però bisogna prepararsi ad una nuova stagione: è ancora presto per dire se quel tenue campanello d’allarme che suonava all’inizio prenderà corpo, ma è fuori discussione che l’economia guida dell’Occidente (gli USA) sta, con estrema calma, avviando un processo di rialzo dei tassi e, sebbene le intenzioni della BCE rimangano quantomai accomodanti, lo spazio per riduzioni ulteriori del costo del debito si sta esaurendo. Se per una qualunque ragione i rendimenti dovessero ricominciare a crescere, il maggior costo del debito (che ammonta oggi alla cifra record di 2252 mld€) impatterà su un’economia

  • dipendente dal deficit pubblico
  • con una fiscalità opprimente
  • gravata da una spesa pensionistica (che non è PIL) crescente
  • e con investimenti (che fanno PIL) fermi sia sul fronte della spesa privata che dal lato della spesa pubblica, che predilige erogare sussidi.

Occorrerà una virata decisa[sociallocker].[/sociallocker]

Al netto di una crisi bancaria che porta con sé la minaccia di ricadute sciagurate, già ad oggi la stima di crescita del PIL è stata revisionata dal Centro Studi Confindustria a +0,7% per il 2016 e +0,5% nel 2017, dando un segnale di trend discendente se pensiamo anche al +0,8% realizzato nel 2015. Gli effetti positivi attesi dalla redistribuzione non sono giunti: i “famosi” 80€ dovevano dare una spinta pari al 2,5% al PIL, per fare un esempio emblematico. E’ davvero il bonus ai 18enni ciò di cui l’Italia ha bisogno?

Se a questo aggiungiamo che secondo le stime, la politica monetaria della BCE avrebbe prodotto/protetto oltre 1% annuo di crescita del PIL (senza il quale saremmo ancora in recessione), verrebbe da concludere con una riflessione: in sedici anni si sono susseguiti governi di ogni forma e colore, eppure tutti accumunati dalla medesima ricerca di consenso, che evidentemente sappiamo riconoscere solo a certe condizioni, mentre i risultati più efficaci dagli organismi non democraticamente eletti. Che si debba fare un mea culpa come elettori?

articolo pubblicato il 23 settembre 2016 sul quotidiano “La Verità
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Grazie per aver votato!

Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

9 Risposte a “Spesa pubblica: una sequenza di occasioni perdute”

  1. Come sempre un articolo eccellente. D’accordo dalla prima all’ultima parola, con un’ovazione sul finale, ed una domanda.. “in sedici anni si sono susseguiti governi di ogni forma e colore, eppure tutti accumunati dalla medesima ricerca di consenso, che evidentemente sappiamo riconoscere solo a certe condizioni, mentre i risultati più efficaci dagli organismi non democraticamente eletti. Che si debba fare un mea culpa come elettori?”.. Come detto, pienamente d’accordo sul fatto che gli italiani credano alle fate eppure, proprio per il discorso che “tutti sono accomunati dalla medesima ricerca di consenso”.. Che si fa? Francamente non c’è nulla che mi rappresenti nel panorama politico.. sarei stato volentieri “commissariato” da Monti fino ad ora, ed anche oltre (e, come converrà, è una posizione estremamente minoritaria, e che consenso non ne trova da nessuna parte).

  2. Ricordi quando nel 2013 sul tuo blog mi strappavo i capelli (ancora un pò ne avevo) per l’ascesa del Renzi e da buon grillo parlante mi avete più o meno ignorato, non riuscendo a riconoscere dietro la baldanza del giovane rignanese l’ultraconservatore che vi si nascondeva?
    Allora visto questo parziale “mea culpa”, la prossima volta quando si va a votare chiedete a me che vi passo qualche dritta!
    Per il resto analisi impeccabile (tanto i media continueranno a parlare di austerity UE, di rigidità di Berlino, di vincoli dell’euro… nella sostanza invece il Renzi ha speso una 30 di miliardi di euro -dividendo bce- per cavarci un bellissimo 0,80 di PIL.. ed il giorno dopo il no alle olimpiadi per far girare la ruota ha rilanciato il Ponte sullo stretto!!! Aaaaah! Già dimenticato il binario unico in Puglia, il terremoto, le ricorrenti alluvioni, la bonifica della terra dei fuochi.. no! Ponte, sennò i soliti noti che appalti fanno? povera Italia..)

    Con affetto.
    Ps: intanto cominciamo col votare NO al referendum per esempio, ok?

