Give peace a chance

Maidan

All’Ucraina servono soldi, e alla svelta. La tabella dei pagamenti da onorare quest’anno assomma a oltre 60 miliardi di $, un terzo circa del prodotto interno lordo. Il Paese ha un basso livello di debito sul PIL (appena oltre il 40%) ma le condizioni per indebitarsi non ci sono.

Nei minuti in cui scrivo il titolo di Stato ucraino emesso in dollari (e non nella turbolenta moneta locale) con scadenza giugno 2014 rende quasi il 30%. Impensabile per lo Stato ucraino indebitarsi a queste condizioni. E’ per questo che Kiev cerca sostegno economico all’esterno, con l’obiettivo di stabilizzare una situazione economico-finanziaria a forte rischio di avvitamento e tornare a contare sulle proprie forze.

Russia da una parte, UE con USA e FMI dall’altro, sono entrambe disposte ad offrire sostegno finanziario, ma a patto di sapere quali siano le loro controparti. In pratica entrambi aspettano di sapere chi comporrà il Parlamento ucraino dopo le elezioni del 24 e 25 Maggio prossimo.

Una data che a Kiev sembra lontanissima. E’ per questo che la nuova coalizione tenta come può di accelerare gli eventi, dichiarando di aver ricevuto ultimatum di cui non c’è traccia o annunciando dichiarazioni di guerra mai pronunciate.

Questa mattina il governo reggente in Ucraina avrebbe offerto disponibilità ad ospitare basi missilistiche americane in cambio di aiuti economici immediati (con conseguente irritazione del Cremlino), ed oggi compare una intercettazione telefonica fra il ministro degli Esteri Estone, Urmas Paet, e la Commissaria UE per gli affari Esteri, Catherine Ashton, dalla quale emergerebbe che ad ingaggiare i cecchini che spararono sulla folla e sulla polizia in piazza Maidan sono stati ingaggiati non dal governo, ma dagli stessi rivoltosi, allo scopo di fomentare l’opinione pubblica a sostegno della rivolta

(l’intercettazione è stata confermata dal ministro Esteri nel pomeriggio di oggi)

La secessione non cruenta della Crimea e di altre regioni non è una opzione auspicabile, ne abbiamo già parlato qui, tantomeno lo sarebbe un conflitto armato, che non lo è mai ed ancor più non lo è vista la dimensione delle parti in gioco.

Se è solo di vile pecunia che si tratta, meglio rinunciare a qualche tatticismo, considerando che tutto è iniziato ad agosto 2013, con il Fondo Monetario Internazionale che ha negato all’Ucraina 10 miliardi $ di aiuti, situazione cui il governo di Kiev ha reagito siglando a novembre un patto con Putin per un piano da 15 miliardi $. Oggi l’esigenza finanziaria ucraina è salita a 35 miliardi. Prima che la musica prenda le note di un sirtaki potrebbe valer la pena fare qualche riflessione “spiccia”.

John Kerry, segretario di Stato americano, è arrivato a Kiev con un pacchetto da 1 miliardo $ per coprire l’aumento di prezzo del gas, visto che dal mese prossimo la Russia non concederà più sconti all’Ucraina.

La Commissione UE ha invece concordato oggi un piano di sostegno economico da 11 miliardi di € (ovvero circa 14 miliardi $) attraverso fondi europei e con il coinvolgimento della BEI e della EBRD. Gli aiuti UE verranno erogati subito per soli 610 milioni di €, il resto arriverà sgranato in un periodo di sette anni ed in subordine all’avvallo da parte del FMI, con relativo pacchetto di sostegno.

Gli aiuti esterni concessi in questo modo sono sempre un’arma a doppio taglio: condizioni rigide vengono imposte per garantire la capacità di rimborso, ed una volta ottenuto l’aiuto la sola minaccia del suo ritiro provoca la fuga degli investitori, stringendo rapidamente il collare al debitore.

popolo ucraino

Cosa è ragionevole debba aspettarsi il popolo ucraino? 

I piani di aiuto, soprattuttto quelli del Fondo Monetario Internazionale, saranno assoggettati a condizioni che -come sanno bene alcuni Paesi europei- possono essere poco simpatiche per la popolazione.

Per gli ucraini il pacchetto di aiuti  potrebbe portare: blocco dei salari pubblici, aumento delle bollette energetiche e tagli alla spesa pubblica.

Se partiamo dalla trattativa fallita in agosto scorso tra governo e FMI, le condizioni poste dal fondo, e non accettate da Janukovyč, erano orientate alla stabilizzazione dell’economia nazionale, visto che il governo ucraino soffre di un deficit di 6,5 miliardi $ all’anno. Innanzitutto i cittadini ucraini ricevono il gas dalla Russia ed il governo offre a sostegno dei sussidi che il Fondo vuole veder cancellati, inoltre è possibile che -come avvenuto in Grecia- venga richiesto un piano di licenziamenti nel settore pubblico.

Insomma la consueta musica a base di “compiti a casa” e piani di austerity che appesantirebbero gravemente le condizioni di vita del cittadino ucraino medio e -chissà poi perché va sempre a finire così- non toccherà quasi per niente quel manipolo di oligarchi che i sussidi statali li riceve in altra forma, meno diretta.

L’esperienza ci ha insegnato, in questi casi, a preoccuparci della fase successiva: le difficoltà di ripresa economica, che finisce per impantanarsi tra disoccupazione in crescita e consumi interni in calo.

barricate

Intanto c’è l’aspetto dell’incertezza politica che blocca qualsiasi programma di investimento o di assunzioni: le elezioni di fine maggio saranno soggette a forti tentativi di condizionamento sia dalle forze occidentali che dalla Russia. Se vincesse il fronte europeista, le regioni dell’est ucraino incontrerebbero grosse difficoltà a continuare ad esportare le loro produzioni al loro principale cliente: la Russia.

Viceversa vincesse il fronte filo-russo ci sarebbe un inasprimento della blindatura politica, che finora si è manifestata con accentramento della ricchezza nelle mani di pochi, influenti, oligarchi.

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

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