Tre Nuove Zone a Statuto Speciale

L’Ufficio Politico del Partito Comunista Cinese ha deciso che il paese deve avviarsi più velocemente verso il capitalismo. È soltanto l’ultima delle contraddizioni – spesso apparenti, talvolta reali – che la Cina mostra all’Occidente. È stato infatti deciso di varare 3 nuove Zone Economiche Speciali. Sorgeranno a Tianjin, Fuzhou e in prossimità di Guangzhou. Diciotto mesi dopo l’inaugurazione della ZES di Shanghai, la Cina completa la mappa degli interventi, iniziati con la capitale economica della Cina e le floride economiche che le gravitano intorno.

Hong-Kong1

Tianjin è una megalopoli il cui spessore va oltre il ruolo di porto di Pechino. L’area economica che serve è infatti il vasto e popoloso delta del Fiume Giallo. La ZES di Fuzhou troverà sinergia con la dirimpettaia isola di Taiwan alla quale è legata da vincoli di storia e di sangue. Nonostante le tensioni politiche, i rapporti economici tra Pechino e Taipei non sono stati mai così floridi, con forti vantaggi reciproci. La ZES di Guangzhou è nel cono della fabbrica universale, il cantiere meridionale della Cina, dove si produce ogni bene per tutti i clienti mondiali. Le ZES decise sono uno sviluppo di quelle del passato, rivelatesi il magnete più grande per gli investimenti stranieri. Alle multinazionali assicuravano condizioni favorevoli, una tassazione ridotta, una manodopera sterminata e disciplinata. Ora la Cina è più matura e dunque propone soluzioni più avanzate. Si basano su una doppia parola d’ordine: integrazione economica e agevolazioni normative per il movimento dei capitali. La Cina infatti sta progressivamente cambiando l’etichetta di opificio internazionale per spostarsi verso livelli più sofisticati. Può farlo perché è ora insita nella global value chain. Non è soltanto preziosa per i bassi costi, ma insostituibile a causa della miscela che può offrire: un mercato interno in crescita, un’eccellente rete infrastrutturale, una società complessivamente più moderna. Diventerà più facile e con costi ridotti inserirsi compitamente nel dinamismo delle economie asiatiche più sviluppate. I settori d’intervento saranno ampliati e soprattutto sarà in principio allentato il controllo sui movimenti di capitale. Sarà un’eccezione rispetto al controllo ferreo di Pechino e negli auspici condurrà a una progressiva internazionalizzazione del renminbi. Se queste premesse sono innegabili, rimane da capire quanto saranno realizzabili. In ciò, la Cina potrebbe essere antagonista di se stessa. Si avventura infatti in terreni nuovi, dove la sua dimensione potrebbe essere insufficiente a proteggerla da fenomeni globali che non controlla. Come spesso succede, il paese procede con prudenza e per tentativi. Xi Jin Ping lancia questo esperimento in zone avanzate, già esposte alla concorrenza. La ZES di Shanghai non ha prodotto novità sostanziali. Ora, quasi per trascinamento, si tenta con i nuovi 3 esperimenti. La competenza è da dimostrare, mentre prevale ancora il pragmatismo, la sicurezza dei piccoli passi. Eppure il controllo del passato è ormai un ricordo e la Cina sta scoprendo che se vuole indirizzarsi verso la modernità, le è necessario correre qualche rischio.

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Pubblicato da Alberto Forchielli

Presidente dell’Osservatorio Asia, AD di Mandarin Capital Management S.A., membro dell’Advisory Committee del China Europe International Business School in Shangai, corrispondente per il Sole24Ore – Radiocor

2 Risposte a “Tre Nuove Zone a Statuto Speciale”

  1. Un comentario valioso no es el mío, sino el de mi paisano venezolano el científico José Alvarez Cornett, que vivió muchos años en China; se lo paso a él. Yo solo entiendo que estos 3 lugares de desarrollo (svilupo) “capitalista” no son del todo capitalistas porque el Gobierno interviene. El de China es un sistema mixto. Es posible que me equivoque. Ergo: JAC (above)

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