  3. Ottima analisi. Ma uno dei grandi problemi del paese è l’incapacità, o la non volontà, degli intellettuali consolidati nel tirar le somme derivanti da quel che concordemente emerge da economia, sociologia, politica, cultura.
    Per non farla lunga, basti pensare che questa nazione spende ingenti somme di denaro per costruire innumerevoli santuari e dimentica, fra una truffetta ed una sottovalutazione, di proteggere i suoi stessi cittadini da terremoti distruttivi, ciclici e quindi prevedibili.
    La cifra medioevale dell’italiano, fazioso, clericale, nepotista, familista, miracolista, affamato di sesterzi lanciati dalle carrozze, fa ormai a pugni con l’evo contemporaneo. E ci condanna all’implosione. Rapida.
    La spesa pubblica, come correttamente evidenzi, viene inghiottita da spese assistenziali che proteggono il potere da critiche e istanze di cambiamento. Detta spesa, in riduzione di mezzi, finisce addirittura per ‘mangiarsi’ i servizi a cui sarebbe formalmente dedicata: per fare un esempio, il bus della partecipata resta scassato e pericoloso – e può fermarsi da un momento all’altro – perché tutte le risorse vanno in stipendi, di gente che vota e fa votare. Fino a che chi deve andare a lavorare non ci riuscirà nemmeno, azzoppando produttività, lucri e fiscalità. La logica non è un’opinione.
    Purtroppo, anche il lato teoricamente liberale del paese non riesce più ad affrancarsi sul serio da tali dinamiche, per assenza di coraggio e dipendenza economica dal regime, che pure contesta…e pure per incapacità ad affrontare il trauma, preferendo subire il cambiamento inevitabile – da default – piuttosto che contribuire a determinarlo, al fine di rendere il trapasso meno traumatico e più proficuo, per tutti.

  4. Noto che nonostante svariate prese di posizione segnatamente critiche nei confronti dell’operato del governo, sul vostro Think-tank non si prende posizione sulla materia referendaria che pure molto sta scaldando i dibattiti.
    Anzi, diciamo che forse c’è l’imbarazzo per il fatto di fare a fette l’opera dell’armata Brancaleone rignanese da un lato e sotto sotto velatamente di sostenere .. il Sì!
    Si è detto che il sì vincerà come vinceva quasi sempre Berlusconi, perché pubblicamente si aveva pudore nel dichiararsi fan del cavaliere ma nel segreto dell’urna puntuale si sceglieva l’elargitore della mancetta elettorale di turno, intaschiamo un bollo auto oggi, al doman qualcun ci penserà..
    E’ per questo motivo che su uno snodo cruciale per il destino italiano chiedo ufficialmente una presa di posizione chiara da parte di questa piattaforma; uno spazio di approfondimento che aspiri ad essere minimamente autorevole non può svicolare su questo tema, pena l’irrilevanza ed un rapido oblio.
    E’ vero che il 4/12 si voterà sulla Costituzione e non sul governo, ma in realtà nonostante le smentite è l’attivismo del premier abbinato all’aberrante finanziaria elettorale (sudamericana, cit) che sta prendendo forma in questi giorni (in ritardo rispetto alla previsione di legge) a dimostrare che la partita più importante è in realtà sul governo e le lobbies che ad oggi lo hanno sostenuto, per quanto si avverta la necessità di veder modificata la carta costituzionale.
    Quindi su, esprimetevi, un domani quando andremo a commentare i prossimi passaggi che ci aspettano peserebbe come un macigno il silenzio di questi giorni..
    Nel frattempo sommessamente segnalo
    Btp Tf 1,65% Mz32 Eur 97,090 -1,02 %

    1. Caro Marco,
      per quanto io sia “il titolare” di questo sito, questo think-tank (definizione fin troppo generosa) è composto da individui che hanno pareri competenti, ma personali. Questo è un sito indipendente e non vuole avere né farsi assegnare un colore politico. Non essendo un partito non siamo tenuti ad avere, e non abbiamo, una posizione assembleare, collettiva e/o condivisa. Alcuni di noi hanno espresso il loro parere strettamente personale, come ad esempio ha fatto Forchielli, di cui riporto qui: “Ecco in faccia la verità che non riusciamo a cambiare e lasciamoci morire. Oppure ingoiamo questo rospo, facciamo un piccolo passo avanti e continuiamo questo lento processo di cambiamento. Va valutato inoltre che il mondo si aspetta qualche progresso da noi, già è a tutti chiaro che non riusciamo a contenere la crescita del debito, se poi mettiamo anche in piazza che abbiamo lavorato 2 anni invano per fare una riforma che abbiamo buttato per aria sarebbe letale sul piano internazionale: si conferma l’immagine di un paese chiacchierone, litigioso che non sa cambiare, incamminato su un percorso di inesorabile messicanizzazione.”

      Partendo dal fondo: il movimento sul debito governativo europeo è generalizzato (persino il bund scende) e deriva a mio modo di vedere da un atteggiamento attendista dei mercati. Draghi ha detto che a dicembre darà le guidelines della politica monetaria per il 2017 e il mercato sta vendendo, specie le emissioni più lunghe, in attesa di capire meglio.
      Quindi no, il movimento del BTP non ci dice niente sul referendum, secondo me.
      E dico no anche alla liaison suggerita fra referendum e governo. Dopo aver sciaguratamente personalizzato questo voto, Renzi ha tirato indietro la mano vedendo i sondaggi. Qualunque sarà l’esito del referendum questo governo non cadrà, troverà supporti esterni, lo stesso Berlusconi si è reso disponibile a mobilitarsi per stampellare.
      La finanziaria, e tutto il correlato di mance e mancette (voluntary bis, l’eden di una abolizione di Equitalia, ecc ecc) disgusta chi cerca di vivere nell’onestà innanzitutto intellettuale. Il Governo vorrebbe che vincesse il Sì, è evidente anche ad un cieco, votare No per fare dispetto al governo sarebbe un errore: si vota per scegliere quale opzione preferiamo per il nostro futuro, non per il futuro di Matteo Renzi.

