Vicenza inquieta

Finalmente questa Offerta di Transazione delle due ex popolari venete si è conclusa, appena sotto il 70% per entrambe (68,7% per Vicenza e 67,6% per Montebelluna delle azioni comprese nel perimetro dell’operazione), che “limiterebbe” così gli ulteriori presumibili accantonamenti per cause legali a più o meno 400 milioni, una cifra tutto sommatto abbordabile considerando il miliardo già buttato dentro da Atlante a inizio anno per affrontare appunto i risarcimenti (e abbastanza in linea con i 180 milioni già aggiunti da Vicenza per le cause legali).
Abbordabile, dicevamo come ultime parole famose, infatti nuovi remake della storia infinita non se ne avranno. Vicenza ne ha approfittato anche per deliberare il bilancio 2016, che chiude con il disastroso risultato atteso, pur riservando altre inquietanti sorprese.
Già il fatto che a Montebelluna non abbiano ritenuto urgente e necessario chiudere contemporaneamente anche i conti del loro scorso esercizio, sta già alimentando interessanti dietrologie fra le quali a libera scelta potete fare cherry picking: si va dal tentativo, infantile, di rinviare e annacquare le reazioni ad un secondo disastroso risultato di bilancio, alle ipotesi di vertici aziendali in pieno litigio e transumanza verso migliori pascoli, versione già alimentata giorni fa da una inchiesta del Fatto Quotidiano e ulteriormente “provata” dalle dimissioni repentine del consigliere di Vicenza Marco Bolgiani, cooptato la bellezza di soli 8 mesi fa.
Personalmente credo che sia in corso un braccio di ferro con Bruxelles e Francoforte sulle sorti di Montebelluna, che in parecchi vedono ormai come il primogenito da sacrificare. A vostra libera scelta decidere se paragonare la situazione alla prova di Abramo o alle piaghe d’Egitto.

BILANCIO BILANCIO DELLE MIE BRAME

Ma torniamo al bilancio della banca capitanata da Viola.
Una cosa, si diceva, era attesa ma è riuscita a sorprendere: le svalutazioni monstre da un miliardo per il nuovo deteriorato emerso nel secondo semestre 2016, che a dire la verità si pensava fosse un numero aggregato delle due banche….e invece, come ora immagino, fa parte di quella horror story che ha fatto lievitare da 3 a 4,7 miliardi le necessità di capitale nel giro di 40 giorni.
Il verbale del CdA è tanto scarno quanto impietoso nel tracciare i motivi del crollo del margine di intermediazione, dei dividendi e delle commissioni nette: in tema di interessi, la banca ammette di essere ricorsa al deleveraging degli impieghi verso la propria clientela (-10,4%) per far fronte ai maggiori costi di funding (la qual cosa in sè assomiglia a dissetarsi con l’acqua salata, ma risponde anche ad esigenze di contenere i temuti RWA e il patrimonio di vigilanza); l’investimento in fondi di private equity e in particolar modo nel settore assicurativo è stata straordinariamente deludente per i dividendi, mentre il crollo delle masse amministrate, gestite e previdenziale, leggasi fuga dei clienti, ha decimato il margine commissionale.
Piuttosto inquietante è l’accenno allo stralcio di imposte anticipate (DTA per quasi 500 milioni) iscritte nei precedenti bilanci, in seguito al risultato del probability test che altro non vuol dire che la banca ha fallito il test per valutare il recupero di marginalità lorda nell’arco del prossimo quinquennio, tale per cui sia giustificato il differimento delle imposte.

http://www.trapaniturismo.com/images/questa%20volta%20l%27ho%20fatta%20grossa.jpg

Ma quello che mi ha fatto tremare i polsi sono i numeri della liquidità, crollata al 38% a fine 2016, tornata al 90% con le fresche emissioni a febbraio di bond garantiti dallo Stato, e ora confermata nuovamente in crisi per i deflussi a marzo di depositi causati dai timori legati al bail in.
Nello scorso articolo scrivevo che i deflussi sembravano calmati, ma la situazione di febbraio e marzo 2017 emersa dai verbali del CdA è tutt’altro che rassicurante, e mette seriamente in crisi di liquidità la banca con sede a Palazzo Thiene.
Non per caso il verbale del Consiglio di Amministrazione aggiunge che si è già ottenuta la garanzia statale per una nuova emissione di bond da 2,2 miliardi, senza contare il forte ricorso della banca alle operazioni TLTRO presso la Bce.

