Ultimatum in salsa catalana

Catalunya

L’Istituto nazionale di Statistica spagnolo annuncia oggi l’uscita del Paese iberico dalla recessione: il PIL, nel terzo trimestre dell’anno in corso ha registrato un (misero) progresso dello 0,1% mettendo fine ad una sequenza di segni meno che durava, ininterrotta, dall’inizio del 2011.

“La crescita arriva dalla forza del settore estero, che è atteso in ulteriore crescita nel breve termine. La domanda domestica,

invece, continua a contrarsi, e senza di essa sarà difficile vedere una ripresa forte e sostenuta.”

Sono le parole scelte da Ben May, economista di Capital Economics, a commento del dato di oggi.

Certamente nel clima di austerity imperante la ripresa dei consumi interni sembra una chimera, ma il fatto è che quando si parla di questioni interne alla Spagna è sempre più urgente domandarsi quale sia il concetto di “interni”, perché nella tormentata area euro diverse forme di separatismo prendono vigore, e altre ritrovano slancio. Una di queste è la velleità separatista Catalana.

Non dobbiamo commettere l’errore di immaginare pittoresche congreghe che inneggiano alla versione spagnola del dio Po, perché la Catalogna, a differenza della Padania, esiste: ha dei confini definiti, una lingua, una storia e tradizioni proprie. E’ ufficialmente una comunità autonoma, ed è una delle regioni più ricche d’Europa, considerata uno dei “quattro motori economici” del continente.
Nel clima di preoccupazione che avvolge lo scenario politico spagnolo per la crisi catalana, il primo responsabile della soluzione, Mariano Rajoy, sembra non solo tranquillo, ma addirittura convinto della forza della sua posizione e della debolezza del suo rivale Mas, che ipotizza di sancire l’indipendenza attraverso il voto della “Consulta sovrana Catalana”. La tranquillità di Rajoy risiede nella convinzione che un’eventuale separazione della Catalogna dalla Spagna comporterebbe l’uscita della regione dall’Unione Europea.

Così Rajoy ha fatto quella che lui stesso ha definito “una offerta che non si può rifiutare” (il che rievoca una celeberrima scena cinematografica).

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In occasione di una conferenza stampa congiunta con il presidente kazako, Nursultan Nazarbayev, Rajoy ha lanciato a Mas – come non aveva mai fatto in Spagna – un messaggio implicito:

Non voglio una Catalogna fuori dall’Europa, fuori dai grandi organismi internazionale né isolata.Voglio una Catalogna Spagnola ed una Spagna catalana. Chiedo responsabilità, che non si creino divisioni né si generino incertezze né false aspettative. Se ci sono momenti nei quali i politici devono dimostrarsi all’altezza, questo è uno di questi. Chiedo che si pensi bene prima di prendere delle decisioni, che si guardino i rovesci della medaglia e che si studino bene le conseguenze

In altre parole Mariano Rajoy dembra voler dire: “Ti offro l’opportunità di evitare di registrare una sconfitta ancora più grande. Una pronuncia di indipendentismo della Consulta Catalana è un atto non legale, se continui sulla strada indipendentista affonderai con un pugno di mosche in mano, se invece rinunci a questi bellicosi intendimenti potrai sederti al mio tavolo a negoziare… portiamo la proposta di indipendenza della Catalogna al Congresso Nazionale, dove il PP ed il PSOE voteranno la bocciatura, tu avrai fatta bella figura e niente sarà cambiato nel concreto. Mas, tu sei un bravo ragazzo… non gettare al vento la tua carriera politica così“.

Eppure, a La Moncloa (sede del governo spagnolo) in molti credono che Mas si è spinto ormai troppo lontano e dovrà provare ad andare fino in fondo nel 2014, ma hanno fiducia che, quando il Governo farà ricorso ed il Tribunale Costituzionale fermerà tutto, Mas accetterà la proposta di Rajoye dirà a suoi “Ci ho provato e non ce l’ho fatta”.

