Un futuro per Taiwan

Non è difficile collegare i recenti risultati elettorali di Taiwan con le dimostrazioni di Hong Kong. La repressione – seppure non manu militari come a Tian An Men– delle manifestazioni studentesche nell’ex colonia britannica ha avuto inevitabili ripercussioni sull’isola già conosciuta in Occidente come Formosa. Le richieste democratiche di Hong Kong sono state disattese prima ancora dell’intervento finale della polizia. Gli arresti, lo spray al pepe, l’antagonismo con la restante popolazione hanno prima disorientato e poi sconfitto gli attivisti pro-democrazia. Il governo locale ha avuto buon gioco nel contrapporre chi ragiona con il portafogli a che si batte con cuore e cervello.

Proprio la sudditanza del Governatore di Hong Kong agli ordini di Pechino è stata la miccia che ha fatto esplodere la protesta elettorale a Taiwan. Il tradizionalista e filo cinese Kuomintang è stato sonoramente battuto nelle ultime elezioni. Nonostante si sia trattato di una tornata locale, il risultato è stato così clamoroso da indurre alle dimissioni sia il primo ministro che il capo del partito maggioritario, Ma Yng-jeou. Il Guomindang da lui presieduto è il partito di Jiang Je Shi (conosciuto con la vecchia traslitterazione di Chiang Kai Scek), il movimento dei nazionalisti che al ritiro dei Giapponesi dalla Cina nel 1945 ingaggiò una guerra civile con il Pcc e, sconfitto, riparò a Taiwan. L’isola divenne il bastione antimaoista, protetto dagli Stati Uniti per motivi militari e ideologici nelle pulsioni della Guerra fredda.

Dopo tanti anni la situazione è cristallizzata: la Cina continua a ritenere Taiwan una provincia ribelle, senza tuttavia riuscire a conquistarla. L’isola è di fatto indipendente, anche se è esclusa dalle organizzazioni internazionali e con limitatissimi rapporti blaterali. Tra questi, l’accordo di difesa con gli Stati Uniti ha garantito a Taiwan l’impossibilità di un attacco cinese senza conseguenze inimmaginabili a livello militare. In questa situazione, l’arma di Pechino per riconquistare i patrioti di Taiwan è stata l’economia. Sempre di più l’isola ribelle è legata al continente da scambi di merci, capitali e persone. La Cina è il suo primo partner commerciale e circa uno dei suoi 23 milioni di abitanti vive nel continente. Si tratta dunque di una situazione peculiare, dove negli ultimi anni lo scorrere del tempo ha favorito l’integrazione e questa potrebbe condurre a una riunificazione “dolce”, un sigillo formale su un fatto compiuto. In questo quadro i rapporti sono divenuti sempre più stretti con il Guomindang di Ma. La stella polare è sempre stata la formula magica usata per Hong Kong: “Un paese, due sistemi”. Tuttavia, la promessa di mantenere lo status quo per 50 anni è messo in discussione dalla rigidità di Pechino. Hong Kong e Taiwan – entrambe abitate solo da cinesi – hanno livelli di vita e accesso a libertà democratiche ancora inarrivabili dalla Cina. Il timore di perdere la diversità conduce a dimostrazioni e a proteste elettorali. Ora le elezioni taiwanesi hanno consegnato una maggioranza – seppure su una tornata amministrativa – all’opposizione del Democratic Progressive Party. La sua campagna elettorale ha insistito sulla pericolosità di legami con la Cina. Anche sul versante economico i risultati sono negativi. La crescita è bassa perché il traino di Pechino si è affievolito, si sono persi migliaia di posti di lavoro ora trasferiti nel continente, i prezzi delle abitazioni sono cresciuti a dismisura come conseguenza della speculazione cinese. Il DPP sta accentuando la sua impostazione democratica e filo-indipendentista.

Le elezioni presidenziali del 2016 saranno il redde rationem di posizioni inconciliabili. Se dovesse prevalere, le tensioni potrebbero esplodere oppure, all’altra estremità nel ventaglio delle ipotesi, l’isola potrebbe mantenersi cinese dal punto di vista etnico ma taiwanese da quello politico, de facto o de jure.

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Pubblicato da Alberto Forchielli

Presidente dell’Osservatorio Asia, AD di Mandarin Capital Management S.A., membro dell’Advisory Committee del China Europe International Business School in Shangai, corrispondente per il Sole24Ore – Radiocor

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