Inizio del 1500, per l’Europa si aggirava un’epidemia misteriosa, chiamata “sudore anglico”. La sua origine e le sue modalità di diffusione rimangono tutt’oggi sconosciute. La malattia si manifestava in modo spaventoso:
La febbre, e il caratteristico sudore, si manifestava all’improvviso, accompagnata da spossatezza. La morte poteva giungere in poche ore. Era possibile svegliarsi al mattino sentendosi bene e passare a miglior vita prima del tramonto.
Quasi come nella serie “The Leftovers”
La malattia era più letale tra nobili e ricchi che tra i poveri (dunque poco correlata alla condizione igienica), e non sembrava attaccare neonati o bambini piccoli. Ci furono varie ondate, tra 1485 e 1551. Alcune di queste dimezzarono la popolazione di alcune delle città colpite.
Quando un caso si manifestava, davanti all’abitazione si poneva un pagliericcio per segnalare l’infezione e gli occupanti restavano chiusi in casa per 20-30 giorni.
5 secoli dopo
le ondate sono più veloci (impiegano settimane a ripresentarsi, non anni) e la Scienza medica ha fatto molti progressi, ma a parte il pagliericcio fuori casa…
Avremmo possibilità di tenere mappate le catene di contagio se facessimo massicci test con tempestività e criterio uniti a tracing serio invece che su un foglio all’ingresso del ristorante (quando erano aperti) o nello studio del dentista.
Se i test vengono fatti 10 giorni dopo la malattia, subordinandoli alla sola logica del rientro al lavoro, non servono a nulla sul controllo delle catene di contagio: il lavoratore che scopre di avere la febbre potrebbe essere già in ritardo per fermare la catena, figuriamoci dopo dieci giorni.
Sul tracciamento dei contatti avremmo più strumenti dei nostri simili di 5 secoli fa, come Carlo Alberto Carnevale Maffé e Alfonso Fuggetta provano a ripetere da tempo, ma purtroppo la società umana si è evoluta più rapidamente del nostro cervello, che è ancora quello che ci ha fatto uscire dal Pleistocene.
A conferma di ciò, all’annuncio dei vaccini, la prima reazione è nutrire remore e stimolare l’amigdala degli altri.
Chissà, magari siamo solo affezionati a quell’unica forma di difesa che, con tanti secoli di storia alle spalle, ci siamo ormai (quasi) arresi ad attuare.
Ah, dimenticavo, tutta questa faccenda sul 1500 non viene da qualche mia ricercata sapienza storica o indagine epidemiologica (non ho competenze in materia). L’ho scoperta leggendo il bellissimo romanzo “Wolf Hall” di Hillary Mantel.

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