Un’altra cosa inquietante è la percentuale di copertura del credito deteriorato, pari al 48% mentre le sole sofferenze sono coperte al 60%, con l’obiettivo nel 2017 di crescere al 70% (rendendosi così necessari altri 1,2 miliardi di accantonamenti, a livello “consolidato” con Veneto Banca).
Non smetteremo di dire che il problema del credito malato non è come cedere le sofferenze, ma come arginare i flussi in entrata, eppure non una parola in merito è spesa nel verbale del Consiglio, e invece sarebbe meglio, come direbbe puffo Quattrocchi.
http://www.radiosubasio.it/wp-content/uploads/2015/02/Quattrocchi.jpg-ok.jpg

Anche Vicenza si accoda a Carige, che in una vivace assemblea ha ieri deliberato l’azione di responsabilità nei confronti dell’ex ad Piero Montani, dell’ex Presidente Cesare Castelbranco, e del fondo Apollo: il Consiglio vicentino ha definito l’atto di citazione nei confronti degli ex componenti la direzione generale del CdA e del Collegio Sindacale, col proposito di depositarlo nei prossimi giorni.
Ma Zonin, che una settimana fa è stato lungamente sentito dai pm, è comunque sereno: troppi documenti non recanti la sua firma lo scagionano, d’altronde va ripetendo che lui era solo garante e ricopriva un ruolo istituzionale e non operativo, e chissà quanto ci vorrà perché si possa dimostrare senza dubbi la sua notevole influenza nel processo di decision making.

STIAMO DANDO I NUMERI

Finalmente abbiamo dati certi sui ratio patrimoniali del Gruppo BpVi, anche se i giornali economici stanno facendo a gara per fare confusione (il Sole24Ore confonde i target SREP2017 con i coefficienti attuali della banca), pertanto qualche ulteriore spiegazione in merito va data.
Il verbale del CdA afferma che il CET1 ratio, in breve il suo capitale azionario e le riserve, è al 7,47% e il Total Capital Ratio al 8,88%, mentre i giornali riportano che il 2016 si è chiuso rispettivamente al 8,21% e 9,61%. La differenza si spiega se venisse incluso nel calcolo anche la ricapitalizzazione per 146,3 milioni fatta da Atlante il 5 gennaio 2017, quindi a esercizio formalmente chiuso.
Quel che deve interessarci è che la banca, pur risultando adeguata rispetto ad uno dei minimi regolamentari previsti da Basilea III (CET1 al 7% e Total Capital Ratio 10,5%), è tuttavia sotto se confrontata con i più prudenziali target dello SREP 2016, pari rispettivamente a 10,25% e 12,25% (per i più esperti e esigenti, si tenga conto che la ex popolare non ha strumenti di capitale del tipo Additional Teir 1, perciò il requisito CET1 e il requisito Tier1 coincidono, altrimenti il solo CET1 dovrebbe essere al 8,75%).[sociallocker].[/sociallocker]

Si noti che in queste condizioni, la conversione in azioni dei subordinati, categoria Tier2 inclusa nel Total capital Ratio, farebbe aumentare il solo CET1 ma non il Total Capital Ratio, che è deficitario anche rispetto alla norma ‘base’ di Basilea3. La situazione è veramente gravissima.
Escludendo la possibilità/volontà di emettere strumenti perpetui del tipo Additional Tier1 e subordinati del tipo Tier2, resta solo l’aumento di capitale, ma dove e da chi?
Facendo due conti, per arrivare ad un TCR del 12,25% mancano all’incirca 500 milioni, in sè non sembrano cifre folli, ma a questo punto manca solo che la occhiuta Vigilanza decreti l’assoluta necessità di integrare anche il Countercyclical capital buffer (un altro 2,5% massimo di CET1 per smorzare gli effetti ciclici dovuti a situazioni particolarmente avverse sul fronte della stabilità, legata per esempio alla qualità dell’attivo) e si fa presto ad aggiungere ulteriori 500 milioni, per un totale di un miliardino tondo tondo da aggiungere agli altri famosi miliardi (3? 4,7? Ormai per i conti esatti aspettiamo la Bce) da conteggiare a fronte delle ulteriori svalutazioni e accantonamenti nel 2017 per i non performing loans.

Non per fare il menagramo, ma io la vedo così: deficit di capitale primario, insufficienza di strumenti subordinati per perseguire una efficace conversione in azioni che metta in sicurezza i requisiti di capitale, trend impazzito di crescita degli NPL e relativi accantonamenti nel 2017, assenza di investitori dall’orizzonte, presumibili richieste delle Autorità di rimpinguare il patrimonio per neutralizzarlo dal rischio di perdite cicliche. Ergo: conversione in quota parte di alcuni obbligazionisti senior.

Ci risentiremo, probabilmente dopo il 8 aprile quando avremo anche il bilancio definitivo di Veneto Banca, e lì tireremo le somme.

/ 5
Grazie per aver votato!

Pubblicato da Banchiere Cannibale

Mi piace avere vecchi amici a cena... Perché sotto la più bella ruota di pavone si cela sempre un culo di pollo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.