      Su quello che scrive Forchielli dico che non focalizzerei l’attenzione al 100% sul giudizio dall’estero, ma certamente l’opinione sull’Italia non migliorerebbe con un “NO”, quindi -tornando al BTP che ti preoccupa- se l’andamento dello spread ti inquieta…
      Non hai menzionato un aspetto cruciale, a mio avviso, che è la congiunzione fra la riforma costituzionale proposta nel referendum e la riforma delle legge elettorale (italicum) che potrebbe seguire. Si tratta di un abbinamento pernicioso, che potrebbe concentrare troppi poteri nelle mani di un PdC.

      Votare Sì significa avallare una riforma costituzionale imperfetta, dare al potere esecutivo maggior margine di manovra, approvare un segnale di cambiamento.
      Votare NO significa mantenere lo status quo, forse temendo che la riforma peggiorerebbe le cose.

      Mai abbiamo sostenuto qualcuno prima di una tornata elettorale, preferiamo fornire “strumenti” per comprendere che dare “risposte”. E’ ovvio che so cosa voterò, ma non cederò alla tentazione di dire agli altri cosa votare, io penso (spero, quantomeno vorrei..) che ciascuno sappia e voglia decidere con la propria testa.

      1. Grazie per la replica, so che non siete né un movimento né un caffè politico virtuale.. ma in qualche modo siete uno spazio che qualcosa può dare, fosse soltanto per aver scovato un Forchielli che oggi è in rampa di lancio come opinion leader, magari tu sarai il prossimo, chi sa!
        E’ per questo per dirla alla Forchielli che vi scasso i maroni, dove dobbiamo andare a battere la testa visti gli scempi attuali, da Salvini, da Grillo?
        Ma torniamo al dunque; su un paio di questioni penso di aver già approfondito meglio nel mio commento di stamani (non temo lo spread-per ora- ma temo e molto i tassi e il loro rialzo, e ho chiaro il tema dei poteri del PdC).. ma dissento da Forchielli quando andreottianamente afferma “prendiamo il male minore” scegliendo un sì di controvoglia.
        Il male minore oggi è votare No, chiaro che occorrerebbe da subito capire .. ” se esista un blocco politico e sociale in grado di assumere la leadership in Italia”.
        Giannino ci provò con il suo “Fare”, l’han fatto a fette con pochi complimenti. Qualcuno si sente di riprovarci? Si parlava di un 8% di consensi prima del tracollo..

  5. Torno alla carica.
    Chiedo agli autori: a vostro avviso è adeguata la politica economica del governo in uno scenario di probabile rialzo dei tassi e di possibili turbolenze sul debito?
    Piuttosto che occuparsi delle dinamiche della sterlina e delle politiche della signora May, non è il caso di domandarsi cosa possa accadere a casa nostra con un rialzo dell’onere di servizio del debito già a partire dal 2017?
    IMO il Referendum è un falso problema, il nostro bicameralismo è fallace ma oggi sull’efficienza del “sistema paese” questo ha un peso estremamente marginale; in qualche modo l’ingovernabilità può essere persino una risorsa in questi frangenti, quando lo slogan e la parola gridata hanno molta più presa del ragionamento e della mediazione,
    rispetto a un modello dove chi vince di un voto prende tutto.
    Oggi, se non è già tardi, la sfida per un pensatore indipendente, liberale e libertario penso sia di cominciare a domandarsi se esista un blocco politico e sociale in grado di assumere la leadership in Italia perché dopo due anni di relativa tregua le acque potrebbero cominciare ad essere parecchio agitate, ma in giro mi pare che al momento tutti si preoccupino più di preservare il proprio ruolo di battutisti e/o fini polemisti.. Giannino, Forchielli da un lato Robecchi dall’altro.. chi vende un libro, chi rinnova un contratto, chi va in TV.. ma sotto sotto chi disturba veramente il manovratore?

  6. Corriere della sera di ieri

    Rendimenti dei titoli italiani in salita
    Ma soprattutto, la forza del No nei sondaggi sul referendum, la crescita quasi zero e i problemi bancari in Italia hanno reso i bond del Tesoro di Roma i più fragili dell’area euro. I rendimenti dei titoli di Stato italiani a dieci anni sono schizzati in alto in un mese dall’1,25% all’1,75%, con l’ultimo strappo di ieri: è la performance peggiore in Europa, anche rispetto al Regno Unito e ormai in ritardo di quasi 0,5% sulla Spagna. Con la Banca d’Italia che compra titoli del Tesoro per quasi dieci miliardi al mese per conto della Banca centrale europea, questo è la spia che oggi non ci sono quasi compratori esteri per il debito italiano presente sul mercato.”
    Continuiamo a parlare di Brexit?
    Vabbè continuiamo.

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