Il 18 maggio si è conclusa l’ultima consultazione 2015 del FMI sull’Italia le cui conclusioni sono riassumibili nel titolo che ho utilizzato per l’ultima #Congiuntura di Piano Inclinato: l’Italia che va e quella che non va. Questa volta non mi riferisco alle profonde differenze geografiche di cui finalmente sembra essersi accorto l’Economist (qui e qui), ma alle riforme strutturali incompiute o mai partite viste dal punto di vista di un osservatore imparziale.
La premessa su cui si deve metter l’accento è l’ambiente favorevole inteso come il contesto dei mercati che non sta mettendo alcuna pressione sull’attuale esecutivo. Una finestra di opportunità quindi, da sfruttare il più possibile per risolvere problemi atavici e contigenti: 1) bassa produttività; 2) funzionalità del mercato del credito e 3) bilanciare l’aggiustamento fiscale riducendo il debito pubblico.
Ormai siamo quasi assuefatti alle rimostrante degli “stranieri” ficcanaso, soprattutto quelli ex-cattedra, che non capiscono le difficoltà specifiche della governance politica nell’implementare certe misure. Tuttavia è necessario affrontare i temi con capillarità e ordine, come quando si fa scorrere il rosario fra le dita: uno per uno.
Misure per aumentare la produttività
Veloce premessa: la produttività è un driver fondamentale della crescita economica. Sembra quasi un’ossessione ma la prima misura dell’FMI per aumentare la produttività è:
A wide‐ranging reform to raise the efficiency of public services is long overdue
Pubblica amministrazione, enti locali, appalti pubblici e, soprattutto, una riforma comprensiva della giustizia civile. Sì, la giustizia.
A more efficient judicial system is vital for productivity and growth
Colpevole e assordante silenzio del Governo su questo argomento. Invece stiamo passando dal Bonus Renzi al Bonus Madia senza tenere conto che il crollo della crescita è funzione degli investimenti, e non dei consumi.
Secondo punto per aumentare la produttività riguarda le riforme per aumentare la competizione nel mercato dei beni e dei servizi. il FMI senza alcuna indecisione afferma che
consumers will benefit from more competition in product and service markets
ma l’attuale governo non ha nemmeno in agenda una simile riforma. Forse non è molto di “sinistra”.
Terzo punto sul mercato del lavoro. Sì, il mercato del lavoro. Qualcuno potrebbe obiettare: “ma non abbiamo appena approvato una riforma dolorosa ed omnicomprensiva?”. Risposta: “No!”. Non ancora. E difatti il FMI sottolinea che il Jobs Act è una riforma INCOMPLETA e necessita di ulteriori interventi per aumentare gli incentivi (non pubblici eh! non si riferisce a sussidi!) per assumere e formare. Si auspica un maggiore decentramento della contrattazione incrementando la flessibilità rispetto ai contratti nazionali (ah, se mi sentissero i sindacati confederati).
Ripristinare la funzionalità del mercato del credito
A sentire il governatore della Banca d’Italia, il sistema bancario italiano è solido e perfettamente funzionante. Eppure la liquidità fornita dalla BCE non è per nulla andata a supporto dell’economia reale. Le misure suggerite hanno l’obiettivo di rafforzare i bilanci delle banche e delle imprese in modo da alimentare la ripresa economica:
Accelerate provisioning and write‐offs
Improve further the insolvency regime
Restart the NPL market
Foster restructuring or resolution of distressed SMEs
Promote alternative sources of financing
Enhance the use and enforcement of collateral
Al Fondo Monetario hanno le idee chiare su ciò che si dovrebbe fare e sul come. L’unica cosa su cui sta lavorando il governo è una bad bank che probabilmente non vedrà mai la luce perchè le grandi banche, oltre ad aver già fatto un po’ di pulizia, non hanno alcun interesse a spostare parte del suo business ad un asset manager di Stato.