Da qui lo scenario più probabile è quello di vedere nelle prossime elezioni tutti i partiti indipendentisti che si presentano insieme appoggiando la proposta catalana, nel 2016, e qui diventa chiave il deterioramento di immagine politica che Mas sta subendo, tanto che la ERC ha superato nei sondaggi la sua CIU. Rajoy, senza indugio, glielo fa notare:

“Qualcuno dovrebbe fare una riflessione, dovrebbe vedere quale è stato il risultato delle decisione adottate nell’ultimo anno e mezzo. Un leader politico deve riflettere bene sulle cose, valutare le conseguenze. A volte si dice le decisioni vengono prese tardi. E’ che si stanno producendo risultati (qui sembra volersi difendere da chi lo accusa di essere un immobilista ndr). Che senso ha parlare di unione fiscale e bancaria europea se qualcuno pone questioni che vanno in un’altra direzione? Il mondo non va verso la creazione di nuovi confini, è semmai sempre più libero”

In effetti, osservazione non peregrina, le due grandi banche spagnole – Bilbao e Santander – non sono catalane, l’unica entità che potrebbe supportare una mossa politica in questa direzione sarebbe la Caixa, peccato però che i vertici della Caixa siano unionisti ed europeisti e non indipendentisti. Forse la sicumera di Rajoy non è semplice spocchia…

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Pubblicato da L'Alieno Gentile

Precedentemente conosciuto con il nickname Bimbo Alieno, L'Alieno Gentile è un operatore finanziario dal 1998; ha collaborato con diverse banche italiane ed estere. Contributor OCSE nel 2012, oggi è Global Strategist per l'asset management di una banca italiana.

Una risposta a “Ultimatum in salsa catalana”

  1. La Spagna è uscita tecnicamente dalla recessione ma non dalla miseria, questa permarrà per lungo tempo. Il “miracolo” è stato ottenuto svalutando i redditi, riducendo il welfare e con una sintesi di altri tempi: immiserendo le masse. Non ho a disposizione un indice del Gini aggiornato, credo che appena disponile, confermerà che la ricchezza si stia concentrando in modo cospicuo.

    Il dramma “Ladrillo” permane, la missione di Sareb, quasi impossibile, prevede un orizzonte ottimistico di quindici anni per smaltire gli attivi. Questo significa almeno altri cinque anni di forte condizionamento del mercato immobiliare. Gli unici acquisti immobiliari di una certa vivacità provengono in buona parte dall’estero.

    L’economia è sostenuta dall’export verso l’Europa e da un rinnovato sforzo verso il Sud America, la voce turismo resta fondamentale. La domanda interna è al lumicino. Un dato è impressionate, che rappresenta più la realtà Italiana che non quella spagnola è questo: anno 2012, produzioni automobilistiche italiane 368.000 unità, stesso livello del 1958, anno in cui non esisteva significativa industria spagnola, produzioni spagnole 2012 circa 2.200.000 unità. Lascio a voi ogni riflessione. Mentre le rimesse degli immigrati verso l’estero diminuisco, quelle degli spagnoli all’estero sono destinate a crescere. Forte emigrazione spagnola. Il sistema bancario e lungi dall’aver risolto i problemi.

    La Spagna grazie al sangue degli spagnoli e degli aiuti “Europei” sta raggiungendo un nuovo assetto.

    Dal punto di vista giuridico e democratico può considerarsi a tutti gli effetti una colonia delle burocrazie Europee e di chi le domina. La sicumera di Rajoy non è semplice spocchia, ma certezza, il paese è in mani ben più salde delle sue. Il tanto minacciato referendum di Mas, qualora indetto sarà un fiasco. In primis è sconfessato dalle burocrazie europee e questo basta a fermarlo, poi è incostituzionale.

    In ultimo, lo pongo non a caso, senza il consenso sufficiente. Le ragioni sono più demografiche che politiche. La Barcellona come Milano, la Catalogna più della Lombardia è stata terra di immigrazione interna sin dai tempi di Franco. I giovani parlano tutti Catalano, perché il sistema scolastico lo ha imposto, i loro padri no. In Spagna le radici non si dimenticano.

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