Un amore verybello

La storia che sto per raccontare cominciò quando mi arruolarono nell’esercito con il grado di caporale maggiore reparto trasmissioni. Detestavo indossare l’uniforme e non aspettavo altro che il giorno di libera uscita : capelli impomatati, scarpe lucide e via verso l’agognata libertà .

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© Piergiorgio Branzi, Domenica pomeriggio alla Casa del Popolo

Era oramai consuetudine, d’inverno con altri commilitoni, recarsi la domenica pomeriggio alla Casa del Popolo: a metà tra la balera e la sezione di partito, affogavamo la nostra malinconia tra una spuma bionda ed un valzer lento, accompagnati dallo sguardo assente della Luisa, la signora della mescita. Un due tre, un due tre a turno tenevamo il tempo, chi cingendo al fianco l’annoiata ballerina, chi seduto a far flanella tamburellando le dita della mano. Qualche battuta , un tiro al biliardo, un’altra bevuta, e il mesto ritorno in caserma.

Con la bella stagione e l’aria frizzantina principiammo a frequentare il centro città. Ai compagni di naja piaceva oziare sul parapetto del ponte, osservare lo scorrere del fiume ma soprattutto fischiare alle turiste. L’intellettuale del gruppo, cioè il sottoscritto, si portava sempre un libro da leggere, incurante delle belle ragazze che gironzolavano attorno. Ma una voce suadente mi distolse da quel piacere. E fu così che la conobbi.

“Excuse me” dapprima non capii, voltai la testa e sorrisi.

Come ha detto? Ah sì, venga, l’accompagno io signorina”

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Ingrid Bergman in Journey to Italy (1954, dir. Roberto Rossellini)

Camminavamo l’uno appiccicato all’altro cercando di non perderci tra la folla. Eravamo perfetti insieme, era tutto così -come diceva lei- “verybello“.

La felicità ci colse all’improvviso. Sentivo che per lei avrei fatto tutto, e quel tutto stava per accadere: decisi di disertare.

Basta, finito, chiuso, stop. Fuggire, allontanarsi il più possibile dalle regole, dalle costrizioni, per una volta forse l’ultima inseguire solo l’amore, la libertà. Sapevo bene a cosa sarei andato incontro, ma non m’importava, lo desideravo fortemente. Che cosa c’era di più folle e travolgente di voler scappare e gustare, assaporare, deliziare i nostri sensi e godere della bellezza e della magnificenza che ci circonda?

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© Piergiorgio Branzi, Ischia scogliera

Dopo aver girovagato in lungo e in largo, da nord a sud l’Italia tutta, saziando gli occhi e scaldando il cuore, mai paghi di cotanto splendore, raggiungemmo l’isola di Ischia, ultima meta di un lungo viaggio appassionato ed appassionante.  Dalle scogliere rocciose e nell’immenso mare gettammo il nostro amore, che fu e sempre lo sarà, “verybello”

finirono le danze
fox-trot, mazurke e valzer andarono alla guerra
e ballerini folli rimasero per terra
Di lui che non andò dissero “un disertore”
lo fece perché all’odio lui preferì l’amore

 

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Pubblicato da Daniela Pepe

Anima migrante, laureata in economia. Lasciò tutto per l'America viaggiando in Transiberiana. Vive a Roma ma il suo cuore è a Tel Aviv

4 Risposte a “Un amore verybello”

  1. Leggendo ho rivisto Qual’cosa di travolgente, film carino di J. Demme, credo. Tutti dovremmo avere sempre un incontro come il protagonista e poi fa’ nulla se certi amori andranno ad impinguare quello specchio di mare bellissimo.. forse reso tale anche da certi lasciti appassionati.

  2. Milano, zona Parco Sempione.Fu con la spavalderia dei suoi 19 anni che varcò la soglia dell’Old Fashion quel sabato sera, capello naturalmente riccio (se lasciato libero di esprimersi) stirato a piombo giusto per lo spazio di una notte, minigonna, stivale alto e occhi bistrati di khol. Usava così.
    Lei non era propriamente bella, ma quando entrava in una stanza provocava uno spostamento d’aria che dirottava l’attenzione sulla sua presenza, e ne era consapevole.
    Lo vide in un angolo del bar, mentre la voce di Donna Summer sussurrava “I feel love”: alto, elegante, bella faccia scolpita in qualche pietra levantina, fisico atletico. Puntò lo sguardo su di lui, sfacciatamente, e attese.
    Non dovette attendere molto.
    Percepì il suo odore un metro prima che lui le fosse di fronte, e azzerò qualsiasi programma. Lui disse ” Ma che ci facciamo qui?” Voce calda, leggermente nasale, lieve accento meridionale. Lei rispose “forse stiamo perdendo tempo” e si avvicinò di un altro passo. Lui le circondò le spalle con un braccio – ma non era ancora un abbraccio, piuttosto un invito – e disse “ho la macchina qui fuori”.
    Milano in una notte di primavera, su una vecchia Lancia con il cambio al volante. Sono Fernando, arrivo dalla provincia di Foggia e lavoro in SIP. Io invece sono milanese, frequento la Statale, lettere moderne. I soliti discorsi banali, che permettevano all’energia chimica di quell’incontro di fluire ed alimentarsi indisturbata.
    Traversa di viale Monza, casa di ringhiera, scale di pietra leggermente maleodoranti. La porta di casa scricchiolò leggermente quando lui la aprì. Fino a quel momento avevano camminato vicini, sfiorandosi di tanto in tanto – ma quasi involontariamente. Lui chiuse la porta.
    Poi, niente fu mai più come prima, per lei.
    Lei, unica figlia adorata di una famiglia piccolo borghese, lasciò casa e studi per seguire l’animo irrequieto di lui, ma lui le sfuggì di mano, con la stessa leggerezza con la quale le si era donato.
    Lei cercò e raccolse i brandelli della sua vita, abbassò la testa e riprese il cammino.
    Continuò a creare quel lieve ma deciso spostamento d’aria ogni volta che entrava in una stanza, e se ne servì scientemente.
    Ma non fece mai più quell’ultimo passo che azzera tutti i programmi, ben sapendo che quel tipo di amore e quel tipo di sofferenza possono essere sopportati solo una volta nella vita.
    Tuttavia, si ritenne sempre molto fortunata: nessuno avrebbe mai potuto cancellare tutto ciò che era stato, e tanto le bastava.

  3. cara Transiberiana,la storia di oggi ci riporta prepotentemente ad Eros, al suo calore, all’amour fou che tutto assorbe e condiziona. Al punto da farci commettere delle follie, o invece delle scelte molto coraggiose.
    Comunque sia andata, compiango colui che almeno una volta nella vita non ne sia stato travolto.
    Trovo infine particolarmente felice la scelta delle foto che, pur senza dire, suggeriscono alte storie…

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