Ribilanciare l’aggiustamento fiscale riducendo il debito pubblico
Ancora una volta si suggeriscono delle misure di consolidamento fiscale “growth-friendly” per consentire prima una stabilizzazione e poi una riduzione del debito pubblico. Con questa affermazione non voglio ri-mettere benzina sul fuoco, ma il tema di come (tasse o spese, credibili interventi pluriennali) si interviene sulle finanze pubbliche è, a volte, molto più importante del quanto si vuole aggiustare.
Ed anche in questo caso il Fondo Monetario ha le idee molto chiare:
To support growth, fiscal rebalancing needs to continue through more efficient spending and lower taxes
Non a caso il precedente Commissario alla Spending Review, Cottarelli, era ed è espressione di una scuola di pensiero che in Italia fa fatica anche ad essere compresa. Insomma, la malsana idea del Fondo Monetario di produrre un aggiustamento dei conti pubblici soprattutto attraverso un aumento prospettico del PIL non ha attecchito nel Bel Paese. E difatti Carlo Cottarelli lo abbiamo rispedito al mittente… oppure è scappato?

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Mamma mia, Sig. Liuk, mamma mia. Comincerei dalla sua
proditoria affermazione: “””Al Fondo Monetario hanno le idee chiare su ciò che
si dovrebbe fare e sul come”””. Guardi che è proprio il contrario. Esso stesso
ha ammesso che l’austerità è stata controproducente e che le politiche che ha imposto
sono state un flop.
Ed allora, più che avercele chiare, direi che le idee ce le
abbiano parecchio confuse. Sa, a volte si rischia di restare inchiodati per
sempre ad una dichiarazione poco felice! La smentisca oppure, se vuole, faccia
l’elenco dei paesi che, seguendo le direttive del FMI, hanno avuto come
conseguenza un’economia migliore. Io farò seguire l’elenco contrario (eh, eh,
eh …).
In sintesi, lei e il FMI sembra che facciate dipendere un
sostanziale guadagno di competitività, in Italia, ad un intervento sull’efficienza
della Pubblica Amministrazione, sul Sistema Giudiziario, su una maggiore
competitività nel mercato dei beni e dei servizi, sul ripristino della funzionalità
del mercato del credito ed infine sulla riduzione fiscale come conseguenza
della riduzione del debito pubblico.
1 – Per smentire tutto l’articolo sarebbe sufficiente
sottolineare che ci sono pur stati dei periodi in cui l’Italia cresceva. In
quei periodi i problemi da lei indicati non è che non ci fossero. Anzi, erano
finanche peggiori. Ed allora, perché si cresceva? Forse perché non sono quelli
che lei (FMI) ha indicato i problemi che bloccano la produttività? Questa, in
Italia, è andata male soprattutto in due occasioni, a) all’epoca dello “SME
credibile” (con il tasso di cambio ingessato al +/- 2%. Lo SME precedente,
evidentemente “poco credibile”, funzionava però molto meglio sul piano dei
differenziali di produttività intra-europei. Ci furono 4 svalutazioni della
Lira e 6 rivalutazioni del Marco, segno che sul piano dei cambi qualcosa da
fare c’era, e poi come!), e b) all’epoca attuale della moneta unica (euro).
Ogni volta che si è ingessato il cambio la produttività è precipitata. E’
un’evidenza empirica! Per non andare troppo lontano, il recente crollo della
produttività ebbe inizio nel 1997, quando fu fissato (bloccato) il tasso di
cambio fra Lira e Unità di Conto Europea (il futuro euro). In alternativa, mi
dica lei quali altre ragioni l’avrebbero causata, visto che non credo sia stato
il 13mo anniversario del mio matrimonio o la clonazione della pecora Dolly.
2 – Sul miglioramento della Pubblica Amministrazione (però i
dipendenti pubblici italiani sono pochi rispetto agli altri grandi paesi
europei. Pubblichi il grafico, no?) e della Giustizia (si fa per dire) sono d’accordissimo.
Però, che il miglioramento di questi due fattori abbia un potere taumaturgico sulla
produttività è un’affermazione sbalorditiva. Perché non pubblicate (lei e il
FMI) un dato numerico frutto di evidenze empiriche? Sa, a me piace discutere
davanti ai grafici. Ovviamente questi due fattori vanno migliorati, specialmente
il secondo, ma sostenere che la produttività dipenda da questo ..… che mi dice allora
della Cina e dell’India? Le loro “amministrazioni pubbliche” e la loro
“giustizia” funzionano bene? Suvvia).
3 – Per funzionalità del mercato del credito che intende
dire? Se si riferisce al problema della mancata immissione di denaro
nell’economia reale sono d’accordo. Ma questo dipende dal fatto che la mancata
competitività generata dall’euro ha causato la crisi, e quindi le banche non
prestano soldi perché i clienti sono entrati in difficoltà e non possono
restituirli. Insomma, lei (FMI) prende l’effetto e lo mette al posto della causa!
Aristotele, chi mai fu costui?
4 – Ma lei (FMI) fa riferimento anche ad una migliore competitività
sul mercato dei beni e dei servizi. Dico, “siamo fuori”? Il mercato italiano è
completissimamente libero, sia sui tradables che sui non-tradables. Chiunque
viene e fa quello che gli pare. Le privatizzazioni sono state fatte, che cosa
resta, quindi? Privatizzare i servizi locali (distribuzione di acqua e gas,
etc.)? Dica lei, però, in quale servizio locale, una volta privatizzato, la
qualità ed i prezzi sono migliorati. Un esempio. Mi faccia un solo esempio.
Privatizzazione, quindi, significa peggioramento della produttività, dati
empirici alla mano. Oppure vi riferite alla sanità? Il servizio sanitario
italiano (nonostante un sud che non sempre funziona) è considerato il 2° – 3°
al mondo per qualità (si faccia ricoverare in America e poi ne riparliamo), ad
un costo di 9,3 punti di Pil. L’efficiente e privatizzatissimo servizio
sanitario americano, a parte che fa schifo (non guardi i telefilm), costa oltre
17 punti di Pil e lascia fuori il 20% della popolazione. E’ questo che intendete,
lei e il FMI, per miglioramento della produttività?
5 – Sulla riduzione fiscale, conseguenza della riduzione del
debito pubblico, il discorso è più complesso. Innanzitutto i moltiplicatori
keynesiani sono diversi. Quello della spesa pubblica è pressoché il doppio di
quello dovuto alla riduzione fiscale. Fermo restando che le tasse sono troppe,
quest’operazione si potrebbe dunque fare solo in periodi di crescita. In questo
momento causerebbe un’ulteriore riduzione del Pil. I liberisti dimenticano
spesso che la spesa dello stato si traduce in fatturato e crescita per il
settore privato. Bisogna davvero dire ancora questo? Ed allora, ancora una
volta le considerazioni del FMI fanno a pugni con la logica della macroeconomia.
Sparano cavolate, salvo cambiare idea quando sbattono il muso contro la realtà.
L’ultima cavolata l’hanno ammessa sulla Grecia (“le politiche di austerità sono
state controproducenti etc. etc.”).
Potrei scriverei ancora, ma mi fermo qui, pregherei solo che
in questo sito siate tutti meno ideologici, e cominciate finalmente a non
girare la testa dall’altra parte quando si parla delle vere ragioni della
mancata produttività. Non si recupera un 25 – 30% di differenziale di
competitività dalla Germania senza uscire dall’Unione Monetaria, o senza che i
tedeschi facciano crescere il monte salari, per equipararlo ai miglioramenti
della produttività.
Ma non lo faranno mai, non ci credete nemmeno voi (ma nemmeno
Kaldor. Vi inviai uno scritto, al riguardo). E se noi continuiamo a deflazionare,
ma loro fanno la stessa cosa, il differenziale non si colmerà mai. Ma nel
frattempo la deflazione porterà (ha già portato) recessione e peggioramento del
debito pubblico italiano. Fino a quando? La svalutazione dell’euro, i bassi
prezzi del petrolio e i tassi d’interesse al minimo non dureranno per sempre.
Euro brutto. Causa di tutti i mali.
“Noi”, ideologizzati, non lo capiremo mai.